Ecco la proposta del governo. Maroni: tavolo a maggio
"Art. 18, delega sospesa fino al varo del nuovo welfare"


Lavoro, il piano
del governo



di ENRICO ROMAGNA-MANOJA

ROMA - Cercare una via d'uscita che consenta al dialogo sociale di ripartire senza che il governo perda la faccia: è questa la parola d'ordine che, all'indomani dello sciopero generale che ha paralizzato l'Italia, Silvio Berlusconi ha dato a Gianfranco Fini, Giulio Tremonti e Roberto Maroni.

"Trovare una soluzione senza ansia e con serenità" dice il ministro del Lavoro, che ieri ha concordato con il presidente del Consiglio tempi e modalità del tentativo di ricucire con i sindacati dopo lo strappo dello sciopero generale e della grande manifestazione della Cgil a Roma. Non è però ancora aria di convocazione: "Bisogna far svelenire l'aria e aspettare che passi il primo maggio - aggiunge Maroni - anche perché la prossima settimana sarò a Montreal per il G8 sul lavoro".

Trovare il bandolo della matassa non è semplice: governo e sindacati sono al muro contro muro. Berlusconi ha detto di aver apprezzato i toni dei comizi di Sergio Cofferati, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti ma ha ribadito che intende andare avanti sulla strada delle riforme del mercato del lavoro alla quale lo ha richiamato da Parma, con toni meno compiacenti di qualche tempo fa, anche la Confindustria di Antonio D'Amato. Ma dello stralcio preventivo dell'articolo 18 che chiedono a gran voce Cgil, Cisl e Uil per tornare a sedersi al tavolo, il governo non vuole sentir parlare.

Come se ne esce? L'idea che si sta facendo strada nella "Cabina di regìa" di Palazzo Chigi è la seguente: dopo le manifestazioni del primo maggio - che inevitabilmente riporteranno al centro dei comizi l'articolo 18 e le tanto osteggiate leggi-delega - il governo convoca le parti sociali. Di fronte alla probabile pregiudiziale dei sindacati ("Noi siamo venuti ma non vogliamo sentir parlare di art. 18") il governo - secondo questa proposta, i cui contorni sono ancora tutti da definire - porrebbe sul tavolo una pre-condizione: l'impegno, cioè, di sospendere l'applicazione della normativa prevista dalla legge-delega (comprensiva, quindi, di tutta la riforma del mercato del lavoro e non solo dell'art. 18) fino alla completa entrata in vigore delle nuove regole in materia di ammortizzatori sociali.

La nuova proposta avrebbe due vantaggi: da un lato il governo eviterebbe di far marcia indietro sull'art. 18 perché il congelamento delle nuove norme (che resterebbero comunque sperimentali, soggette a verifiche e applicabili in un ristretto numero di casi) durerebbe solo fino all'entrata in vigore di quel sistema di garanzie per i lavoratori che i sindacati e l'opposizione vanno reclamando da tutte le piazze d'Italia. Sull'altro fronte, la proposta consentirebbe a chi, come la Cisl, ha più volte ribadito la volontà di tornare a confrontarsi con il governo, di portare a casa un nuovo sistema di Welfare (o "Workfare" come lo ha battezzato Maroni, o "Statuto dei lavori" come lo aveva definito Marco Biagi) nel quale le garanzie e le tutele dei lavoratori sarebbero tali da consentire qualche limitata deroga.

Ma la nuova proposta presenta anche alcuni problemi di non facile soluzione. Il primo, al quale sta lavorando il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è quello di trovare i fondi necessari alla riforma degli ammortizzatori sociali senza i quali l'iniziativa nascerebbe morta. "Dobbiamo riaprire la discussione proprio a partire dagli ammortizzatori sociali. Insieme alla riforma del collocamento - dice Maroni - sono questi i temi che noi giudichiamo più importanti".

Tremonti sta facendo i conti: le cifre che sono state fatte negli ultimi tempi sui costi della riforma non sono tranquillizzanti. Si va dai 2-5 miliardi euro (4-10.000 miliardi di vecchie lire) fino ai 10 miliardi (20 mila miliardi di lire) di cui ha parlato la Cgil, stima che però il governo contesta radicalmente. Per evitare, comunque, un forte impatto sulla finanza pubblica e, soprattutto, per non mettere a rischio le altre riforme sulle quali il governo si è impegnato in campagna elettorale (la riduzione delle tasse), al Tesoro si sta ipotizzando una graduale estensione delle nuove norme e l'eventuale ricorso a formule finanziarie, tipo la cartolarizzazione del Tfr, in grado di alleviarne l'impatto immediato.

Il vero problema che devono affrontare Fini, Tremonti e Maroni è però un altro: come presentare la nuova proposta senza che il ritrovato fronte sindacale unitario risponda con un'altra levata di scudi. Ed è questo il compito più delicato affidato da Berlusconi agli uomini che sono riusciti a mantenere un filo aperto con Pezzotta e Angeletti anche nei momenti dello scontro più duro sull'articolo 18.

(18 aprile 2002)