«La violenza
gratuita è la regola»
Parla un uomo dei reparti mobili, a Napoli il 17 marzo:
«Non avevamo ordini diversi, la piazza si chiude tutta.
Quel che accadde alla Raniero non era più un'operazione
di polizia»
FRANCESCO PATERNO'
«Certo che c'è stata violenza indiscriminata. Come
sempre». L'uomo che ci racconta quel che è accaduto il
17 marzo 2001 a Napoli è lo stesso che, nove mesi fa, ci
aveva parlato del comportamento delle forze dell'ordine a
Genova. Perché di questi eventi è un attore più che un
testimone, appartenendo a uno dei reparti mobili della
polizia impegnati negli scontri di piazza. Di lui
taceremo nome, cognome, raggruppamento e grado. Perché
parla con il manifesto? «Perché mi
fido». E se volete proprio saperla tutta, sì,
«picchio, a destra e a sinistra», ma distingue: «Una
volta ero di servizio allo stadio, eravamo stati
ripetutamente assaliti da tifosi che sembravano bestie.
Uno di loro viene preso e massacrato di botte. E' a
terra, non si muove. Dopo cinque minuti, gli passo vicino
e gli mollo un calcio. La sera me ne sono vergognato»
Perché il 17
marzo a Napoli la polizia ha colpito indiscriminatamente,
come accusa anche la magistratura?
Perché non c'erano ordini diversi. E perché la gente
che non c'entra viene picchiata sempre, una volta che
parte la carica. Ho visto un ragazzo che lanciava sassi,
è stato raggiunto da uno dei nostri. Cinque o sei miei
colleghi lo hanno massacrato di botte. La soddisfazione
massima è prendere un black bloc, ma c'è chi si
accontenta di picchiare chiunque. Se poi è un
giornalista, meglio ancora, perché giornalista equivale
a comunista. La mentalità è questa, in un ambiente dove
appena appare in tv uno come Santoro, gli vengono
augurate le cose peggiori.
Avevate ordini
particolari per quel giorno?
No. Sapevamo di alcune tattiche che avrebbero potuto
usare i manifestanti contro di noi, era arrivata una voce
secondo cui contro la polizia sarebbero stati lanciati i
cani della camorra addestrati al combattimento. Ma in
fondo niente di speciale rispetto al solito. E siccome
una settimana prima a Trieste c'era stata una
manifestazione dei no global finita senza incidenti, ci
sentivamo rinfrancati. Invece, siamo stati attaccati con
sanpietrini e tondini di acciaio presi da un cantiere in
piazza del Plebiscito. Un collega si è salvato per
miracolo: un tondino gli ha spaccato lo scudo e si è
fermato a due centimetri dalla tempia. E su un blindato
abbiamo trovato buchi provocati da picconate.
Perché alla
manifestazione non fu lasciata nessuna via di fuga? E'
vero, come sostiene il questore di Napoli, che via Marina
era libera?
L'ordine ricevuto era di chiudere ogni strada, come si fa
allo stadio, dove infatti se ci sono cariche le prendono
tutti. E non è vero che via Marina fosse una via di
fuga, non era prevista. Ma non perda tempo a cercare
ordini scritti: non esistono. Le faccio un esempio: in
teoria, per ordinare una carica della celere, il via
dovrebbe essere dato dal caposquadra, a sua volta
allertato dal capo contigente, a sua volta dal
funzionario di servizio, fino al dirigente massimo, cioè
il questore. Nella realtà, si parte per un ordine
interno, a secondo delle pressioni della piazza. Anche se
a Napoli, come a Genova, la gestione dell'ordine pubblico
è stata politica, molto in alto.
Cosa vuole dire?
Voglio dire che le violenze di cui sono accusati alcuni
colleghi della mobile sono state compiute perché
qualcuno potrebbe aver assicurato impunità. Quello che
è successo alla Raniero e negli ospedali napoletani non
è più un'operazione di polizia. Certe cose si fanno
solo in presenza di ordini dall'alto. Vuole un altro
esempio? Tra gli arrestati c'è un vice questore. Bene, i
vicequestori non decidono mai nulla, sono i più prudenti
perché sono a un passo dalla dirigenza. Non si assumono
mai delle responsabilità che potrebbero compromettere
l'intera carriera.
Lei ha saputo di
violenze perpetrate da poliziotti dentro la caserma
Raniero?
Sono rientrato la sera insieme agli altri dei reparti
mobili e abbiamo saputo che c'erano state delle
identificazioni. Ma nessuno ci ha parlato di
comportamenti, diciamo, anomali. Ho letto che ad alcuni
fermati è stata tagliata la cintura dei pantaloni con
dei coltelli. So che diversi colleghi dell'anti-rapina o
dell'anti-droga di Napoli girano con il coltello in
tasca. Ma lei li ha mai visti, questi tipi? E' difficile
immaginare da che parte stanno.
Le violenze in
caserma sarebbero state dunque opera di poliziotti e non
di celerini?
Guardi, per chi sta nei reparti mobili la violenza inizia
e finisce in piazza. Chi sta in mezzo alla strada sarà
più bestia, ma è una bestia sazia. Chi fa certe cose è
gente che sta tutto il giorno in ufficio oppure è
abituata a un altro tipo di violenza. Per i fatti della
Raniero, i reparti mobili non c'entrano nulla al novanta
per cento, siamo rimasti fuori tutto il giorno. Si chiude
anche lo spaccio per avere il massimo della forza in
piazza.
Sono collegate
Napoli e Genova, dal suo punto di vista?
Ci sono molte affinità, c'è la Raniero e c'è la
Bolzaneto. Napoli sembra quasi la prova generale per
Genova. C'erano governi di colore diverso, ma per me non
è cambiato nulla. Rispetto al nostro lavoro, semmai, è
che mentre il centrodestra tende a coprire un ambiente
dove la maggior parte della gente è fascista, il
centrosinistra tendeva a essere più rigido. Per evitare
di essere accusato di collusione.
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