Giordano Bruno e il Papa - gli oroscopi di Alessandro D'Angelo

O r o s c o p o 

di
 
 Papa Giovanni Paolo II°

nato il 18 maggio 1920, ora 7,30 a.m. longitudine : 06W12 latitudine: 00N00
   
 
POSIZIONI PLANETARIE:
 
SOLE                              27° Toro
LUNA                              00° Gemelli
MERCURIO                    18° Toro
VENERE                         14° Toro
MARTE                           22° Bilancia
GIOVE                            11° Leone
SATURNO                       04° Vergine
URANO                           05° Pesci
NETTUNO                       08° Leone
PLUTONE                       06° Cancro
TESTA DEL DRAGO       16° Scorpione
CODA DEL DRAGO        16° Toro
LUNA NERA                   23° Sagittario
ASCENDENTE                00° Cancro
MEDIUM COELI              00° Ariete
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ASPETTI  PLANETARI
 
SOLE    congiunta   LUNA
SOLE    sestile        MEDIUM COELI
LUNA    quadrata    SATURNO
LUNA    quadrata     URANO
LUNA    sestile         MEDIUM COELI
MERCURIO congiunto  VENERE
MERCURIO quadrato   GIOVE
VENERE  quadrato      GIOVE
VENERE  quadrato      NETTUNO
GIOVE     congiunto     NETTUNO
SATURNO opposto      URANO
SATURNO sestile         PLUTONE
SATURNO sestile         ASCENDENTE
URANO     trigono         PLUTONE
URANO     trigono         ASCENDENTE
PLUTONE congiunto    ASCENDENTE
PLUTONE quadrato      MEDIUM COELI
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PUNTI FITTIZI:
 
TESTA DEL DRAGO  quadrata  GIOVE
CODA DEL DRAGO   quadrata  GIOVE
CODA DEL DRAGO   congiunta VENERE e MERCURIO
LUNA NERA              sestile      MARTE
TESTA DEL DRAGO opposto VENERE
TESTA DEL DRAGO congiunto MERCURIO
 
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  INTERPRETAZIONE  DEL  TEMA  NATALE
 
 
   
Dal tema del  nativo in esame emergono vari aspetti antitetici che danno vita  ad una personalità molto complessa ed  antitetica.
Molti sono i parametri che creano lotte interiori e danno luogo a profonde contraddizioni non visibili a chi gli vive vicino.
    Quanto asserito scaturisce soprattutto dalla congiunzione SOLE-LUNA in Toro-Gemelli, dalla quadratura LUNA- SATURNO, e dal pianeta dell'intelletto in quadratura con il pianeta della fortuna GIOVE.
    Poichè il SOLE rappresenta l'io e la LUNA l'inconscio, la congiunzione fra questi due pianeti conferisce una personalità molto complessa soprattutto perchè da tale congiunzione si dipartono quadrature verso il pianeta della serietà e dei "blocchi" SATURNO.
    Attraverso una lunga esperienza si è verificato che quando non ci sono aspetti fra i due LUMINARI,  questi consentono un libero rapporto attivo della personalità sensibile.
    Gli   aspetti negativi SOLE-LUNA (come nel caso del papa in esame) possono diventare positivi, quindi dare  luogo  a difficoltà caratteriali e intellettuali, ma  che creano anche FORTUNA in senso generico.
    Non è solo il caso di questo papa, ma anche di molti altri personaggi che sono riusciti attraverso questa congiunzione a salire sul trono a causa di una percezione sensibile e di una buone dose di intelligenza.
    Per mezzo di questa congiunzione fra i LUMINARI, spesso tali soggetti sono  incapaci di captare sensazioni profonde e  tenderanno a  procedere intellettualmente rimanendo impermeabili a qualsiasi influenza esterna, anche in  modo drastico.
    Può capitare che questi soggetti vivano convinzioni "cieche" dando valore a proprie caparbie idee che spesso ostacolano il libero modo di pensare elasticamente.
    Il carattere del nativo in esame è carico di notevoli forze antitetiche soprattutto grazie agli importanti aspetti negativi dei LUMINARI: SOLE--LUNA quadrati a SATURNO e alla congiunzione SOLE--UNA opposta alla LUNA NERA. E' chiaro dunque che la positività potenzialmente presente nella congiunzione (se in buon aspetto), viene a smorsarzi notevolmente. Scaturisce da questi aspetti difficoltà con la madre, o privazione di amore in  tenera età. E' assai facile che, a causa della LUNA NERA opposta, il soggetto ha vissuto  notevoli difficoltà con i genitori che in genere lo ha   portato a cercare amore altrove.
 
    La presenza del pianeta dell'amore VENERE nel segno del Toro ha reso il nativo desideroso di amare. Inoltre, poichè il pianeta dell'intelletto MERCURIO si trova anch'esso nello stesso vesuviano segno in congiunzione con la TESTA del DRAGO e VENERE il soggetto ha cercato di collaborare in modo intelligente (grazie anche alla LUNA in Gemelli),  per i suoi propri fini tesi verso l'amore cosmico.
 
    Comunque permane una buona forma di egoismo nascosto da molta formalità che farà del nativo un conquistatore di quanto si  è proposto da tempo.
    Ci si chiederà perchè tale uomo è stato eletto papa invece che diventare un altro personaggio famoso (?).
    La risposta la ritroviamo nella presenza di un aspetto proprio delle persone molto carismatiche come la congiunzione NETTUNO-GIOVE (ricordare che NETTUNO rappresenta la spiritualità, il Tempio interiore, mentre  GIOVE rappresenta la  forma della realtà  stessa).
    Ebbene, da tale congiunzione scaturisce un'unione quasi armonica  fra forma e sostanza. Asserisco quasi armonica poichè tale congiunzione NETTUNO-GIOVE crea una quadratura con la TESTA DEL DRAGO che simboleggia i rapporti interpersonali più stretti. La vita del nativo dunque, non è    stata semplice, ma carica di combattimenti e modificazioni anche improvvise. Tali realtà scaturiscono soprattutto dall'opposizione fra il pianeta della privazione SATURNO e il pianeta dei cambiamenti improvvisi URANO.
 
    La dissonante quadratura fra   la dea dell'amore e della bellezza VENERE con il pianeta della spiritualità NETTUNO ha reso difficili i rapporti interpersonali nell'interno della "sua abitazione" da dove a volte sarebbe voluto fuggire, ma attraverso l'esaltazione della formalità tutto è rimasto invisibile e tacito. Comunque rimane il fatto che da questo aspetto scaturiscono conflitti emotivi che spesso sono utili per manifestare una creazione artistica. Inoltre da tale corda celeste  scaturisce anche  una forte fede per una sola realtà di credo.
 
ANALISI  DELLA  DOMIFICAZIONE:
  Ciò che rende il nativo molto medianico e ipersensibile è la presenza dell'ASCENDENTE e del MEDIUM COELI distanti fra loro 90°: quando sussiste questa situazione è presente nel grafico un quadrato detto "Magico"; nel caso del nativo le cuspiti cadono a 0° per l'ASCENDENTE in Cancro, 0° per l'IMUM COELI in Bilancia, 0° per il DISCENDENTE in Capricorno e 0° per il MEDIUM COELI in Ariete.
    E' certo che questo tipo di quadrato è abbastanza raro,  ma quello che conferisce la prerogativa di essere medianico è il fatto che il MEDIUM COELI (sempre che l'ora pervenutaci sia esatta) cade proprio a 0° in Ariete.
    In questo grado cade anche il punto GAMMA e l'inizio dello zodiaco e della primavera. E' pur vero che questo grado si presenta estremamente elettrico e magnetico come se "una nuova vita" (l'inizio della  primavera)  dovrà proseguire la sua manifestazione.
    Interessante e curioso: anche Padre Pio aveva pianeti a 0° sul punto GAMMA e altri pianeti  in congiunzione con lo stesso.
 

                                     
  F U T U R O
 
 
   Il nativo in esame sta passando un periodo non semplice a causa del transito del pianeta SATURNO (colui che toglie) proprio sulla sua importante congiunzione SOLE--LUNA. In genere quando SATURNO transita sul SOLE crea forti difficoltà anche nel campo della salute, ma poichè questo passerà anche sulla LUNA, verso maggio-giugno si verificheranno nuove realtà che potrebbero assumere significati atipici in quanto  sia SATURNO che GIOVE transiteranno in comunione quasi sugli stessi gradi come agosto del 2000.
    Comunque ci potranno essere disturbi in genere che conferiranno brevi malattie o conflitti con i vicini. 
    Per chi conosce bene la storia del personaggio, si può asserire che egli vivrà un periodo storico analogo a quello di  circa 29   fa.
 
    Può sembrare quasi incredibile, ma è vero: la sua grande fortuna nel mese di agosto del 2000    quando ci fu un gran successo fra lui e i giovani avvenne proprio mentre il pianeta della fortuna e dell'abbondanza GIOVE si trovava a transitare a 0° in Gemelli, proprio sulla sua LUNA di nascita; (ricordare che in astrologia  storica la LUNA rappresenta la massa/folla).
    In quel periodo il saggio SATURNO, transitava a 27°, proprio sul SOLE: si è verificata quindi una doppia influenza planetaria che ha cambiato la vita del nativo.  Un periodo molto importante, quasi analogo sarà vissuto nel mese di febbraio del 2001 quando SATURNO e GIOVE si ritoveranno in congiunzione sui LUMINARI del papa.
 
    Alla fine di gennaio del 2001 ci saranno brevi periodi di tenzione a causa del passaggio del battagliero MARTE transitante fra lo Scorpione e il Sagittario, quindi opposto ai LUMINARI MAGGIORI.

GIORDANO  BRUNO nato a Nola nel 1545 o all'inizio del 1548 deceduto nel 1600.

VITA:Il personaggio nacque da un gentiluomo soldato di nome Giovanni e da Fraulisa Savolino nel comune di  Nola  in provincia di Napoli.

Il suo nome originariamente era Filippo, poi lo cambiò in Giordano quando entrò nell'ordine domenicano a soli 15 anni. Da lì ne uscì solo dopo 3 anni, nel 1576 poiché non seppe mantenere il segreto sui primi dubbi riguardanti i dogmi della trinità e quelli della incarnazione, in vero molto contrastanti con le sue nuove concezioni derivate da numerosi studi fatti su letture delle più disparate discipline.

In qualità di filosofo fu affascinato dagli scritti di Eraclito, Parmenide, Lucrezio, Plotino, Lullo, Copernico e il  Cusano, nonché dei filosofi pagani, cristiani, ortodossi ed eretici. Fu questo il principale motivo per cui fu portato ad essere "radiato" dall'ordine domenicano. Non è da meravigliarsi se fu per tutta la vita un incompreso e, come capita quasi sempre ai veri studiosi, preso di mira e richiamato più volte all'ordine, e che, proprio a causa di questi suoi molteplici interessi, che si ampliavano a macchia d'olio su ogni ramo della conoscenza sia esoterica che exoterica , fu tacciato di eresia e andò incontro ad un processo, che si svolse a Napoli (in contumacia) poichè egli fuggì a Roma nel convento della Minerva.

Sempre in quell'anno, mentre attendeva il corso del processo, depose l'abito religioso e prese a peregrinare per due anni fra la Liguria, il Piemonte e la  Lombardia.

In quel periodo, mentre  Insegnava astronomia a Napoli, stampava a Venezia l'operetta "dei segni dei tempi". Nel 1579 si trovava già all'estero, da prima a chambéry, poi a Ginevra dove aderì al calvinismo, per il quale provò ben presto l'intolleranza.  Infatti fu anche lì processato e costretto ad umiliarsi per aver rilevato gli errori del de la Faye, quindi se ne parti pieno di rancore contro quello che lui chiamò "la multiforme eresia".  Questa religiosità fu definita dal filosofo come "santa asinità" e fu da questa esperienza che egli trasse il rifiuto per ogni religione confessionale e l'aspirazione ad un rinnovamento morale e intellettuale che si fondasse su una religione ed un'etica razionale al disopra dei legami religiosi.

Comunque non tutte le città si adirarono contro il suo sapere, infatti la città di Tolosa gli conferì il dottorato delle arti e la cattedra da prima ordinaria e poi straordinaria di filosofia. Durante la sua permanenza in  Francia visse un periodo molto florido a causa di una notevole vena che lo portò a scrivere molti libri, ma fu proprio attraverso quei scritti che suscitò contrasti con gli ambienti aristotelici.

A Parigi pubblicò anche le sue prime opere che trattavano l'argomento della "mnemotecnica", cioè l'arte o l'esercizio razionale della memoria che si fonda su un tipo di ginnastica mentale che si propone di aiutare il procedimento del ricordo mediante una serie di associazioni  di idee o più semplicemente mediante espedienti. (arte molto antica la cui ideazione fu attribuita al poeta greco  Simonide di Cereo (556 a.c. - 468 );   (in seguito scrisse la commedia in lingua italiana il " candelaio", la "De umbris idearum" , " cantus circaeus" , e "sigillus sigillorum ".

Da Parigi andò in  Inghilterra al seguito dell'ambasciatore francese;  poi  sostò ad Oxford  dove insegnò e fu in relazione con la corte della regina Elisabetta . Fu proprio  in Inghilterra che pubblicò i suoi "dialoghi italiani", " la cena de le ceneri" , "de la causa principio e uno", "de l'infinito", "universo e mondi", "spaccio de la bestia trionfante", (tutti scritti nel 1584).

Ritornato nella città di Parigi, dovette ben presto lasciarla a causa di un "attacco pubblicò" contro i peripatetici. andò quindi in Germania ed insegnò presso Enberg  e Francofotte  sul Meno , dove terminò di scrivere i suoi poemi latini, riuscendoli a stampare. Fra i più importanti si annovera: la trilogia dei poemi latini: "de minimo", "de monade", e l'ampia opera "de immaginum compositione". Dopo un breve soggiorno a  Zurigo rientrò in  Italia, chiamato a  Venezia dal patrizio Mocenigo che desiderava istruirsi sulla"mnemotecnica" e nelle arti magiche.

Fu così che credendosi al sicuro, sotto la protezione della Repubblica Veneta subbì una nuova beffa : fu denunciato dal Mocenigo e arrestato il 23 maggio 1592 dall'inquisizione di Venezia dove egli si sottomise. (i peccati erano di "ripudio della transubstanziazione ed eresia novaziana sulla trinità (verbale del 24 agosto 1599) e due peccati filosofici: "(dal verbale del 24 marzo 1597: "la pluralità dei mondi e la teoria dell'anima presente nel corpo come nocchiero nella nave".

Il Bruno credette di trovare una differenza fra il tribunale veneto e quello romano, pensando che questo volesse non solo la ritrattazione sul terreno della fede, ma la sconfessione della sua stessa filosofia.

Interessante è qui sottolineare il suo comportamento attraverso una sentenza del 15 febbraio 1599 allorquando il filosofo, dopo anni di resistenza, vacillato si disse pronto ad abiurare le otto proposizioni e qualsiasi altre, forze anche in una scrittura del 5 aprile le avrebbe in parte revocate; ma nei memoriali ed interrogatori successivi stette fermo a nulla ritrarre. Egli asserì che non si vuol ravvedere poiché non ha né sa di che ravvedersi.

Nel 1593 Giordano Bruno fu trasportato a Roma nelle carceri dell'inquisizione mentre i processi precedenti, come i suoi libri furono dati in esame alla commissione generale. Il nuovo processo si tirò alle lunghe per circa quasi otto anni.

Lungamente e più volte interrogato, rifiutò di ritrattare le sue dottrine: fu allora condannato come eretico ed arso vivo in campo dei fiori a Roma la mattina del 27 febbraio del 1600.

La fermezza e l'intrepidezza dimostrata risultò molto evidente dalla famosa frase che egli disse prima di salire sul rogo: "tremate forse più voi nel pronunciar la sentenza che io nel riceverla". Tale frase dimostra come l'uomo non fu solo un martire, ma soprattutto una persona dal libero pensiero, e come tale fu celebrato nel corso dei secoli.

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PENSIERO FILOSOFICO:   

Il filosofo portò sin da principio la sua indagine sul mondo naturale e rinunciò ad ogni speculazione teologica che si presentasse lontana o al di fuori di essa. Egli asserì che: "La natura o è Dio stesso o è il pensiero filosofico quale virtù Divina che si manifesta nelle cose stesse". Per Bruno   Dio è l'artefice interno ed è causa  non solo intrinseca , ma anche estrinseca in quanto operando nella materia non si  moltiplica col moltiplicarsi delle cose da lui  generate. Egli non solo anima  e informa il mondo, ma lo dirige e lo governa".

Ciò che esaltà ed accende  l'impeto lirico di Bruno e costituisce il tema  della sua speculazione è l'infinità; ad essa sono dedicati "la cena delle ceneri", il "de l'infinito", "universo e mondi" e "de immenso", che Bruno ritiene il culmine e la conclusione della sua trilogia latina.

La difesa che Bruno fa nella "cena" del sistema copernicano è tutta mossa dalla possibilità che questo sistema offre di intendere ed affermare l'infinità del mondo. Gli argomenti in favore dell'infinito nel "de l'infinito" sono nuovi: rimontano ad Ockham dove all'infinita potenza della causa debba corrispondere l'infinità dell'effetto.

Mentre, al contrario, per Aristotele,  l'infinità è considerata "incompiutezza", cioè l'impossibilità di intendere la perfezione del mondo altrimenti come finitezza per il Bruno, invece perfetto non è ciò che è completo e chiuso in proporzioni determinate, ma ciò che comprende "Innumerevoli Mondi", e quindi ogni genere di specie, ogni misura, ogni ordine e ogni potere. La vera  e più alta perfezione, è l'"Infinità dell'intelletto", cioè dell'anima e della vita, che Bruno ritenne si estendesse  oltre ogni limite  definito in tutti gli innumerevoli mondi.

E'  senza dubbio l'accento nuovo che trasforma l 'infinita grandezza  in un'infinita potenza di vita  e di intelligenza; e qui è il fondamento di quella religione dell'infinito, in cui vengono a fondersi per Bruno l'amore della vita e l'interesse della natura.

Tutti i suoi molteplici interessi ebbero una nota fondamentale comune: l'amore della vita nella sua potenza dionisiaca e nella sua espansione.  Quest'amore della vita gli rese insopportabile il chiostro,  che chiamò in un sonetto "Prigione Angusta e Nera" . Egli  nutrì un odio inestinguibile per  tutti quelli  che facevano della cultura una pura esercitazione libresca  distogliendo lo sguardo dalla Natura e dalla Vita.  Lo stesso amore della vita fu rappresentato  nella sua commedia il "Candelaio" con realismo spregiudicato proprio dell'ambiente napoletano dove aveva trascorso la giovinezza Nel testo lo scrittore fustigò  i   pedanti, i creduloni, e gli imbroglioni,  ma senza umorismo o distacco, ma con un compiacimento esasperato dello spettacolo della  trivialità e della miseria morale che  si spiega soltanto con  l'attaccamento alla realtà viva, qualunque essa fosse .

Dall'amore della vita scaturì,  il suo interesse  per la natura;  che si esaltò in un impeto lirico e religioso che trovò spesso espessione nella forma poetica. Bruno considerò la natura tutta viva e animata; e, nell'intendere questa universale animazione, nel proiettare la vita nell'infinità  dell'universo, pose il termine più alto del suo filosofare.

Da qui la sua predilezione per la magia che si fonda appunto sul  presupposto del "Pampsichismo Universale" e vuol conquistare d'assalto la natura come  si conquista un essere animato.

Il naturalismo del Bruno è in realtà una religione della natura, impeto lirico della natura, esaltazione e furore eroico. L'opera del Bruno segna certamente una battuta d'arresto nello sviluppo del naturalismo  scientifico, ma espime nella forma più appassionata,  e potente.  Quell'amore della natura che fu indubbiamente uno degli aspetti fondamentali del Rinascimento.

Infatti Bruno fa sua l'idea dominante del Rinascimento, espressa nella forma più rigorosa da Pico della Mirandola  di una sapienza originaria che, tramandata da Mosè,  è stata svolta,  accresciuta e chiarita da filosofi,  dai maghi e dai teologi sia del mondo orientale che del mondo classico e cristiano.

Egli ammise la possibilità che quella sapienza originaria potrebbe in alcuni punti essere riveduta, poichè "noi siamo più vecchi e abbiamo più lunga età dei i nostri precedessori". E, attraverso il tempo il giudizio si matura, almeno che non si rinunzi a vivere negli anni propri e si viva da morti. Egli ritenne che questo sviluppo storico della verità sia in realtà un rinascere e un rigermogliare della verità antica.

La filosofia di Bruno Campanella deve essere collocata sullo sfondo di due grandi avvenimenti storici: la rivoluzione copernicana e la riformaprotestante. Ciò che fa da filo conduttore nelle diverse fasi del pensiero del domenicano è l'idea dell'infinità del mondo, della sua unità e animazione : quindi una cosmologia antitolemaica e antiaristotelica carica di rifiuto verso l'autoritarismo dottrinario della chiesa e della filosofia scolastica.

all'universo aristotelico finito e diviso (le sfere CELESTI di sostanza differente dal mondo subnunare, - i motori immobili-), bruno vi oppose la concezione di "un universo infinito ed unitario". tale concezione fu esposta nel "de la causa" dove, dopo aver ricondotto i concetti di causa e di principio a quello di uno, egli non solo rifiutò la dottrina aristotelica delle quattro cause, riducendo la causa finale e quella formale, alla causa efficiente asserendo che: l'"intelletto universale agisce su ogni cosa". Inoltre egli riporta anche la forma e la materia ad UN essere e ad una radice" la forma e l'anima universale la cui principale facoltà e' l'intelletto , il quale muove la materia dal di dentro, come "fabbro del mondo" , che dall'intelletto del seme fabbrica ogni corpo. esso e' talmente intrinseco alla materia da far si che essa stessa, come potenza universale diventi energia produttrice che manda fuori le forme dal proprio seno e se ne' riveste.

per Bruno, quindi forma e materia non sono due sostanze , ma piuttosto due aspetti dell'unica sostanza, la natura di cui il filosofo non cessa di celebrare il carattere divino, la dottrina eleatica dell'uomo tutto e' paradossalmente unita a quella del flusso eracliteo e della ruota delle nascite di Pitagora, nel quadro di un panteismo dinamico, cui sono frammisti elementi di platonismo rinascimentale e di tradizione ermetica.

Nonostante il fondamentale monismo e panteismo, troviamo in bruno anche una dottrina sulla trascendenza: al di la' della mente insita nelle cose, che fa tutt'uno con la natura e di cui si occupa la filosofia, si dà una mente sopra le cose, che nella sua essenza sfugge al pensiero filosofico. in questa dottrina si sono visti di volta in volta l'irrinunciabilità alla dimensione del trascendente propria di un pensiero pur sempre religioso, oppure "residui" di tradizione, omaggi verbali all'ideologia dominante.

Bruno esalta il "furioso", cioè il ricercatore eroico della verità che non obbedisce ad altri impulsi, fuorché a quelli razionali, e giunge  a contemplare la natura nei suoi caratteri di unità ed infinità identificandosi con essa.  In questa attitudine contemplativa si superano tutte le distinzioni e i numeri, tutti quegli strumenti del conoscere che in realtà inquinano "la fonte della vera conoscenza", la quale non sarebbe altro che l'intuizione diretta del principio unico dal quale tutte le specie e i numeri si dipartono: la monade.

Tale principio divino , però, non si manifesta solo in questo stato di essere a cui pochi giungono, ma anche nelle virtù civili di cui Bruno tessé l'elogio, specialmente nello "spaccio della bestia trionfante"; in quest'opera primeggia l'esaltazione del lavoro come attività, che assoggettando la materia all'intelligenza, contunua nel regno dell'uomo la mirabile arte plasmatrice della natura.

Egli considera la religione un sistema di credenze  ripugnante e assurda, ma ne riconosce la positività  e l'utilità  " I Rozzi popoli che denno esser governati", ma le rifiuta qualsiasi valore. Essa è un insieme di superstizioni direttamente contrarie alla ragione e alla natura:     vuol  far credere che  è vile e scellerato ciò che alla  ragione pare eccellente, che  "la legge naturale è una ribalderia," che la natura e la divinità  non hanno lo stesso fine, che "la Giustizia Naturale e la Divinità sono contrarie,  che la filosofia e  e la magia sono pazzie, che ogni atto eroico  è vigliaccheria e che l'ignoranza è la più bella scienza del mondo".

La religione che Bruno difende, è una religione puramente razionale o  che mira a portare l'uomo alla natura mettendolo in contatto con i suoi poteri  magici, quindi,  a divinizzarlo con essa. Egli asseriva che la religione era da valutare alla luce di un credo naturale che per lui sarebbe stato un tutt'uno con la filosofia,  e dalla filosofia Bruno s'aspettava il rimedio ai mali dell'umanità  del suo tempo.

Si riporta che egli disse che Gesu' era un tristo". Un altro aspetto assai interessante che il filosofo prese in considerazione fu il problema della libertà. Egli asserì che il termine più alto della speculazione filosofica non è l'estasi mistica di plotino, il congiungimento con dio, ma la visione magica della natura nella sua unità.

Un'intrinseca necessità regola l'azione del "dio-natura", il quale non può volere/desiderare in ogni caso che l'ottimo e quindi non conosce l'indecisione e la scelta;  ma ciò non vuol dire che dio non agisca liberamente; significa piuttosto che in lui necessità e libertà si identificano. Si potrebbe asserire che egli non agirebbe liberamente nel caso che agisse diversamente da come richiede la necessita della natura. non si può confrontare la libertà perfetta di dio con quella imperfetta dell'uomo e farla consistere nella scelta indifferente tra possibilità diverse e contingenti.

ciò accade all'uomo solo per lo stato di ignoranza e di imperfezione in cui si trova, stato che gli impedisce di conoscere il meglio.

se la libertà umana fosse perfetta, sarebbe come quella di dio: coinciderebbe cioè con la necessità della natura.

un approfondimento in tal senso è dato da bruno nello "spaccio" dove prospettandosi la domanda in che modo le preghiere di giove possano influire sui decreti del fato che è inesorabile, si risponde che il fato stesso vuole che lo si preghi di fare ciò che esso ha stabilito di fare. egli asserisce: "ancora il fato vuole questo, che benchè sappia il medesimo giove che quello è immutabile, e che non possa essere altro che quel che deve essere e sarà , non manchi di incorrere per cotali mezzi il suo destino".

la vera libertà umana dunque si identifica con con la necessità naturale cioè cn il fato e consiste soltanto nel riconoscimento e nell'accettazione del fato stesso.

la preghira è spesso un segno di futuri effetti favorevoli e quasi la condizione di questi aspetti, poiché il f a t o manifesta la sua necessità nella volontà stessa degli uomini e non al di fuori di essa. " la vera libertà" prosegue il filosofo " è dunque quella divina che si identifica con la necessità. la libertà che è contingenza e scelta arbitraria non è un pregio, ma solo una conseguenza dello stato di imperfezione in cui l'uomo si trova rispetto a dio."

secondo lo studioso nell'età dell'oro, quando l'uomo viveva in ozio, non era più virtuoso delle bestie, e forse anche più stupido di molte di esse. Egli aggiungeva:

:"la povertà, la necessità, e le difficoltà gli anno acuito l'ingegno, gli  hanno  fatto inventare le industrie e scoprire le arti. e tuttora suscitano dalle profondità dell'intelletto umano nuove e meravigliose invenzioni", e, solo così l'uomo è veramente e si conserva "dio della natura" (spaccio, iii, in opp. it. ii, 152).

Come si è già accennato, neanche il calvinismo, che lo studioso conobbe a Ginevra, si salvò dalla sua condanna . Questo gli apparve più intransigente e dogmatico e ancor più pericoloso e fanatico di quello  cattolico in quanto negherebbe la libertà è il valore delle opere buone introducendo lo scisma e la discordia fra i popoli .

Il suo processo, le torture e la sua condanna costituirono l'esito tragico di una vita interamente dedicata ad un idealistico progetto, non  privo di illusioni nei confronti di un ambiente che non poteva accoglierlo .

 

 

 

 

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