Namir intervista Wanda Piccinonno

D.- IL terrorismo ha un significato univoco ?

R Parlare di terrorismo non è un’impresa facile , infatti , malgrado le fuorvianti semplificazioni , se il fenomeno non si contestualizza , può ingenerare strumentali fraintendimenti . Pertanto , è opportuno rivisitare la valenza semantica e asiologica del termine . Il significato è : " Sistema di governanti , di belligeranti , di agitatori politici , che si valgono di mezzi atti a incutere terrore ". E’ evidente , dunque, che quando si parla di violenza , di terrorismo , non si può prescindere dal contesto storico , sicché è bene operare un distinguo , per arginare le mistificazioni demagogiche del terrorismo legalizzato . Se si valicano i paradigmi del potere costituito , si rileva che dilaga un atteggiamento acritico e dimissionario , e ciò comporta la legittimazione delle manovre e delle menzogne dei poteri istituzionalizzati . Dal momento che oggi tutti i dissidenti sono considerati talebani , occorre avere il coraggio di demistificrare , senza se e senza ma , le strumentali macchinazioni , se non si vuole che la disobbedienza sia condannata all’impotenza . Al di là della retorica di un manicheismo virtuale , si evince che le guerre umanitarie , gli interventi di " pace duratura ", l’allarme-terrorismo , sono funzionali all’assetto imperiale , per consolidare i molteplici poteri del mondo globalizzato . Di qui la necessità di un’analisi critica sul terrorismo che , va precisato , ha assunto un significato univoco , per motivazioni ben calcolate . Onde evitare fraintedimenti, non condivido , in generale , la violenza , né quella fisica né quella psicologica , ma sono fermamente convinta che la violenza va valutata " in situazione ". D’altro canto , è lecito rievocare una legge della fisica , che recita " a ogni azione corrisponde un’ azione uguale e contraria ", e ciò significa che la violenza può anche essere considerata legittima difesa . Da un punto di vista sociologico si rileva che esistono diversi tipi di violenza , infatti, non si può confondere la violenza criminale con quella strumentale che persegue un obiettivo politico-sociale. Inoltre, esiste , come si evince dalla storia , un nesso tra violenza e potere . Vero è che quest’ultimo esercita ed ha esercitato la violenza in guise diverse , infatti , l’eterno potere si è valso delle guerre , ossia di una carneficina legalizzata , e , in molti casi del terrorismo di stato , lo stragismo docet . Ma esiste anche una violenza lenta , istituzionalizzata , che manipola gli individui , annientando ogni capacità critica e reificando le coscienze . Ovviamente ciò non è casuale , ma risponde diabolicamente ad un progetto , ossia a ridurre i soggetti ad arrendevoli pedine di un ingranaggio. Chiedo venia se mi sono dilungata sull’argomento , ma ritengo che sia basilare , in questa delicata fase , approfondire il problema , per evitare di essere considerati talebani o antisemiti . La verità è che esiste una violenza , che si esplicita come contropotere , come resistenza , basti pensare ai partigiani , che, però, va ricordato, furono definiti dai nazisti , "terroristi ". La verità è che, se si adottano griglie interpretative mistificanti , si può giungere al paradosso di definire Garibaldi un terrorista . A questo punto , conoscendo lo stile di Namir , peraltro encomiabile , ritengo che il quesito posto non sia casuale , ma strettamente connesso alla drammatica questione palestinese e alle polemiche inerenti la politica dei kamikaze . Il problema , a mio avviso , va affrontato ,chiarendo innanzitutto che non si vuole penalizzare il popolo israeliano , ma un governo che pratica le repressioni più brutali nei confronti di un popolo a cui viene sistematicamente negato il diritto di esistere . Quando si stigmatizzano i kamikaze e si parla di terrorismo , non solo si minimizzano le politiche criminali di Sharon , ma si dimenticano anche dettagli non trascurabili inerenti la memoria storica . Una onesta ricostruzione , invece, consente di prendere coscienza che l’iter storico è costellato da eventi drammatici e da aberranti meccanismi di potere , basti pensare alla cultura colonialista europea , al sionismo , ai massacri di Sabra e Chatila , alle strategie politiche degli Usa . Pertanto, se la tragedia dell’Olocausto deve costituire un monito terribile , è altresì vero che il dramma palestinese va vissuto in tutta la sua intensità. Il problema diventa riduttivo e fuorviante , quando sic et simpliciter , si stigmatizzano i suicidi-omicidi dei giovani palestinesi , prescindendo dal contesto . Ciò non significa giustificare la pratica politica dei kamikaze , ma comprendere che i tentativi di resistenza sono generati dalla disperazione e dalla mancanza di prospettive.

La verità è che l’allarme-terrorismo è strumentale e ,al tempo stesso, ha assunto una valenza simbolica : elementi questi che poi sono debitamente surriscaldati dai media. Illuminanti a questo proposito sono le osservazioni di Jean Baudrillard , che nel libro , "Lo spirito del terrorismo ", afferma : "Per tutta la lunga stagnazione degli anni Novanta , abbiamo avuto lo sciopero degli eventi . Ebbene , quello sciopero è terminato .

Gli eventi hanno smesso di scioperare . E ci troviamo anzi di fronte , con gli attentati di New York e del World Trade Center, all’evento assoluto , alla "madre " di tutti gli eventi , all’evento puro che racchiude in sé tutti gli eventi che non hanno mai avuto luogo ".

Dopo gli attentati, dunque, "niente sarà come prima ", sicché , se si vuole negare lo status quo , occorre , " senza se e senza ma", appellarsi all’etica della responsabilità , che impone chiarezza e decisione . L’imperativo categorico della moltitudine deve demistificare il terrorismo imperiale e , nel contempo, negare la commedia degli inganni della politica dei ciarlatani . In altri termini, è necessario valicare i muri dell’ipocrisia , dell’omertà , della connivenza , perché l’eterna legge della giustizia spinge ad una scelta perentoria . Ciò significa che l’energia della logica e la forza della verità effettuale escludono tutte le forme di codardia e di compromesso , sicché , o si sta con i carnefici o con le vittime .

In realtà , l’ossessione antiterroristica va inscritta nel contesto delle strategie globali , che intendono controllare il pianeta , avvalendosi anche di robuste protesi militari . Ciononostante , malgrado la vigilanza e la custodia militare , la spirale del terrorismo continua a diffondersi e, pare quasi che sia inarrestabile . Preso atto che il terrorismo non può essere considerato una malattia genetica , ne consegue che il suo proliferare deve necessariamente discendere dalle dinamiche della dimensione imperiale . La verità è che per debellare tutte le forme di terrorismo , sarebbe utile costruire una società altra , in cui abbiano pieno diritto di cittadinanza la giustizia sociale , il potere della moltitudine , la politica dei corpi .