Il leader della Cgil
intervistato da La 7: "Sui diritti alleanza con i cattolici". Poi, sul futuro: "Farò politica nel
week end" ROMA - Il modello Blair,
sostenuto anche da Massimo Cofferati, sempre
nell'intervista, ha sottolineato anche la profonda
comunanza tra movimento dei lavoratori e mondo cattolico.
"Nella storia italiana in generale - afferma
nell'intervista tv - il processo di emancipazione delle
persone è passato dall'attività di tanti soggetti
diversi che si sono progressivamente affiancati. |
Intervista sull'autunno caldo
al segretario della Cgil "Il governo fa scelte irrazionali e inefficaci" Cofferati: "Sciopero generale contro questa destra bugiarda" Il 21 settembre lascerà la confederazione "Niente passaggio diretto in politica" di MASSIMO GIANNINI ROMA - "E ora, un grande sciopero generale". Sergio Cofferati, l'estate non è servita a rasserenare i rapporti con il governo? "Al contrario. Il presidente del Consiglio continua a vendere sogni, a lanciare messaggi rassicuranti e a descrivere un mondo che non c'è. Ma intanto le condizioni materiali dei cittadini peggiorano drasticamente, e le misure che il governo propone sono inefficaci, irrazionali e dannose. Oggi sono più che mai convinto che lo sciopero generale sia la risposta più adeguata che il sindacato possa dare". Perché ne è così convinto? "I fatti di questa estate confermano tutti i giudizi negativi formulati dalla Cgil nei mesi scorsi. Avevamo detto che i provvedimenti dei 100 giorni e il Dpef erano inadeguati a rilanciare lo sviluppo. Purtroppo oggi i numeri ci danno ragione. La crescita è enormemente inferiore a quella prevista nella Legge Finanziaria". Ma Berlusconi l'ha spiegato al meeting di Rimini: è l'effetto dell'11 settembre. "Una spiegazione penosa. La Finanziaria del 2002 era stata presentata dopo la tragedia delle Twin Towers, ed era stata approvata dopo che i suoi effetti negativi sulla congiuntura avevano cominciato a dispiegarsi in tutto il mondo. Non a caso, in quel periodo, gli Stati Uniti cambiavano radicalmente strategia e si affrettavano a varare una manovra di investimenti pubblici e di sostegno alla domanda interna, secondo i canoni keynesiani più classici. Solo il governo italiano ha continuato a marciare come se nulla fosse, limitandosi a ritoccare la crescita prevista nel 2002 dal 3 al 2,3%, comunque valori da sogno. Un folle azzardo, che ora il Paese paga pesantemente". Però tutti i Paesi scontano una crescita più fiacca del previsto. "Vero, ma in nessun Paese al mondo si registrano scostamenti tra obiettivi e risultati clamorosi come quelli italiani. Il Pil, quest'anno, crescerà molto meno dell'1%. Le misure varate finora si sono rivelate totalmente inutili, e non c'è 11 settembre che tenga. Su queste basi, è del tutto inattendibile anche il quadro programmatico del 2003, che prevede una crescita del 2.9%. Un puro miraggio". In compenso, per fermare l'inflazione, Palazzo Chigi annuncia il decreto che congela le tariffe. "Così Berlusconi somma irrazionalità e confusione. Fa l'ennesimo annuncio mediatico, e promuove una misura illogica e assurda. Parla di interventi sulle tariffe, ma di fatto produce effetti pratici solo sull'energia elettrica, visto che gli aumenti del gas e dei telefoni sono antecedenti al primo agosto. Siamo in presenza di due anomalie. Primo: un governo che si proclama liberista, rinunciando a qualunque logica di mercato, sospende alcuni aumenti di tariffe che non gli competono, mentre non fa nulla su quelle di cui ha la gestione, come poste e ferrovie. Secondo: entra a piedi uniti in un settore delicatissimo, e regolamentato da un'autorità amministrativa indipendente. Bell'esempio di scuola liberale". L'avvocato del diavolo le obietterebbe che qualche segnale bisognava pur darlo. "La verità è un'altra. Questo governo, di nuovo unico a livello internazionale, non ha mai preso in considerazione il problema dell'inflazione, come dimostrano il Dpef e quell'assurdo "Patto per l'Italia" firmato con Cisl e Uil. Un Patto di cui, curiosamente, oggi non si parla più: a conferma che, al di là dell'aggressione ai diritti, conteneva solo misure inutili e aveva come scopo unico e strumentale quello di dividere il sindacato. Risultato: oggi siamo in una situazione paradossale: la crescita è bassissima, i consumi sono depressi e l'inflazione, invece di diminuire, è in forte aumento". Colpa dell'Euro, spiega il Cavaliere. "Per il Cavaliere la colpa è sempre di qualcun altro. Il governo è in difficoltà, e riscopre puntualmente la sua forte vena ostile all'Europa. Se l'inflazione aumenta la colpa non è dell'Euro, ma della totale assenza di una politica sui prezzi e sulle tariffe. Il centrodestra ha distrutto la politica dei redditi, stroncando il circolo virtuoso prezzi-tariffe-salari che ha consentito il risanamento nel decennio scorso. Con le misure fiscali della delega ha sconvolto radicalmente i meccanismo redistributivi, a vantaggio esclusivo dei redditi alti". Eppure giusto l'altro ieri, a Gubbio, Berlusconi ha confermato gli sgravi per le fasce di reddito sotto i 50 milioni l'anno. "Altra bugia. Quei presunti sgravi ai meno abbienti altro non sono che le risorse già impegnate dai governi di centrosinistra per l'Irpef e la restituzione del fiscal drag. La seconda fase della riforma Tremonti, al contrario, contiene una modifica strutturale del prelievo che darà vantaggi solo ai ricchi. Almeno su questo, la strategia della maggioranza è chiara. Per compiacere certe categorie, punta a una divaricazione enorme tra i redditi alti e quelli medio-bassi. Per compiacere Confindustria, punta a creare un abisso tra le imprese e i lavoratori attraverso le politiche salariali". Eppure Berlusconi, sempre a Rimini, aveva promesso che nei rinnovi contrattuali si sarebbe tenuto conto dell'inflazione reale. "Altro esempio di uso spregiudicato delle promesse, prontamente negate dopo il pesante altolà della Confindustria". Fini ieri ha chiarito che le cifre del Dpef non cambieranno, neanche sull'inflazione programmata. "E' la conferma del tentativo esplicito che governo e Confindustria cercheranno di portare avanti: scaricare sui salari il contenimento dei prezzi. Cioè risparmiare le imprese e i settori della rendita, e far pagare il "costo" dell'inflazione solo ai lavoratori, cioè la parte debole del Paese. Tutto questo finirà inevitabilmente a moltiplicare le ragioni e i focolai del conflitto sociale". Anche da parte di Cisl e Uil, secondo lei? "Secondo me il governo sta sottovalutando gli effetti dell'assurda forzatura che ha tentato per dividere il sindacato. Oggi si trova di fronte a una contrarietà ormai esplicita di Cisl e Uil. Sia sui contenuti del Patto, sia sui rinnovi contrattuali: Pezzotta e Angeletti hanno confermato che avanzeranno richieste salariali sensibilmente più elevate rispetto ai valori cui volevano costringerli con la firma di quel Patto strampalato. Bel risultato, anche questo". Quindi sarà lotta dura, sciopero generale? "Oggi più che mai. Il 20 settembre ci riuniremo, e decideremo la data dello sciopero generale di ottobre. Le ragioni del conflitto sono tante. Ne segnalo almeno tre. Primo: il mercato del lavoro e i diritti, visto che la modifica dell'articolo 18 diventerà materia di confronto parlamentare e noi siamo confortati dall'eccellente esito della raccolta delle firme avviata ad agosto. Secondo: la previdenza, visto che il governo punta a fare cassa e la delega pensionistica sfascia il sistema con una decontribuzione dissennata. Terzo: la sanità e la scuola, visto che non c'è traccia di riforme, ma solo ipotesi regressive e, di nuovo, nefaste per la parte più debole della popolazione". La Cgil si ritroverà sola un'altra volta? "La Cgil è chiamata a un fisiologico esercizio di coerenza: portiamo avanti le nostre soluzioni alternative, e al tempo stesso rafforziamo la nostra lotta contro intenzioni del governo pericolose e negative per i cittadini. Io non ho dubbi: il consenso dell'opinione pubblica, intorno alle nostre posizioni, sta crescendo". Parla bene, lei: la Cgil, dice il Cavaliere, è ormai "per metà sindacato, per metà corrente di un partito politico". "La Cgil è un grande sindacato. E non c'è nulla di più banalmente sindacale dei salari, delle persone che lavorano, della sanità, dei diritti. Io di tutto questo mi occupo. Il fatto è che il premier, in stato confusionale, cerca ogni volta di accreditare intenzioni malevole e diverse verso i suoi interlocutori. Con la Cgil lo fa sistematicamente. Ma questi attacchi non mi toccano". Ma alla lunga la logorano. "Non sono certo io ad essere logorato, ma loro. Diventa sempre più ingovernabile la somma delle loro contraddizioni, e sempre più difficile il mantenimento delle promesse elettorali. Così si finisce per assistere alle ipotesi deprimenti di questi giorni. Il ricorso ai condoni, che incoraggiano e perpetuano l'illegalità. La mitica flessibilità, invocata a sproposito come motore di ogni idea di sviluppo, ma poi lestamente accantonata quando si tratta di garantire un diritto a un immigrato, che secondo Maroni (in violazione alla Carta di Nizza) dovrebbe avere un posto fisso per ottenere la regolarizzazione". Vede un centrosinistra compatto, in questa offensiva d'autunno a fianco della Cgil? "Io vedo che la ripresa di settembre offre un quadro pessimo e disastroso. E vedo nella maggioranza una pericolosissima miscela di pseudo-liberismo emulativo e di populismo. Tutto questo offre all'opposizione un oggettivo spazio di manovra. Io spero che lo colmi, con la convinzione e la coesione che finora gli sono mancate". Il 21 settembre lei dice addio alla Cgil. "Presiederò la Fondazione Di Vittorio, cercherò di approfondire il rapporto tra rappresentanza politica e rappresentanza sociale...". D'accordo, ma darà una mano al centrosinistra? "Cercherò di dare una mano. Come libero cittadino, intendiamoci". Quindi niente politica per Cofferati. Niente collegio Ds a Pisa? "Ringrazio, ma niente passaggio diretto alla politica, e niente Pisa. L'ho detto e lo faccio: dal primo ottobre sarò in Pirelli". Magari il 14 fa una passata al girotondo sulla giustizia? "Sì. Condivido in pieno le ragioni di quella manifestazione. E da cittadino sarò in piazza anche io". Darà un altro dispiacere al presidente del Senato. "La politica non si fa in piazza", ha detto Pera. "La politica si fa in ogni luogo. Si fa in Parlamento, dove agiscono i soggetti legittimati dal voto democratico. Ma si fa altrettanto legittimamente in cento luoghi diversi. Compresa la piazza, dove si costruiscono e si rendono visibili progetti e idee alternative. Io penso che l'efficacia di una democrazia stia proprio nella diffusione dell'agire politico, attraverso il massimo coinvolgimento dei cittadini. Partecipi della propria sorte, non spettatori passivi e magari informati da un sistema radiotelevisivo privo del necessario pluralismo". Non ce l'avrà mica col Cavaliere, padrone di Rai e Mediaset? "Dalle sue reti, mi aspetto che proseguirà il tormentone inflitto quotidianamente agli italiani: "tutto va bene". E se qualcuno non è d'accordo è un disfattista. O peggio, non è democratico. Ebbene, lo ripeto: io non sono d'accordo". (31 agosto 2002) |
Il segretario della Cgil
arriva in piazza tra gli applausi La gente: "Sergio salvaci tu", tra baci e strette di mano Bagno di folla per Cofferati "Sei la speranza della sinistra" Il leader del sindacato: "Movimenti e politica si rafforzino insieme" di ALESSANDRO RAMPIETTI ROMA -
Moretti sta parlando da una decina di minuti e piazza San
Giovanni lo ascolta attenta, quando all'improvviso si
sente un boato. "E' arrivato Sergio Cofferati",
grida una signora e dietro di lei un'ala di folla
comincia ad acclamare il segretario della Cgil. Qualcuno esagera: "Salvaci
tu". Arrivati al gazebo, in molti si mettono in
fila, questa volta per un autografo: chi passa il
capellino, chi si toglie la maglietta, ma va bene anche
un foglio di giornale o un volantino. "Non ci
abbandonare, la Pirelli può aspettare", quasi
implora un signore brizzolato con le mani di uno che,
nella vita ha fatto lavori pesanti. "Non vi
abbandonerò mai, ma riprendo il mio vecchio
lavoro", risponde il Cinese. "Sergio, mandaci
Fassino alla Pirelli", insistono ancora dal
capannello. |
Eletto segretario della Cgil
nel 1994 con l'accusa di essere "morbido" si trasforma nella battaglia contro tutti quelli che "minacciano i diritti" Il moderato sale sulle barricate ecco il lungo viaggio di Cofferati La protesta contro i tagli alle pensioni, gli scontri con i Ds la grande manifestazione per l'articolo 18 e lo sciopero generale di ANDREA DI NICOLA ROMA -
"Soli e isolati, già siamo soli e isolati".
Questo mormorava a bassa voce Sergio Cofferati dal grande
palco sul circo Massimo guardando i due, tre milioni di
persone che aspettavano il suo discorso nella più grande
manifestazione sindacale vista in Italia. Forse quel
giorno, il 23 marzo 2002, il Cinese aveva raggiunto il
punto più alto della sua carriera di sindacalista ed
aveva iniziato la trasformazione in leader amato
dall'intero popolo della sinistra. Una trasformazione
sconfessata dall'interessato ma cresciuta di giorno in
giorno a partire dal bagno di folla di quell'inizio di
primavera. In realtà di un riformismo
anomalo, fuori dalla tradizione italiana. Infatti nel
novembre 1994, a pochi mesi dall'investitura, si mise di
traverso al governo Berlusconi e alla sua riforma delle
pensioni fino a portare un milione di persone in piazza e
a vincere. Nel suo discorso d'insediamento, d'altra
parte, aveva avvertito: "Sappia il governo di
centrodestra che la Cgil combatterà aspramente ogni idea
di liberismo che vede nella soppressione dei diritti dei
lavoratori un'occasione di libertà". Parole
ripetute adesso che il riformista, sempre nella vulgata,
si è trasformato nel "signor No", nel
conservatore, quasi un estremista. "Sui diritti non
si media" ha detto all'ultimo congresso della Cgil
nel 2002. |