La
nostra conversazione con Gregory Peck
Intervista con l'attore che ha vissuto l'epoca d'oro del
cinema americano. "Il mio grande rimpianto? Non aver
interpretato 'Mezzogiorno di fuoco' di Beatrice Dondi
"Come si fa a diventare una star? Semplice,
sbagliando molto. Dopo un certo numero di errori si
diventa esattamente come me". Una ricetta facile
facile per avere un successo che dura da più di mezzo
secolo e che sembra non avere fine. "Ho avuto un
successo incredibile nel corso della mia carriera - dice
Peck - ma quello che mi rimane stretto tra le dita, oltre
ovviamente al lavoro fatto, è la mia famiglia".
Lei ha vissuto
nell'epoca d'oro del cinema americano. Cosa pensa sia
cambiato rispetto alla Hollywood di allora?
Posso spiegarlo con due piccoli aneddoti. Stavo girando
un film con Ava Gardner e un giorno, ci eravamo appartati
per mangiare qualcosa. All'improvviso la gente si accorse
di Ava e si fermarono tutti, non si sentiva volare una
mosca. Quella sì che era una diva. E poi all'epoca ci si
divertiva, il lavoro era veramente divertimento. Liz
Taylor andava in giro sul set con una piccola scimmia
sulla spalla, ed era molto buffo. Una mattina incontrai
Groucho Marx, che fischiettava prima di entrare in
studio. Lo facevo anch'io abitualmente, perché per me
era un piacere fare questo mestiere. Oggi si producono
film molto belli, che guardo volentieri, ma forse non
c'è più lo stesso gusto, la stessa voglia di lavorare
ridendo. Io mi sono sempre alzato prestissimo e ricordo
che un giorno Cary Grant mi disse che voleva smettere di
recitare per non essere più in piedi alle 5 del mattino;
per me invece non è mai stato un problema
Cosa pensa del fatto
che oggi un attore può guadagnare anche trenta milioni
di dollari?
Che è nato con la camicia!
Nel documentario della
Kopple è molto naturale, si mostra nel suo ruolo di
padre e di nonno più che in quello di attore
E' tutto merito della regista. Ci abbiamo messo più di
un anno e mezzo a realizzare questo film e poco a poco
sono riuscito a dimenticare la cinepresa, a perdere la
coscienza dell'interpretazione
Che effetto le ha fatto
vedere il film?
Mi è piaciuto molto, ho scoperto di essermi rivelato
più in questo documentario che durante tutto il corso
della mia vita; mi sono molto rilassato e sono riuscito
ad essere veramente me stesso
Nel corso del
documentario parla di "vocazione" e dice spesso
"che dio ti benedica". Che rapporto ha con la
fede?
Dai dieci ai quattordici anni ho frequentato una scuola
militare e cattolica, in poche parole marciavamo
pregando! I miei genitori pensavano che tutto ciò fosse
importante per formare il carattere e ovviamente qualcosa
mi è rimasto
Lei ha cominciato con
il teatro
Ero molto giovane e il teatro mi ha fatto fare le mie
prime esperienze lavorative. Quando ho girato il primo
film, Tamara figlia della steppa, nel 1944, Jacques
Tourneur mi disse di non urlare, di parlare in modo più
naturale; ma non era colpa mia, era perché in teatro
dovevo farmi sentire fino al loggione! Poi col passare
del tempo ho cominciato a "sentire" la parte e
tutto è stato più facile
Ricorda un momento di
particolare difficoltà?
Come no; durante le riprese di Moby Dick la balena bianca
ero arrampicato su una balena di trenta metri in
caucciù, scivolavo in continuazione e dovevo arpionarla.
All'improvviso mi sono ritrovato in mezzo alla nebbia, a
un passo dall'acqua gelata, non sapevo più dov'ero e
dove dovevo andare. Ho avuto paura e ho iniziato a
gridare: aiuto, c'è qualcuno? Spero proprio di sì! Sono
passati venti minuti prima che la barca mi recuperasse!
Tra qualche mese
tornerà a Roma. Cosa ricorda di 'Vacanze romane'?
Ho passato a Roma sei mesi di assoluta felicità, molto
romantici. Audrey Hepburn era fantastica, era nata per
quel ruolo di principessa, anche se era il suo primo
film, e io non potevo fare altro che darle la mano come
un ballerino che accompagna una danza. Ho dei ricordi
meravigliosi
E' vero che sta
scrivendo un libro di memorie?
Forse non uscirà mai, ma ha un titolo bellissimo:
"La capra in cucina". Ci lavoro soprattutto
d'estate, ma non è un un'autobiografia, piuttosto sono
aneddotti, per lo più musicali
Un rimpianto?
Non aver fatto Mezzogiorno di fuoco
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