Il direttore generale spiega di aver spedito una lettera
formale al conduttore: "Tre significano licenziamento"


Saccà richiama Santoro
"Ha sbagliato più volte"

Baldassarre: "Ciampi ci sostiene per garantire l'autonomia"
Lauria: "Due anime nella Rai: vedo tempi incerti"

ROMA - Ha rivelato una conversazione che doveva rimanere riservata. Ha contravvenuto alla regola del pluralismo delle voci e delle opinioni. Doppio sbaglio e doppio richiamo per Michele Santoro: ma per il primo "errore", il conduttore di Sciuscià sarà raggiunto da una lettera formale, che ha valore ai fini del contratto di lavoro giornalistico. Per il secondo solo un avvertimento amichevole, una sorta di tirata d'orecchie. A spedirgliele, il direttore generale generale della Rai Agostino Saccà.

Ai toni duri del direttore generale della Rai che ha rivelato in Commissione di vigilanza i provvedimeti contro il conduttore di Sciuscià, ha fatto da contrappeso la posizione più morbida del presidente Antonio Baldassare che, come già nei giorni scorsi, ha promesso che "la Rai farà di tutto per non privarsi della professionalità di Biagi e Santoro". Del caso Santoro si parlerà oggi nel consiglio di amministrazione, come ha spiegato Baldassare, "che dirà la parola definitiva".

Ma vediamo le ragioni per cui Saccà ha voluto richiamare il conduttore senza, come ha precisato lo stesso direttore generale, "attivare l'ispettorato disciplinare" e cioè senza che il conduttore subisca conseguenze disciplinari. La lettera è insomma un segnale e un "richiamo alle regole": infatti "Santoro - ha detto il il direttore generale di viale Mazzini - ha commesso due scorrettezze che in un'altra azienda comporterebbero sanzioni risolutive": la prima riguarda la telefonata intercorsa tra il direttore generale e il conduttore prima dell'ultima puntata di Sciuscià. "Santoro ha rivelato il contenuto riservato di una telefonata con un suo superiore, violando le più elementari regole di tutela della riservatezza".

La seconda "scorrettezza" commessa da Santoro riguarda il fatto, ha spiegato Saccà, che il conduttore "nell'ultima trasmissione è venuto meno al pluralismo delle voci". Venderdì sera, in verità, Santoro ha più volte detto, durante la trasmissione di aver invitato Landolfi e Fede proprio per equilibrare il dibattito in studio ma entrambi hanno declinato l'invito. Last minute è arrivata l'offerta di Renato Schifani, capogruppo al Senato di Forza Italia, che però Santoro ha rifiutato. Tuttavia questi episodi hanno provocato, ha sottolineato Saccà, soltanto "un richiamo amichevole, che non fa precedente, anche perché per lo Statuto dei lavoratori tre richiami vogliono dire il licenziamento".

"Il richiamo formale" arriverà invece per le dichiarazioni che Santoro ha fatto oggi al Corriere della Sera", ha aggiunto Saccà. "Lui dice - ha proseguito Saccà - di avermi detto che delle mie opinioni non gliene frega niente. Non è vero che me lo ha detto anche perché questa è un'affermazione molto grave. Perché io ho dei doveri nei confronti di questa azienda che deve essere governabile. Non c'è nessuno in Rai 'legibus solutus'. Il rispetto delle regole deve valere per tutti".

Il richiamo formale sarebbe dunque in arrivo nella cassetta della posta di Santoro che, per ora, ha detto di non aver ricevuto nulla se non una "preliminare richiesta di spiegazioni". Santoro spiega poi, in riferimento alle dichiarazioni di Saccà sulle rivelazioni del "contenuto di una conversazione riservata", di non aver "riferito a Repubblica il contenuto di un colloquio che è avvenuto mentre fervevano gli ultimi preparativi per l'inizio della trasmissione. Riterrò dunque personalmente responsabile Saccà di tutti i danni che le sue affermazioni potranno causarmi".

Santoro è passato poi a parlare del "richiamo amichevole (che non mi è ancora pervenuto)": quello, ha spiegato il giornalista, "non ha niente a che vedere con il dovere del pluralismo da me ribadito al presidente Baldassarre. Nonostante gli abbandoni improvvisi dell'onorevole Landolfi e di Emilio Fede - ha sottolineato Santoro riferendosi all'ultima puntata di 'Sciuscia - mi sono comunque preoccupato di realizzare una trasmissione plurale. Non credo che tra i compiti del direttore generale rientri quello di trasformare la volontà del portavoce di un partito, espressa volutamente in ritardo al fine di mettere in difficoltà la trasmissione, in un ultimatum".

E' a questo punto che, dopo la "bacchettata" di Saccà, è toccato al presidente della Rai Antonio Baldassare ammorbidire i toni. Intervenendo in Commissione di vigilanza Baldassarre, promettendo che "la Rai farà di tutto per non privarsi della professionalità di Biagi e Santoro" ha aggiunto che "il capo dello Stato mi ha detto di condividere queste mie dichiarazioni e che sarà al fianco del servizio pubblico e di comunicare questa sua posizione al Cda". Insistendo sulla Rai come un'istituzione indipendente e autonoma dalla politica "che tale intende essere", il presidente di viale Mazzini ha concluso dicendo che "siamo compiaciuti che Ciampi sia il punto di riferimento essenziale per la difesa dell'autonomia e dell'indipendenza del servizio pubblico".

Il direttore generale, condividendo la parole di apprezzamento di Baldassarre su Biagi, ha aggiunto che questi, "che forse ha avuto qualche scivolata durante la campagna elettorale, ma non va assolutamente associato a Luttazzi e a Santoro".

Le audizioni di Baldassarre e di Saccà di oggi "non ci lasciano affatto tranquilli". Lo ha sottolineato il vice presidente della Commissione di vigilanza Rai, Michele Lauria, "nonostante - ha aggiunto - le assicurazioni di Baldassarre sull'autonomia della Rai". E' chiaro, secondo Lauria, "che ci sono due linee dentro l'azienda Rai. Saccà più che contestare Biagi e Santoro ha preso le distanze dal presidente Baldassarre. Vedo tempi incerti che possono danneggiare la Rai che deve invece essere competitiva. Le assicurazioni sull'indipendenza - ha aggiunto ancora l'esponente della Margherità - ribadite da Baldassarre devono essere messe alla prova con i fatti nei prossimi giorni dal Cda".

(23 aprile 2002)