BIOGRAFIA ALDO
MORO L'ex
presidente della Democrazia Cristiana, assassinato dalle
Brigate Rosse nel 1978, nasce il 23 settembre 1916 a
Maglie, in provincia di Lecce. Dopo aver conseguito la
maturità classica al Liceo "Archita" di
Taranto si iscrive a Giurisprudenza presso l'Università
di Bari, conseguendo la laurea con una tesi su "La
capacità giuridica penale". La tesi, ripresa ed
approfondita, costituirà la sua prima pubblicazione
scientifica e lo avvierà alla carriera universitaria.
Dopo qualche anno di carriera accademica, fonda con
alcuni amici intellettuali nel 1943, a Bari, il periodico
"La Rassegna" che uscirà fino al 1945, anno
nel quale sposa Eleonora Chiavarelli, con la quale avrà
quattro figli. In quello stesso periodo, diventa
Presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica,
ed è direttore della rivista "Studium" di cui
sarà assiduo collaboratore, impegnandosi a
sensibilizzare i giovani laureati all'impegno politico.
Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente ed entra
a far parte della Commissione dei "75"
incaricata di redigere il testo costituzionale. Inoltre,
è relatore per la parte riguardante "i diritti
dell'uomo e del cittadino". E' anche vicepresidente
del gruppo Dc all'Assemblea.
Nelle elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto deputato
al Parlamento nella circoscrizione Bari-Foggia e viene
nominato sottosegretario agli Esteri nel quinto Gabinetto
De Gasperi mentre non si arresta la sua inesauribile
attività di insegnante e di didatta, con molteplici
pubblicazioni a suo nome.
Diventato Professore ordinario di Diritto Penale
all'Università di Bari, nel 1953: viene rieletto al
Parlamento diventando Presidente del gruppo parlamentare
Dc alla Camera dei Deputati. Anche la sua carriera
politica, a quanto sembra non conosce segni di cedimento
di nessun tipo. Unomo solido e determinato, diventa nel
1955 ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo
Segni.
Nel 1956, nel corso del VI Congresso nazionale della Dc
che si svolse a Trento, consolidò la sua posizione
all'interno del Partito. Fu infatti tra i primi eletti
nel Consiglio nazionale del Partito. l'anno dopo, diventa
ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli. Si
deve a lui l'introduzione dell'educazione civica nelle
scuole. Rieletto alla Camera dei Deputati nel 1958, è
ancora ministro della Pubblica Istruzione nel secondo
Governo Fanfani.
Il 1959 è un anno importantissimo per Moro. Si svolge
infatti quel VII Congresso della Democrazia Cristiana che
lo vedrà trionfatore, tanto che gli viene viene affidata
la Segreteria del Partito, incarico riconfermatogli nel
tempo e che manterrà fino al gennaio del 1964. Ma un
altro anno assai importante, anche alla luce della
tragica vicenda che colpirà il politico doroteo, è il
1963 quando, rieletto alla Camera, è chiamato a
costituire il primo governo organico di centro-sinistra,
rimanendo continuamente in carica come Presidente del
Consiglio fino al giugno del 1968, alla guida di tre
successivi ministeri di coalizione con il Partito
socialista.
E' in pratica la realizzazione "in nuce", del
famoso "compromesso storico" di invenzione
dello stesso Moro (uso ad usare espressioni come
"convergenze parallele"), ossia quella manovra
politica che contmplava il riavvicinamento delle frange
comuniste e di sinistra verso l'area moderata e
centrista.
Il tumulto e il dissenso che tali situazioni "di
compromesso" suscitano soprattutto all'interno degli
elettori del PCI, ma soprattutto all'interno dei
moderati, si concretizzano nelkle lezioni del 1968 quando
Moro viene sì rieletto alla Camera, ma le elezioni
puniscono di fatto, dati alla mano, i partiti della
coalizione e determinano la crisi del centro-sinistra.
detto questo, è inevitabile che ne risenta anche il peso
prestigio dello stesso Moro. Ad ogni modo, rimangono
sempre i ministeri e infatti dal
1970 al 1974, assume, anche se con qualche intervallo,
l'incarico di ministro degli Esteri. A conclusione di
questo periodo, ritorna alla presidenza del Consiglio
formando il suo IV ministero che dura sino al gennaio
1976.
Nel luglio del 1976 viene eletto Presidente del Consiglio
nazionale della Dc.
Il 16 marzo 1978, il tragico epilogo della vita dello
sfortunato politico. Un commandos di Brigate Rosse
irrompe nella romana via Fani, dove in quel momento
transitava Moro allo scopo di recarsi in Parlamento per
partecipare al dibattito sulla fiducia del quarto governo
Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci,
massacra i cinque uomini di scorta e rapisce lo statista.
Poco dopo, le Brigate rosse rivendicano l'azione con una
telefonata all' Ansa. Tutto il Paese percepisce
chiaramente che quell'attentato è un attacco al cuore
dello Stato e alle istituzioni democratiche che Moro
rappresentava.
18 marzo una telefonata al ''Messaggero'' fa trovare il
''Comunicato n.1'' delle Br, che contiene la foto di Moro
e annuncia l'inizio del suo ''processo'' mentre, solo il
giorno dopo, Papa Paolo VI lancia il suo primo appello
per Moro. I servizi segreti di tutto il mondo, anche se
le segnalazioni furono tante e precise, non riuscirono a
trovare la prigione dei terroristi, ribattezzata
"prigione del popolo", e da cui Moro invocava
incessantemente, tramite numerose lettere, una
trattativa.
Il 9 maggio, dopo più di cinquanta giorni di prigionia
ed estenuanti trattative con gli esponenti dello Stato di
allora, anche lo statista viene barbaramente assassinato
dalle BR, ormai convinte che quella sia l'unica strada
coerente da intraprendere. La sua prigionia aveva
provocato ampi dibattiti fra coloro che erano disposti a
cedere alle richieste dei brigatisti e chi invece era
nettamente contrario per non legittimarli, dibattito che
lacerò letteralmente in paese sul piano sia politico che
morale.
A tale rovente clima dialettico pose fine la drammatica
telefonata degli aguzzini di Moro, i quali resero noto
direttamente ad un alto esponente politico che il corpo
di Moro poteva essere rinvenuto cadavere nel bagagliaio
di un'auto in via Caetani, emblematicamente a metà
strada tra Piazza del Gesù, sede della Democrazia
Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, sede storica del
Partito Comunista Italiano. Secondo le ricostruzioni,
ancora frammentarie malgrado i molti anni trascorsi, lo
statista sarebbe stato ucciso dal brigatista Moretti nel
garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti
appunto come ''prigione del popolo''.
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