Biagi in tv:
"E' in gioco
la libertà di espressione"
ROMA - "Cari
telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata
del Fatto. Dopo 814 trasmissioni non è il caso di
commemorarsi. Eventualmente è meglio essere cacciati per
aver detto qualche verità che restare al prezzo di certi
patteggiamenti". Enzo Biagi si è rivolto così
stasera al pubblico di Raiuno, dopo aver spiegato le
dichiarazioni di Silvio Berlusconi contro contro di lui e
Michele Santoro.
"Da Sofia, il presidente del consiglio non trova di
meglio che segnalare tre biechi individui - ha detto
Biagi - Michele Santoro, Enzo Biagi, Daniele
Luttazzi" che "dovrebbero togliere il
disturbo". "Signor presidente Berlusconi, dia
disposizione di procedere perché la mia età e il senso
di rispetto che ho per me stesso mi vietano di adeguarmi
ai suoi desideri".
"Sono ancora convinto - ha proseguito il giornalista
- che in questa nostra Repubblica ci sia spazio per la
libertà di stampa. E ci sia perfino in questa azienda,
che essendo proprio di tutti come lei dice, chi vorrà
far sentire tutte le opinioni. Perché questo, signor
presidente, è il principio della democrazia. Sta
scritto, dia un'occhiata, nella Costituzione".
Biagi ha citato anche il Watergate: "In America, ne
avrà sentito parlare, Richard Nixon dovette lasciare la
Casa Bainca per un'operazione chiamata Watergate,
condotta da giovani cronisti alle dipendenze di quel
grande e libero editore che era la signora Catherine
Graham, propietaria del Washington Post".
Poi è tornato a Viale Mazzini: "La nostra, tra
l'altro, viene presentata come tv di Stato anche se
qualcuno tende a farla di governo. Ma è il pubblico che
giudica. Nove volte su dieci, controllare, 'Il Fatto' è
la trasmissione più vista della Rai. Lavoro qui dal 1961
e sono affezionato a questa azienda. Le voglio bene. Ed
è la prima volta che un presidente del consiglio decide
il palinsesto, cioé i programmi, e chiede che due
giornalisti, Biagi e Santoro, dovrebbero entrare nella
categoria dei disoccupati. L'idea poi di cacciare il
comico Luttazzi è più da impresario, quale del resto
lei è, che da statista".
"Signor presidente Berlusconi - ha concluso Biagi -
non tocca a lei licenziarmi. Credo che qualcuno mi
accuserà di uso personale del mio programma che del
resto faccio da anni ma in questo caso per raccontare una
storia che va la di là della mia trascurabile persona e
che coinvolge un problema fondamentale: quello della
libertà di espressione".
(18 aprile 2002)
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