L'ULTIMA LETTERA DI MARCO PANTANI

"Sono stato umiliato per nulla. Per quattro anni sono in tutti i tribunali, ho solo perso la mia voglia di essere come tanti altri sportivi, ma il ciclismo ha pagato e molti ragazzi hanno perso la speranza della giustizia. E io mi sto ferendo con la deposizione di una verità sul mio documento, perchè il mondo si renda conto che se tutti i miei colleghi hanno subito umiliazioni, in camera con le telecamere nascoste per cercare di rovinare le famiglie; e poi dopo come fai a non farti male. Io non so come mai mi fermo in casi di sfogo come questi. Mi piacerebbe, io so di aver sbagliato con le prove però, ma solo quando la mia vita sportiva, soprattutto privata, è stata violata, ho perso molto".

"E sono in questo paese con la voglia di dire che hasta la victoria è un grande scopo per uno sportivo. Ma il più difficile è di aver dato il cuore per uno sport, con incidenti e infortuni: e sempre sono ripartito. Ma cosa resta, c'è tanta tristezza e rabbia per le violenze che la giustizia a tempi è caduta nel credere. Ma la mia storia spero che sia di esempio agli altri sport che le regole, sì, ma devono essere uguali per tutti. Non esiste lavoro che per esercitare si deve dare il sangue, i controlli di notte alle famiglie degli atleti".

"Io non mi sono sentito più sereno di non essere controllato in casa, in albergo, dalle telecamere e sono finito per farmi del male, per non rinunciare alla mia intimità, all' intimità della mia donna, e degli altri colleghi che hanno perso. E molte storie di famiglie violentate. Ma andate a vedere cos' è un ciclista e quanti uomini vanno in mezzo alla torrida tristezza per cercare di ritornare con quei sogni di uomo che si infrangono con le droghe: ma dopo la mia vita di sportivo. E se un pò di umanità farà capire e chiedere cosa ci fa sperare e che con uno sbaglio vero si capisce e si batte, perchè si sta dando il cuore. Questo documento è verità, la mia speranza è che un uomo vero o una donna legga e si ponga in difesa di chi, come si deve dire al mondo, regole per sportivi uguali per tutti. E non sono un falso, mi sento ferito e tutti i ragazzi che mi credevano devono parlare. Ciao Marco".

 

Marco Pantani e il Mottarone, un binomio che riporta alla mente i grandi successi conquistati dal “Pirata” nel recente passato. Giro d’Italia, Tour de France, Vuelta Valenciana, ovunque ci fosse una montagna da scalare lui c'era, sempre la, sempre davanti a tutti, con la sua bicicletta, la tuta gialla e la classica bandana. Oggi pero’ quello arriva in cima al Mottarone e’ un Pantani diverso, niente bici, niente bandana, il “Pirata” guida una BMW cabrio e indossa giacca di pelle e stivali. A vederlo cosi’ si rischa di non riconoscerlo neanche, non sembra che il lontano parente di quell’eroe che con le sue imprese ha infiammato i cuori di milioni di italiani. Oggi Pantani sembra stanco, svogliato, su quella montagna c’e’ salito controvoglia, solo per doveri contrattuali. Lo salutiamo da lontano, lui alza il braccio e ci invita a sedere sulla terrazza di un albergo a due passi dalla funivia. E’ li per una gara amatoriale organizzata da uno sponsor non certo per allenarsi. Dopo l’ennesimo ritiro alla Vuelta adesso ha solo voglia di riposarsi, basta corse, basta biciletta almeno fino a dopo Natale.
Quella appena conclusa e’ senza dubbio la peggior stagione agonistica
della sua carriera, una vera e propria escalation di fallimenti cominciata con la squalifica per doping, il crollo al Giro, l’estromissione dal Tour e conclusasi qualche giorno fa con l’addio alla Vuelta e agli ultimi sogni di poter partecipare al mondiale.
Ricordi pesanti che il “Pirata” ha solo voglia di lasciarsi alle spalle e pensare al futuro.


“Quella che ho vissuto quest’anno e’ stata senz’altro la mia stagione piu’ brutta, niente e’ andato per il verso giusto. Quando ho cominciato la preparazione avevo voglia di riscatto dopo le accuse di doping, volevo dimostrare di essere un corridore pulito, di essere un campione, ma cosi’ facendo ho commesso gravi errori. Ho sbagliato gli allenamenti, sono arrivato al Giro fuori forma, poi mi sono ammalato e le cose sono peggiorate. Il rifiuto del Tour ha pesato tantissimo, soprattutto psicologicamente e ha incrinato i rapporti tra me e il mio staff. Adesso voglio solo pensare a riposare a prepararmi per la prossima stagione.”

Marco hai parlato di rottura dei rapporti con lo staff, cos’e’ successo di preciso?

“Io per poter rendere al massimo ho bisogno di un gruppo unito e compatto che mi aiuta soprattutto nei momenti difficili, quest’anno questo non e’ successo. Le persone che dovevano essermi piu’ vicine (su tutti il DS Martinelli che ha appena lasciato Pantani dopo 5 anni di collaborazione, ma anche alcuni compagni di squadra) non lo sono state e cosi’ abbiamo deciso che era meglio per tutti lasciarsi. Non ci sono stati particolari problemi, solo si era rotta quell’armonia che per me e’ fondamentale. Adesso la squadra sta lavorando per cercare nuove persone (e’ arrivato il nuovo Ds Magrin).”

Dopo il fallimento del Giro e il no del Tour c’era chi ti credeva in declino, il tuo ritiro alla Vuelta e’ stata una specie di conferma?

“Assolutamente no. Sapevo di non essere in forma per la Vuelta, non e’ mai stato un mio obiettivo. Dovevo solo tenermi in forma. Certo quando corri cerchi di fare il meglio possibile, ma io non mi aspettavo niente in particolare. Adesso mi devo preparare al meglio per la prossima stagione. Sono lo stesso corridore che tre anni fa ha vinto il Giro e il Tour.”

Quali sono i tuoi obiettivi per il 2002?

“Non so, non abbiamo ancora deciso. Di sicuro puntero’ con forza al Giro, sara’ l’obiettivo principale. Poi il Tour, ma molto dipendera’ dall’organizzazione francese.”

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DA - LA REPUBBLICA -

Intervista a Marco Pantani, a una settimana
dalla partenza del Giro d'Italia 1999


"Un giro difficile, ma
mi vedrete all'attacco"



di EUGENIO CAPODACQUA

CESENATICO - Sette giorni al Giro d'Italia e addosso il peso di un'eredità da far tremare i polsi, confermare che Pantani è sempre
Pantani: l'eroe di Giro e Tour. L'omino di Cesenatico ha il sorriso un po' triste; abbronzato, tirato (ma non tiratissimo), guarda avanti a se con determinazione e razionalità.

Pantani, che Giro si aspetta?
"Un Giro molto aperto. Non solo per Pantani. Ci sono due tappe durissime, quella della Fauniera (un colle inedito, 15,8 km fino a quota 2511; 14a frazione, arrivo a Borgo San Dalmazzo, n.d.r.) e quella del Mortirolo la penultima giornata; ma per il resto ci sono 15-17 tappe molto difficili per me. Un tracciato adatto a molti, il che vuol dire che molti lotteranno fino alla fine. Sarà difficile, avrò la responsabilità di
gestire la corsa. Sono l'uomo da battere per tutti".

Non la spaventa essere così nel mirino?
"Mi spaventa sì. Penso che spaventerebbe chiunque. E mi intimidisce un po' anche il pubblico, la gente attorno che mi invoca. Ma il Giro lo corrono tutti. Bisognerà fare le scelte giuste e alla fine essere i più forti".

Sarà un Giro con molti avversari, dunque.
"Certo. Battere Pantani dà una grinta maggiore a tanti. Il francese Virenque per me ha qualcosa di più, è il più pericoloso perché ha bisogno di riscatto dopo quello che gli è successo al Tour dell'anno scorso e poi perché è già arrivato due volte sul podio in Francia. E' l'unico che può inventarsi qualcosa. E poi c'è Gotti, che il Giro lo ha già vinto e che viene da un anno di anonimato; lo spagnolo Jimenez".

Non ha citato lo svizzero Camenzind[85]
"Anche lui è da tenere d'occhio è un attaccante, forte a cronometro e su tutti i terreni".

A proposito di attacco, che Pantani vedremo?
"Se vedrete un Pantani prudente vorrà dire che qualcosa non va nel verso giusto. Se sto bene sono sempre Pantani, ilo mio modo di
correre è andare all'attacco. Se potrò, cercherò di guadagnare secondi, di mettere via il più possibile sfruttando ogni occasione".

Ha vinto tanto, ha anche guadagnato tanto, non pensa di essere già intimamente appagato?
"Nel ciclismo ad ogni corsa si azzera quello che hai fatto prima. Ora devo dimostrare di essere sempre all'altezza, altrimenti la
credibilità può incrinarsi. Per questo faccio tutto il possibile per essere competitivo"

Ha l'aspetto un po' stanco. Non sembra sicurissimo di se stesso.
"Il dubbio di non essere all'altezza c'è sempre. Ci sono tanti motivi che possono incrinare la condizione di un atleta. Ho lavorato duro e ora non mi sento brillantissimo; ma spero che questo lavoro frutti al Giro. Poi non mi sono mai provato al massimo finora, anche se l'avvicinamento al Giro è stato quello dello scorso anno ed ho qualche vittoria in più (tre, per la precisione: una tappa e la classifica
finale alla Vuelta Murcia e una tappa alla Settimana Catalana, n.d.r.)".

Sente di rischiare qualcosa nella popolarità, nell'immagine?
"Non ho nulla da perdere né da guadagnare. Vado a giocarmi il Giro con gli altri e ho gli stimoli giusti per farlo. So benissimo che bisognerà rimboccarsi le maniche per rimanere ai livelli cui sono".

Ancora brutte notizie, che rimbalzano dalla Francia; arresti, indagini, e il problema doping sempre in prima pagina. Dove va
questo ciclismo?

"Il problema c'è, inutile negarlo. E questa atmosfera un po' mi condiziona; non mi lascia sereno. Ma nessuno riesce a trovare le soluzioni giuste. Lo sport da sempre è macchiato o influenzato dalla ricerca. Ci vogliono regole vere e uguali per tutti, specie per preservare i giovani. Moser sbaglia a invitare i corridori a non andare al Tour, ma al Tour ci sono regole sbagliate, che andrebbero cambiate".

E lei andrà al Tour?
"Io ho deciso di non andarci e solo se dovessi andare bene al Giro e se qualche sponsor dovesse chiedermelo espressamente
prenderei in considerazione l'ipotesi".

(7 maggio 1999)

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da - la repubblica.

Stanco e sfiduciato: così il Pirata si è confessato alla 'Voce
di Romagna'. Poi la precisazione: "Non ho ancora deciso..."
Pantani, la corsa è finita
Ormai mi sento un ex
di LEONARDO COEN

Ecco l'ultima intervista rilasciata da Marco Pantani a Repubblica il 24 settembre dello scorso anno. Il romagnolo ormai si sentiva un ex corridore.

RIMINI -
Nel giro di pochi giorni il quotidiano "La Voce di Romagna" prima ospita una controversa ed improvvida intervista di Berlusconi (quella dei magistrati fuori di testa e del fascismo dal volto umano) che fa il giro del mondo, poi, ieri, annuncia con gran fanfara il (quasi) altrettanto clamoroso addio al ciclismo di Pantani, corredato da un lungo sfogo del campione di Cesenatico:

"La bicicletta ce l'ho con me, ma toglietevi dalla testa il Pantani atleta, io ormai mi sento a tutti gli effetti un ex".

E' ingrassato, "quindici chili" che lo fanno assomigliare, è sua la battuta, "ad un torello", mica al vincitore di Giro e Tour nella stessa mitica stagione del 1998.

Insomma, fine dell'avventurosa corsa in salita del Pirata?

"Probabilmente sì. L'ambiente del ciclismo mi ha stufato e gli stimoli mi hanno abbandonato da un pezzo. Mi costa anche dirlo, ma in questo momento il Pantani corridore è lontano anni luce dal Pantani uomo".

Già, ma il Pantani sponsorizzato? Smettere quando si può ancora avere non è semplice. Forse, non c' entra il che il 9 ottobre prossimo ci dovrebbe essere la sentenza del processo per doping dopo il controllo del 1999 a Madonna di Campiglio?

"La storia è ormai già stata scritta"

, è il commento sapido di Marco,

"non sarà una sentenza a cambiare le cose. Sono quattro anni che lotto contro i processi e le accuse. Per questo, ad un certo punto della mia vita, ho deciso di fregarmene di tutto. Questa sentenza, qualunque essa sia, arriva in ritardo".

Non è la prima volta che Pantani minaccia di appendere al chiodo la bici, atteggiandosi a vittima dell'inflessibile giustizia, matrigna con lui più che con qualsiasi altro (è il Pantanipensiero). Però, alla fine, aveva sempre prevalso il carattere orgoglioso del ciclista sulla remissività del campione tradito e umiliato. Tant' è che ieri pomeriggio è arrivato il comunicato che gettava acqua sul fuoco della notizia: l'articolo apparso sulla Voce di Romagna conteneva "alcune mie sensazioni", ma "nessuna decisione.

Il giorno in cui dovessi decidere di smettere con il ciclismo lo annuncerei a tutti i media per il rispetto che ho nei confronti dei miei tifosi, dell'opinione pubblica e dell'informazione". Dietrofront? O temporeggiamento dettato dalle esigenze degli sponsor? Con il Pirata tutto è possibile. Icona nel bene e nel male e ladro d' emozioni di uno sport che in Italia pareva avviato ad inaridirsi sui ricordi e i rimpianti, Pantani sa di essere ancora un personaggio che il popolo delle due ruote reclama a gran voce. Pantani per far capire che ha già deciso, confida che ormai tra lui e la bicicletta ci sono quindici chili di troppo, che tra lui e le corse non resta più granché. Che si sente un "ex", non ha più stimoli.

Lo dice con parole che grondano risentimento: contro l'ambiente delle corse che non gli ha ridato ciò che - secondo lui - gli era stato tolto spietatamente perché vinceva troppo e dava fastidio a troppi. Ci aveva illuso col suo ultimo dignitoso Giro d' Italia, ed era appena lo scorso giugno. Anche Ulrich era ingrassato di dodici chili. E' dimagrito, quasi vinceva il Tour. Pantani parla del dopo. Ma è vago: "Non ci penso ancora. Per il futuro c' è tempo. Per ora penso al presente e a star bene". Già, le terapie per uscire dalla "depressione". Il Pantani di oggi come sta? "Bene. Molto meglio. Sono sereno. E' un momento particolare, di riflessione intensa. Devo decidere cosa fare della mia vita.

Insomma, uno di quei periodi in cui non c' è più posto per il ciclismo". Al massimo, in un domani dai contorni non meglio precisati, "gestire come manager una squadra potrebbe anche piacermi", buttà lì l'astuto Pirata, "sarebbe una sfida interessante, ma alla fine dovrei lottare con quello stesso sistema che ho sempre combattuto quando correvo: principi sbagliati, logiche che non ho mai condiviso, interessi di parte che non tutelano abbastanza i corridori. Se tornerò nel ciclismo, lo farò in un altro modo...". E quale? "Magari candidandomi per un ruolo di dirigente federale, oppure entrando nella federazione internazionale. Solo in quel modo, lavorando da dentro, avrei la possibilità reale di cambiare veramente il sistema. E di restituire alla gente il ciclismo che ama. In questo momento, credetemi, sto pensando a tutto fuorché al ciclismo", ha confessato il Pirata all'amico cronista Mario Pugliese, "in bicicletta ci vado giusto per mantenere la gamba, sono ingrassato di almeno quindici chili, mi sento un torello, la palestra non la tocco da qualche mese". Pausa di riflessione, ma quante se ne è concesse in questi anni? La gente, cocciuta ed immaginifica, lo ha sempre atteso.

La gente crede ai ritorni, alle resurrezioni: sono il pane della fede nei campioni. Tanta attesa pure da parte delle squadre, degli sponsor..."In effetti, sento molte pressioni attorno a me. Ma non sono uno stupido - obietta Pantani - so che non è un'attesa affettiva". E qui si sbaglia, il misogino Pirata. Riaffiora la paranoia degli ultimi tempi: "La verità è che il ciclismo moderno ha bisogno del personaggio e, per tanti anni, quel personaggio sono stato io. Adesso il movimento sa che sta per perdermi e si preoccupa. Si chiedono: chissà che mondo sarà senza Pantani? Non so che dire... il ciclismo mi mancherà certo, ma anch' io, ne sono convinto, mancherò al ciclismo".

(15 febbraio 2004)



 

 

 

 

 

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