di Giuseppe Salerno
Alcuni uomini investigano senza fine su se stessi, sul mondo che li circonda, sui rapporti, sul perché e sul come. Indagini da cui senza fine scaturiscono riflessioni e suggestioni la cui rappresentazione, nel conferire ad esse visibilità, assicura a quegli uomini presenza. Un fare che, a nulla finalizzato se non al soddisfacimento di un bisogno interiore insopprimibile, risulta caratterizzare il percorso di quegli artisti che, mantenuta la spontaneità dellinfanzia vissuta tra tanti interrogativi, mai cessano di condurre la propria esistenza come un gioco. Così, alla ricerca di radici lontane, Massimo DAndrea indaga nella memoria dei popoli ed attraversa i continenti pervenendo sempre ad una medesima, essenziale sequenza di segni, simboli, astrazioni, patrimonio comunicativo condiviso dalle più diverse etnie della terra. E con questo bagaglio antico e universale di rappresentazioni simboliche che DAndrea conduce un percorso artistico mai disgiunto da quello di una vita partecipata con lentusiasmo e limpegno di chi, non accettando il ruolo passivo dello spettatore, continuamente alimenta il proprio animus sociale ed il proprio istinto di costruzione. Dedicate ai temi forti che connotano le vicende della società globalizzata, le sue opere affiorano attraverso un processo articolato nel quale lartista, partendo da macro-scatti fotografici intrisi di memoria, si avvale poi di computer-design, pittura e assemblaggio. Tecniche e linguaggi diversi per giungere a rappresentazioni dalle tinte accese che ci riportano alla complessità di una realtà magmatica dove tutto è in connessione ed in continuo divenire. La presenza incombente della storia, le coesistenze di tempi e luoghi, congiuntamente alle articolate modalità di produzione delle opere, sono elementi che ci riconducono a quella cultura dellattraversamento che è la sola a caratterizzare oggi, in modo inequivocabile, la contemporaneità. Un far arte peraltro, quello di Massimo DAndrea, decisamente politico, un far arte che osmoticamente si innesta in un quotidiano vissuto sulla pelle. Giuseppe Salerno |