Ramallah e Betlemme sono ancora sotto il controllo dei tank
l'esercito continua la penetrazione nei Territori e occupa Jenin

Il presidente Usa: "Insieme sicurezza esoluzione politica"
Powell boccia Prodi: "Nessuna conferenza internazionale"


Bush pronto a trattare
anche senza una tregua

Il Papa scrive alla Casa Bianca
L'Egitto sospende le relazioni con Israele

WASHINGTON - Il presidente americano George Bush è pronto a riprendere i colloqui per una soluzione politica e pacifica della crisi mediorientale senza attendere che prima venga instaurata una tregua. Le dichiarazioni venute in giornata dal portavoce Ari Fleischer lasciano pensare che l'America si stia muovendo. "La cosa importante è che le parti inizino a concentrarsi, con l'assistenza degli Stati Uniti, sul fare progressi su entrambi le questioni o sull'una o l'altra delle due", ha detto Fleischer riferendosi sia alla questione della sicurezza - prerogativa vitale per Israele - che all'eventuale sblocco politico della situazione.

Ma attorno a quali basi ruotino i tentativi diplomatici americani è difficile da capire. Quel che è certo è che, come ha ribadito il segretario di Stato Colin Powell, gli Usa sono favorevoli a uno Stato palestinese. Come arrivarci? Sicuramente non attraverso una conferenza internazionale come richiesto questa mattina dal presidente della Commissione Europea Romano Prodi. Su questo Powell ha fatto sentire tutto il suo scetticismo allineandosi al no del premier israeliano Ariel Sharon: "Non si può convocare una conferenza senza sapere a che cosa deve servire". Doccia fredda dunque su questo versante.

In realtà è molto difficile riuscire a fare passi avanti senza risolvere prima il problema della sicurezza israeliana. Il presidente dell'Autorità palestinese Yasser Arafat, assediato da cinque giorni nel suo quartier generale a Ramallah, in Cisgiordania, torna a chiedere alle Nazioni unite una nuova risoluzione che riesca effettivamente a fermare l'attacco israeliano.

Ma l'impasse resta, nonostante più attori stiano affollando la scena diplomatica. Oggi Bush ha ricevuto una lettera personale del Papa sulla situazione in Medio Oriente, ha detto l'ambasciatore americano presso la Santa Sede, James Nicholson. Monsignor Jean Louis Tauranl, l'equivalente del ministro degli Esteri nella gerarchia vaticana, ha convocato gli ambasciatori israeliano e americano. Ieri Yosef Neville Lamdan e questa mattina, appunto, Nicholson. Quest'ultimo non ha voluto rivelare il contenuto della lettera che gli è stata consegnata durante l'incontro.

Sempre stamane monsignor Celestino Migliore, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, ha ricevuto Mohamad Ali Mohamad, direttore dell'ufficio di rappresentanza delle Lega araba presso la Santa Sede, insistendo sulla necessità di porre fine agli atti indiscriminati di terrorismo.

Nel frattempo, anche il mondo arabo cerca di aumentare la pressione diplomatica su Israele. Il governo egiziano ha deciso di sospendere tutti i contatti con quello di Israele, "tranne i canali diplomatici che servono la causa palestinese", ha dichiarato il ministro dell'informazione Safwat El Sherif alla fine di una riunione del Consiglio dei ministri.

Sherif ha inoltre diffuso il testo del messaggio inviato ieri sera da Mubarak a Bush, sollecitandone un intervento urgente "per evitare ulteriori escalation, ridurne l'intensità e impedire che si arrivi a un punto di non ritorno". Mubarak ha inoltre ordinato al governo di "preparare l'assistenza necessaria per i palestinesi". Il ministro non ha chiarito la natura di questa assistenza. E se si raffreddano i rapporti con l'Egitto, per Israele non va meglio con Giordania, allineata al Cairo e, soprattutto con la Siria, colpevole da sempre secondo Tel Aviv di appoggiare il movimento libanese degli Hezzbollah che potrebbero approfittare della situazione per attaccare Israele.

(3 aprile 2002)