Il testo integrale dell'intervista
rilasciata
del leader di An al quotidiano israeliano Haaretz
Fini:
"Chiedo scusa
per le leggi razziali"
di ADAR PRIMOR
Nei media
europei c'è ancora chi parla di lei e del suo partito
come dell'estrema destra. Lei come lo descriverebbe? E
chi designerebbe come suo modello in Europa: Stoiber,
Aznar, Rasmussen?
"La descrizione più chiara è anche la più
semplice: destra. Una destra democratica, che fa propri i
valori libertà, uguaglianza, solidarietà del popolo e
tra i popoli. Respingo risolutamente le definizioni di
'destra radicale' o 'neofascista', così come quella di
'postfascista'. Si tratta di rappresentazioni
semplicistiche, diffuse dai media, derivanti dal fatto
che il Movimento sociale italiano (MSI) è stato, in un
certo senso, l'erede del fascismo. Ma il fascismo, noi di
Alleanza Nazionale lo abbiamo condannato.
Quanto al nostro modello, in tutta Europa la destra è
radicata nelle tradizioni locali e nazionali, per cui non
esiste un unico modello in assoluto. De Gaulle potrebbe
essere tra tutti il modello migliore. E' stato uno dei
maggiori statisti, l'uomo che è riuscito a integrare due
valori essenziali: la democrazia e lo spirito nazionale.
Il fascismo, che esaltava soprattutto quest'ultimo, si è
trasformato in un nazionalismo aggressivo, il quale a sua
volta ha portato all'esclusione della democrazia. Per
converso, de Gaulle è riuscito a raggiungere un buon
equilibrio tra i due valori della destra la democrazia,
che ha portato con sé la libertà, e lo spirito
nazionale e patriottico".
Tuttavia, De
Gaulle si addice alla destra francese, mentre l'Italia ha
bisogno di un modello diverso e suo proprio.
"Ma al di là di questo, io credo nella necessità
di guardare al futuro, verso un modello che sarà quello
europeo. Io rappresento dell'Italia alla Convenzione
europea che sta elaborando la Costituzione dell'UE: una
Costituzione che sarà fondata sui valori condivisi da
tutti gli europei, e non sulla legge fondamentale di uno
Stato specifico. Allo stesso modo, non c'è motivo per
ricercare oggi un particolare modello nazionale".
Voi vi
presentate come un partito di destra borghese e moderato,
che si è completamente dissociato dall'ideologia e dal
passato fascista. Cosa vi distingue da Forza Italia e
dalla Lega Nord, che insieme a voi fanno parte della
coalizione di governo?
"Non solo ci siamo dissociati dall'esperienza
fascista, ma l'abbiamo condannata. Questa condanna appare
nel modo più inequivocabile nei documenti approvati al
Congresso di Fiuggi, in occasione della fondazione di
Alleanza Nazionale. Anche noi, come Forza Italia,
crediamo in un libero mercato, l'unico che consenta di
generare ricchezza. Ma crediamo anche di dover prestare
attenzione alle fasce più povere della popolazione. Noi
dedichiamo molta attenzione ai problemi sociali: questo
è ciò che chiamiamo la "vocazione sociale" -
l'esigenza di una solidarietà sociale.
La Lega, a differenza di Alleanza Nazionale, è un
movimento regionale, che rappresenta solo gli interessi
dell'Italia del Nord. Io ritengo che in ogni campo, la
politica debba fare riferimento al paese nel suo
complesso, e anche al di là dei suoi confini, a tutta
l'Europa. Ma a parte il fattore geografico, esistono
differenze culturali tra Alleanza Nazionale e la Lega
Nord".
Che ne è della
tradizionale politica dell'Italia nei confronti dei paesi
arabi? Il vostro appoggio a Israele è influenzato dal
fatto che oggi questo paese è controllato in larga
misura da un governo di destra? Lei definirebbe
incondizionato questo sostegno?
"Noi sosteniamo lo Stato e il popolo di Israele,
indipendentemente dall'identità politica dell'attuale
governo. Io sono convinto che oggi, soprattutto dopo l'11
settembre, la sicurezza di Israele sia la sicurezza
dell'Occidente e quella di tutte le nazioni democratiche.
C'è chi lo dimentica, in Italia come in Europa; ma di
fatto, Israele è l'unica democrazia in Medio Oriente,
mentre i regimi delle nazioni arabe sono diversi da
quelli che troviamo nell'Occidente democratico.
L'Italia e l'UE dovrebbero contribuire a promuovere una
pace confortata da garanzie internazionali, e basata su
due principi: la sicurezza per Israele e uno stato per i
palestinesi. Ma solo se si tratterà di uno Stato
palestinese democratico, che si assuma un obbligo nei
riguardi della sicurezza di Israele. Sono convinto che
per perseguire questo obiettivo sia indispensabile la
rottura di ogni legame tra il terrorismo palestinese e
alcuni dei leader palestinesi".
Quali leader
palestinesi?
"Non so se si tratti del signor X o del signor Y, ma
sono certo che una parte della leadership palestinese sia
legata al terrorismo. Lo sanno tutti ormai".
Lei ha parlato
di un ruolo italiano e di un ruolo europeo.
"Mi riferivo in primo luogo a un ruolo europeo.
L'Italia da sola non può fare assolutamente nulla".
Sta forse
alludendo al fatto che le posizioni da lei rappresentate
oggi non sono largamente accettate in Europa?
"I punti di vista sono diversi, ma non dimentichiamo
che quando, ad esempio, i palestinesi si sono barricati
nella Chiesa di Betlemme, e Colin Powell ci ha chiesto di
autorizzarli a entrare in Italia, il presidente del
consiglio Berlusconi ha risposto che non si trattava di
un problema italiano, bensì di un problema europeo, da
discutere a Bruxelles. E questo è stato fatto. Dopo di
che, per la prima volta, l'Europa ha potuto parlare sulla
questione del Medio Oriente con una sola voce".
Quali sono i
riflessi delle differenze tra l'approccio dell'Italia e
quello degli altri paesi dell'UE?
"Sono convinto che dobbiamo avere una politica di
amicizia verso Israele, ma come ha detto Berlusconi,
dobbiamo anche aiutare i palestinesi attraverso un nuovo
'Piano Marshall'. Per noi infatti è evidente che la
disoccupazione e la povertà possono solo gettare i semi
del terrorismo. Il governo italiano ha chiesto all'Europa
di adottare una politica di appoggio a Israele e di
promozione della pace, ma anche di sostenere lo sviluppo
democratico dei palestinesi".
Quali sono
allora le differenze?
"Sono sfumature, non vere e proprie differenze. Ad
esempio, in Europa c'è ancora chi ritiene Israele
responsabile del deterioramento oggi in atto, dato che i
territori palestinesi sono tuttora sotto occupazione
militare".
C'è stato uno
spostamento della politica tradizionale dell'Italia nei
confronti del Medio Oriente, dopo la formazione del
vostro governo?
(risolutamente) "Senza alcun dubbio. La
vecchia politica era poco chiara, ambivalente.
Storicamente, va ricordato che il mondo era diviso tra
l'Occidente e l'Unione Sovietica. L'Italia ha dovuto
tirare le somme, dato che per circa quarant'anni siamo
stati sulla linea di confine dell'Europa occidentale, con
il totalitarismo comunista all'Est. L'attuale governo
italiano è amico dell'Occidente, amico degli USA e amico
di Israele. Se non vado errato, l'Italia è stata l'unico
paese che dopo l'11 settembre ha celebrato l'Israel
Day: una grande manifestazione popolare di sostegno
alla sicurezza e alla pace in Israele".
In altri
termini, intende dire che con la formazione del nuovo
governo si è affermata la tendenza a sostenere la parte
israeliana?
"Sì, decisamente. La sinistra è confusa e
ambivalente. C'è chi, a sinistra, accusa Israele di
negare ai palestinesi il diritto ad avere una patria. E
c'è anche chi dichiara: "Sono contro Israele
perché sono favorevole ai palestinesi". Del resto,
di questo esiste una documentazione fotografica: nelle
manifestazioni dell'estrema sinistra si sono visti
militanti italiani travestiti da kamikaze".
E nella destra
italiana non avvengono cose del genere?
"Forse nell'estrema destra, tra quelli che vengono
chiamati tuttora fascisti o nazisti. L'autore del tentato
assassinio del presidente francese Chirac era un
militante dell'estrema destra, contrario agli USA, a
Israele e al sionismo, e sostenuto dai kamikaze
palestinesi. Questo fenomeno esiste anche in Italia, ma
si riflette nell'estrema sinistra più acutamente che
nell'estrema destra. In ogni caso, se nell'ambito della
destra estrema esistono personaggi del genere, non hanno
sulla a che fare con Alleanza Nazionale".
Nel luglio
scorso, il presidente del consiglio Berlusconi ha
annullato all'ultimo momento una visita in Israele per
non incontrare Arafat. E ha anche dichiarato che Arafat
dovrebbe dimettersi. Lei pensa che i palestinesi abbiano
bisogno di una nuova leadership? E a suo parere, con
quali mezzi sarebbe possibile crearla?
"E difficile dirlo. In pratica, io sono convinto che
Arafat non vuole, o non può sottoscrivere con Israele un
accordo realizzabile e affidabile. La situazione è
evidente: al momento i palestinesi non hanno un leader
politicamente e spiritualmente forte. Ecco perché
Berlusconi e Bush hanno detto che Arafat farebbe meglio a
dimettersi e a dare spazio a una nuova leadership
palestinese. Ma questa decisione spetta soltanto ai
palestinesi".
In altri
termini, attraverso il voto?
"E' esattamente ciò che ho appena detto. I
risultati delle elezioni della Knesset potevano anche non
rendermi felice, ma si è comunque trattato di elezioni
democratiche. La situazione palestinese è diversa, e qui
l'esito delle elezioni è indubbiamente una questione
difficile. Ci saranno elezioni democratiche? Non lo so.
Ma noi dobbiamo pensare alla popolazione palestinese che
non ha alcun legame con il terrorismo, e vuole poter
scegliere i propri leader. C'è forse
un'alternativa?".
Lei non ne vede
nessuna?
"No. Se fosse l'Occidente a scegliere la leadership
palestinese, la popolazione potrebbe rifiutare di
accettare questa scelta".
Cosa farebbe nel
caso in cui Arafat fosse eletto?
"Arafat ha detto che potrebbe dimettersi. Se fosse
eletto, (la situazione, ndr) sarebbe molto
complicata".
Sarebbe
necessario parlare con lui?
"Bisognerebbe parlare, fare uno sforzo per la pace.
Io comunque sono ottimista, poiché Arafat ha già detto
che potrebbe dimettersi; e quindi, evidentemente
comprende come stanno le cose. Bisogna ricordare un altro
punto importante: a Washington oggi c'è una leadership
molto risoluta; e non soltanto Bush, ma tutta
l'amministrazione ritiene che discutere con Arafat non
sia produttivo. E' un uomo isolato".
Nel corso di una
visita a Israele, lei prevede di fare qualche
dichiarazione sul passato fascista dell'Italia,
sull'esempio di quelle pronunciate da esponenti
tedeschi, quando hanno riconosciuto le responsabilità
della Germania per i crimini nazisti? O di quelle del
presidente Chirac, quando, nel 1996, riconobbe la
responsabilità della Repubblica francese per i crimini
commessi dal regime di Vichy, in collaborazione con i
nazisti?
"Ho già fatto dichiarazioni molto simili in Italia:
ho detto che il fascismo ha soppresso i diritti umani, e
ho aggiunto che le leggi razziste hanno istigato alle
peggiori atrocità perpetrate in tutta la storia
dell'umanità.
(Nota: questa intervista si è
svolta in francese, ma Fini ha pronunciato quest'ultima
frase in italiano perché considera molto importante che
ogni sua parola sia compresa nel significato esatto che
ha inteso darle). Quando sono stato ad Auschwitz, ho
scritto nell'album dei visitatori: Questo luogo è
l'inferno in terra".
Dopo la
dichiarazione di Chirac, i francesi non hanno mancato di
ribadire le più pesanti accuse contro Vichy, ma si sono
dissociati dalle responsabilità per quei crimini,
sostenendo che la libera repubblica francese del
dopoguerra non ha alcun collegamento, né alcuna
responsabilità per il regime che collaborò con i
nazisti. Chirac ha modificato questo atteggiamento,
dichiarando che lo stato francese di oggi non soltanto
denuncia questi crimini, ma ne accetta la
responsabilità. Non pensa che oggi anche l'Italia
dovrebbe agire allo stesso modo? Non c'è spazio
oggi per accettare una genuina responsabilità per i
crimini perpetrati dal fascismo? Un conto è sentirsi
imbarazzati, o anche chiedere perdono per determinate
azioni; altro è accettarne la responsabilità.
"Comprendo. Personalmente no - sono nato nel 1952, e
ovviamente...".
Ma neppure
Chirac è stato coinvolto nel governo di Vichy.
"In effetti, in quanto italiano devo accettare la
responsabilità. Lo devo fare a nome degli italiani, i
quali portano la responsabilità per ciò che accadde
dopo il 1938, dopo la promulgazione delle leggi razziali.
Hanno una responsabilità storica, una responsabilità
che è iscritta nella storia, e quindi sono tenuti a
pronunciare dichiarazioni, a chiedere perdono. Sto
parlando di una responsabilità nazionale, non
personale".
In altri
termini, potrebbe sottoscrivere una dichiarazione così
formulata: "Noi italiani accettiamo la
responsabilità per i crimini commessi dal regime
fascista"?
"... Che sono stati perpetrati tra il 1938 e il
1945. Sì, naturalmente".
In passato, e a
quanto sembra anche recentemente, lei ha fatto una
distinzione tra il periodo criminale del fascismo le
leggi razziali, lo scatenamento delle guerre, la
Repubblica di Salò (il regime fantoccio creato da
Mussolini nel 1943, nell'Italia del Nord occupata) e nel
periodo successivo. Non ha critiche da muovere a
un regime che per sua stessa definizione era
antidemocratico? Sarebbe disposto a dire che non è
possibile distinguere tra "fascismo buono" e
fascismo cattivo"?
"No, no: non ho mai parlato di fascismo buono e
fascismo cattivo".
Se è così, se
la sentirebbe di denunciare il fascismo senza riserve, di
denunciarlo in quanto movimento e in quanto ideologia?
"Lo abbiamo già fatto. Abbiamo denunciato il
fascismo per aver soppresso i diritti democratici in
Italia. Lo abbiamo dichiarato a Fiuggi, e sta di fatto
che a quel punto il partito si è spaccato. Tutti coloro
che non erano d'accordo con me e con quanto avevo detto,
e mi avevano chiamato traditore, sono usciti".
In altri
termini, non esiste un fascismo buono e un fascismo
cattivo?
"No, no. La storia, amico mio, non è una baguette
da poter tagliare a fette. Non si può dire: a me piace
questo pezzo e quest'altro no. La storia è un tutto
unico. Non si può, oggi, giudicare un periodo storico
dividendolo in una parte buona e in una cattiva. La
storia ha già dato la risposta finale (in merito alla
natura del fascismo, ndr)".
Questo significa
che si deve denunciare il movimento fascista e
l'ideologia fascista?
"Certamente, dal momento che hanno distrutto la
democrazia".
Chiederebbe
perdono al popolo ebraico, se venisse in visita in
Israele?
"Sicuramente".
Ma se lo facesse
in Israele, nell'ambito di una dichiarazione ufficiale,
non correrebbe il rischio di spaccare il suo partito? Non
la preoccupa la sua ala destra? Quanto conta? Quanto
conta ad esempio Alessandra Mussolini? Ha peso come
membro del partito, o rappresenta piuttosto un ingombro?
"E' una parlamentare; e non è radicale. (A
questo punto il portavoce di Fini interloquisce
osservando: "è di famiglia". E Fini scoppia a
ridere) Ha fatto bene a dire che è della
famiglia. Il fatto che porti quel cognome non ha
importanza politica. In realtà, tutti coloro che non
avevano accettato la condanna del fascismo hanno già
lasciato il partito".
Anche persone
come Tremaglia denunciano il fascismo?
"Tremaglia? Tremaglia oggi è un ministro che ha
giurato fedeltà alla costituzione democratica".
Sarebbe corretto
dire che tutti i membri di Alleanza Nazionale oggi
titolari di un dicastero denunciano il fascismo?
"Questo è ciò che mi risulta".
Israele potrebbe
trovarsi di fronte al seguente dilemma: un leader di
Alleanza Nazionale può aver attraversato, in tutta
sincerità, un processo di trasformazione; ma altri
leader potrebbero essere nostalgici il genere di persone
che rimpiangono il fascismo e sono antisemite. Qual'è, a
suo parere, il peso l'ala radicale del suo partito?
"Non lo so. Ma non ci sono antisemiti. Io non
conosco neppure un unico antisemita. Non ne ho mai
conosciuti. Bisogna guardare alla storia. Lo stesso
Movimento Sociale Italiano non ha mai avuto membri
antisemiti. Alla periferia ci potrà essere magari
qualche nostalgico, in particolare tra i più anziani,
che erano giovani allora. Ma questa nostalgia non ha
nulla a che fare con la politica del partito. Il partito
agisce secondo le decisioni della leadership e in base ai
documenti scritti: non c'è spazio per le emozioni
personali.
Il Parlamento italiano ha commemorato una data del 1943,
quella in cui i tedeschi deportarono gli ebrei. E tutti i
membri di Alleanza Nazionale erano presenti a quella
cerimonia: nessuno ha mosso obiezioni. E le dirò di
più; se qualcuno avesse espresso qualche obiezione, la
mattina dopo si sarebbe trovato fuori dal partito. Se
c'è qualche membro del partito che nasconde la propria
vera opinione - beh, io non sono uno psichiatra".
Poche ore prima
la sua nomina alla Convenzione europea per le riforme e
la Costituzione dell'UE, lei ha dichiarato che oggi non
definirebbe Mussolini "il più grande statista del
XX secolo".
"Questa dichiarazione era stata fatta prima
della fondazione di Alleanza Nazionale".
E l'anno scorso,
lei disse che non l'avrebbe ripetuta. E' una
dichiarazione sincera, o ha qualcosa a che fare con la
sua nomina? Oggi per lei Mussolini è, in ordine di
importanza, il secondo statista del XX secolo, o magari
il terzo?
"No, no; fa parte della storia, e la storia ha
già emesso il suo verdetto in proposito. Siamo tutti
soggetti a cambiare, e io non faccio eccezione. Voglio
credere di aver giocato un piccolo ruolo nei cambiamenti
avvenuti nella destra italiana. Bisogna guardare ai
cambiamenti".
In tal caso,
cosa rappresenta oggi per lei Mussolini? Lo descriverebbe
come un criminale?
(esitante) "Mussolini è un uomo che ha posto
tra parentesi la democrazia italiana. Ciò può essere
considerato come un semplice dettaglio, ma è qualcosa di
molto significativo. Nella storia, c'è stato chi non ha
riconosciuto alcun valore alla democrazia. Mussolini non
era il solo. D'altra parte, oggi ciascuno è consapevole
dell'importanza della democrazia. Noi vi facciamo
riferimento come a un valore supremo per l'intera
popolazione. Agli occhi di chiunque creda nella
democrazia, (Mussolini) appare oggi in una luce
negativa".
Se Mussolini non
rappresenta più per lei una figura di riferimento, chi
allora le serve da modello, da fonte d'ispirazione? Forse
De Gasperi?
"Io preferisco guardare al futuro anziché al
passato, innanzitutto perché la società italiana è
tanto cambiata rispetto al passato".
Intende dire che
De Gasperi non può servirle da modello?
"De Gasperi, insieme con altri, ha dato all'Italia
una Costituzione democratica. E' considerato il padre
fondatore, o uno dei padri fondatori della Repubblica
democratica italiana".
E cosa
rappresenta oggi per lei Almirante?
"Almirante è stato alla guida di coloro che dopo la
guerra sono rimasti leali verso il fascismo, e li ha
permeati di democrazia. Ha accettato il concetto di
elezioni, e nel 1948 è stato eletto lui stesso in
parlamento. Al momento della sua morte, gli stessi
comunisti vedevano ormai in lui un rivale, o anche un
nemico, ma un nemico che accettava la democrazia. E'
stato un fascista che ha saputo cambiare, e ha lavorato
per 40 anni in un contesto democratico".
In altri
termini, ai suoi occhi è una persona che in passato
aveva commesso degli errori, ma li ha emendati nel suo
percorso successivo.
"Possiamo metterla così".
Pensa che vi sia
stato un impegno sufficiente per educare la giovane
generazione, nelle diverse istituzioni del partito? Le
diverse cerimonie organizzate a livello locale, per
commemorare ricorrenze e leader fascisti, non dimostrano
forse il contrario? Perché non denuncia queste
celebrazioni?
"Evidentemente, in questo campo c'è molta
confusione. Lei si riferisce ad Anzio, dove sono sbarcate
le forze americane. Il governo locale è controllato da
Alleanza Nazionale; ma ogni anno, l'intera cittadinanza
partecipa a quella cerimonia, compreso il
sindaco...".
La mia domanda si riferiva a celebrazioni fasciste che
hanno avuto luogo a Trieste e in altre città.
"Il più grave di tutti i colpi subiti da Trieste è
stato quello inferto dai comunisti di Tito".
Nel partito c'è
ancora una componente anti-slovena.
"Può darsi, ma questo cosa significa? Dopo tutto,
oggi non abbiamo alcuna rivendicazione territoriale nei
confronti della Slovenia. Io sono certo di una cosa: la
Slovenia fa parte dell'Europa. è candidata all'ingresso
nell'UE, ma bisogna che riconosca la piccola minoranza
italiana che vive in quel paese, così come la sua
lingua, l'italiano".
Torniamo alla
questione dell'educazione. I suoi critici sostengono che
lei non abbia mai promosso una vera discussione sul
passato dell'Italia.
"Sono accuse che mi vengono mosse dalla sinistra:
fanno parte della lotta politica interna in Italia".
Ha mai dedicato qualche riflessione al problema
dell'educazione? E' veramente sufficiente quello che si
sta facendo in questo campo per i giovani? L'Italia ha
mai fatto un vero esame di coscienza, sull'esempio di
quello compiuto dalla Germania?
"Certo, certo. Io penso senz'altro che dobbiamo
dedicare maggiore attenzione all'educazione dei giovani.
Ma al tempo stesso si deve notare che a differenza dalla
Germania, in Italia non c'è razzismo. A volte vi sono
episodi di xenofobia da noi, che pure vanno condannati.
Ma si tratta di qualcosa di completamente diverso.
Nessuno, in Italia, sosterrebbe mai che un dato popolo
sia superiore a un altro".
In Israele, c'è
chi si preoccupa del crescente fenomeno del "nuovo
antisemitismo". Pensa anche lei che si possa
discernere un tipo di antisemitismo diverso da quello
definito "classico", o
"tradizionale"? E pensa che anche in Italia
qualcuno potrebbe compiere atti simili a quelli avvenuti
in questi ultimi mesi in Francia?
"Penso che In Italia non vi sia alcun pericolo di
manifestazioni di antisemitismo sull'esempio di quanto è
accaduto in Francia. Non conosco nessuno che si
proclamerebbe apertamente antisemita, o ostile agli
ebrei. A mio parere, il vero pericolo proviene da chi
accusa Israele e il sionismo di rappresentare un pericolo
per la pace, e sostiene che la politica israeliana neghi
i diritti umani dei palestinesi. Ho scritto una volta che
noi 'condanniamo gli antisemiti anche quando si camuffano
da antisionisti'".
Come spiega
l'ascesa della destra estrema o populista in Europa?
"Alcuni segmenti della società europea guardano con
sfiducia al futuro. Il mondo dei concetti e dei valori
nel quale siamo cresciuti si sta sgretolando. Le certezze
di un tempo sono svanite. In passato, l'Occidente si
contrapponeva all'Impero sovietico. L'Europa era divisa.
Oggi il mondo è diverso, e i pericoli sono molti,
soprattutto dopo l'11 settembre. La gente si chiede se lo
stato- nazione in cui è cresciuta e con il quale si
identifica continuerà ad esistere nella sua forma
attuale. Questi timori rendono possibile il
raggiungimento di un consenso populista che accomuna
l'estrema sinistra e l'estrema destra".
In passato, lei
ha ricevuto Le Pen a Roma. Sarebbe disposto a riceverlo
oggi? Condivide alcune delle sue opinioni?
"No, no. Dopo la fondazione di Alleanza Nazionale
abbiamo rotto i contatti, e siamo andati avanti in una
direzione completamente diversa. Al Parlamento europeo
stiamo oggi collaborando con i partiti della destra
moderata, ma non con quello di Le Pen".
Vi sono
rapporti, ufficiali o meno, tra Alleanza Nazionale e i
partiti della destra estrema in Europa?
"Chi è di estrema destra oggi?".
Come
risponderebbe lei a questa domanda?
"Tutti coloro che non rispettano la democrazia. E
chiunque ritenga che un essere umano sia superiore a un
altro essere umano".
Haider?
"Haider non appartiene al raggruppamento del
Parlamento europeo di cui fa parte Alleanza Nazionale.
Non ho contatti con lui, né con nessun altro partito
estremista".
Si potrebbe
desumere, dalla sua partecipazione a un organismo che sta
dibattendo sulla futura Costituzione europea, che lei
sostiene il rafforzamento delle istituzioni europee a
discapito della sovranità nazionale degli stati membri
dell'UE?
"No, L'Europa futura sarà una federazione di
stati-nazione, e vi saranno nuove autorità, ad esempio
nel campo della difesa, nel quale c'è bisogno di
un'autorità non nazionale ma europea. Ciò nondimeno, lo
stato-nazione non scomparirà. Sebbene l'Italia abbia
deciso di adottare l'euro e di abolire la lira, lo stato
italiano continua ad esistere, ed esisterà anche in
futuro".
Lei era
contrario all'abolizione della lira italiana?
"No, avevo soltanto una preoccupazione per quanto
riguardava i tempi dell'introduzione della moneta unica
in tutto il continente".
E ora, cosa ne
pensa?
"Abbiamo bisogno di un'Europa più forte anche
politicamente, e non solo economicamente. Non esiste al
mondo neppure una sola democrazia che sia una potenza
economica senza essere al tempo stesso una potenza
politica".
Lei si
definirebbe un "federalista"?
"Cosa s'intende con il termine 'federalista'? Io
sono certo che avremo in Europa una federazione di stati-
nazione. Alcuni preferiscono parlare di 'Unione' anziché
di 'Federazione'. Ma dove sta la differenza? E' la stessa
cosa".
Come spiega il
fatto di non essere mai stato invitato ufficialmente in
nessuna delle maggiori capitali europee? Potrebbe darsi
che i maggiori leader del continente preferiscano
lasciare ai loro colleghi il compito della sua
"purificazione"?
"No; semplicemente, non ho mai ricercato l'occasione
per visite del genere. Dato che faccio parte della
Convenzione europea, potrei senz'altro chiedere ai miei
colleghi di convocare un incontro a Madrid o a
Londra".
Anche a Parigi o
a Berlino?
(con esitazione) "Penso di sì".
Il cancelliere
Schroeder non potrebbe temere che un invito del genere lo
danneggi sul piano elettorale, alla vigilia delle
elezioni in Germania?
"Bisogna rispettare la democrazia tedesca. In questo
momento, tutta l'Europa dovrebbe guardare a ciò che sta
accadendo in Germania. Spero che a vincere sia la destra,
che è essenzialmente di centro- destra".
E' davvero così
sicuro di poter essere accolto ufficialmente a Berlino o
a Parigi?
"Certo, se lo chiedessi. L'Europa, dopo tutto, non
può esistere senza l'Italia (sorrisi), e sono stati gli
elettori italiani a decidere la partecipazione del mio
partito alla coalizione di governo. Ora, in questa
Italia, la mia posizione non può certo essere definita
subalterna, dato che sono il 'numero 2', il vice capo del
governo; e questo governo, lo rappresento anche alla
Convenzione, dove contribuisco al dibattito con i
rappresentanti dell'intero arco della politica europea -
destra, sinistra e centro; perciò, non vedo nessun
problema".
Berlusconi è
considerato come il primo presidente del consiglio
italiano desideroso di indebolire i legami del suo paese
con l'UE, in nome di rapporti più stretti con gli USA.
C'è chi sostiene che l'Italia sia diventata una sorta di
satellite dell'America, sull'esempio dell'Inghilterra.
"No, questo non è vero".
E' una
descrizione esagerata?
"E' una descrizione della sinistra, non una
descrizione esagerata (risate). Anche se dopo l'11
settembre siamo più filo-americani. Io penso però che
oggi sia dovere di ciascuno essere un po' più filo-
americano".
Il suo partito
sta a fianco degli USA sulla questione del Tribunale
penale internazionale?
"No, no, no. Su questo punto io sostengo la
posizione europea. Sono un europeo, e un italiano che
crede nell'obbligo di essere oggi amici degli Stati
Uniti".
Lei sostiene che
i criminali di guerra debbano essere sottoposti al
giudizio del nuovo Tribunale penale dell'Aja?
"Sì, naturalmente".
E condivide le
parole di Berlusconi sulla superiorità della cultura
occidentale rispetto a quella musulmana?
"Berlusconi ha detto che vi sono differenze storiche
e culturali tra l'Occidente e la cultura islamica. Questa
è la sua posizione reale. Secondo la mia opinione, non
ha senso parlare di superiorità, anche se ovviamente
esistono molte differenze".
E' d'accordo con
le teorie di Oriana Fallaci, così come le ha espresse
nel suo libro?
(risolutamente) "Sì".
In passato, lei
si è dichiarato favorevole alla trasformazione della
repubblica italiana in un sistema presidenziale simile a
quello francese.
"Non esistono modelli che possano essere
perfettamente replicati per importarli in Italia. La
verità è che il sistema è già pressoché
presidenziale".
Vuol dire che
non c'è l'esigenza di altre riforme?
"Sebbene la nostra Costituzione non sia stata
riscritta, il sistema politico è stato modificato
attraverso una legge elettorale. Tuttavia, esiste
sicuramente la necessità di un processo continuativo di
riforme. Esiste soltanto un modello che non dobbiamo
importare: quello israeliano. Un sistema (di partiti)
proporzionale con un primo ministro eletto direttamente:
no grazie".
Secondo alcuni
osservatori, Berlusconi sarà, dalla fine della seconda
guerra mondiale, il primo presidente del consiglio
italiano a rimanere in carica fino alla scadenza del suo
mandato. Il nome del suo successore sarà Fini?
(risate) "Il suo nome sarà Berlusconi".
L'idea della sua
nomina a presidente del consiglio non le è neppure
venuta in mente?
(altre risate) "Viene in mente a molti
giornalisti in Italia, a qualche amico, a qualche rivale,
ma non a me. Le cose vanno affrontate al presente".
Sarebbe
interessato alla carica di ministro degli Esteri?
"In questo momento, tutte le mie energie sono
dedicate a rappresentare l'Italia in seno alla
Convenzione europea, in aggiunta alla mia carica di
vice-presidente del consiglio e al mio lavoro nel
partito. Ho abbastanza da fare".
(13 settembre 2002)
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