Sto giù

Io contro Me stesso e l’ambito propositivo

di Salvatore Mica

Sto giù, non si dice così? E’ quello stato d’animo che ti fa vedere tutto nero, ti schianta su te stesso inchiodandoti alla ragione del pessimismo, non ti lascia più andare. E’ una sensazione, un attimo passeggero, è capitato a tutti, poi passa. Ma forse non dovrebbe. Se la ragione del pessimismo non fosse dettata dal momento, dalla depressione? Se invece fosse dettata dalla ragione oggettiva dei fatti? Lo stare giù allora non si configurerebbe più come attimo passeggero in cui " vedi tutto nero", bensì diverrebbe un momento di più attenta analisi della realtà, un periodo di maggiore sensibilità. Un’epifania che mostra tutto il peggio che c’è. Se non fosse un sogno? Se fosse la realtà? Mi viene da pensare che se fossimo realmente consapevoli dello schifo che c’è nel mondo ogni attimo della nostra esistenza, dovremmo stare sempre "giù". Il mondo sarebbe ancora peggiore (v’immaginate un mondo dove chi non muore di fame, è depresso perché pensa agli altri che muoiono di fame?) ma probabilmente sarebbe un atto di onestà intellettuale, una presa di coscienza doverosa. Un primo passo verso il cambiamento.

Ciò che ho detto vale per tutti gli ambiti che ho osservato, mi sembra importante in questa sede rapportarlo all’ambito della politica.

Il parlamento è copia di se stesso, da una parte all’altra le differenze risultano minime, sembra sempre più evidente che la linea politica che ci permettono di scegliere è insignificante, in ogni caso faremmo la scelta giusta, la scelta giusta per loro: i potenti, le multinazionali, gli USA,la Banca Mondiale ecc..La sinistra nasconde questa simbiosi col potere dietro i brandelli del suo glorioso passato. Passato di lotte, di conquiste,di sangue di morte e di grandi vittorie; non sono neanche l’ombra dei loro peggiori antenati.La destra sfrutta l’ignoranza, la superficialità della gente che istintivamente lecca il potere sperando nelle briciole.

Nulla di nuovo sotto quest’aspetto. Il sistema non mi piace e va cambiato, seguendo la volontà popolare, per questo non passo idealmente dal parlamento, sono un comunista, un rivoluzionario.

Esserlo significa non aver superato lo stadio psicologico tipico del bambino che si crede onnipotente? Non necessariamente. Soprattutto se si scopre man mano, andando avanti nella ricerca ed evolvendo nel pensiero, che c’è molta gente che la pensa come te.

Non sei pazzo quindi, o forse lo sei e lo sono anche gli altri. Ma la nostra follia proviene dalla consapevolezza delle storture del sistema, dall’aver compreso i suoi meccanismi perversi. La follia generale consiste invece nel non essere rivoluzionari e contemporaneamente nel non annegare nelle contraddizioni.

Sono un rivoluzionario quindi.Un comunista rivoluzionario.Sto assieme, fisicamente o idealmente, ad altri miei simili e apprendo da loro e dalle loro esperienze.

Cosa faccio?

Cresco interiormente, apprendo la situazione internazionale, mi sforzo di imparare la storia dei movimenti politici, delle idee, dei grandi pensatori e dei massimi sistemi.

Ma a che serve?

Devo cercare di cambiare le cose, da dove cominciare?

Dalla critica allo stato di cose attuali.

Non basta.

Non è sufficiente e non è neanche facile.Perché per criticare lo stato di cose attuali, l’attuale sistema, devo innanzitutto capirlo, analizzarlo e il lavoro da fare è immane. Dopo averlo capito, si può cominciare a criticarlo e dopo, solamente dopo, posso cominciare a ideare un sistema diverso. Per svolgere egregiamente questi compiti mi servirebbero due - tre vite,e non basterebbero ugualmente a cambiare le cose. Per due ragioni:

1)Tutto questo lavoro si potrebbe svolgere all’interno del cervello di una singola persona e rimanere chiuso li dentro, per l’eternità, senza mai trovare rispondenza nel mondo reale, tutto le sue fatiche risulterebbero inutili.

2)Questo lavoro è già stato fatto dai nostri padri, Da Marx ed Engels.

Il secondo punto sembra una sciocchezza ma non lo è.

E’ il centro di tutto il problema, forse è il colpo di grazia che io do a me stesso.

Non sarei mai in grado di avere la loro lucidità d’analisi,la loro freddezza, la loro decisione,la loro fermezza.

"Gli idioti sono strasicuri mentre le persone intelligenti sono piene di dubbi" mi dice Russel, si ha ragione, il problema è anche questo, ma attualmente penso che nessuno potrebbe sostenere l’eredità di Marx o di Lenin, o di altre grandi menti della storia comunista. Non capisco quasi nulla degli scritti di Lucio Coletti o di Negri "Devi pensare che hai solo 19 anni…" dice un mio amico cercando di consolarmi, non sa che così mi da il colpo di grazia, non voglio e non posso aspettare. Ma non voglio neanche puntare tutto su questa idea, su questo sogno seppur forte e giusto, perché so che potrei perdere, allora accetto di dedicare una parte di me, non scommetto tutto, perché so che le possibilità di riuscita sono minime, d’altro canto puntando solo una parte del mio tempo, della mia attenzione e della mia forza, le possibilità di riuscita sono praticamente nulle.Per uscire dall’angolino in cui mi sono spinto devo necessariamente accettare di sapere poco e agire ancora meno.Non posso essere un "ideologo", non posso essere un "teorico" del marxismo, i posti sono già occupati da menti migliori della mia.

L’azione allora mi può salvare, solo l’agire pratico può dare un senso a tutto quello che ho appreso.

Devo affrontare l’ambito propositivo, ma soprattutto devo affrontare me stesso.

Il me stesso che ho davanti è la persona che mi conosce, anche se riesco a fingere molto bene, se ne accorge, mi smaschera, sa quello che so io, è più razionale di me, meno istintivo, più riflessivo e non ha fretta di far esplodere il proprio potenziale.Io si, perché ho tante cose da fare e da dire e poco, pochissimo tempo per farlo.

L’ambito propositivo mi risulta estraneo, è un muro di gomma, un limite invalicabile ogni volta che provo ad oltrepassarlo idealmente.

Sembra che le idee non vogliano uscire dalla mia testa per paura di essere contraddette.

Non sono originale neanche sotto quest’aspetto:

"La cosa più semplice di questo mondo è considerarsi un genio incompreso dal resto del mondo" così diceva se ben ricordo Italo Svevo ne "La Coscienza di Zeno"

E’ il me stesso che ancora una volta m’inchioda: non voglio entrare nell’ambito propositivo, perché potrei essere smentito, diciamo quindi che le idee non volgono verso la realtà per un insieme di pigrizia e orgoglio intellettuale.

Rimangono li a marcire.

Sono digerito dal mio divano e vegeto.

Mi sento in colpa perché posso permettermi il divano e soprattutto perché posso permettermi il lusso di vegetare. Non vegeto allora, penso:

eppure criticare non basta ne sono consapevole, bisogna andare avanti.

La mia malattia è contagiosa.Ne soffre tutto il movimento rivoluzionario,almeno la stragrande maggioranza dei movimenti/partiti/fronti/gruppi-gruppuscoli rivoluzionari o per meglio dire "antagonisti". Quindi non sono solo ad essere ingabbiato dal soggettivismo.Sembro il solo ad accorgermi di questo problema però.

Tutto il fronte "rivoluzionario" è diviso, spezzato in migliaia di movimentucoli da quattro soldi, fondati diretti e gestiti da pochissima gente che nulla a che fare con la realtà in cui vivono e in cui dovrebbero agire. I passatempi preferiti di questi gruppetti politici sono nell’ordine

1) Insultare il resto del mondo che non la pensa ESATTAMENTE al loro stesso modo

2) Enunciare ripetutamente in modo assillante e quasi infantile, i punti del loro pensiero che li separa dal resto dei comunisti (quasi avessero paura di essere contagiati)

3) Organizzare incontri per varie ragioni

4) Scrivere qualcosa per gli anniversari d’ogni morto ammazzato che ritengono affine alle loro idee

5) Organizzare cene/incontri/dibattiti d’autofinanziamento.

Il resto è silenzio.

Qualcuno di questi gruppi si spinge un po più in la e scrive qualcosa che è perfettamente inquadrabile nell’ambito della critica all’esistente. Leggere questi "giornali" risulta quasi comico: è evidente il folle tentativo di interpretare la realtà forzandola nei loro schemi d’analisi precostituiti.

Paroloni roboanti e analisi da tesi universitaria si sprecano in questi pezzi di carta. Ma in nessun caso si troverà mai nulla che possa essere letto, capito e condiviso da un qualsiasi lavoratore che non abbia una laurea in filosofia.

Ma allora per chi diavolo scrivono?

Per i "teorici" del marxismo chiaramente no: userebbero i loro giornali come carta igienica, gli errori e le forzature le noto io che non sono ne mai sarò un teorico, figuriamoci loro.

Per i lavoratori neanche.

Per i "compagni" che non assolutamente d’accordo con le loro idee neanche.

Quindi scrivono per loro stessi.

L’ambito decisionale e propositivo non viene sfiorato.

L’apprendere che non sono l’unico "malato" di questa strana malattia è al contempo triste e comodo: mi fornisce un alibi.

"Se 100 persone si buttano dal balcone, tu le segui?" Mi chiede il Me stesso nemico.

Ha ragione,devo entrare nell’ambito propositivo, nell’ambito decisionale, devo mettere in pratica ciò che penso, mettermi in gioco, se ci provo posso perdere, se non ci provo perderò di sicuro, cosa guadagnerei?

"la Dignità" Risponde il Me stesso nemico.

Il bug di questo piccolo mondo perfetto che io e miei compagni apatici occidentali, ci siamo creati lo vedo ogni giorno.

Esco, vado alla fermata del bus che passa ogni quanto gli gira, se gli gira e si ferma ogni quando gli gira e se gli gira.Aspetto…Ascolto musica e davanti mi si para sempre lo stesso mendicante.

Il mio cervello compie sempre più velocemente lo stesso ragionamento, un dialogo immaginario ripetuto all’infinito tra Me e Me.Un loop aporetico.

"Gli do 1000 lire?"

"Bravo!Perché non guardi in tasca se hai un gettone potresti dargli quello e levartelo di torno già che ci sei non credi?" Risponde ironicamente il Me stesso nemico

"Gli do 10000 lire?Mi sembra sufficiente…nessuno da 10000 ad un mendicante"

"Hai ragione, è tanto…E dimmi un po, cos’hai in tasca? Il walkman? E in quell’altra? Il telefonino? Quanto costano i vestiti che indossi? E quando vai a casa quanti computer e televisioni utilizzi…? Hai ragione 10000 sono davvero troppe!Potresti andare in rovina!"

"Sei un idiota! Ti rendi conto? Potrei spogliarmi dei miei beni e dare tutto a lui,ma cosa risolverei? Non riuscirei a distruggere la povertà, perché come lui ce ne sono milioni, solo io prenderei il suo posto, non cambierebbe nulla"

"Bene, visto che non riesci a risolvere il problema globale, non risolvi neanche il problema locale, guardi troppo in alto, da bravo rivoluzionario vuoi fare tutto non puoi fare tutto e perciò non fai nulla"

Ancora una volta ha ragione lui. Questo è il problema principale, non si può fare tutto, le nostre idee sono troppo grandi per noi stessi, le nostre idee sono infinite una volta messe in pratica dovranno per forza essere finite.

La differenza tra il Nord e il Sud del mondo si nota anche così.

Io "rivoluziono" idealmente tramite la testa, i discorsi e la tastiera del computer. I compagni veri e propri mettono in gioco e spesso perdono la loro vita per le mie stesse idee.

Per cosa?

Per cosa muoiono?

Perché il mondo sappia?

Io vengo a sapere della loro morte, conosco, forse la loro storia, tramite i tg o tramite internet e il lavoro attento di altri compagni occidentali che mi dicono quello che succede Dall’altra parte,

E comincia il tango:

Un ragazzo di 19 anni morto bruciato nelle carceri turche

"Era un mio coetaneo…Cristosanto!"

Un bambino di 10 anni ammazzato in diretta dagli israeliani

"Ma come possono…Schifosi imperialisti…"

A Napoli una ragazza di 17 anni va alla manifestazione e viene selvaggiamente picchiata dalle forze dell’ordine

"Poveraccia…Certo che è assurdo…Sti fascisti…"

Notizie che apprendo e che mi lasciano sdegnato, atterrito, arrabbiato….Ma che senso ha? Passano decine di queste notizie davanti ai miei occhi stanchi e annoiati, capisco anche io, che sono il carnefice di questo sistema, che tutto ciò è profondamente immorale.

Loro muoiono e vale poco, io sottoscrivo un appello e vale di più.

Perché? Perché io non sono solo un rivoluzionario, sono anche un borghese, un utente, un cliente, un uomo che ha potere decisionale perché il sistema ha voluto così, sono un privilegiato del sistema e assurdamente utilizzo i (piccoli) margini che il sistema mi elargisce per dire la mia, dove posso, quando posso, se posso. Il potere sovversivo è pari a zero.Anche sotto quest’aspetto siamo sconfitti.

D’altra parte l’ambito propositivo e decisionale è stato sfiorato molte volte,anche in passato, ma l’esperienza come ho già detto è per forza finita, e spesso discutibile, mai un esperienza reale potrebbe esulare da fattori contingenti che in parte la determinano. Ogni esperienza è un mondo a se, non ci sono strade spianate ne manuali onniscienti.

Purtroppo manca la voglia, l’interesse e forse anche la fantasia necessaria per applicare e contestualizzare le dottrine Marxiste.

Ho visto troppo spesso imbecilli semi analfabeti e dogmatici, criticare un esperienza realizzata proprio perché non ortodossa. Anche questo fa parte del mio alibi,quel poco che con grande sforzo con grande spreco di tempo e di energia materiali e intellettuali , potrebbe essere fatto è esposto alle critiche e alle considerazioni di gente che avrebbe solo da apprendere.

Vedo però anche il contrario. Comunisti, idealisti, utopisti sostengono un governo ex-pseudo-comunista solamente perché è una delle pochissime esperienze storicamente realizzate.Non sono d’accordo neanche con loro: se quel governo non agisce come io agirei, come agirebbe un marxista, non posso appoggiarlo, tradirei le mie idee.

Così facendo ricadiamo nel rivoluzionario "duro & puro" di quello che seleziona tutte le esperienze e se non sono assolutamente marxiste allora le butta nel cestino.

I rivoluzionari da detersivo: "Se non è rossorossorosso, non ci interessa!"

Peccato che il rossorossorosso non esista.

Queste due posizioni zigzagano all’infinito nel mio cervello finchè non lo spengo.

Non c’è soluzione. O almeno io non la trovo.

Come spegnere il cervello?

Accendo la televisione,metodo perfetto e indolore.

Becco di notte un documentario Rai che parla della miseria dei barboni in Italia

"Sono Rosaria!"

Grida una barbona in un centro di accoglienza

"Mi chiamo Rosaria….vi credete che siamo pazzi noi? Vi credete che è facile chiedere l’elemosina?Avere freddo?…Poi chiedete perché parliamo da soli?Non siamo pazzi!parliamo soli perché non abbiamo con chi parlare,siamo soli!E parliamo soli per questo…Non sono una barbona!Ho un nome!Mi chiamo Rosaria!"

E io cosa ci posso fare?

Ci penso? Ne soffro…Non posso fare altro, entrare nell’ambito propositivo e decisionale…Dovremmo essere tante persone, in sintonia fra di noi….E’ difficile quasi impossibile, è il soggettivismo esasperato che mi uccide, che annichilisce ogni mia speranza di plasmare la realtà seguendo le mie idee.

Ogni uomo è un mondo a se, non c’è nulla di obiettivo:

se il sangue improvvisamente smettesse di scorrere nelle mie vene, il sole potrà arroventare il mondo intero ma in quel momento io avrò comunque freddo.

Cambio canale, voglio tenere la tv accesa e il cervello spento, anche perché a tenerlo acceso non risolvo niente.

Suona il telefono è un mio amico,capisce che sono giù

"Che hai?"

"Niente….Un sacco di cose…Sono giù"

"E perché?"

"Non lo so…O meglio lo so, ma non so spiegartelo: sarebbe troppo lungo"

"Ma un motivo dovrà pur esserci no? Riguarda la politica, la filosofia, i problemi esistenziali…O roba meno complicata?"

"Si c’è…In effetti un motivo c’è."

"E qual è?"

"Sono giù per Rosaria"

"E chi è ?"

"Non lo so…Sono giù per questo."