Sciopero di
tutti
VALENTINO PARLATO
Questo di oggi è il nostro ultimo giorno utile per
annunciare e sostenere lo sciopero generale del 16
aprile. Domani, lunedì, come sempre, non saremo in
edicola e martedì, come mai nel nostro più che
trentennale passato, non ci saremo neppure: per sciopero.
Scioperiamo anche noi perché questo più che uno
sciopero generale è lo sciopero di tutti: di chi è
lavoratore legalmente dipendente e di chi è
materialmente dipendente e di tutti quelli che pensano
che in Italia si è aperta una questione di civiltà, dei
rapporti interni alla nostra comunità in via di
globalizzazione. A Parma il presidente della
Confindustria (che forse muore di invidia per le fortune
del suo collega golpista venezuelano) ha accusato lo
sciopero del 16 di essere «politico», ma perché a lui
la politica, la civiltà della polis,
non piace, ha incongrue nostalgie del signoraggio
feudale. Perché, va detto, D'Amato e Berlusconi sono dei
nuovi ricchi che hanno nostalgia della rendita. Noi, per
errore e generosità, li accusiamo di liberismo, ma loro
sono alieni da qualsiasi liberismo, la concorrenza
effettivamente libera per loro è come il fumo negli
occhi. Basta vedere le leggi che vorrebbero.
E' da vent'anni che in Italia non c'è uno sciopero
generale di 8 ore, il precedente fu nel 1982, contro la
disdetta della scala mobile e questo non è un precedente
augurale. Da allora il mondo, la società, l'economia
sono cambiati. Quello del 16 non è una replica degli
antichi scioperi generali. Non è una resistenza, ma
l'apertura di una nuova partita, assolutamente moderna,
come non capiscono alcuni fan di sinistra della
modernizzazione.
Non si sciopera solo per il pur importante e civilissimo
articolo 18, ma anche contro le altre deleghe sul lavoro,
quelle sul fisco, sulla scuola, sulla previdenza.
Vogliamo chiederci seriamente che cosa sono il fisco e la
scuola? Il fisco e la scuola sono - lo dicevano antichi e
antichissimi liberali - gli strumenti attraverso i quali
la comunità operava concordemente per dare pari
opportunità a tutti i suoi componenti e non solo a
quelli nati in famiglie ricche da morire, per
l'abolizione della tassa di successione. Il fisco e la
scuola erano e sono le condizioni decisive per vivere in
una società di cittadini e non di rentiers.
Lo sciopero del 16 è anche, e forse soprattutto, contro
questa dismissione dei diritti dei cittadini a favore di
un governo di nuovi ricchi che vogliono diventare nuovi rentiers
affermando il dominio assoluto dell'impresa e del mercato
sulla società. E' una vecchia storia, suicida per il
paese.
Per tutte queste ragioni, e altre ancora, lo sciopero
generale di otto ore del 16 aprile non può finire e non
finirà la sera del 16 aprile.
Questo sciopero di tutti è anche una sfida a tutti e
innanzitutto a coloro che, bene o male, ancora si
considerano di sinistra e vogliono riforme e riformismo.
Riformismo non è riparare alla meglio una macchina che
non va, ma progettare una macchina migliore. Anche più
competitiva, uso un termine caro a un presidente di
Confindustria assolutamente privo di immaginazione
competitiva: questi signori, pigri e ignoranti, non hanno
letto neppure una pagina del vecchio Schumpeter.
Questo sciopero è una grande sfida che non si conclude
alle cinque della sera del 16 aprile. E' una sfida a
tutti noi, alle responsabilità anche individuali di
tutti noi, singoli e associati cittadini. L'obiettivo di
medio termine è la caduta dell'attuale gruppo di potere
e l'avvio di un nuovo corso. Da una crisi, che è anche
internazionale, non si esce tornando indietro.
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