Il
"no" del premier alle richieste di Bush di
ritiro delle truppe
Il capo di Stato maggiore: "L'offensiva durerà
altre 8 settimane"
Sharon:
"Per Israele
è la battaglia decisiva"
Colin
Powell: "Se ci saranno le condizioni incontrerò
Arafat"
TEL AVIV - L'offensiva
israeliana andrà avanti per altre otto settimane. Il
capo di Stato maggiore dell'esercito, Shaul Mofaz, dà la
misura del "no" di Israele al ritiro immediato
delle truppe dai Territori occupati, ritiro chiesto ieri
dal presidente Bush al primo ministro Ariel Sharon.
Quella che Israele sta conducendo è una battaglia
decisiva contro il terrorismo e per difendere la sua
terra: così Sharon ha esordito nella riunione
settimanale del governo, dopo che ieri sera il presidente
americano George W. Bush gli aveva chiesto il ritiro dei
carri armati. Sharon ha promesso a Bush che farà
"tutti gli sforzi possibili per finire quanto
prima", ma l'operazione "Scudo di difesa"
per ora continua.
"Israele è impegnato in una battaglia decisiva
contro il terrorismo, in una battaglia per i nostri
luoghi", ha spiegato il premier ai suoi ministri.
L'esercito, ha assicurato, "sta conseguendo grandi
successi" e si muove "con grande attenzione per
non attaccare la popolazione civile", per questo
"le operazioni vanno per le lunghe". Parlando
poi alla tv pubblica e commentando l'invito di Bus a un
"ritiro senza indugi", Sharon non ha escluso la
possibilità di "disaccordi" con gli Stati
Uniti. "Una delle nostre priorità - ha detto il
premier israeliano - è mantenere relazioni con i nostri
amici, soprattutto gli Stati Uniti. Ma è vero che
talvolta possono esservi disaccordi". "Se tali
disaccordi si verificano - ha comunque aggiunto - saranno
disaccordi tra amici".
Dal canto suo il presidente Bush comprende la posizione
israeliana e il fatto che questo ritiro non possa essere
"incontrollato e caotico" per la fretta. Lo ha
riferito alla "Cnn" il consigliere per la
Sicurezza nazionale Condoleezza Rice. "Bush si
aspetta che Israele cominci il ritiro senza indugi ma
capisce anche che non può essere incontrollato e
caotico", ha detto.
Il portavoce dell'esercito israeliano, Ron Kitrey, ha
confermato che Sharon non ha dato per il momento nuovi
ordini ai suoi soldati. "Finora non abbiamo ricevuto
nuovi ordini dal nostro governo" ha detto Kitrey
alla radio militare, mentre i combattimenti non si
fermano a Jenin e a Nablus, in Cisgiordania. Altre
operazioni avvengono nel villaggio di Beit Rima, presso
Ramallah. Secondo il ministro Matan Wilnay (sport) è
probabile che in seguito all'appello di Bush Israele
decida di non estendere oltre la Operazione (ad esempio,
a Gaza) ma che prosegua le attività dove sono già in
fase avanzata.
Colin Powell partirà questa sera per la missione che lo
porterà in Medio Oriente. E sembra più morbida la sua
posizione riguardo a un possibile colloquio con Yasser
Arafat. Se nei giorni scorsi il segretario di Stato aveva
escluso l'ipotesi di un incontro con il leader
palestinese, alla luce dei più recenti avvenimenti ha
spiegato che vedrà Arafat "se le circostanze lo
permetteranno". In un'intervista alla Nbc, il capo
della diplomazia Usa ha detto che si impegnerà "per
tutto i tempo e con tutti gli sforzi necessari" a
disinnescare la crisi tra israeliani e palestinesi.
Powell ha peraltro minimizzato le speranze della vigilia
sul suo viaggio: ha detto che non si aspetta di tornare a
Washington con un accordo di pace. "Non sono sicuro
neanche che strapperò un cessate il fuoco", ha
aggiunto. Il segretario di Stato ha detto di aver parlato
poco prima dell'intervista con il premier israeliano
Ariel Sharon. "Sharon - ha riferito - comprende il
desiderio di Washington per una fine dell'offensiva
contro le città palestinesi, ma non ha offerto scadenze
precise per il ritiro".
Dopo la riduzione dei contatti con Israele deciso nei
giorni scorsi dal presidente Mubarak, oggi l'Egitto è
tornato a criticare il governo di Sharon e ad appoggiare
l'invito di Bush chiedendo una cessazione
"immediata" dell'offensiva militare israeliana
contro i palestinesi.
(7 aprile 2002)
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