DA - IL MANIFESTO C'era una volta in
Italia
Alberto Sordi è morto ieri a Roma. Aveva 82 anni, aveva
fatto oltre 150 film. Da I mostri a La grande guerra,
dall'Americano a Roma al Borghese piccolo piccolo, la
migliore maschera della faccia peggiore dell'Italia.
Giovedì funerali solenni
VALENTINO PARLATO
E' morto Alberto Sordi ed è d'obbligo cercare Mario
Monicelli, che, assai gentilmente, mi accoglie in cucina
mentre consuma un pasto più che spartano; partecipo con
qualche bicchiere di vino. Mentre chiacchieriamo squilla
continuamente il telefono. Monicelli certe volte risponde
e certe volte no, a casa. Poi mi guarda e mi dice, «non
è che sono importante, il dramma è che sono rimasto
solo io».
Tu sei
uno dei padri importanti di Sordi.
Nego. Alberto Sordi è figlio di Alberto Sordi,
sceneggiatori e registi hanno aiutato, ma non di più. E'
lui che ha creato il personaggio, comico contro tutte le
regole della comicità. Il comico, pensa anche ai grandi
come Chaplin o Buster Keaton, è un personaggio buono,
perdente, che suscita tenerezza e simpatia. Sordi è
tutto il contrario, prevaricatore e vigliacco, corruttore
e corrotto, ma che alla fine piace allo spettatore.
Parlami
del tuo film La Grande guerra.
Oggi sarebbe un film pacifista. Come nasce?
Nasce dal fatto che avevo partecipato alla seconda guerra
mondiale, in Jugoslavia. Avevo conosciuto la verità
dell'esercito italiano, i fanti e gli ufficiali.
Trent'anni prima doveva essere peggio, non tanto per
l'armamento, quanto per le persone che erano un po' più
incolte. E poi avevo letto Lussu e Jahier. Il mio
obiettivo era quello di mostrare il volto vero
dell'Italia contro la retorica che mi ero dovuto sorbire
a scuola, ai tempi del fascismo.
Ma questa
iniziativa come fu accolta?
La possibilità che ad Age, Scarpelli e me - tre guitti
che avevano fatto solo film trash con Totò - fosse
affidata l'epopea della terza o quarta guerra di
indipendenza scandalizzò l'opinione dominante. Il
Giorno ci attaccò violentemente e
anche Monelli (quello di Scarpe al
sole) diede via libera alle sue
accorate rampogne. Le agevolazioni che erano state
assicurate al film (forse c'era Andreotti al ministero
della Difesa) furono prontamente ritirate e Dino De
Laurentis, il produttore, dovette arrangiarsi a girarne
buona parte in Jugoslavia, dalle parti di Zagabria. Un
guaio.
Ma poi?
Poi l'uscita, a Venezia, fu un grande successo.
Spiegami.
De Laurentis, che ci sapeva fare, era riuscito a piazzare
il film nel finale del festival e poi, ma soprattutto,
erano cambiati gli spettatori, era cambiata la loro
testa. Era il 1959, c'era stato il «miracolo economico»
i miti patriottardi erano caduti e il film apparve
liberatorio. La gente rideva e piangeva, ma soprattutto
si sentiva liberata del passato.
Da
regista hai avuto mai qualche scontro con il grande
attore?
No, mai. Dico una banalità, ma si lavora molto meglio
con un attore bravo che con uno mediocre. Se, anche
mentre si gira, fai un'obiezione il grande attore
capisce, modifica e spesso migliora. L'attore mediocre
non sa più che fare e si arrabbia.
Nella Grande
guerra avevi a che fare con due
prime donne, Sordi e Gassman, «il mattatore»: come è
andata?
Non dimenticare che c'era anche il bravissimo Romolo
Valli. Mi ripeto: con i grandi attori tutto va meglio,
anche tra loro: conoscono tutti i trucchi per prevaricare
e, quindi, si temono e si rispettano. I tre, quando
eravamo in Friuli, se ne andavano spesso insieme per i
paesetti.
Torniamo
a parlare di Sordi.
Sordi si è autoprodotto e ha avuto un inizio difficile.
Quando faceva l'avanspettacolo il suo comico antipatico
non piaceva all'impresario, che lo rimbrottava e lo
cacciava. Per come ricordo il primo ad accorgersi di
Alberto Sordi fu il grande Vittorio De Sica, quando Sordi
- che pure era cattolico osservante - faceva i Compagnucci
della parrocchietta.
Si dice
che Sordi fosse avaro.
Sordi ha dato miliardi alle istituzioni religiose, ma
aveva una certa resistenza a fare elemosina ai poveri.
Secondo lui chi era povero non era in grazia di Dio e,
quindi, non meritava tanto.
Scusa se
divento pettegolo, ma tu che lo conoscevi bene sai dirmi
perché non si mai sposato?
Eravamo in vacanza in Costa Azzurra ospiti di De
Laurentis, lui e De Sica passavano il tempo a giocare al
casinò. Sordi e io restavamo insieme e una volta anche
io gli posi la tua domanda.
E lui?
Mi diede una risposta che più alla Sordi non si può. Mi
disse: «Che vuoi, che mi metta un'estranea dentro
casa?» Non dimenticare che aveva vissuto a lungo con la
madre e con le sorelle.
I suoi
amici?
Pochi. Non era affatto un amicone, anzi una persona
fortemente schiva, anche per non esporsi. Non era uomo da
feste e banchetti. Una buona amicizia la ebbe con Piero
Piccioni, che compose molte colonne sonore dei suoi film.
Nel film I nuovi mostri
c'è un episodio del quale Sordi è protagonista che fa
riflettere. Sordi è un personaggio della nobiltà nera,
andando in auto a un incontro con il famoso reazionario
Lefevre soccorre un pedone che era stato investito da
un'auto. Lo carica in macchina, parla con lui col
linguaggio del gran signore snob, gira tutti gli ospedali
e poiché non riesce a piazzarlo in nessun posto lo
riporta nel luogo dove l'aveva raccolto.
Un dissenso con Sordi, ma del tutto amichevole, l'ho
avuto a proposito del film Un
borghese piccolo piccolo. La storia
è quella di una vendetta feroce e condannabile. Erano i
tempi del Giustiziere della notte
e altri film consimili. Io mi sforzai di rendere
simpatico il personaggio cattivo affinché la sua
condanna da parte degli spettatori fosse meno facile e
più motivata. Sordi sosteneva invece che quel
personaggio doveva essere simpatico perché aveva
ragione.
Non credo si possa entrare nella personalità profonda di
Sordi prescindendo dal suo cattolicesimo, dal suo e non
dal cattolicesimo in generale. Ricordo che per un film
passammo qualche giorno al cimitero di Prima Porta.
C'erano i funerali che arrivavano e i parenti che
piangevano: Sordi quasi si stupiva. Perché tante lacrime
quando poi tra un po' di anni si rivedranno e torneranno
a stare insieme. E questi ragionamenti, debbo dire non li
faceva solo per i lutti degli altri, ma anche per i suoi.
Certe volte - è strano - mi faceva pensare a La Pira.
Negli
ultimi tempi lo hai visto, hai avuto rapporti con lui?
Pochi, molto pochi. era riservato e non amava parlare di
sé e dei suoi mali. Ultimamente era terribilmente
dimagrito, quasi rimpicciolito. Non era più l'Albertone
che tutti ricordiamo e che i romani avranno in mente al
suo funerale che rischia di essere più affollato di
quello di Agnelli di Torino.
Un uno a
uno tra Roma e Torino, con campioni diversi?
Non c'è da scherzare. E' che se ne sta andando un'epoca,
con il suo bene e il suo male, ma - come si dice -
bisogna avere fiducia nei giovani. In fondo furono i
giovani del 1959 a decretare il successo della Grande
Guerra, il cui annuncio aveva
suscitato scandalo e proteste.
Ma non
sarebbe questo, con l'incubo della guerra all'Iraq, il
momento di rimette in circolo il tuo bel film, La
Grande guerra?
Non lo so, questo è affare dei distributori. E poi, sai,
il film è in bianconero, troppo vecchio anche lui.
Torno a
Sordi: i suoi ultimi film non avevano più successo,
perché?
Penso per due motivi. Il primo, più del mestiere, può
essere dovuto al suo isolamento; faceva un po' tutto da
solo, regista sceneggiatore e via dicendo. Il secondo
motivo, più storico, forse antropologico, si può
cercare nell'esaurimento di quella particolare maschera
comica che Sordi creò e portò al massimo successo. Di
fronte alla drammaticità e alla cattiveria del presente
le sue hanno finito con l'apparire favolette buone solo a
impressionare i bambini.
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DA - LA REPUBBLICA
Il popolare attore romano si è spento a 82
anni
Era malato da sei mesi, al capezzale c'era la sorella
E' morto
Alberto Sordi
Ciampi: "Un grande dolore"
Dalle 17,30 di oggi camera
ardente in Comune
I funerali giovedì nella basilica di San Giovanni
ROMA - E' morto oggi a Roma Alberto Sordi.
L'ottantaduenne attore romano, nato nella Capitale il 15
giugno 1920, si è spento questa notte nella sua villa di
piazza Numa Pompilio, a Roma. Sordi era assistito dalla
sorella Amelia. La morte sarebbe stata provocata da
complicazioni broncolmonari conseguenti alla grave
malattia che lo aveva colpito negli ultimi sei mesi e su
cui era mantenuto il massimo riserbo. "E' stato un
grande dolore - commenta il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi Sordi
ha interpretato i sentimenti degli italiani, soprattutto
nei momenti più difficili e duri".
Da oltre tre mesi Sordi non usciva di casa. Tanto che nel
dicembre scorso non potè partecipare all'omaggio che il
Roma Film Festival gli dedicò presentando 80 dei suoi
film. A chi chiedeva come mai Sordi non si facesse più
vedere in pubblico, chi lo conosceva rispondeva che una
forte artrite lo costringeva a casa. Anche se la causa
della morte, a quanto si apprende, sono state le
complicazioni di una brutta broncopolmonite.
Per il suo ottantesimo compleanno,
solennemente celebrato in Campidoglio a Roma il 15 giugno
del 2000, Sordi era invece apparso in splendida forma.
Disse, tra l'altro, che la sua speranza era quella di
"continuare imperterrito a fare quello che sto
facendo". Ma aggiunse: "E' in fondo, anche la
speranza di continuare a stare bene: ormai alla mia età
programmi a lunga scadenza non si possono fare".
Nel dicembre del 2001, durante una trasmissione
televisiva Sordi disse: "Lascio tutto quello che ho
realizzato nella mia carriera alla mia fondazione".
Nel 1997, riflettendo sul sul rapporto con la morte,
confessò: "Alla morte ci penso, come tutti, ma
senza angoscia. So che me ne andrò un giorno però
continuo a vivere con lo stesso entusiasmo di quando ero
giovane. La vita è un dono troppo grande per non
godersela. E poi da cattolico, credo nell'immortalità
dell'anima". Nel 2001, durante la giunta Rutelli,
Sordi fu "nominato" sindaco di Roma per un giorno.
La prima reazione di cordoglio è quella del sindaco di
Roma, Walter Veltroni, che stamattina si è recato a casa
dell'attore: "La sua scomparsa è un grande dolore
per la città e per tutto il paese. Agli italiani
mancherà un artista, a me un amico". Valeria
Marini, sua ultima partner cinematografica, si dice
"affranta" dal dolore. E dal mondo politico
arriva un cordoglio unanime.
Nel frattempo, davanti alla casa dell'artista, è
comiciato un mesto pellegrinaggio dei romani. Volti noti,
come il regista Ettore Scola e semplici cittadini. Quasi
tutti portano con sè mazzi di fiori, rigorosamente
gialli e rossi, come le rose che una ragazza per prima ha
posato davanti al cancello.
Sarà l'aula consiliare del Comune di Roma, ad ospitare
la camera ardente di Alberto Sordi. Dalle 17,30 in poi
l'aula Giulio Cesare, che finora aveva ospitato la camera
ardente solo di sindaci come Petroselli e Argan, verrà
aperta a quanti vorranno salutare l'attore. La camera
ardente rimarrà aperta tutta la notte e tutto domani.
Giovedì alle 10 invece ci saranno i funerali nella
basilica di San Giovanni a Roma. Dopo la cerimonia
funebre nella piazza adiacente si terrà un omaggio
all'attore scomparso, con il ricordo di colleghi e amici.
(25 febbraio 2003)
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DA - LA REPUBBLICA
Il ricordo di Alberto Sordi nelle parole del
suo "erede"
"E' un complimento troppo grande, lui era
unico"
"Mi
voleva un sacco bene"
Il dolore di Verdone
"Grandissimo innovatore, ha
scandito
40 anni di vita del nostro paese"
di ANNALISA CUZZOCREA
ROMA - Carlo Verdone risponde al telefono
appena sveglio, subito dopo avere ricevuto la notizia
della morte di
Alberto Sordi "E'
chiaramente un dolore enorme dice a caldo - perché per
me era un amico vero". Poi è interrotto dagli
squilli di un altro telefonino. E quando ricomincia a
parlare segue il filo dei ricordi.
"Quello che mi viene in mente è un grandissimo
attore che ha scandito 40 anni della vita del nostro
paese. L'ha dipinta all'inizio come un'enorme avanguardia
con Un americano a Roma,
un film eccezionalmente nuovo per i tempi comici e
recitativi: la rappresentazione del primo personaggio
strafottente, periferico, riconducibile a tutte le
regioni, non solo a Roma. Poi sono venuti quelli che per
me sono autentici capolavori, Lo
sceicco bianco e I
vitelloni, con Fellini. E anche Una
vita difficile, di Dino Risi.
Scompare un attore enorme, immenso, e soprattutto una
grande maschera. Sul piano umano poi sono molto triste
perché era una persona che mi voleva molto bene e sono
certo che anche lui sentiva che gli volevo un bene
dell'anima".
Dino Risi parla
di un uomo molto generoso, ma di cui era difficile
diventare amico. E' così?
"Sì, era molto difficile perché era una persona
molto diffidente, amante dei suoi spazi, dei suoi tempi.
Stava abbastanza bene con se stesso e con i suoi. Era un
tipo un po' particolare. Ma i grandi personaggi sono
tutti un po' strani, singolari. Ognuno ha le sue nevrosi,
c'è poco da fare. Questo forse dipende dalla
popolarità: tanto più sei popolare, tanto più cerchi
la riservatezza dentro casa".
Lei per i
suoi film è stato spesso paragonato ad Alberto Sordi, un
po' come erede.
"In maniera errata, molto errata secondo me. Sordi
è Sordi, è intoccabile. Lui ha trattato temi
importantissimi, il dopoguerra, la ricostruzione. Io mi
sono fermato a osservare con un taccuino d'appunti delle
nevrosi, dei tic, fragilità del momento che stavo
vivendo io. Ad esempio il cambiamento del linguaggio,
pensi a Un sacco bello.
Però lui aveva subito capito questa mia nuova lettura
della società e mi ha incoraggiato molto. Era un mio
grandissimo estimatore, i miei film li vedeva sempre
prima insieme a Sergio Leone. E poi finalmente si è
deciso a fare questo film, In viaggio
con papà, una cosa che io ho
vissuto con orgoglio: il mio attore prediletto che mi
cercava per fare un film insieme".
Quando è
stata l'ultima volta che l'ha visto?
"L'ultima volta, un anno fa, perché poi avevo
capito che c'era qualcosa che non funzionava. Non aveva
più tanta voglia di uscire, di parlare, faceva un po' di
fatica".
In molti
stamattina hanno detto non ci credo, non può essere.
Come se Sordi - come le sue maschere - dovesse essere
eterno.
"E' che noi vorremmo sempre fermare il tempo in
qualche modo. E Sordi è per tutti quello del Medico
della mutua, dei Vitelloni,
di Un borghese piccolo piccolo.
Sordi è sempre quello lì, ma il tempo va avanti. Ed è
il cinema che crea quest'illusione, di restare sempre
uguali".
(25 febbraio 2003)
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DA - LA REPUBBLICA
Il mondo del
cinema in lutto
"Ma Albertone è immortale"
Anche il mondo politico e
istituzionale lo ricorda commosso
Tranne il leghista Speroni: "Il simbolo di una
realtà romanesca"
ROMA - Il mondo del grande schermo piange il
suo grande protagonista. Grande fin dal soprannome,
quell'Albertone che
lo ha accompagnato da quando è diventato la maschera
dell'Italia e degli italiani.
Sofia Loren con Sordi ha lavorato pochissimo. Per esempio
in un film agli inizi della carriera, poco noto, che si
chiamava "Due notti con Cleopatra". Eppure
"La morte di Alberto - dice - è una delle cose più
tristi della mia vita". Per la Loren "Alberto
Sordi era insieme a Totò il nostro più grande attore
comico, e ora ci lascia la nostalgia e la malinconia dei
tempi passati".
E' un ricordo coniugato al presente, invece, quello di
Valeria Marini, che Sordi aveva voluto come partner in
"Incontri proibiti", film al quale doveva
teneva molto, se è vero che l'aveva riportato in sala
con un nuovo titolo dopo il flop della prima uscita.
"Sono addolorata - dice - e affranta. Non trovo
ancora le parole giuste per esprimere il mio grande
dolore".
"Se ne va un grande compagno di vita -
dice Nino Manfredi - ma è un grande che rimarrà
immortale". L'attore ricorda i tempi in cui con
Tognazzi, Gasmann e Mastroianni "ci chiamavano i 4
colonnelli della commedia italiana", e conclude
sconsolato: "Ora sono rimasto solo io".
"Il comico più grande", secondo Paolo
Villaggio, perché è stato il primo a "smascherare,
esorcizzare con la sua naturale intuizione l'essenza
provinciale e cinica dell'italiano"; per Ettore
Scola, "se n'è andato un grande osservatore
dell'umanità, il primo, e l'unico che ha avuto il
coraggio di prendere in giro i giovani": Il
riferimento è a Nando Moriconi, l'"Americano a
Roma", ruolo con cui "ha ironizzato su un
personaggio stupido che si innamora di miti che non gli
appartengono".
Pupi Avati rivela che Sordi "doveva avere il ruolo
che è poi è stato di Giancarlo Giannini nel mio ultimo
film", e racconta che dopo aver visto il copione gli
aveva detto che non se la sentiva. "Ci siamo
lasciati - conclude Avati - con lui che mi diceva:
'Scrivi il ruolo di un grande protagonista per me, per il
mio ultimo grande film'. Io non l'ho fatto e il dolore e
il rimpianto ora sono ancora più forti".
Il premio Nobel Dario Fo parla di "un attore
straordinario, che ha avuto una importanza grandissima
nel cinema italiano, e di un uomo molto
intelligente". Ma Fo ricorda soprattutto il coraggio
dell'attore scomparso, "quello che lo ha portato a
interpretare film in cui il suo era un personaggio
negativo". Un esempio per tutti: "I Vitelloni -
spiega Dario Fo - quello splendido film di Fellini in cui
Sordi era un perditempo senza ambizioni, un ragazzotto
che tira a campare e che si accorge solo tardi di quanto
sia vuota la sua vita. Senza peraltro avere la forza di
cambiare".
"Un artista grandissimo e un uomo dolcissimo",
dice Pippo Baudo, che ricorda: "Eravamo molto amici
e nell'ultima intervista che mi ha concesso mi aveva
praticamente confessato di aver amato Silvana Mangano.
Non gli aveva perdonato di aver sposato Dino de
Laurentiis".
Intanto, da Ciampi in giù, l'intero mondo politico e
istituzionale si unisce, con parole di grande affetto e
commozione, al dolore per la scomparsa dell'attore. Tra
tutti si distingue il leghista Francesco Speroni, che
analizza: "Rappresenta una realtà locale,
territoriale, la cultura romana, romanesca. Non è certo
il simbolo di tutti gli italiani. Spero che i vigili
padani siano diversi da quello che ha rappresentato lui
nei suoi film".
(25 febbraio 2003)
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DA - IL CORRIERE DELLA SERA
Da oggi pomeriggio camera ardente. Giovedì
mattina i funerali
E' morto
Alberto Sordi
Nella sua villa di Roma, all'età di 82 anni.
Il grande attore era assistito dalla sorella. Colpito sei
mesi fa da una grave malattia
ROMA - E' morto Alberto Sordi. Il grande
attore è morto questa notte nella sua villa di piazza
Numa Pompilio, a Roma. Aveva 82 anni. Sordi era assistito
dalla sorella Amelia. La morte è stata provocata dalla
grave malattia che lo aveva colpito negli ultimi sei
mesi.
SIMBOLO ITALIANO - Alberto sordi era un vero e
proprio simbolo per gli italiani, che lo hanno seguito e
amato nell'arco di tutta la sua lunga carriera
cinematografica. Entrato a soli 15 anni nel mondo dello
spettacolo, negli anni '50 ottenne un grande successo
alla radio con fortunati personaggi, fino a dedicarsi
alla carriera cinematografica divenendo il «re» della
commedia all'italiana. Approfondì nel corso degli anni
la sua maschera di attore comico in una galleria di
personaggi fra i più svariati, incarnando un certo tipo
di italiano medio con grande realtà e partecipazione.
CAMERA ARDENTE - Alle 17.30 di oggi pomeriggio verrà
allestita in Campidoglio la camera ardente. L'annuncio
viene dal il sindaco Veltroni: «La salma verrà
trasportata nell'Aula Giulio Cesare, aula del Consiglio
Comunale dove si svolse - sottolinea Veltroni - la camera
ardente per Luigi Petrocelli». La camera ardente sarà
aperta tutto il giorno e tutta la notte e così sarà
anche domani.
I FUNERALI - I funerali, come afferma Veltroni, si
svolgeranno giovedì mattina nella chiesa di Santa Maria
del Popolo. «Dopo - dichiara Veltroni - a piazza del
Popolo ci sarà un ricordo per Sordi da parte della
città, del popolo, del mondo culturale, delle
istituzioni».
IL PELLEGRINAGGIO - I primi ad arrivare per salutare
Alberto Sordi sotto casa sua sono stati proprio i romani.
Appena si è sparsa la notizia, semplici cittadini stanno
arrivando nella villa di piazzale Numa Pompilio per dare
l'ultimo omaggio al grande attore. Quasi tutti portano
con sè mazzi di fiori, rigorosamente gialli e rossi,
come le rose che una ragazza per prima ha posato davanti
al cancello. Davanti all'abitazione dell'attore, dalla
quale si dominano le Terme di Caracalla e più giù il
Circo Massimo, in uno degli angoli più suggestivi di
Roma, ci sono anche tantissimi giornalisti. 25 febbraio
2003
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DA - IL CORRIERE DELLA SERA
La morte di
Alberto Sordi: le reazioni dei politici
Carlo Azeglio Ciampi, presidente della
Repubblica
«Alberto Sordi ha veramente interpretato i sentimenti
degli italiani, soprattutto nei momenti più difficili e
più duri». Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi esprime così il suo «grande dolore» per la
scomparsa del grande regista e attore romano. «Sordi -
sottolinea Ciampi, al termine di una cerimonia al
Quirinale - ha rappresentato un Paese che si stava
sfasciando, però nelle sue interpretazioni non c'è mai
la rappresentazione dello sfascio senza la speranza.
C'è, quindi, una profonda italianitá in lui». Il capo
dello Stato ricorda di «aver visto ripetutamente Sordi
al Quirinale. Venne anche a mostrarmi la riedizione di
tutti i suoi film, che spero vengano trasmessi anche
nelle scuole, perchè - spiega Ciampi - diventerebbe un
modo per rappresentare visivamente i drammi degli anni
'40: mi riferisco in particolare al film '"utti a
casa", ma non solo».
Walter Veltroni, sindaco di Roma
«Un grande dolore per la città e per tutto il paese. Ai
romani e agli italiani mancherà un artista che meglio di
ogni altro ha saputo interpretare, con intelligenza con
amore e partecipazione la pienezza della vita e le
contraddizioni della società. A me mancherà un amico al
quale ho imparato a voler bene prima ancora di avere il
privilegio di conoscerlo e frequentarlo».
Massimo D'Alema, presidente Ds
«Con alberto sordi scompare uno dei grandi protagonisti
del cinema e della cultura italiani. Sordi è stato la
grande "maschera italiana" del dopoguerra.
L'artista che, meglio di tutti, ha incarnato l'ideale
dell'italiano medio, le sue debolezze, ma anche quel
particolare disincanto verso le cose della vita che
rappresenta un tratto della nostra storia comune. Per
decenni ha raccontato l'Italia, con gli occhi di un
grande attore comico che ha saputo farci riflettere sulle
nostre fragilità e virtù».
Clemente Mastella, segretario Udeur
«Con Alberto Sordi «scompare un pezzo
dItalia.Sordi è stato un grande artista, un attore
completo che ha saputo rappresentare magistralmente in
ogni epoca il nostro Paese, con i suoi difetti ma anche
con i suoi pregi.Se nè andato uno di noi».
Francesco Rutelli, leader dell'Ulivo
«Un lutto di famiglia. Un dolore grande».
Gavino Angius e Luciano Violante, capigruppo dei Ds di
Senato e Camera:
«Con lui se ne va la figura di un grande italiano, che
negli anni della nostra Repubblica ha saputo così ben
rappresentare nel mondo lo sviluppo, le contraddizioni,
le specificitá della società italiana. Ai familiari
giunga il nostro affettuoso abbraccio».
Maurizio Gasparri, ministro delle Comunicazioni
«Non era soltanto un attore cinematografico. Alberto
Sordi era l'Attore italiano. È quello che più di tutti
ha saputo trasportare ed interpretare sulla scena i
drammi, gli aspetti ed il costume della comune
quotidianità. Era amato Sordi. Soprattutto da quella
gente alla quale, egli stesso, si sentiva più legato: il
popolo delle borgate, dei semplici, della piccola e media
borghesia».
Francesco Storace, presidente della Regione Lazio
«La scomparsa di Alberto Sordi lascia un vuoto immenso
in chi ama la capitale dItalia. E stato un
campione di quel vivere romano strafottente».
Luigi Peruzzotti, senatore Lega Nord
«Onore al più grande attore e caratterista del nostro
cinema, un uomo che ha ha fatto conoscere il nostro paese
e rappresentato l'italiano nel mondo».
Antonio Di Pietro, Italia dei valori
«Ha saputo interpretare come nessun altro vizi e virtù
di questo Paese attraverso le stagioni positive e quelle
della decadenza. Un borghese "piccolo piccolo",
ma un grande ed inimitabile italiano che ci mancherà ed
al quale siamo grati». 25 febbraio 2003
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DA - L'UNITA'
È morto
Alberto Sordi. Scompare un volto simbolo degli italiani
di red
È morto. Alberto Sordi, il grande attore
italiano , che con le sue battute e i suoi film, ha
contribuito a fare la storia del nostro cinema se ne è
andato all'età di 83 anni. Era nato il 15 giugno del
1920 a Roma. L'attore romano, 82 anni, è morto questa
notte a Roma nella sua abitazione, a piazza Numa
Pompilio. Vicino a lui la sorella Amelia. Da alcuni mesi
soffriva di una grave malattia.
Attore di compagnia fin dal 1936 è stato il
doppiatore di Oliver Hardy (Onlio) ed esordì nel cinema
quando diciannovenne apparse nel ruolo di protagonista
nel film «I tre aquilotti» del 1942 di Mario Mattoli.
Diede vita a molti personaggi della radio tra i quali il
signor Coso, Mario Pio e il Conte Claro. Seguirono i film
come «Mamma mia, che impressione» (1951) di Roberto
Savarese, quindi l'incontro con Federico Fellini con «Lo
Sceicco Bianco» (1952) e «I vitelloni» (1953) e quindi
nel 1959 «La grande guerra» di Mario Monicelli.
«Alla morte ci penso, come tutti, ma senza
angoscia. So che me ne andrò un giorno però continuo a
vivere con lo stesso entusiasmo di quando ero giovane. La
vita è un dono troppo grande per non godersela. E poi da
cattolico, credo nell'immortalità dell'anima». Così
Alberto Sordi rifletteva sul suo rapporto con la morte
alla vigilia del 1997. Da pochi giorni era morto Marcello
Mastroianni, «ma per me - aveva detto - non è morto,
gente così non se ne va del tutto. Marcello, Vittorio,
Federico...li sento sempre vicini, hanno lasciato
testimonianze incancellabili del loro passato».
«Oggi prendo il diploma di attore ma questo
vuol forse dire che per sessanta anni sono stato un
abusivo?». Era il 27 aprile del '99 ed è la battuta che
il grande Albertone fece ritirando a Milano quel diploma,
all'Accademia dei Filodrammatici, negatogli 62 anni prima
quando il 17 gennaio del '37 fu bocciato dall'allora
professoressa di dizione Emilia Varini ed invitato ad
abbandonare l'Accademia.
Quasi duecento film in mezzo secolo di
attività: Alberto Sordi è stato forse l'attore in cui
l'italiano medio si è rispecchiato più spesso e cui ha
concesso maggiore confidenza soprattutto quando entravano
in gioco i sentimenti, le debolezze, le vigliaccherie.
Già prima della guerra la sua voce da basso risuonava
nelle orecchie degli italiani che andavano a vedere il
film con Oliver Hardy doppiati da lui. Il suo talento
comico cominciò a farsi strada prima con la rivista poi
via radio con la trasmissione "Vi parla Alberto
Sordì", in cui nacquero personaggio come Mario Pio.
Dopo una lunga gavetta in film minori,
l'incontro con Fellini nei primi anni cinquanta gli aprì
la porta del grande cinema: da 'Lo sceicco biancò (1952)
ai 'Vitellonì (1953) cominciò a delinearsi una maschera
da cui non si sarebbe liberato che in rare occasioni:
quella dell'italiano mammone e provinciale, in apparenza
sentimentale ma in realtà cinico, individualista e
opportunista, spesso vile ma talvolta capace di gesti di
grande coraggio.
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