4 aprile 2000
E' morto Tommaso Buscetta
Svelò i segreti di Cosa Nostra

ROMA - Tommaso Buscetta, il primo grande pentito della mafia siciliana, è morto domenica mattina negli Stati Uniti, stroncato da un tumore che lo affliggeva da tempo. Buscetta aveva 72 anni. E' rimasto cosciente fino all'ultimo momento. Oggi a New York sono stati celebrati i funerali. C'era anche Luigi Li Gotti, legale dell'ex boss e di tanti altri pentiti di mafia.

Le dichiarazioni di Buscetta hanno consentito di svelare per la prima volta i meccanismi dell'organizzazione mafiosa così come si era strutturata dopo la sanguinosa guerra tra cosche che, a cavallo tra gli anni '70 e '80, aveva visto i Corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano prevalere sui "vecchi" boss di Santa Maria delle Grazie, comandati da Stefano Bontade.

L'ex boss "dei due mondi" (conoscitore tanto della mafia di casa nostra quanto di quella emigrata negli Stati Uniti) è stato il primo collaboratore a rivelare a Giovanni Falcone l'esistenza della "cupola" mafiosa. "L'uomo che aveva capito meglio di tutti chi fosse Buscetta rimane Falcone", ha commentato il presidente della commissione antimafia Ottaviano Del Turco alla notizia della morte di Buscetta. "Falcone intuì il valore delle rivelazioni sulla struttura militare di Cosa Nostra", ha aggiunto Del Turco, "mentre diffido del suo ruolo di storico del dopoguerra politico italiano. Tutti gli altri tentativi di collocare Buscetta in una dimensione diversa da questa sono falliti a conferma della geniale intuizione di Falcone".

All'uomo scomparso si deve il primo racconto completo e credibile sui meccanismi e i capi della nuova mafia, quella arricchitasi coi traffici di droga e diventata antistato e centrale d'affari grazie a profonde e provate connivenze politiche. Il contributo di Buscetta è arrivato fino al processo contro Giulio Andreotti, il dibattimento-simbolo sui rapporti tra cosche e Palazzo. Il pentito aveva detto di aver saputo dal boss Tano Badalamenti, negli Usa, di un incontro tra l'ex leader dc e il boss dei boss, Totò Riina. Dichiarazioni giudicate mai confermate da Badalamenti. Tra i capitoli lasciati oscuri dalla collaborazione di Don Masino spicca quello che riguarda il Brasile. "E' un peccato - ha affermato Walter Fanganiello, il segretario anti-droga del governo del paese sudamericano - Buscetta è morto senza rivelare gli schemi dell'onorata società in Brasile, che lui conosceva bene".

E nella ridda di reazioni che la sua scomparsa ha provocato citiamo quella di Giancarlo Caselli e quella di Bartolomeo Sorge. "Un uomo leale e coraggioso, perché prima di parlare di politica era solo Buscetta, dopo è diventato un problema, per tante persone", è stato il commento senza indecisioni di Giancarlo Caselli, oggi direttore dell'Amministrazione dei penitenziari. "Con le sue rivelazioni e grazie al lavoro intelligente di molti magistrati, aveva contribuito a smantellare il mito dell'invulnerabilità di Cosa Nostra". Meno incondizionato è invece il ricordo di padre Bartolomeo Sorge, già direttore di "Civiltà Cattolica" impegnato da tempo sul fronte della lotta alla mafia: "Negli ultimi anni della sua vita ci sono delle ombre che rendono meno limpida la sua collaborazione con la giustizia, la fanno apparire meno sincera" è la sua opinione. "Credo che Buscetta abbia voluto collaborare sinceramente con Falcone per vendicare anche le stragi che sono state commesse nella sua famiglia, e quindi è comprensibile il suo impeto iniziale".

Poche parole di carità cristiana sono arrivate anche dall'uomo che, in vita, aveva duramente accusato. Ai giornalisti che lo hanno interpellato Giulio Andreotti ha consegnato un appunto scritto: "Prego per la sua anima. La malattia lo aveva da qualche tempo tolto di scena e io dichiarai pubblicamente che ero lieto che lo Stato lo avesse aiutato a sperimentare tutte le cure possibili". Mentre un vero e proprio coinvolgimento affettivo si è avvertito nella dichiarazione di Enzo Biagi che l'aveva lungamente intervistato nel 1988: "Sembra strano, ma ho perso un amico. Probabilmente non mi ha detto tutto, ma sono anche sicuro che non mi ha mai mentito. Adesso gli sia concessa la pace".


19 aprile 2000
L'addio di D'Alema
e il toto-premier

ROMA - Stasera alle cinque Massimo D'Alema salirà per la seconda volta al Quirinale e questa volta le sue dimissioni da capo del governo saranno definitive. Non avrà aspettato nessun voto, non consentirà che la sua maggioranza gli volti platealmente le spalle dopo la sconfitta elettorale. Alle cinque davanti al presidente Ciampi, Massimo D'Alema metterà in pratica quelle parole pronunciate al congresso di Torino che adesso suonano così profetiche, ma che allora sembrarono quasi il vezzo di un premier al massimo del suo potere: "Me ne andrò un minuto prima che me lo chiedano".

Ma prima dell'ultimo atto al Quirinale, Massimo D'Alema avrà misurato fino in fondo nell'aula di Palazzo Madama tutto il gelo con cui i partiti della maggioranza parlamentare gli hanno detto che "è arrivato il momento di voltare pagina e di cercare un nuovo leader".

Il presidente del Consiglio arriverà al Senato alle dieci di stamattina per pronunciare il suo discorso di addio da presidente del Consiglio. Tre quarti d'ora e poi porterà il testo anche alla Camera. Alle tredici si riunirà il vertice della maggioranza e poi comincerà il dibattito al Senato. Alle cinque l'epilogo.

L'ultimo sforzo che D'Alema chiederà al frastornato centrosinistra senza più guida è quello di far nascere un nuovo governo per finire la legislatura e soprattutto per consentire lo svolgimento dei referendum fra un mese. Sarebbe quasi ovvio, visto che i numeri in Parlamento ci sono. Ma il problema è che se da un lato i partiti del centrosinistra sono terrorizzati dall' idea di un bis del Polo alle politiche anticipate, dall'altro c'è il fatto che tranne i Ds e l'Asinello, gli altri partiti sono contrari al referendum elettorale antiproporzionale e quindi potrebbero approfittare dello scioglimento delle camere per evitare il referendum.

D'Alema spiegherà che le eventuali elezioni anticipate sarebbero uno strappo gravissimo alla volontà popolare che ha chiesto il referendum (che slitterebbe di un anno in caso di elezioni anticipate). E così come una nuova legge elettorale è per D'Alema indispensabile a completare la transizione del paese, anche il completamento del programma economico fissato con la Finanziaria è indispensabile al paese in ripresa economica e dunque - per D'Alema - non si dovrebbe interrompere la legislatura, fino ad arrivare alle elezioni l' anno prossimo.

Nelle dichiarazioni tutto il centrosinistra sembra compatto nel chiedere un nuovo governo con un nuovo premier, ma già nel centrosinistra cominciano a girare paure di "campagna acquisti" da parte del Polo che renderebbe molto insidioso il voto di fiducia alla Camera per il nuovo governo. Chi, poi, dovrebbe guidarlo? Ieri era la giornata di Amato e Fazio. I socialisti preferirebbero l'attuale ministro del Tesoro, mentre Mastella e Cacciari vedrebbero meglio il governatore della Banca d'Italia Fazio su cui ieri sera - al ritorno da Washington - si è esercitato il pressing del segretario del Ppi Castagnetti. Il leader popolare (è una cosa molto insolita e forse senza precedenti che un esponente di partito vada a discutere questioni politiche e candidature in Banca d'Itralia) è andato trovare il governatore Fazio alle otto di ieri sera. Venti minuti scarsi di colloquio, ma sufficienti per capire se c'è o no la disponibilità ad accettare un eventuale incarico.

A dare il via alle candidature sono stati ieri mattina i verdi che hanno proposto ufficialmente Giuliano Amato. Un nome che Bertinotti esclude nella maniera più categorica in quanto esponente principale "della politica economica neoliberista del governo". Inutile dire che Amato è bocciato senza appello dal Polo che insiste sulle elezioni anticipate. "Il Polo chiede le elezioni, ma senza jattanza - dice Berlusconi con toni molto pacati - Siamo pieni di comprensione per le questioni che il capo dello Stato deve risolvere e sappiamo che è lui l'arbitro dei tempi e dei modi della soluzione della crisi. Ma - aggiunge il leader di Forza Italia - se conta qualcosa l'opinione di chi, in successive tornate elettorali, si è visto dare un'ampia delega politica dal popolo sovrano, questa opinione è che non bisogna fare pasticci". In conclusione: "I referendum si possono fare l'anno prossimo, le elezioni non li cancellano".




22 aprile 2000
Elian, dopo il blitz
l'abbraccio con il padre

WASHINGTON - "Adesso spero che Elian e suo padre possano tornare a essere una famiglia". Bill Clinton si è limitato a questa brevissima dichiarazione, pochi minuti dopo che l'aereo che ha "ricongiunto" il bambino cubano con suo padre è atterrato nel Maryland. "Non c'era più alcuna alternativa, la legge è stata rispettata", ha aggiunto il presidente degli Stati Uniti, confermando così il suo pieno appoggio al ministro della Giustizia Janet Reno. Nemmeno una parola però sul blitz a Miami, che gli americani hanno seguito in diretta sulla Cnn. Nessuna risposta a chi ha chiesto a Clinton un commento sulla brutalità dell'azione condotta dagli agenti federale.

Il blitz è scattato intorno alle 5 del mattino ora locale (le 11 in Italia), quando Little Havana era ancora avvolta nel buio: un auto con dentro cinque agenti federali - tra cui una donna - arriva sgommando davanti all'abitazione di Lazaro Gonzalez, zio materno di Elian. Altri uomini, in tenuta antisommossa, tengono a freno con manganelli e gas lacrimogeni i vicini, una cinquantina di immigrati anticastristi che da giorni presidia la zona. Intanto dentro la casa, dove il bambino di sei anni è nascosto dai parenti in un armadio, i poliziotti non hanno difficoltà a trovarlo: quando lo vedono urlano "bingo!", mentre il piccolo, terrorizzato davanti al mitra spianato da un uomo in tenuta da teste di cuoio, grida più volte, in spagnolo, "cosa succede?".

Dopo pochi minuti Elian esce, protetto in parte da una coperta, viene subito infilato nella macchina e portato verso Washington. Elian, dopo un lungo viaggio aereo è atterrato alla base della Air Force di Andrews, in Maryland, alle porte della capitale, dove "si è riunito", come ha dichiarato il dipartimento di Giustizia, con il padre Juan Miguel. Elian era "molto
felice" quando ha rivisto suo padre, ha riferito un portavoce del Dipartimento di Giustizia americano spiegando anche che l'uomo piangeva per l'emozione quando, dopo oltre 5 mesi, ha rivisto suo figlio.

Termina così, con un blitz durato in tutto una decina di minuti, l'avventura americana di Elian Gonzalez. E finisce anche il braccio di ferro portato avanti - sulla pelle di un bambino già provato dal naufragio con la morte della madre, durante il tragitto tra l'isola di Fidel Castro e gli States - tra i parenti cubani di parte materna, ansiosi di ottenerne la custodia e di farlo vivere negli Usa, e il padre che vuole riaverlo con sé a Cuba. E, malgrado le pressioni della potente comunità di esiliati anticastristi che vive in Florida, l'amministrazione Clinton, rappresentata dal ministro alla Giustizia Janet Reno, ha deciso di far applicare la legge: Elian viene dunque restituito al padre.

L'operazione scattata questa notte, con la presa in custodia del bimbo da parte degli agenti federali, è giunta poche ore dopo l'ultimo tentativo di mediazione, sottoposta dal Dipartimento della giustizia alle parti coinvolte: consegna immediata al padre, ma con diritti regolari di visita alla cugina della madre, che si è occupata di lui da novembre a oggi.

Cioè da quando Elian, dopo l'odissea della traversata e del naufragio, arrivò a Miami.

"Non avevamo altra scelta", ha dichiarato il ministro della Giustizia Janet Reno in una conferenza stampa a Washington. "Avevamo esaurito tutte le altre opzioni. Il bimbo resterà negli Stati Uniti finchè tutto l'iter giuridico sarà stato completato. Prenderemo tutte le azioni necessarie per garantire che Elian non lasci gli Stati Uniti prima del tempo". Il ministro Reno ha poi spiegato che "solo otto agenti sono entrati nella abitazione e vi sono rimasti per meno di tre minuti". La Reno ha precisato che gli agenti che sono entrati nella abitazione armati "non avevano il dito sul grilletto e non hanno mai puntato le armi contro Elian". "Avevamo ricevuto informazioni che potevano esserci armi in casa Gonzalez e tra la folla all' esterno", ha affermato.

Il bimbo è stato visto da un pediatra subito dopo l'azione. Un medico e uno psicologo hanno accompagnato Elian sull'aereo che lo ha portato da Miami a Washington. "Il bimbo ha parlato per telefono con il padre", ha detto Doris Meissner, direttore dell'Immigrazione.



25 Aprile 2000
Amato presenta
il nuovo governo

ROMA - Il secondo governo di Giuliano Amato è fatto. Al termine di una giornata densa di incontri il premier incaricato è salito al Quirinale e ha sciolto la riserva. I ministri sono 24, uno in meno del precedente esecutivo presieduto da Massimo D'Alema. Presteranno giuramento mercoledì 26 alle 12.30. Alla Camera il nuovo governo dovrebbe avere 321 voti, qualcuno in più del governo D'Alema. Ma ci sono almeno un paio di deputati malati e qualche indeciso a turbare i sonni del nuovo premier e della sua maggioranza. Al Senato i numeri sono molto più favorevoli, nonostante l'annuncio del capogruppo dell'Asinello, Antonio Di Pietro, che voterà contro. Il suo gruppo, pur approvando le riserve politiche di Tonino, darà voto favorevole, per disciplina di partito.

Le novità sono numerose. Ci sono innanzitutto i due tecnici che come anticipato sono il linguista
Tullio De Mauro che va alla Pubblica Istuzione e l'oncologo Umberto Veronesi che sostituisce Rosy Bindi alla Sanità. Tra i politici si segnalano le new entry di Ottaviano Del Turco (Finanze), di Nerio Nesi (Lavori pubblici), di Alfonso Pecoraro Scanio (Politiche agricole). Ma i problemi iniziano subito: Edo Ronchi nell'organigramma di Amato perderebbe l'Ambiente per andare al ministero delle Politiche comunitarie. Ma lui non ci sta e con una lettera inviata al premier incaricato fa sapere in tarda serata che non è disponibile. "Ritengo il fatto che i verdi debbano lasciare il ministero dell'Ambiente un grave errore. Le confermo la mia non disponibilità a ricoprire l'incarico di ministro per le Politiche comunitarie e le confermo comunque il mio appoggio parlamentare e i migliori auguri per il successo del suo governo". Circola in serata il nome della sostituta, Anna Donati, storica dirigente del Wwf, ma è un'ipotesi che cade presto. Il nuovo nome si conoscerà solo domattina quando Amato lo presenterà ufficialmente al presidente Ciampi.

Cambiano ministero Katia Belillo (che sostituisce alle Pari opportunità la Verde Laura Balbo). Il suo posto agli Affari regionali è invece ereditato da Agazio Loiero, che invece era titolare del dicastero per i Rapporti con il Parlamento (al quale andrà la popolare Patrizia Toia).

L'Ambiente passa da Ronchi a Willer Bordon. Il giro di poltrone continua con i Lavori pubblici, per i quali viene investito Nerio Nesi dei Comunisti italiani. E si completa con Vincenzo Visco, che passa dalle Finanze al Tesoro. Salta il ministero per il Commercio con l'estero ma il suo vecchio titolare Piero Fassino va al prestigioso dicastero della Giustizia, dove c'era Oliviero Diliberto.

Conservano il dicastero, infine Lamberto Dini (Esteri), Sergio Mattarella (Difesa), Pierluigi Bersani (Trasporti), Cesare Salvi (Lavoro), Salvatore Cardinale (Comunicazioni), Enrico Letta (Industria), Enzo Bianco (Interno), Giovanna Melandri (Beni Culturali), Ortensio Zecchino (Università), Livia Turco (Solidarietà sociale), Antonio Maccanico (Riforme istituzionali) e Franco Bassanini (Funzione pubblica).

Di seguito la lista dei nuovi ministri con il partito di appartenenza e il nome del predecessore.

Presidenza del Consiglio: Giuliano Amato (Massimo D'Alema, Ds)

Pari opportunità: Katia Belillo, Pdci (Laura Balbo, Verdi)

Funzione pubblica: Franco Bassanini, Ds (confermato)

Affari regionali: Agazio Loiero, Udeur (Katia Belillo, Pdci)

Solidarietà sociale: Livia Turco, Ds (confermata)

Rapporti con il Parlamento: Patrizia Toia, Ppi (Agazio Loiero, Udeur)

Riforme istituzionali: Antonio Maccanico, Democratici (confermato)

Politiche comunitarie: da definire. (Patrizia Toia, Ppi)

Esteri: Lamberto Dini, Rinnovamento italiano (confermato)

Interno: Enzo Bianco, Democratici (confermato)

Giustizia: Piero Fassino, Ds (Oliviero Diliberto, Pdci)

Tesoro: Vincenzo Visco, Ds (Giuliano Amato)

Finanze: Ottaviano Del Turco, Sdi (Vincenzo Visco, Ds)

Difesa: Sergio Mattarella, Ppi (confermato)

Pubblica istruzione: Tullio De Mauro, tecnico (Luigi Berlinguer, Ds)

Lavori pubblici: Nerio Nesi, Pdci (Willer Bordon, Democratici)

Politiche agricole: Alfonso Pecoraro Scanio, Verdi (Paolo De Castro, Democratici)

Trasporti: Pierluigi Bersani, Ds (confermato)

Comunicazioni: Salvatore Cardinale, Udeur (confermato)

Industria: Enrico Letta, Ppi (confermato)

Lavoro: Cesare Salvi, Ds (confermato)

Sanità: Umberto Veronesi, tecnico (Rosy Bindi, Ppi)

Beni culturali: Giovanna Melandri, Ds (confermata)

Ambiente: Willer Bordon, Democratici (Edo Ronchi, Verdi)

Università: Ortensio Zecchino, Ppi (confermato)


 

 

 

 

 

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