RISCALDAMENTO CLIMATICO

Secondo un rapporto della FAO, i cambiamenti climatici potrebbero avere forti ripercussioni sulla produzione agricola mondiale, che potrebbe aumetare nei paesi ricchi con un clima temperato, ma diminuire nei paesi tropicali poveri. Il documento aggiunge che il riscaldamento globale aumentera' gli spostamenti in massa delle popolazioni umane, accrescendo in tal modo il numero dei rifugiati ambientali; inoltre il cambiamento ambientale e climatico degli ecosistemi costringera' gli animali e i vari tipi di coltivazioni a 'migrare' nelle zone in cui si sono create le condizioni adatte a loro, abbandonando quelle in cui attualmente si trovano, perche' non piu' buone a soddisfare i loro bisogni. Il risultato di tutto cio' non puo' che essere una forte perdita di biodiversita'.

Le perdite di produzione associate alle condizioni generali del clima saranno molto piu' gravi di quelle associate a eventi straordinari e localizzati come cicloni e inondazioni.

L'agenzia per l'agricoltura non fa alcun commento sulla decisione degli USA di abbandonare il protocollo di Kyoto per combattere i cambiamenti climatici.

Il rapporto e' stato scritto dalla commissione agricoltura della FAO che comprende i paesi membri dell'ONU. La commissione ha evidenziato che nei prossimi 100 anni la temperatura media mondiale aumentera' del 2%. A cio' corrisponde uno spostamento latitudinale dei climi verdo i Poli di almeno
200 Km. Le precipitazioni medie mondiali cresceranno del 5% nei prossimi 100 anni e il ciclo dell'acqua nell'atmosfera si intensifichera' per le alte temperature. Sempre nel prossimo secolo il livello medio dei mari salira' di circa 50 cm.

L'agricoltura e' responsabile del cambiamento climatico per il 30%.
Il 25% della CO2 proviene da fonti agricole, soprattutto deforestazione e la combustione di biomassa.

Buona parte del metano in atmosfera viene prodotto dai batteri intestinali dei ruminanti, dagli incendi forestali, dalla coltivazione di riso e dai rifiuti, mentre le coltivazioni convenzionali e l'uso di fertilizzanti sono responsabili del 70% delle emissioni di NOx (ossidi di azoto).

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le risorse ittiche Senegalesi

Gland, Svizzera - Il tentativo dell'UE di aumentare l'accesso alle risorse ittiche delle acque territoriali Senegalesi, gia' ampiamente sovrasfruttate, minaccia la loro sopravvivenza e la possibilita' di sfruttarle in maniera sostenibile. La mossa scorretta della Commissione contraddice la linea politica dell'UE.

Claude Martin, direttore generale del WWF international, ha scritto al commissario europeo Fischler affermando "La commissione europea conosce benissimo gli effetti devastanti delle risorse ittiche mal sfruttate, tant'e' che anche le acque europee hanno avuto molti problemi dovuti al sovrasfruttamento. E' inconcepibile pensare che la Commissione usi le tasse dei contribuenti per esportare questa pratica di pesca insostenibile nelle coste, gia' minacciate, dell'Africa Occidentale."

Ogni anno, l'UE spende circa 270 milioni di euro per aggiudicarsi i diritti di pesca nelle acque di altri paesi, gran parte dei quali Africani. Questo porta denaro nelle casse statali di quei paesi, ma in realta' i pagamenti sono spesso molto piu' bassi del vero valore di mercato del pesato totale, e quindi e' sempre l'UE che ci guadagna. L'attuale accordo tra UE e Senegal finisce nel Maggio 2001, e il prossimo round di negoziati comincera' il 20 Aprile 2001 a Brussels. Accordi simili fatti con Mauritania e Guinea Bissau stanno per finire presto, ma la Commissione li rinnovera'. I negoziati dovrebbero stabilire le quote pescabili in base alle valutazioni di pesca sostenibile attualmente disponibili, ovvero tutto il contrario di quello che sta tentando di fare l'UE.

Secondo Claude Martin i punti di partenza per gli accordi con i paesi in via di sviluppo dovrebbero essere l'uso sostenibile delle risorse ittiche e la loro conservazione, non gli interessi di breve termine dell'Unione. Il Green Paper formulato dalla Commissione, e pubblicato un mese fa, ambisce esplicitamente a sfruttare le risorse del mare nei paesi poveri, ma senza minacciare lo sfruttamento sostenibile delle risorse stesse.

Il WWF crede che l'Unione Europea dovrebbe ora passare dalle parole ai fatti. Lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine portera' benefici sia all'Europa che all'Africa occidentale.

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LE BALENE UCCISE

Gland, Svizzera - Mantenendo il menefreghismo nei confronti delle proteste da tutto il mondo, i cacciatori di balene giapponesi ritornano in patria dopo aver ucciso 440 balene minori durante la loro 14esima spedizione "scientifica".

Sin dall'entrata in vigore della moratoria internazionale sulla caccia, nel 1986, il Giappone ha catturato un totale di 5,035 balenottere minori nell'Oceano Antartico, dichiarato santuario nel 1994.

Cassandra Phillips, del WWF International, ha dichiarato "ancora una volta il Giappone ha beffato l'opinione pubblica internazionale usando una scappatoia legale che permette di cacciare qualche esemplare di balena per la vera ricerca scientifica, ma che non e' stata mai formulata per dar vita a tale caccia a scopi commerciali. In questo modo il Giappone compromette la sua credibilita' nel rispetto degli accordi internazionali."

Oltre a cacciare nell'Antartico, sin dal 1994, la flotta giapponese ha ucciso esemplari di balenottera anche nel Nord del Pacifico. Lo scorso anno ha deliberatamente aggiunto alle specie da cacciare i capdogli e le balene di Bryde (due specie minacciate); nonostante la minaccia di sanzioni economiche e proteste dai leader del pianeta.

La ricerca scientifica del Sol Levante, o presunta tale, puo' esser fatta anche senza uccidere nessun esemplare. Ad esempio si poteva dimostrare che le balenottere minori del Nord sono una popolazione diversa da quella del Sud anche senza estrarne il grasso o cucinarne la carne; ma con semplici prelievi di tessuto epiteliale e successive analisi del DNA.

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L'AMARO CACAO

Quel che più colpisce nella tragedia della nave carica di piccoli schiavi
che vaga come un fantasma nel Golfo di Guinea è la sorpresa dell'occidente.
Non solo non si tratta di una novità, ma la situazione di questi paesi
africani è andata deteriorandosi di pari passo con la globalizzazione. La
liberalizzazione del mercato delle materie prime e le speculazioni sulle
borse hanno drasticamente ridotto i prezzi segnando la rovina dei paesi
produttori. Mentre le riforme imposte dagli accordi firmati da questi paesi
con il Fondo monetario internazionale hanno portato gli indici di povertà a
livelli insostenibili.
L'Unione europea non è estranea a questi processi, anzi con le sue decisioni
ha contribuito ad aggravare la situazione, anche in Africa. Ricordate la
vicenda della cioccolata? Proprio un anno fa quando il parlamento europeo ha
varato la direttiva che permette l'uso di materie grasse al posto del burro
di cacao, non ha dato ascolto alle voci allarmate di coloro che mettevano in
guardia sugli effetti che una simile decisione avrebbe avuto su una
situazione già disperata. Solo in Africa 11 milioni di persone vivono della
produzione del cacao.
Proprio la Costa d'Avorio, il Ghana, la Nigeria e il Camerun sono tra i
maggiori produttori di cacao, il cui prezzo è in caduta libera. Dal 1998 al
2000 il prezzo è dimezzato, passando da 1.100 sterline (3.500.000 lire
circa) alla tonnellata a 550 sterline, vale a dire meno di quanto fosse
pagato negli anni 60. E il prezzo continua a scendere. Le pressioni
economiche (per essere competitivi anche con i prezzi bassi i produttori
cercano di impegnare manodopera gratuita) e la crescita della povertà hanno
segnato negli ultimi dieci anni una ripresa del traffico dei piccoli
schiavi.
In passato per il raccolto nelle piantagioni venivano ingaggiati per un
lavoro stagionale anche bambini, ma alla fine del raccolto venivano
rimandati a casa con qualche soldo. Così come soprattutto le bambine delle
famiglie povere venivano mandate in città presso parenti più agiati -
secondo il sistema della famiglia allargata, conosciuta in Benin come
"videmegon" - dove in cambio di lavori domestici potevano ottenere un minimo
di istruzione. Ora sfruttando quella tradizione alcuni bambini vengono
sottratti alla famiglia povera in cambio della promessa di una remunerazione
che può far comodo ai parenti ma che non arriverà mai, oppure comprati da
genitori sempre più indigenti in cambio di pochi dollari (dai 15 ai 30) o,
ancora, semplicemte rapiti, compito ancora più semplice se si tratta di
bambini di strada. E se non lo sono poco importa, lo scorso anno, liste
interminabili di bambini, la cui scomparsa era stata denunciata dai
genitori, giacevano presso gli uffici della polizia del Mali. Senza
riscontri. Mentre le autorità del Togo già due anni fa, dopo aver scoperto
un traffico illegale di bambini, avevano lanciato un appello ai genitori
perché non lasciassero i loro figli soli con estranei.
Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) sono 32 milioni i
bambini vittime di sfruttamento minorile in Africa. Obbligati a lavorare
nelle miniere, nelle piantagioni spesso tra i pesticidi, nel commercio dove
sono impiegate anche molte bambine, le quali però sono sfruttate soprattutto
nel lavoro domestico. La giornata di lavoro è interminabile: fino a 15 ore
al giorno. Per non parlare dei bambini soldato e dello sfruttamento
sessuale. Se cercano di fuggire vengono picchiati e se qualche volta ci
riescono non hanno comunque i mezzi per ritornare a casa quindi finiscono
sulla strada: a prostituirsi o a fare i lavavetri.
Se il fenomeno della schiavizzazione in Africa prima era prevalente nelle
zone di conflitto (Angola, Sudan, Somalia), ora risponde soprattutto a
esigenze prettamente economiche. Ed è nel Golfo di Guinea, forse per eredità
storica - da qui partivano gli schiavi per le Americhe, vedi articolo
accanto) - che sono più diffuse le organizzazioni criminali che sfruttano il
traffico di piccoli schiavi.
La linea del fronte comprende: Benin, Burkina Faso, Camerun, Costa d'Avorio,
Gabon, Nigeria e Togo. I trafficanti provvedono a trasportare i bambini
reclutati nei paesi poveri - Benin, Togo - in quelli dove serve la
manodopera - Costa d'Avorio, Nigeria, Gabon. Secondo fonti diplomatiche
centinaia di ragazze vengono trasportate dal Togo nel Gabon. Lo stesso
avviene tra il Benin e la Nigeria: ogni mese dalla frontiera passano decine
di ragazze destinate ai lavori domestici, la metà ha meno di quindici anni.
A Lagos è stato scoperto nel 1996 un vero e proprio mercato di schiavi, dove
erano ammucchiati bambini tra i 7 e i 17 anni, malnutriti, in attesa dei
compratori. Lo stesso avviene al marché du Plateau ad Abidjan (Costa
d'Avorio), dove le signore delle famiglie ricche vanno a scegliere le loro
domestiche.
Il traffico di minori proveniente da questi paesi non è tuttavia riservato
eclusivamente al Golfo della Guinea, alcuni bambini sono già stati mandati
negli stati arabi e persino in Europa, sotto la copertura di competizioni
sportive o persino di visite al papa.
Purtroppo la scoperta del traffico di bambini schiavi non è una novità,
anche se finora si è parlato più di piccoli fabbricanti di tappeti in Asia
esistono anche i bambini schiavi delle piantagioni di cacao. E la Etireno
non è la prima nave carica di bambini schiavi nel Golfo di Guinea, proprio a
Cotonou nel 1997 le autorità del Benin erano riuscite a bloccare una nave
con 400 bambini a bordo prima che salpasse. E probabilmente, purtroppo, la
Etireno non sarà nemmeno l'ultima.

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PAPUA - LA FORESTA MINACCIATA -

La Papua Nuova Guinea (PNG) ospita il terzo piu' grande polmone verde della terra. Nel 1999, il governo della PNG, quello dell'Australia e la Banca Mondiale si impegnarono a porre una moratoria sulle operazioni di taglio nelle foreste, come condizione per un nuovo programma di prestiti finanziari al paese. La moratoria doveva restare fino alla revisione delle attuali license di taglio e al miglioramento legislativo in materia.

I risultati delle prime analisi hanno rivelato che illegalita', corruzione e incompetenza predominano nel processo di assegnazione delle license. Nonostante mesi di proteste, la World Bank ed il governo australiano devono ancora rendere pubblica la loro opinione sulla moratoria: se mantenerla o

rimuoverla. E soprattutto non e' chiaro se concederanno i prestiti. La decisione finale sara' presa a breve, e il silenzio dei due finanziatori fa trasparire che la rimozione della moratoria e' accettabile.

Mantenere la moratoria, eliminare i sussidi alle multinazionali del taglio e favorire uno sfruttamento sostenibile delle foreste basato sulle comunita' e sulle aree protette, sono tutte condizioni indispensabili per la conservazione della ricca biodiversita', degli ecosistemi e il benessere delle comunita'. Chiedi il mantenimento della moratoria.

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PESCANO IL TONNO.

SYDNEY - 19 Aprile 2001 - Giappone, Australia e Nuova Zelanda hanno deciso di aumentare la quota di pesca annuale per il tonno dalla pinna blu. L'aumento sara' di oltre 1,500 tonnellate e servira' a condurre un programma "scientifico" per stabilire la grandezza della popolazione e il limite di pesca sostenibile.

Greenpeace ha criticato l'accordo affermando che questa specie di tonno e' classificata come "critically endangered" (criticamente minacciata). L'accordo e' l'epilogo di una guerra tra le tre nazioni che vedeva vietati i pescherecci giapponesi nelle acque territoriali Neozelandesi ed Australiane dopo che il Giappone aveva superato la sua quota di pesca di ben 1,500 tonnellate nel 1999.

Il Giappone aveva spiegato che tale eccesso era impossibile da evitare perche' gli stock di tonni erano stati sottostimati. Il tonno dalla pinna blu e' venduto in Giappone per il Sashimi e un esemplare puo' raggiungere il prezzo di 50,000$.

La Nuova Zelanda ha gia' tolto il divieto alle navi del sol levante di pescare nelle sue acque e l'Australia ha detto che lo togliera' non appena il programma di "ricerca" iniziera'.

Il ministro della pesca australiano ha dichiarato "ci sara' un programma scientifico congiunto per il quale e' stato approvato un aumento della quota pescabile."

"Il pesce verra' catturato ed etichettato e poi rigettato in mare. Ci sara' un certo tasso di mortalita' e quegli esemplari uccisi saranno venduti normalmente. Si pensa che la cifra' ammontera' alle 500 tonnellate.

Greenpeace accusa l'Australia di aver ceduto alle pressioni del Giappone. L'appoggio dell'Australia al programma di ricerca non rende credibile l'opposizione contro la caccia alla balena portata avanti dal Giappone.

Secondo l'organizzazione ambientalista vendere una specie "criticamente minacciata" per finanziare la ricerca 'scientifica' non e' una buona strategia per proteggere tale specie dall'estinzione.

Alcuni scienziati indipendenti hanno detto che il programma sperimentale di pesca appena stabilito non e' necessario per gli scopi di ricerca. Ma l'Australia vuole guadagnare denaro dalle quote pecate per finanziare il resto della vera ricerca.

Il programma sperimentale di pesca non e' necessario e questa pseudo-scienza e' solo una scusa per catturare piu' pesce. Questa specie di pesce e' gia' pescata piu' velocemente di quanto si riproduca, Greenpeace ha denunciato in una nota.

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SOSTANZE CHIMICHE

Brussels, Belgio - 17 Aprile 2001 - Attualmente ogni persona adulta cammina con dozzine di sostanze chimiche tossiche nel suo corpo. Queste sostanze sono diffuse e alcune sono trasmesse dalla madre al bambino nel feto e poi con l'allattamento. Probabilmente non esiste essere vivente senza tracce di sostanze chimiche di natura antropogenica.

Nell'Unione Europea si ci sono circa 30,000 sostanze chimiche commerciate in quantita' superiori alla tonnellata - gran parte di esse non hanno mai avuto adeguate valutazioni di sicurezza.

Ma adesso l'UE ha fatto un grande passo avanti - proponendo un nuovo sistema per registrare, valutare ed approvare le sostanze chimiche. La Commissione Europea ha pubblicato il suo piano lo scorso Febbraio e adesso e' al vaglio dei governi dell'Unione che dovrebbero dare il via libera.

Le aziende che producono le sostanze chimiche tossiche dovranno provare la sicurezza di cio' che mettono sul mercato. Il WWF ritiene grave che nella proposta non ci sia un sistema che vieti la commercializzazione di una sostanza su cui non si e' condotto alcun test.

Per esempio non tutte le fragranze sintetiche saranno soggette a previa autorizzazione. Ma tali fraganze sono ugualmente persistenti e si accumulano nei tessuti adiposi. Queste fraganze sono molto diffuse: sono usate come fraganze a basso costo nei saponi, nei profumi, nei prodotti per capelli e molti altri prodotti. Tali sostanze chimiche poi finiscono a mare e si depositano nei tessuti dei pesci, granchi e cozze.

Secondo il WWF, la proposta dell'UE non e' severa quanto dovrebbe, ma e' il minimo che si potesse fare. C'e' molta incertezza scientifica sugli effetti di queste sostanze sulla salute umana e animale. Il WWF sta chiedendo ai governi dell'Unione di non indebolire le proposte e di dare subito il via libera. Attualmente il 'white paper' dell'UE afferma che e' necessaria ulteriore ricerca per decidere come si dovrebbero trattare queste sostanze. Ma e' essenziale intervenire ora e non in futuro quando il problema sara' incontrollabile. Gli interessi del cittadino devono prevalere su quelli dell'industria.

E' possibile mandare un'email al ministro dell'Ambiente Inglese e al Primo Ministro Tedesco per chiedere di non indebolire la proposta e approvarla nel piu' breve tempo possibile.

http://passport.panda.org/nonactive/takeact2.cfm?ActionID=1961

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