Un successo la
giornata di lotta
indetta dai sindacati sull'articolo 18
L'Italia si è
fermata
Tredici milioni in sciopero
Cofferati:
"Avanti fino allo stralcio"
di LUCIO
CILLIS ROMA - Tre milioni di lavoratori hanno
riempito le piazze, tredici milioni hanno svuotato
fabbriche e uffici. Per i sindacati la prova di forza di
ieri rappresenta un successo limpido, la conferma che i
lavoratori non vogliono sentir parlare di modifiche
all'articolo 18. "È come un Ferragosto a metà
aprile", come una giornata festiva a fabbriche
sbarrate, hanno rimarcato al termine dei cortei le
segreterie di Cgil, Cisl e Uil, forti di una
partecipazione alla protesta che per alcune categorie ha
segnato il massimo risultato possibile: tra l'80% e il
90%, in tutte le regioni. Nel pubblico impiego e nei
servizi (poste, banche, trasporti) l'adesione è stata
"massiccia" con oltre l'80% degli addetti.
Positivi, per gli organizzatori, anche i dati del
comparto scuola, dove oltre il 75% degli addetti ha
incrociato le braccia, e dell'industria, con blocco delle
attività tra l'80 e il 90%.
Compatti come sempre i metalmeccanici, gli addetti del
trasporto aereo, marittimo, su rotaia e dei mezzi
pubblici, con una partecipazione non inferiore all'80%.
Chiuse le banche, gli uffici, molti musei, alcuni negozi,
supermercati e qualche cinema. Uno sciopero
"visibile" per l'assenza di aerei nei cieli, di
treni nelle stazioni ferroviarie, con metro e bus rimasti
sotto chiave nei depositi. Una protesta sostenuta anche
da mezzo milione di manifestanti di altre sigle
sindacali, di Cobas, no global, che hanno attraversato
piazze e strade delle maggiori città e rafforzato il
picchettaggio davanti a fabbriche e uffici, in un'inedita
"saldatura" di obiettivi col fronte sindacale
confederale. Ai numeri forniti da Cgil, Cisl e Uil (13
milioni di lavoratori in sciopero, il 90% su un totale di
14,5 milioni di dipendenti e 3 milioni di cittadini nelle
piazze) se ne contrappongono altri: la guerra delle cifre
inizia dai cortei e mette a confronto i dati del
sindacato con quelli delle forze di polizia, in una
riedizione dell'aspro confronto nato al termine della
manifestazione di Roma del 23 marzo, quando i 3 milioni
dichiarati dalla Cgil si assottigliarono fino a quota
700mila nelle stime della polizia.
E così, ieri, i 400mila di Firenze sono diventati la
metà per la questura; ai 350mila di Bologna la polizia
ha opposto un dato di 150mila persone, così come i
300mila di Milano si sono trasformati per la questura in
100mila. Duro confronto anche sulle adesioni dei
lavoratori alla protesta: le fonti sindacali parlano di
percentuali altissime in Lombardia e in Piemonte (con
punte del 90% alla Fiat). In Veneto avrebbero raggiunto
il 95% nell'industria e il 75% nel pubblico impiego. Nel
Lazio fermi soprattutto i trasporti (quasi l'88%),
l'industria (95%) e il settore pubblico (80-85%).
Percentuali molto alte anche in Campania e in Sicilia
(circa il 90%). Di tutt'altro sapore invece le stime
fatte dalle imprese che parlano di un 60% di adesioni
nell'industria (con il picco più basso a Torino col 42%
e a Milano con il 40%) e di partecipazione quasi nulla
(tra il 2 e il 5%) nelle piccole e medie imprese, almeno
secondo Confindustria e Confartigianato. Piccoli numeri
sostenuti con forza dal premier Silvio Berlusconi, che ha
replicato alle cifre di Cofferati sui consumi di energia,
divenuti l'unità di misura ideale per calcolare la
partecipazione allo sciopero.
Per il leader Cgil questi consumi confermano la fuga in
massa dalle fabbriche ("sono paragonabili ad un
giorno festivo" ha detto Cofferati); ma il premier,
tabelle alla mano, ha puntualizzato che il consumo
"si è ridotto del 20% contro il 38 delle
domeniche".
(17 aprile 2002)
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