Da "La Stampa" del 18/4/2002



Gasparri: ora spero di vedere una seria fiction sulle foibe «Epurazione per Santoro? Macché: è lui che gioca a fare la vittima designata Andare ai suoi programmi è una bella palestra, è un conduttore-domatore»

ROMA - Nel suo studio da ministro delle Comunicazioni, ricavato in un ex convento di suore, Maurizio Gasparri tiene perennemente accesi quattro televisori e viene quasi spontaneo chiedergli: ministro, ora che la destra ha preso il "potere" in Rai dopo una così lunga quaresima, cosa le piacerebbe vedere su quegli schermi? Maurizio Gasparri sorride: «Sia detto subito con estrema chiarezza: non spetta a me proporre programmi e nemmeno dire "questo lavora e questo no". Deciderà il Cda. Come telespettatore penso mi sia consentito fare una provocazione culturale...».

Ministro, un programma che le piacerebbe prodotto dalla nuova Rai?

«Mi piacerebbe, per esempio, una fiction su alcuni personaggi del futurismo. A cominciare da Filippo Tommaso Marinetti. Guardi, se avessi tempo, la scriverei io la sceneggiatura. Personaggio straordinario, la velocità, la tecnologia, la "guerra come igiene del mondo" che fuori da quel contesto culturale sembra una frase da matti e che invece era un fatto estetico».

Ora gli sceneggiati "vanno" molto: ha qualche altra idea?

«Credo sarebbe interessante realizzarne uno sulla tragedia delle foibe».

E perché proprio uno sceneggiato e non un programma storico?

«Se facciamo un documentario, magari con la riesumazione delle ossa, provochiamo soltanto ripulsa. Penso che sarebbe più efficace una fiction che raccontasse la storia di una di quelle povere famiglie. Sono grandi tragedie. Come quella dell´Olocausto o di Anna Frank. E perché non fare uno sceneggiato su un personaggio dell´importanza di Gramsci?».

I tg, le piacciono come sono fatti?

«Complessivamente sono molto migliorati, l´informazione si è liberata rispetto ai bollettini stile Bulgaria degli Anni Sessanta».

Ma come? Ora che avete preso il "potere" va tutto bene?

«Mi auguro che i servizi parlamentari - ma questa è una decisione anche del mondo politico - siano più giornalistici. La politica minore e laboriosa merita di più».

Nella nuova Rai cambieranno gli anchormen? Ministro, il suo conduttore preferito?

«Michele Santoro!».

Santoro?

«Ma sì, perché è quello che mi rafforza di più nelle mie idee!».

Da qualche settimana lui lascia intendere che presto sarà oscurato. E´ così? Vi preparate ad "epurarlo"?

«Con l´edizione straordinaria gioca a fare la vittima designata. Ma andare da Santoro è una bella palestra: lui è un conduttore-domatore, uno che fa spettacolo».

Ministro non vuol rispondere? Nella nuova Rai, Biagi e Santoro ci saranno o no?

«Sono decisioni che spettano al Cda. E poi Santoro non ha mai sofferto di astinenza da video: quando non ha lavorato in Rai, è andato a Mediaset. Ma in ogni caso contesto l´ipocrisia di chi avendo un´appartenenza, la nega. Io sono per un giornalismo che faccia domande anche impietose, ma non mi piace il giornalista protagonista che diventa politico».

Ce l´avete un Santoro di destra?

«Io non lo so se esiste, so che in questi anni c´è stata tanta gente di destra che non è mai stata messa alla prova».

Mazza e Socillo lei li conosce bene?

«Certo. Sono professionisti che hanno seguito un loro percorso di qualità e non di partito, ma molti anni fa ho lavorato con tutti e due al "Secolo d´Italia". Erano gli anni in cui c´era anche Fini e si può ben dire che "i ragazzi di via Milano" hanno fatto la loro strada».

Ma la doppietta RaiDue-Tg2 l´avete fallita: rimpianti? Storace ironizza...

«Come "ragazzi di via Milano" siamo tutti molto contenti delle scelte fatte. Per pluralismo e per qualità».

Ci sarà spazio per la satira nella vostra Rai?

La Rai dell´Ulivo ha fatto vedere gli irresistibili Prodi, D´Alema, Veltroni e Bertinotti dei due Guzzanti...

«Grazie a Dio la scelta non spetta a me, ma io sono favorevole alla libertà di satira. Naturalmente il signor Travaglio che parla del suo libro in piena campagna elettorale non è un satiro».

Ma il ministro delle Comunicazioni è un semplice notaio?

«No. Alla fine del 2002 scade il contratto di servizio tra la Rai e il ministero delle Comunicazioni, un contratto che non fa il palinsesto ma si occupa del canone e del pluralismo. E dunque se ne diamo un´interpretazione più dinamica e ariosa è uno strumento che può definire meglio alcuni contenuti. Ne parleremo a fine giugno in una pubblica conferenza».

State pensando di abolire il canone?

«Se lo abolissimo, liberalizzando i tetti pubblicitari, la prima vittima non sarebbe Mediaset: così ammazzeremmo i giornali. Ma il canone va destinato al servizio pubblico, con una separazione contabile rispetto agli introiti pubblicitari».