Sul confine tra Iran e Iraq due maestri, chiamati "lavagna" perche'
percorrono chilometri e chilometri con la lavagna sulle spalle alla
ricerca di un paese in cui insegnare, si ritrovano uno tra un gruppo di
bambini che contrabbandano per fame, l'altro in un gruppo quasi
interamente di anziani, in viaggio verso il luogo di provenienza, in cui
riincontra anche la moglie da cui e' separato per un litigio tra i
villaggi di origine. "Lavagne" e' il secondo film nel giro di pochi mesi
sul tema delle popolazioni curde (l'altro era il bel "Viaggio verso il
sole"), e anche in questo caso la regista da' per scontate troppe cose
che lo spettatore occidentale puo' non conoscere: di curdi non si parla
praticamente mai e si fatica a capire il perche' della persecuzione.
Samira Makhmalbaf realizza comunque un bel film, sotto l'egida del padre

che in questo caso funge da sceneggiatore e montatore, finalmente
diverso dal classico film iraniano a cui siamo stati abituati negli
ultimi anni. Non piu' storie di bambini in ricerca di qualcosa, non piu'
caotiche citta' iraniane, non piu' riflessioni sulla morte, ma solo la
cronaca di un luogo dimenticato da Dio, ma non dagli uomini. E,
contrariamente a "Il cerchio" altra pellicola iraniana di recente uscita
vincitrice del Leone d'Oro a Venezia, queste pur lente vicende di
persone perennemente in fuga non annoiano mai. Rimane comunque un
prodotto per gli amanti di questo tipo di cinema, perche' non tutti
riescono a sopportare i tempi dilatati, anche se mai noiosi, dei film
iraniani.
La scuola.