1978

3) A Francesco Cossiga
(recapitata il 29 marzo)


 

Caro Francesco,

mentre t'indirizzo un caro saluto, sono indotto dalle difficili circostanze a svolgere dinanzi a te, avendo presenti le tue responsabilità (che io ovviamente rispetto) alcune lucide e realistiche considerazioni.  Prescindo volutamente da ogni aspetto emotivo e mi attengo ai fatti.  Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione - mi è stato detto con tutta chiarezza - che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto, come Presidente della D.C., ad un processo diretto ad accertare le mie trentennali responsabilità (processo contenuto in termini politici, ma che diventa sempre più stringente). In tali circostanze ti scrivo in modo molto riservato, perché tu e gli amici con alla testa il Presidente del Consiglio (informato ovviamente il Presidente della Repubblica) possiate riflettere opportunamente sul da farsi, per evitare guai peggiori.  Pensare quindi fino in fondo, prima che si crei una situazione emotiva e irrazionale. Devo pensare che il grave addebito che mi viene fatto, si rivolge a me in quanto esponente qualificato della DC nel suo insieme nella gestione della sua linea politica.  In verità siamo tutti noi del gruppo dirigente che siamo chiamati in causa ed è il nostro operato collettivo che è sotto accusa e di cui devo rispondere.
Nella circostanza sopra descritta entra in gioco, al di là di ogni considerazione umanitaria che pure non si può ignorare, la ragione di Stato. Soprattutto questa ragione di Stato nel caso mio significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato, sottoposto ad un processo popolare che può essere opportunamente graduato, che sono in questo stato avendo tutte le conoscenze e sensibilità che derivano dalla lunga esperienza, con il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa in determinate situazioni.
Inoltre la dottrina per la quale il rapimento non deve recare vantaggi, discutibile già nei casi comuni, dove il danno del rapito è estremamente probabile, non regge in circostanze politiche, dove si provocano danni sicuri e incalcolabili non solo alla persona, ma allo Stato.  Il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità, mentre un indiscutibile stato di necessità dovrebbe indurre a salvarli, è inammissibile.  Tutti gli Stati del mondo si sono regolati in modo positivo, salvo Israele e la Germania, ma non per il caso Lorenz. E non si dica che lo Stato perde la faccia, perché non ha saputo o potuto impedire il rapimento di un'alta personalità che significa qualcosa nella vita dello Stato.  Ritornando un momento indietro sul comportamento degli Stati, ricorderò gli scambi tra Breznev e Pinochet, i molteplici scambi di spie, l'espulsione dei dissidenti dal territorio sovietico.
Capisco che un fatto di questo genere, quando si delinea, pesi, ma si deve anche guardare lucidamente al peggio che può venire.  Queste sono le alterne vicende di una guerriglia, che bisogna valutare con freddezza, bloccando l'emotività e riflettendo sui fatti politici.
Penso che un preventivo passo della S. Sede (o anche di altri? di chi?) potrebbe essere utile.  Converrà che tenga d'intesa con il Presidente del Consiglio riservatissimi contatti con pochi qualificati capi politici, convincendo gli eventuali riluttanti.  Un atteggiamento di ostilità sarebbe una astrattezza ed un errore.  Che Iddio vi illumini per il meglio, evitando che siate impantanati in un doloroso episodio, dal quale potrebbero dipendere molte cose.
I più affettuosi saluti.

Aldo Moro

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6) A Benigno Zaccagnini
(recapitata il 4 aprile)


Caro Zaccagnini,

scrivo a te, intendendo rivolgermi a Piccoli, Bartolomei, Galloni, Gaspari, Fanfani, Andreotti e Cossiga ai quali tutti vorrai leggere la lettera e con i quali tutti vorrai assumere le responsabilità, che sono ad un tempo individuali e collettive.  Parlo innanzitutto della D.C. alla quale si rivolgono accuse che riguardano tutti, ma che io sono chiamato a pagare con conseguenze che non è difficile immaginare.  Certo nelle decisioni sono in gioco altri partiti; ma un così tremendo problema di coscienza riguarda innanzitutto la D.C., la quale deve muoversi, qualunque cosa dicano, o dicano nell'immediato, gli altri.  Parlo innanzitutto del Partito Comunista, il quale, pur nella opportunità di affermare esigenze di fermezza, non può dimenticare che il mio drammatico prelevamento è avvenuto mentre si andava alla Camera per la consacrazione del Governo che m'ero tanto adoperato a costituire.
E' peraltro doveroso che, nel delineare la disgraziata situazione, io ricordi la mia estrema, reiterata e motivata riluttanza ad assumere la carica di Presidente che tu mi offrivi e che ora mi strappa alla famiglia, mentre essa ha il più grande bisogno di me. Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io.  Ed infine è doveroso aggiungere, in questo momento supremo, che se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al disotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui.
Questo è tutto il passato.  Il presente è che io sono sottoposto ad un difficile processo politico del quale sono prevedibili sviluppi e conseguenze.  Sono un prigioniero politico che la vostra brusca decisione di chiudere un qualsiasi discorso relativo ad altre persone parimenti detenute, pone in una situazione insostenibile.  Il tempo corre veloce e non ce n'è purtroppo abbastanza.  Ogni momento potrebbe essere troppo tardi.
Si discute qui, non in astratto diritto (benché vi siano le norme sullo stato di necessità), ma sul piano dell'opportunità umana e politica, se non sia possibile dare con realismo alla mia questione l'unica soluzione positiva possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti, attenuando la tensione nel contesto proprio di un fenomeno politico. Tener duro può apparire più appropriato, ma una qualche concessione è non solo equa, ma anche politicamente utile. Come ho ricordato in questo modo civile si comportano moltissimi Stati.  Se altri non ha il coraggio di farlo, lo faccia la D.C. che, nella sua sensibilità ha il pregio di indovinare come muoversi nelle situazioni più difficili.  Se così non sarà, l'avrete voluto e, lo dico senza animosità, le inevitabili conseguenze ricadranno sul partito e sulle persone.  Poi comincerà un altro ciclo più terribile e parimenti senza sbocco.
Tengo a precisare di dire queste cose in piena lucidità senza avere subìto alcuna coercizione della persona; tanta lucidità almeno, quanta può averne chi è da quindici giorni in una situazione eccezionale, che non può avere nessuno che lo consoli, che sa che cosa lo aspetti. Ed in verità mi sento anche un po' abbandonato da voi.
Del resto queste idee già espressi a Taviani per il caso Sossi ed a Gui a proposito di una contestata legge contro i rapimenti.
Fatto il mio dovere d'informare e richiamare, mi raccolgo con Iddio, i miei cari e me stesso.  Se non avessi una famiglia così bisognosa di me, sarebbe un po' diverso.  Ma così ci vuole davvero coraggio per pagare per tutta la D.C. avendo dato sempre con generosità.  Che Iddio v'illumini e lo faccia presto, com'è necessario.
Affettuosi saluti

Aldo Moro

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11) A Papa Paolo VI
(non recapitata)


 

Beatissimo Padre,

nella difficilissima situazione nella quale mi trovo e memore della paterna benevolenza che la Santità Vostra mi ha tante volte dimostrato, e tra l'altro quando io ero giovane dirigente della Fuci, ardisco rivolgermi alla Santità Vostra, nella speranza che voglia favorire nel modo più opportuno almeno l'avvio di quel processo di scambio di prigionieri politici, dal quale potrebbero derivare, in questo momento estremamente minaccioso, riflessi positivi per me e la mia disgraziata famiglia che per ragioni oggettive è in cima alle mie angosciate preoccupazioni. Immagino le ansie del Governo.  Ma debbo dire che siffatta pratica umanitaria è in uso presso moltissimi governi, i quali danno priorità alla salvezza delle vite umane e trovano accorgimenti di allontanamento dal territorio nazionale per i prigionieri politici dell'altra parte, soddisfacendo così esigenze di sicurezza.  D'altra parte, trattandosi di atti di guerriglia, non si vede quale altra forma di efficace distensione ci sia in una situazione che altrimenti promette giorni terribili.  Avendo intravisto qui nella mia prigione un severo articolo dell'Osservatore, me ne sono preoccupato fortemente. Perché quale altra voce, che non sia quella della Chiesa, può rompere le cristallizzazioni che si sono formate e quale umanesimo più alto vi è di quello cristiano?
Perciò le mie preghiere, le mie speranze, quelle della mia disgraziata famiglia che la Santità vostra volle benevolmente ricevere alcuni anni fa, s'indirizzano alla Santità vostra, l'unica che possa piegare il Governo italiano ad un atto di saggezza.  Mi auguro si ripeta il gesto efficace di S.S. Pio XII in favore del giovane Prof.  Vassalli, che era nella mia stessa condizione.
Voglia gradire, Beatissimo Padre, con il più vivo ringraziamento per quanti beneficeranno della clemenza, i più devoti ossequi.

Aldo Moro

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29) Al segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim


Signor Presidente,

desidero innanzitutto ringraziarla, nella drammatica situazione nella quale mi trovo, per il fervido messaggio che ha voluto formulare per la salvezza della mia vita.  E' un segno, tanto autorevole quanto gradito, oltre che del suo ben noto spirito umanitario, della benevolenza della quale mi fa oggetto da anni, da quando cioè ebbi la ventura di trattare lungamente con lei dei problemi dell'Alto Adige e di giungere poi alla felice conclusione di Copenaghen.
In tutto questo tempo ci siamo scambiati reciproca simpatia e stima.
Bene, ora io mi trovo nella condizione di prigioniero politico ed intorno a questa mia posizione è aperta una vertenza tra il governo italiano e le BR intorno a qualche scambio di prigionieri delle due parti. Il suo alto appello umanitario non ha potuto così conseguire il risultato desiderato, poiché il governo oppone la richiesta di un gesto gratuito ed unilaterale, mentre l'altra parte chiede una contropartita da concordare.  In verità sia in Italia sia all'estero non mancano casi di scambi di prigionieri.  La cosa, benché presenti qualche difficoltà, non è di per sé né assurda né irrisolvibile.  Vi sono ostacoli politici ai quali il governo attribuisce caratteri di durezza.  Gli ostacoli non sono però insuperabili; la Sua presenza in Italia, la conoscenza del contenzioso, la Sua abilità diplomatica, la Sua capacità mediatrice, dovrebbero poter sbloccare la difficile situazione, salvare la mia vita, creare un'area di distensione utile alla pace.
Forse il suo sacrificio, con adeguata pressione su una posizione irragionevole del governo italiano, potrebbe fare il miracolo che attendo non per me, ma per la mia disgraziata famiglia.  Purtroppo il correre del tempo è inesorabile.
Ed io sono obbligato a supplicare che l'emergenza sia affrontata senza ritardo.  La ringrazio, eccellenza, per quanto Ella potrà e vorrà fare ed in nome anche dei miei le porgo gli ossequi più devoti.

Aldo Moro

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35) A Flaminio Piccoli
non recapitata


 

Caro Piccoli,

mi rivolgo a te con la fiducia e l'affetto che sai.  Sei tu ora, punto di riferimento.  E vedo il segno della tua presenza nel fatto che sia stato sin qui evitato il peggio, la chiusura indiscriminata.  Guardando agli aspetti umanitari, che sono essenziali e valgono per tutti i Paesi, bisogna rapidamente approfondire questa breccia. Andare avanti, cioè, nel concreto, senza illudersi che invocazioni umanitarie possano avere il minimo effetto.  Non dividete sul sangue la D.C., non illudetevi di risolvere così i problemi del paese, date fiducia, ora che si manifesta intero, all'umanitarismo socialista, anche se vi fosse la sfida della crisi, la cui composizione del resto è stata così faticosamente accettata. La crisi, per questo motivo che lascia allo scoperto i comunisti, non ci sarebbe o almeno sarebbe risolvibile.  Non lasciate allo scoperto i vecchi amici che hanno dato fino all'ultimo.  Sarebbe un fatto obbrobrioso e immorale.  Sarebbe un eroismo su basi fragilissime.

Scusa queste considerazioni che, soprattutto per la famiglia dovevo fare, ed abbiti i più cordiali saluti

Aldo Moro

On. Flaminio Piccoli
Presidente del gruppo Parlamentare
Camera della D.C.

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43) A Pietro Ingrao
(recapitata il 29 aprile)


 

Onorevole Presidente della Camera,

in questo momento estremamente difficile, ritengo mio diritto e dovere, come membro del Parlamento italiano, di rivolgermi a Lei che ne è, insieme con il Presidente del Senato, il supremo custode. Lo faccio nello spirito di tanti anni di colleganza parlamentare, per scongiurarla di adoperarsi, nei modi più opportuni, affinché sia avviata con le adeguate garanzie, un'equa trattativa umanitaria, che consenta di procedere ad uno scambio di prigionieri politici ed a me di tornare in seno alla famiglia che ha grave ed urgente bisogno di me. Lo spirito umanitario che anima il Parlamento ebbe già a manifestarsi in sede di Costituente, alla quale anche in questo campo ebbi a dare il mio contributo, e si è fatto visibile con l'abolizione della pena di morte ed in molteplici leggi ed iniziative.  D'altra parte non sfuggono alle Assemblee né i problemi di sicurezza, che possono però essere adeguatamente risolti, né la complessità del problema politico per il quale non sarebbero sufficienti scelte semplici e riduttive.
Al di là di questa problematica io affido a Lei, Signor Presidente, con fiducia ed affetto la mia persona, nella speranza che tanti anni di stima, amicizia e collaborazione mi valgano un aiuto decisivo che ricostituisca il Plenum del Parlamento e che mi dia l'unica gioia che cerco, il ricongiungimento con la mia amata famiglia.  Con i più sinceri e vivi ringraziamenti, voglia gradire i miei più deferenti saluti.

Suo
Aldo Moro

On. Pietro Ingrao
Presidente della Camera dei deputati

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48) A Giulio Andreotti
(recapitata il 29 aprile)


Caro Presidente,

so bene che ormai il problema, nelle sue massime componenti, è nelle tue mani e tu ne porti altissima responsabilità.  Non sto a descriverti la mia condizione e le mie prospettive.  Posso solo dirti la mia certezza che questa nuova fase politica, se comincia con un bagno di sangue e specie in contraddizione con un chiaro orientamento umanitario dei socialisti, non è apportatrice di bene né per il Paese né per il Governo.  La lacerazione ne resterà insanabile.  Nessuna unità nella sequela delle azioni e reazioni sarà più ricomponibile.  Con ciò vorrei invitarti a realizzare quel che si ha da fare nel poco tempo disponibile.  Contare su un logoramento psicologico, perché son certo che tu, nella tua intelligenza, lo escludi, sarebbe un drammatico errore.
Quando ho concorso alla tua designazione e l'ho tenuta malgrado alcune opposizioni, speravo di darti un aiuto sostanzioso, onesto e sincero.  Quel che posso fare, nelle presenti circostanze, è di beneaugurare al tuo sforzo e seguirlo con simpatia sulla base di una decisione che esprima il tuo spirito umanitario, il tuo animo fraterno, il tuo rispetto per la mia disgraziata famiglia.
Quanto ai timori di crisi, a parte la significativa posizione socialista cui non manca di guardare la D.C., è difficile pensare che il PCI voglia disperdere quello che ha raccolto con tante forzature.
Che Iddio ti illumini e ti benedica e ti faccia tramite dell'unica cosa che conti per me, non la carriera cioè, ma la famiglia.
Grazie e cordialmente tuo

Aldo Moro

On. Giulio Andreotti
Presidente del Consiglio dei Ministri

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49) A Bettino Craxi
(recapitata il 29 aprile)


Caro Craxi,

poiché ho colto, pur tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilità umanitaria del tuo Partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa.  E' da mettere in chiaro che non si tratta di inviti rivolti agli altri a compiere atti di umanità, inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza ad una seria ed equilibrata trattativa per lo scambio di prigionieri politici.  Ho l'impressione che questo o non si sia capito o si abbia l'aria di non capirlo. La realtà è però questa, urgente, con un respiro minimo.  Ogni ora che passa potrebbe renderla vana ed allora io ti scongiuro di fare in ogni sede opportuna tutto il possibile sull'unica direzione giusta che non è quella della declamazione.  Anche la D.C. sembra non capire.  Ti sarei grato se glielo spiegassi anche tu con l'urgenza che si richiede.  Credi, non c'è un minuto da perdere.  E io spero che o al San Rafael o al Partito questo mio scritto ti trovi.  Mi pare tutto un po' assurdo, ma quello che conta non è spiegare, ma, se si può fare qualcosa, di farlo.
Grazie infinite ed affettuosi saluti

Aldo Moro

On. Bettino Craxi
Segretario del Partito Socialista Italiano

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77) A Benigno Zaccagnini
(non recapitata)


Caro Zaccagnini,

la lunga e tormentata vicenda della mia prigionia presso le Brigate Rosse pone dei problemi ai quali è doveroso e sempre più urgente rispondere.  Mi riferisco all'atteggiamento di totale indifferenza assunto dal Partito nei confronti della mia persona e della mia famiglia, la quale paga un prezzo altissimo per un modo di fare che non ha assolutamente precedenti nella D.C. Quest'ultima è venuta incontro, più o meno, alle necessità che premevano sui suoi associati, ma mai, come in questo caso, è restata del tutto fuori da una vicenda gravissima, delicatissima e per la quale non era certo priva di mezzi d'intervento.  Si poteva fare, solo che si fosse voluto rimuovere una inconsistente pregiudiziale, ed invece non si è fatto.  Il culto esasperato del rispetto della legalità formale ha reso rigidi e insensibili, ha ridotto ad essere soffocante, come mai era stata, la disciplina di partito, ha tolto ogni libertà di ragionevole movimento, ed ha sacrificato, con me e con la mia famiglia, quelle ragioni umanitarie che militano a favore, oltre che di vittime innocenti, ma anche di persone condannate le cui condizioni di salute e di vita abbisognano di particolare cura e per le quali si offre l'ospitalità, caritatevole o amichevole, di un paese straniero.
Questi sono i principi sanciti nella nostra coscienza civile, e nei paesi più evoluti non manca mai una giusta considerazione di ragioni umanitarie, siano esse prevalenti, di volta in volta, per le vittime innocenti o per persone ormai condannate. Io pensavo che, al di là della mia persona sofferente ed in pericolo, in un partito d'ispirazione cristiana a queste cose non si potesse guardare con indifferenza.  E proprio mentre i socialisti, sia pure in modo incompiuto, si fanno carico di cose delle quali ben prima proprio i cristiani dovevano avere la maggiore sensibilità.
Da qui un profondo stupore ed un profondo disagio.  Certo l'impresa portata a termine dalle Brigate Rosse è di notevole rilievo politico: ma è pur vero che essa pone in luce quei problemi umanitari dei quali parlavo innanzi e dei quali né il partito né tu potete assolutamente disinteressarvi.  Ed invece ve ne disinteressate con sfacciato cinismo, essendo del resto in buona compagnia.  Mi stupisco del fatto che così si manifesti la tua sensibilità umana e cristiana.
Questo, a prescindere da tante altre cose, per gli aspetti personali e per quelli obiettivi, è un capitolo importante, ed altamente deludente, dei miei rapporti con la D.C. Questo disagio di fondo l'ho capito ogni giorno di più, questa incomprensione, questa diversità tra noi diventano ogni giorno più vistose, rendendomi impossibile di ritrovarmi con gli antichi amici con la scioltezza e la naturalezza di sempre.
Questa irremovibile intolleranza, che nasce, sia ben chiaro, da un fatto morale più che politico mi induce a questo punto a rendere formali le mie dimissioni dal Partito, intendo non solo dalle cariche, comprese quelle ipotetiche e future, ma proprio dal corpo, dalla famiglia della D.C. Passerò perciò, per la durata della legislatura al Gruppo Misto.  Dopo tanti anni di amicizia, che ha sofferto anch'essa di questa crisi ci troviamo su posizioni estremamente lontane ed incongiungibili.  Stranamente vedo in te quell'arroganza del potere che abbiamo tante volte lamentato in altri e che, ricordalo, il paese sente con crescente insofferenza, senza che possa essere questa assurda gara di resistenza nello sbarazzarci di ogni ragione umanitaria a farcelo perdonare.
Sia dunque ben chiaro, perché non vi siano equivoci, che non si pone solo il problema della mia persona per quel che poco significa per la D.C., ma il problema oggetto del modo di reagire con senso cristiano e democratico di fronte a situazioni di obiettivo pericolo e che richiedono interventi umanitari.  Ritengo dunque sbagliata e urtante la linea del partito che hai assunto e che incautamente si è fatto in modo che tu assumessi.  La colpa è grave in entrambi i casi.  Siamo guidati male, in modo insicuro e non coerente ai principi.
Ma in un travaglio così complesso non sono solo queste le ragioni della mia decisione.[...]

[...] la lettera s'interrompe senza conclusione

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