Materialismo storico e vita da "negriani"

La manifestazione del 23 marzo a Roma è stata " bella , immortale , benefica " , tant’è che si può parlare di un evento , in cui la moltitudine ha sperimentato il suo potenziale di libertà . Il ricordo di quella giornata memorabile è tanto vivido che ancora riecheggiano i ritmi vibranti di Manu Chao e i variegati linguaggi della piazza . Se , però, la passione rivoluzionaria è sempre esaltante , è altresì vero che richiede anche una riflessione e un’elaborazione concettuale. Partendo da questi presupposti , si pongono i seguenti quesiti : cosa significa oggi essere comunisti ? Quali sono le linee portanti del divenire teorico del materialismo nella fase odierna ? Dipanare il bandolo della matassa non è un’impresa facile , ma vorrei, con umiltà socratica , negare , da un punto di vista metodologico, tutte le visioni totalizzanti , pur rimanendo ben radicata nel fecondo humus del materialismo storico . Pertanto , rimuovendo tutte le forme di dietrologia , vorrei penetrare nelle dinamiche del materialismo , liberandolo dalle mistificazioni e tornando alla sua tensione costitutiva . D’altra parte , l’impianto marxiano , con la sua pluralità di linguaggi , perderebbe di valenza , ove si approdasse ad una razionalità metastorica . Da qui la necessità di superare , come voleva Gramsci , "le forme deteriori della filosofia della prassi ", che ahimè , hanno generato , e purtroppo generano , il dogmatismo scientista , l’oggettivismo , l’intellettualismo . Ma , al di là delle sterili polemiche di alcuni dinosauri , è bene evidenziare che il materialismo storico, inteso nella sua accezione più autentica , ossia come momento costitutivo e come potenziale liberatorio , continua ad essere "l’unico organismo pratico in grado di cogliere l’uomo nella sua totalità ". Il materialismo storico , per la sua valenza intrinseca , rappresenta "l’eternità della materia e l’eterno nome comune ", sicché ciò comporta l’espulsione delle catalogazioni già pronte , dell’assiologismo e del dottrinarismo sommario . D’altro canto, sono stati proprio gli schemi totalizzanti e le semplificazioni grossolane , che hanno determinato le mistificazioni e l’assunzione opinabile che il "Sapere passato " sia un sapere eterno . Ne consegue che è necessario rifiutare l’apriorismo e le verità apodittiche , nella convinzione che la dialettica, intesa come movimento della realtà , crolla , se non si percepisce come apertura dell’avvenire . Bisogna , dunque, come sostiene Derrida , filtrare , passare al setaccio, criticare , decostruire . D’altra parte, il pensiero marxiano è lontanissimo dalla falsa universalità , tant’è che Marx stesso in una lettera a Lasalle definisce il proprio metodo come una ricerca che "s’eleva dall’astratto al concreto ". Purtroppo , invece, anche nel post-moderno , che qualcuno bizzarramente percepisce come prefordismo , si registra un marxismo intorpidito e sclerotico. Ciò inevitabilmente inficia il profondo significato del materialismo , che è "l’irriducibile altro del potere e sorgente vitale di resistenza " . Sicuramente , analizzando la realtà fattuale , si evince che la storia non insegna alcunchè , infatti , anche dopo il fallimento del socialismo reale si rifiuta la duplice natura della critica. . Difatti , i ciarlatani mediatici , camuffandosi da rivoluzionari , non solo evocano Kant, ma parlano anche di percorsi innovativi. Inoltre, sostengono di voler uscire dalla minorità , che non è certamente la minorità colpevole , di kantiana memoria . La fuoriuscita dalla minorità, come voleva Foucault , richiede un ethos critico che fa percepire l’intollerabilità di essere governati , e ciò implica il rifiuto del potere . Mutuando Nietzsche , invece , si dovrebbe optare per una sorta di "filosofia danzante ", che consentirebbe di demistificare tutte le forme di "governamentalizzazione ". La verità è che una diagnosi del presente non può prescindere da un’indagine sulle complesse dinamiche che hanno caratterizzato il passaggio dal moderno al postmoderno e dalla società disciplinare alla società di controllo. Leggendo alcune tesi pregne di semplificazioni tecniciste ,si ha la spiacevole sensazione che stia riemergendo una sorta di causalismo di marca aristotelica . Purtroppo l’immobilismo di alcune posizioni teoriche comporta non solo l’azzeramento del carattere problematico del pensiero marxiano , ma anche la mistificazione del concetto di praxis . Quest’ultima , come si evince dalle lucide analisi di Labriola , Gramsci, Sartre , ha il ruolo d’induttore sempre attivo , di apertura , di comunicazione creativa . Ricorrendo sempre alla "indocilità ragionata" di foucaultiana memoria , vale la pena constatare che la dialettica marxista viene percepita in modo riduttivo e scolastico , ossia come capovolgimento della dialettica hegeliana . Queste chiavi di lettura finiscono con l’inficiare la possibilità di uscire dalle secche del "materialismo dialettico" . A questo proposito Etienne Balibar sottolinea "le ambiguità della dialettica". Quest’ultima , sostiene Balibar , " può essere designata come la realizzazione compiuta dell’ideologia del progresso , perché mira a raccogliere il "negativo" in una sintesi superiore . " La nozione di dialettica , nella sua versione hegeliana , o marxiana , o post-engelsiana occupa una posizione ambivalente ". Le osservazioni di Balibar confermano che il problema della dialettica è un rompicapo , tant’è che sono state suggerite formule meno ambigue , come quelle di " dialettismo naturalistico". Preso atto che i dibattiti sull’argomento non sono mancati , si può , invece, rilevare che il materialismo storico non consente fraintendimenti , perché "è l’eterno che crea" , Ne consegue che il processo dialettico va inteso come divenire umano della natura . Per superare l’ibridismo culturale e il dogmatismo dottrinario , occorre avvalersi della critica come "disassoggettamento" . Solo valicando , infatti, i parametri di una neoscolastica , si potrà comprendere che gli sviluppi creativi del marxismo nascono da una lettura spregiudicata della realtà sociale, capace di individuare le nuove linee di frattura e di intuire le possibilità rivoluzionarie . In questo senso , Lenin si rese conto delle possibilità rivoluzionarie delle società contadine arretrate ,entro la cornice della fase imperialista del capitalismo . Attualmente , con la globalizzazione degli scambi economici e culturali , con il progressivo declino degli stati –nazione , si è imposto l’Impero . Questo nuovo assetto richiede , più che mai una lettura illuminante del materialismo storico , che , a mio avviso, non può prescindere da Machiavelli , Spinoza , Marx , Negri ,Hardt . Queste affermazioni non discendono da suggestioni emotive , ma dalla consapevolezza che il pensiero politico- rivoluzionario deve riscoprire la tensione costitutiva . Facendo un excursus storico e culturale , si evince, infatti, che l’iter rivoluzionario-politico , per tutta la modernità, ha sempre recuperato il pensiero della sovranità . Il dettaglio non trascurabile è che " la teleologia del comune ", in quanto motore della trasformazione ontologica del mondo , non può essere sottomessa alla teoria della mediazione sovrana " . In altre parole , come evidenzia il contro-pelo negriano, la teleologia del comune è perennemente aperta alla dismisura dell’avvenire , mentre la democrazia rappresentativa moderna è la pratica della misura e l’esaltazione del limite . Di qui l’aborto del potere costituente della moltitudine, che poi ha inficiato la realizzazione di una democrazia radicale . A questo proposito T. Negri scrive :" Il leninismo , che si è posto il problema della ricomposizione della moltitudine , ha fallito il suo compito quando ha definito la dittatura come la forma più alta della democrazia . In tal modo esso partecipa della storia della sovranità moderna. Tutto ciò diviene palese quando ( al di là della genesi e del successo formidabili della Rivoluzione d’ottobre ) si consideri che lo sviluppo industriale moderno ( assunto come unità di misura ) è lo scheletro nell’armadio della teoria leninista della rivoluzione ". ( A. Negri " Kairòs, Alma Venus , Multitudo ") . Le osservazioni del professor Negri sono suffragate da una rivisitazione onesta e non demagogica del leninismo e della Rivoluzione russa . Difatti , analizzando gli snodi dell’iter rivoluzionario , si manifesta dapprima la vis viva dei Soviet , che " sono correttamente qualificati da Lenin come organizzazioni di massa democratiche " . Via via , però, il potere costituente dei soviet viene integrato alla logica del Partito . Ne consegue che " il concetto di potere costituente è da Lenin interpretato in termini giacobini e la legittimità della sua pratica è esclusivamente attribuita al partito . La polemica marxiana per la rivoluzione permanente diviene così , senza soluzione di continuità , apologia del partito come unico detentore del potere costituente ….Il Soviet , dunque, a partire dal 1917 , si prefigura come organizzazione della dittatura del proletariato , quindi si riduce ad essere , organo dell’amministrazione dello Stato….La concezione leninista del potere costituente "opera un cortocircuito fra azione delle masse e comando del Partito ….Il compromesso fra il lavoro vivo e una nuova accumulazione originaria , che dovrebbe sfociare nella determinazione del comunismo ".( T.Negri "Il Potere Costituente) . E’ oppotuno precisare che le doviziose citazioni perseguono l’obiettivo di evidenziare i complessi snodi , i mille piani , le variegate riverberazioni dell’impianto negriano , che proprio per la sua valenza intrinseca , non consente semplificazioni e obsolete interpretazioni . Partendo da questi imprenscindibili presupposti ,si possono comprendere le illuminanti analisi sul postmoderno e sui processi che hanno generato il passaggio dal moderno al postmoderno . La realtà fattuale e una sterminata letteratura sull’argomento dimostrano che , con il postmoderno , la dialettica del valore svanisce , perché di fatto l’operaio sociale la rifiuta . In altri termini , nella fase attuale , la crisi non è forma della dialettica , infatti, con la sussunzione della società al capitale , perde di valenza l’Aufherung (superamento) , perché esistono soggetti diversi . Diviene conseguente che " alla iniziale dialettica si sostituisce una sorta di tautologia non dialettica " . Pertanto, " il tempo non può essere presentato come misura , ma deve essere presentato come tessuto fenomenologico globale "( T. Negri " Macchina Tempo ). Una visione materialistica del presente , dunque, deve partire dalla sussunzione reale e dalla tautologia marxiana di essere e tempo . Ciò significa prendere atto che " quando la produzione sociale fonda la tautologia di tempo e di valore , la crisi non è lineare e/o periodica ma simultanea e stabile nel rapporto di produzione. L’istituzione globale del sociale non permette , in generale , periodizzazioni o linee diacroniche bensì solo attraversamenti sincronici di una realtà omogenea ….La crisi è nella circolazione , su tutti i suoi punti , e non riguarda tanto i percorsi dei bisogni , delle merci e delle informazioni (perfettamente pianificabili ) quanto l’emersione dei tempi plurimi , multiversi e mobili dei soggetti " ( A. Negri " La costituzione del tempo - Prolegomeni ) . Al di là delle reprimende e di qualche Catilinaria , che prendono lucciole per lanterne , occorre constatare che Negri penetra il postmoderno in modo magistrale ed esaustivo . D’altro canto , valicando gli angusti limiti del ciarpame culturale e demistificando il ciambolare demagogico dei parolai pseudorivoluzinari , è utile leggere il presente , rimuovendo categorie interpretative obsolete . Penetrare nel postmoderno significa comprendere che il conflitto e la dialettica tra capitale e lavoro si rompono , perché l’automa capitalistico si libera dal modello produttivista e dal "feticismo" del lavoro . "L’economia capitalistica non è più costretta a raffigurare il lavoro come produttore sociale primario , anche la teoria giuridica non è più costretta a porre il lavoro produttivo come fonte materiale di produzione normativa " ( M. Hardt –T. Negri "Il lavoro di Dioniso "). E’ evidente che in un contesto così concepito , lo scontro non può che essere sociale , e lo è perché " il lavoro vivo tecnico-scientifico è qualità massificata dell’intellighentia operaia , dei cyborg e degli hacker ; lo è perché nel lavoro tecnico scientifico tendono ad identificarsi e a realizzarsi in maniera antagonista le pulsioni del rifiuto del lavoro di tutti gli strati sociali sfruttati ". Pertanto , se si intende decostruire la realtà, senza cadere nella reazionaria e riduttiva concezione dell’eterno ritorno , conviene avvalersi della "verità effettuale ", per percepire che siamo immersi , ma non sommersi , dall’Impero . Non senza ragione Alain Joxe , il maggior esperto francese di studi strategici , analizzando la fase odierna , sostiene : " Non è un impero coloniale ; non è l’imperialismo che subodorava Lenin come stadio finale , è del tutto diverso ma pur sempre un impero mondiale ". Preso atto che Hardt e Negri hanno fornito le coordinate per una comprensione illuminante sull’Impero postmoderno , s’impongono alcune precisazioni per gli pseudorivoluzionari passatisti . In un clima , in cui Marx , Lenin , Stalin si spostano , secondo una logica strumentale , vale la pena rivisitare il vecchio barbuto di Treviri . Considerando , infatti , le deformazioni che si sono perpetrate e che si continuano a perpetrare ai danni di Marx , conviene rievocarlo . Occorre ricordare che Marx ed Engels insistettero più volte sul punto che il materialismo storico non andava inteso come un sistema rigido . Significativa è la famosa battuta di Marx ( riportata da Engels in una lettera a Bernstein del novembre 1882) : "Quel che è sicuro , è che io non sono marxista" . Al di là della caustica battuta , si evince che il materialismo storico , per via della sua valenza intrinseca , non può essere assunto in un’accezione dogmatica , ma deve necessariamente essere inteso come decostruzione e ricostruzione di un processo in fieri. A questo proposito , il contropelo negriano coglie ancora nel segno , infatti , con il consueto acume Negri scrive :"Il materialismo è dismisura creativa, che risorge sempre e provoca la rottura del pensiero di dominio ". Inoltre, Negri , sempre attento alle mistificazioni del materialismo , sostiene :"Il caso estremo di questa brutalità lo si ebbe nella disgraziata età nella quale il materialismo era insegnato come materialismo dialettico…..La stella fissa del materialismo è l’eternità della materia ". D’altra parte, essendo la dialettica forma del pensiero trascendentale , finisce col provocare l’Aufherung , ossia il superamento del negativo , e ciò comporta la sublimazione del negativo . Di qui l’impossibilità di generare ex nihilo e la conseguente ingessatura della potenza della decisione . Quest’ultima , essendo , allo stesso tempo, singolare e comune , apre alla dismisura . Ne consegue che , in virtù della sua valenza , la decisione , soprattutto nel postmodeno , consente la liberazione del lavoro vivo dal lavoro morto .In altre parole , vivendo con Marx e andando oltre Marx , occorre scongiurare il pericolo che" il lavoro morto , come un’idra famelica , possa ritornare dialetticamente a divorare il lavoro vivo ".

A questo punto , accantonando momentaneamente l’iter negriano , è bene rievocare Sartre , che , pur partendo da presupposti diversi , si scagliava contro la dialettica totalizzante , che tende a costruire uno schema di idee prefabbricato . Da qui la puntuale analisi sartriana sul "pratico inerte ", ovvero su una forma di sintesi inerte della pluralità umana . In questo quadro interpretativo , Sartre insiste sulla dialettica costituita , che inesorabilmente degrada "il gruppo " nella istituzione . Purtroppo , si registra una sorta di"coazione a ripetere", infatti, l’inerzia di alcuni intellettuali e le loro chiavi di lettura irreggimentate e anchilosate pietrificano il conatus del materialismo , ipostatizzando teorie , che , invece, andrebbero decostruite criticamente . Ciò non significa penalizzare il retaggio culturale della rivoluzione russa , ma, pur non eliminando il bambino e l’acqua sporca , s’impone l’esigenza di una ricostruzione critica , per focalizzare cause e concause , che hanno generato il fallimento . A questo proposito giova ritornare a Sartre , che , con critiche pungenti nel "Fantasma di Stalin", parla esplicitamente di una istituzionalizzazione della rivoluzione russa e della burocratizzazione dello stato socialista . Se , però, Stalin rappresenta l’emblema della mistificazione , è altresì vero che sarebbe puerile credere che sia stato l’unico protagonista di un processo deviato . Occorre , pertanto, valicare i paradigmi di "un’eredità morbosa" e , nel contempo, ripercorrere gli snodi complessi che hanno determinato la degenerazione . La rivisitazione critica , a mio avviso , non può prescindere dalla produzione negriana , che, per via di un approccio interdisciplinare , è sempre confortata da una puntuale indagine storica , filosofica , sociologica .

Per quanto concerne il problema della dialettica , pensando sempre "a libertà con libertà ", spaventianamente parlando , vorrei dimostrare che le critiche sono state molteplici . E’ utile ricordare che la "Dialettica negativa " è la teoria centrale della scuola di Francoforte . Adorno e Horkheimer , infatti, si proposero di evidenziare il ruolo imprescindibile dell’oggetto in rapporto al soggetto . In quest’ottica , i francofortesi correggono la dialettica hegeliana , svelando la mistificazione della sintesi . La critica investe anche la dialettica marxiana , che " appiattisce la coscienza sulla realtà oggettiva ". Questo breve excursus non può prescindere da Gramsci , che si propose di emancipare la dialettica dalle "incrostazioni" positivistiche e deterministiche , approdando così ad un’autentica filosofia della praxis . Lukàcs , invece , sostenne che Engels , facendo propria l’illusione positivistica, settorializzò i fatti e ne smarrì il significato complessivo . Interessanti ma non del tutto condivisibili sono state le osservazioni del teologo De Lubac , che criticò la dialettica hegeliana e quella marxiana , affermando che esse si accreditano come interpretazioni definitive : in Hegel come espressione compiuta dell’evoluzione dello spirito assoluto , in Marx come dinamica sociale . In altri termini , per De Lubac " è contraddittorio che teorie dialettiche si presentino come il "sì" che si produce miracolosamente dal "no" senza poi tornare a ribaltarsi " . Questi brevi cenni mettono in luce che molteplici sono le chiavi di lettura sull’argomento , e ciò significa che il problema della dialettica è stato sempre elaborato e sottoposto ad una proficua critica . Il grande merito dell’impianto negriano risiede nell’assunzione del metodo baconiano , che notoriamente si avvale di una pars destruens e di una pars construens . Inoltre , la critica negriana , esplorando tutti i territori, non sottovaluta mai , foucaultianamente parlando , il rapporto tra ratio e potere . In altre parole , Negri adotta uno "stile mentale ", che consente di demistificare " le arti di governo".

Vorrei aggiungere che per comprendere appieno il "materialismo rivoluzionario" di Negri , non si può prescindere da uno dei suoi capolavori , "Spinoza ". Non senza ragione Deleuze lo definì :" Un grande libro ", che propone un’evoluzione di Spinoza : da un’utopia progressista a un materialismo rivoluzionario " . Lucidamente il professor Negri , in questa preziosa opera, rilevando la gigantesca anomalia spinoziana , scrive :" La trasfigurazione materialistica che Spinoza opera sui contenuti rivoluzionari dell’umanesimo spinge il suo pensiero oltre ogni configurazione dialettica . Spinge la speranza e la prassi umane trasformatrici oltre ogni forma dialettica . Oltre ogni mediazione sovradeterminata ".

E’ evidente che l’anomalia spinoziana diviene " anomalia del materialismo vincente ", vuoi perché l’ontologia concreta si esplicita come teoria del conatus , vuoi perché materialismo e collettivismo sono intrinsecamente connessi al pensiero costitutivo . Ciò significa che la disutopia spinoziana si manifesta come potentia , essere . Quest’ultimo , però, valica tutte le forme di trascendentalismo , perché inteso come assoluta positività dell’essere , che si svolge sul piano etico e politico . L’ontologia costitutiva , dunque , si fa politica, si fa passione , libera i corpi , gli affetti e , al tempo stesso, libera il lavoro dalla costituzionalizzazione . Indubbiamente questo linguaggio risulta ostico per i fanatici bigotti , che, in nome di un presunto sapere obiettivo, considerano eretici coloro che rifiutano il loro dogmatismo . Il dettaglio non trascurabile è che incentrare l’attenzione sul fattore economico , ritenendolo determinante , significa trasformare le proposizioni marxiane in "frasi vuote , astratte, assurde". Quando Marx ed Engels parlano del fattore economico come " Determinazione in ultima istanza " infatti non lo considerano come determinante , tant’è che Engels , in una lettera a Joseph Bloch , scrive : " Se ora qualcuno travisa le cose , affermando che il fattore economico sarebbe l’unico fattore determinante , egli trasforma quella proposizione in una frase vuota , astratta , assurda ". In realtà , una critica rivoluzionaria non può ignorare la vis viva dell’alternativa materialista , sicché , se l’impianto marxiano viene assunto come "oscura ortodossia ", e quindi non viene sottoposto ad un costante processo di rielaborazione, allora inevitabilmente emergono categorie interpretative anacronistiche . Per smantellare la falsa assolutizzazione del materialismo dialettico e per far vivere il materialismo storico , sarebbe necessario il rasoio di Occam. Ciò è di basilare importanza , perché la feticizzazione della dialettica comporta una sterile e mistificante oggettivazione scientistica , che blocca il tempo della liberazione . Quest’ultimo è " qualità produttiva , soggettività , autovalorizzazione dell’autodeterminazione , collettività ". Contro i parametri del tempo comandato occorre, dunque , organizzare il tempo liberato . " Alla onnilateralità del tempo liberato spinge la caratteristica creativa del produrre : produrre che cosa ? Tempo liberato, ancora - contro la morte , contro la sofferenza , contro lo zelo del comando " (T. Negri " La costituzione del tempo ")

Dalle osservazioni fatte si evince che cristallizzare la dialettica in un’immagine precostituita, significa ridurre la soggettività ad una mera pedina . Pertanto , se Marx , come vuole Derrida , "è un fantasma che continua a parlare", è altresì vero che occorre andare anche oltre Marx , nella consapevolezza che "la rivoluzione permanente " suppone la rottura e la mutazione sempre in gioco della pratica . A questo punto , considerando l’impianto teorico di alcuni economisti , giova menzionare Marx , che affermò :"Gli economisti hanno un singolare modo di procedere . Non esistono per essi che due tipi di istituzioni , quelle dell’arte e quelle della natura ….E in questo gli economisti assomigliano ai teologi , i quali pure stabiliscono due tipi di religione . Ogni religione che non sia la loro è un’invenzione degli uomini , mentre la loro è un’emanazione di Dio ". Purtroppo , l’oblio delle origini e un empirismo ottuso e primitivo inficiano le dinamiche di quella che Foucault ha definito "Archeologia", ossia un’inchiesta archeologica del sapere e del potere . Ciò , ovviamente , eternizza il paradigma che vuole " il potere modellato sulla merce ". In realtà , un’analisi che voglia essere critica , non può sottovalutare la tecnologia del potere , la biopolitica , il biopotere . Pare, invece , che alcuni maestri –elementari , che per fortuna sono in via di estinzione , perseverino nell’assumere categorie obsolete, e così facendo azzerano l’eterno amore , che di fatto cratterizza il comunismo . Quando Negri insiste sull’Amore coglie nel segno , perché è di fatto la passione più forte che crea l’esistenza comune . Sarebbe, pertanto , auspicabile restaurare la potenza produttiva dell’Amore , negando , vuoi la retorica dei parolai sempre impegnati nella pratica politica della convergenza , vuoi la logica retriva dei leninisti mummificati . A questo punto, nella consapevolezza che l’Amore viene banalizzato , vale la pena fare un breve excursus sull’argomento . Innanzitutto , conviene rilevare che l’amore è il sentimento interpersonale di partecipazione dell’affetto ; esso comporta solidarietà , intimità, sintonia spirituale , passione , sinergia . Diviene conseguente che si svilisce l’Eros , quando la pretesa scientifica diventa religione e si riduce ad un ordine sacralizzato . Valicando le categorie obsolete dei feticisti attardati e ritornando al tema- amore , giova precisare che esso percorre tutto l’iter filosofico , basti pensare a Empedocle , Platone , Aristotele , Bruno , Spinoza , Leibniz , Sartre . Inoltre , non si può sottovalutare il ruolo dell’amore nel cristianesimo , come si evince dalle parole di Cristo e dai vangeli di San Giovanni e San Paolo . In sede sociologica sono particolarmente interessanti le osservazioni di E. Fromm . Quest’ultimo , appellandosi all’"agatologia ", ossia alla "scienza dell’amore ", sostiene che l’amore può favorire l’equilibrio affettivo del "soggetto aggregante di altri ". Di qui l’atto di disobbedienza al sistema , che può rigenerare la dimensione comunitaria . Questo sommario excursus dimostra che "l’etica dell’amore ", come voleva Bergson , favorisce la libertà e la creatività delle "società aperte "

In realtà , si dovrebbe superare il mondo della rappresentazione , per comprendere che esiste "un sistema di segni che copre tutto il reale e che viene rappresentato secondo uno schema prefigurato di ordini e di relazioni ….L’uomo è un vivente , uno strumento di produzione , un veicolo di parole che preesistono….La coppia significato-sistema fonda a un tempo la rappresentabilità del linguaggio , e la presenza prossima ma retrocessa dell’origine" ( M . Foucault "Le parole e le cose") . Questa citazione non intende essere una masturbazione verbale , ma persegue l’obiettivo di evidenziare che i chierichetti di una sorta di neoscolastica dovrebbero "accogliere la discontinuità dell’ordine empirico ".

Dal momento che T. Negri si rivela maestro nel cortocicuitare la radicalità intellettuale con le condizioni materiali , è bene ancora una volta rivisitare l’acuminata efficacia del suo pensiero. Constatando tutti i falliti assalti al cielo , Negri scrive :" L’amore del tempo è l’anima del potere costituente in quanto questo fa del mondo della vita un’essenza dinamica, una sintesi sempre rinnovata di natura e storia "

Oggi , con la politica imperiale del lavoro , con le logiche poliziesche e militari , con il controlllo biopolitico del comando imperiale , il General intellect diviene la forza motrice dell’antagonismo . Quando , però, Negri parla di esodo , di moltitudine , di una resistenza che si colloca nell’alveare , del corpo politico del General Intellect, non sottovaluta mai il lato cattivo della storia . Non senza ragione insiste sulla necessità di esercitare nuove forme di contropotere , per produrre una nuova soggettività . Nella dismisura della produzione e della libertà , è possibile , dunque, "captare il valore sociale " , ossia quel valore che emerge dal capitale sociale e dal capitale intellettuale .

In questo quadro interpretativo , Negri sottolinea che le dinamiche del globalismo impongono la necessità di un’Europa politica . Ciò " è possibile solo se la moltitudine europea è sollecitata alla costituzione dell’unione politica attraverso la mobilitazione di strati sociali potenti , di strati sociali che vogliono dunque con l’Europa , più libertà qui e nel mondo . Pertanto , il problema non è quello " della costituzione politica di un demos quanto della produzione di un soggetto politico . Ma far uscire un soggetto politico dalla moltitudine , costruire un’Europa politica che ne valga la pena , non sarà possibile se non vi saranno divisione , lotta , decisione di valori di libertà " (H. Friese, A . Negri , P. Wagner "Europa Politica ").

Le osservazioni fatte , pur non essendo esaustive , mettono in luce che il variegato linguaggio negriano si pone , al di sopra della caligine e del sudiciume delle " bassure ", comunicando criticamente e creativamente , l’eternità del materialismo . Da qui un’affermazione dionisiaca del mondo , che implica , però, l’etica della responsabilità e della decisione .

Da negriana , non posso indossare , humianamente parlando , l’abito da lutto , sicché , concludendo il mio modesto articolo , vorrei optare per la volontà di potenza dell’amore e per un materialismo autenticamente rivoluzionariio . Nella convinzione che la militanza del comune non può prescindere " dall’ esserci " del pensiero femminile , vorrei citare una donna . Judith Revel , splendida esponente della politica dei corpi , penetrando le tonalità emotive e la grammatica della moltitudine , afferma : " L’intelletto generale siamo noi , perché l’intelletto generale è la vita che vuole crescere liberamente , come una " cosa pubblica "-una vita che finalmente possiede il sapere di se stessa ".

Wanda Piccinonno