Prodi chiede un summit con Usa, Russia, Onu. Il Pse: i laburisti escano dal governo Sharon
di Sergio Sergi


Accorrono i ministri degli esteri europei a Lussemburgo. Un summit straordinario in notturna, una cena di lavoro, per decidere – la richiesta è pressante - una posizione comune sulla tragica crisi in Medio Oriente. Le parole non bastano più, le esortazioni men che mai. E Romano Prodi, presidente della Commissione, aggiunge: “Ora occorre una nuova mediazione, le precedenti sono fallite”. Può essere la volta dell’Europa che, assicura il professore, non è più un “nano politico” ma un “ragazzo” che cresce sulla scena internazionale e che rappresenta una forza “non solo sul piano economico ma anche politico”.
Prodi entra con questa convinzione nella sala della “Tour” dell’Europa, nel quartiere europeo del Granducato, dove i ministri, sotto la presidenza dello spagnolo Josep Piquè, cercano di stendere un documento non rituale. Ci vuole un segnale compatto e concreto. Il premier Aznar, nelle ultime ore, ha intessuto frenetici contatti con una serie di partner europei, scottato anche dalla sprezzante risposta ricevuta da Sharon che gli ha rimproverato la pretesa di “voler parlare con Arafat, il capo dei terroristi”.
Berlusconi, in arrivo da Mosca, fa sapere della sua preoccupazione per un conflitto che “rischia di infettare tutto il mondo”. Prodi, in mattinata, lancia la proposta: “Serve una mediazione forte, autorevole, partecipata”. Quella patrocinata dagli Usa non basta più. E le “soluzioni parziali” non faranno mai uscire dalla terribile situazione. Dunque, Israele si ritiri immediatamente, Arafat resti l’”unico, valido interlocutore”, si passi al dialogo dando vita ad un “tavolo allargato”. Con Europa, Onu, Usa, Russia, paesi arabi moderati, Israele e Autorità palestinese. La risposte arrivano presto: un portavoce, anonimo, del governo Sharon dice di no, il mediatore palestinese, Erekat, dice di sì. Berlusconi spiega anche la posizione americana che, sulla proposta di una conferenza internazionale, coincide con quella israeliana: “Gli Usa decidono nel Congresso dove c’è una presenza ebraica molto forte…”.

L’Unione potrebbe decidere di assegnare una nuova missione al suo Alto Rappresentante per la politica estera, Javier Solana, e al ministro Josep Piquè. Ma con quale mandato? S’avverte la necessità di abbandonare il rito degli appelli generici. A che servono? Il Gruppo parlamentare del Pse approva una propria posizione che è una novità politica di rilievo. Spiccano tre elementi in un documento esitato al termine di un confronto anche duro, sofferto ma non improvvisato. Per la prima volta, dopo comprensibili e responsabili prudenze del passato, un gruppo politico chiede la sospensione dell’accordo di associazione tra l’Unione europea e lo stato d’Israele. Il governo Sharon non vuole ritirarsi dai territori palestinesi? Non intende onorare la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite? Allora non c’è altra strada che incidere sui rapporti economici: l’Ue, infatti, è il principale partner d’Israele. Il gruppo socialista preme sulla presidenza di turno per invitare Usa, Russia e Onu a mettere in piedi una “missione internazionale” che vada nella regione concorra al raggiungimento del cessate il fuoco. Inoltre, c’è una richiesta che tocca i rapporti tra partiti. Gli europarlamentari Pse invitano i laburisti a lasciare il governo Sharon che “ha rinunciato al cammino di pace per intraprenderne uno di guerra”. Ma tutto ciò è considerato come “incompatibile con l’affiliazione all’Internazionale socialista”. Fuori, di conseguenza, e se non sarà fatto, l’Internazionale valuti questa posizione. Il documento, annota Pasqualina Napoletano, vicepresidente del Gruppo Pse, costituisce una “una presa di posizione coraggiosa perchè indica chiaramente la necessità di una svolta nell’iniziativa europea”.

Il parlamento europeo si appresta a valutare la situazione nella sessione che si aprirà lunedì pomeriggio a Strasburgo. Il suo presidente, Pat Cox, è sollecitato da più parti (Pse, Sinistra europea, Verdi) a rendere operativa la decisione presa il 7 febbraio: inviare nella regione una delegazione di alto livello per incontrare i presidenti della Knesset e del Consiglio legislativo palestinese. La decisione potrebbe maturare nelle prossime ore. Ci sarà di sicuro una presa di posizione ufficiale da concordare tra i vari gruppi. Ma sul campo, in Medio Oriente, ci sono già numerosi parlamentari. La presidente della Delegazione Ue-Palestina, Luisa Morgantini (Prc) sta all’ospedale di Ramallah. L’on. Claudio Fava (Ds), arrivato ieri sera a Gerusalemme insieme ad una delegazione di deputati nazionali, dice: “Ci vuole una nuova mediazione, non si può più lasciare soltanto agli Usa questo ruolo”.