L'uovo di Pasqua
VALENTINO PARLATO


Gerusalemme, Palestina, Israele: non sappiamo come precipiterà la tragedia. Perché di tragedia si tratta, antichissima e profonda in tempi di modernizzazione e globalizzazione, quando la questione degli stati nazionali dovrebbe apparire pura archeologia. Tanto più che si tratta di un territorio limitato e senza neppure pozzi petroliferi, ma proprio questa obsolescenza delle questioni nazionali e questa assenza di interessi materiali, petrolio, diamanti o che altro alza il livello del dramma. Il terrorismo suicida è diventato l'unico riflesso di un popolo, quello palestinese, disperato: il bambino con il mitragliatore, la ragazza di sedici anni che si imbottisce di tritolo e bulloni per dilaniarsi in un supermercato ridondante di scritte pubblicitarie. E' la modernità signori, avrebbe detto Kraus. Ma, fuori di ogni metafora o suggestione culturale, siamo alla vera tragedia. Sharon, che si è impegnato con gli americani a non ammazzare Arafat, vuole e sta ottenendo la sua morte politica e la morte della speranza di uno stato palestinese. I suoi carri armati stanno progressivamente demolendo tutti gli edifici del comando dell'Autorità nazionale palestinese fino a lasciare Arafat in una stanza isolata tra le demolizioni circostanti. Sarebbe da dire una camera di sicurezza, in coerente risposta alle richieste di sicurezza per Arafat che arrivano grottescamente da tutte le cancellerie di Europa, che più complici lamentose dell'operazione di Sharon non potevano essere.

Tutto questo si svolge sotto i nostri occhi (anche se i giornalisti sono stati cacciati e ad Arafat sono stati tagliati la luce e il telefono) e, al massimo, lamentiamo la violenza di Sharon, quello di Sabra e Chatila, quello che si pente di non aver ammazzato Arafat un po' di tempo fa. Questo nostro vile lamentare e lasciar fare (ci sono proverbi molto volgari che definiscono questi comportamenti) è ignobile e finirà col cadere sulle nostre teste. Anche su quelle degli americani che vogliono che Arafat sia trasformato in un cadavere vivente.

Non è per amicizia o consanguineità, ma l'unica cosa sana e onesta che il nostro Occidente ha espresso è forse rappresentato, in sofferente solitudine, da quel gruppo di pacifisti, che manifesta Ramallah e che si fa picchiare dalle guardie di Sharon.

Come non pensare che dopo le due torri, dopo l'Afghanistan, dopo il crollo dell'Urss la conclusione della tragedia palestinese ricadrà su tutti noi che domani apriremo allegramente uova di pasqua senza sorprese esplosive? Come non capire che l'uovo di questa pasqua palestinese è micidiale? E come non mettere in conto che Sharon, questo nuovo Goffredo di Buglione, sta mettendo le premesse per il travolgimento del regno crociato di Israele? Per una resurrezione (è pasqua) della nostra più profonda e antica barbarie.