La razza in
estinzione, canzone trainante dell'ultimo album di
Giorgio Gaber, La mia generazione ha perso, sta
suscitando polemiche a profusione. Nel brano gli strali
del cantautore piovono sui media, sulla politica e sulla
Chiesa cattolica. Quest'ultima viene sferzata nel verso
"vedo anche una Chiesa che incalza più che mai, io
vorrei che sprofondasse con tutti i Papi e i
Giubilei"). E le reazioni non tardano ad arrivare
arrivano le prime reazioni attraverso la voce del
cardinale Ersilio Tonini: "E' abbastanza semplice
trascinare nell'accusa l'universo intero. Nell'epoca del
'68, quella della generazione cui fa riferimento la
canzone, e' stata proprio la Chiesa che ha avuto coraggio
di dire dei "no" grandi come una montagna.
Ritengo che un giudizio come quello contenuto nel testo
del brano di Gaber sia gratuito. Partecipo con Gaber alla
passione per questo mio tempo ma se la Chiesa ha
sbagliato e sbaglia ancora, Gaber dovrebbe essere più
preciso e indicare quali sono i nostri errori". E prosegue: "Io
benedico le critiche che ci aiutano ad essere migliori,
ma un'invettiva del genere che trascina con sè tutto e
che ritiene che il '68 e la sua generazione sia
interamente da buttare e che abbia fallito, mi pare
davvero ingiusto. La generazione del '68 aveva delle
ragioni importanti da esprimere e, oltre a contestare, ha
preparato la ripresa e il rilancio nella fiducia dei
valori umani". Anche don Antonio Mazzi non rinuncia
a dire la sua: "Quel testo di Gaber è di un
qualunquismo spaventoso, non solo nella parte che
riguarda la Chiesa. E per giunta sono parole pronunciate
da una persona di sinistra che ha votato a destra, da un
rivoluzionario che è sposato con il presidente della
Provincia di Forza Italia. Sono parole ispirate da un
pessimismo spaventoso, neanche provocatore, soltanto
dettato dalla voglia di chiamarsi fuori e sparare battute
qualunquiste. Mi pare che Gaber sia diventato un profeta
delle sciagure e, in quanto al suo giudizio sulla Chiesa,
è curioso vedere che poi, a commentare una canzone, (la
canzone dell'appartenenza, N.d.R.), abbia scelto un brano
di don Giussani. E anche il giudizio di Gaber sul '68 è
ingiusto, ci sono state degenerazioni ma non si può dire
che quella generazione abbia perso".
Ma se Gaber
viene maltrattato da Tonini e Mazzi, l'Avvenire,
quotidiano della Cei, Gaber gli riserva un trattamento di
favore. La recensione dell'album recita in una sua parte:
"Scandalizzarsi per il finale antipapista e
antigiubilare significherebbe non tenere conto
dell"irruenza reattiva e persino distruttiva di un
artista così onestò che 'non puo' certo turbare chi su
questo tema la pensa tanto diversament".
Ora si attende
di sapere se il brano sarà eseguito da Gaber nel corso
della sua partecipazione allo show di Adriano Celentano
su Raiuno, il prossimo 26 aprile. (a.p.)
LA RAZZA IN
ESTINZIONE
Non mi piace la finta allegria
non sopporto neanche le cene in compagnia
e coi giovani sono intransigente
di certe mode, canzoni e trasgressioni
non me ne frega niente.
E sono anche un po annoiato
da chi ci fa la morale
ed esalta come sacra la vita coniugale
e poi ci sono i gay che han tutte le ragioni
ma io non riesco a tollerare
le loro esibizioni.
Non mi piace chi è troppo solidale
e fa il professionista del sociale
ma chi specula su chi è malato
su disabili, tossici e anziani
è un vero criminale.
Ma non vedo più nessuno che sincazza
fra tutti gli assuefatti della nuova razza
e chi si inventa un bel partito
per il nostro bene
sembra proprio destinato
a diventare un buffone.
Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.
La mia generazione ha visto
le strade, le piazze gremite
di gente appassionata
sicura di ridare un senso alla propria vita
ma ormai son tutte cose del secolo scorso
la mia generazione ha perso.
Non mi piace la troppa informazione
odio anche i giornali e la televisione
la cultura per le masse è unidiozia
la fila coi panini davanti ai musei
mi fa malinconia.
E la tecnologia ci porterà lontano
ma non cè più nessuno che sappia litaliano
cè di buono che la scuola
si aggiorna con urgenza
e con tutti i nuovi quiz
ci garantisce lignoranza.
Non mi piace nessuna ideologia
non faccio neanche il tifo per la democrazia
di gente che ha da dire ce nè tanta
la qualità non è richiesta
è il numero che conta.
E anche il mio paese mi piace sempre meno
non credo più allingegno del popolo italiano
dove ogni intellettuale fa opinione
ma se lo guardi bene
è il solito coglione.
Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.
La mia generazione ha visto
migliaia di ragazzi pronti a tutto
che stavano cercando
magari con un po di presunzione
di cambiare il mondo
possiamo raccontarlo ai figli
senza alcun rimorso
ma la mia generazione ha perso.
Non mi piace il mercato globale
che è il paradiso di ogni multinazionale
e un domani state pur tranquilli
ci saranno sempre più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli.
E immagino un futuro
senza alcun rimedio
una specie di massa
senza più un individuo
e vedo il nostro stato
che è pavido e impotente
è sempre più allo sfascio
e non gliene frega niente
e vedo anche una Chiesa
che incalza più che mai
io vorrei che sprofondasse
con tutti i Papi e i Giubilei.
Ma questa è unastrazione
è unidea di chi appartiene
a una razza
in estinzione.
Non
so se la generazione di Gaber, quella del '68 per
intenderci, sia stata sconfitta. Più d'uno in ogni caso
ha fatto in tempo a saltare sul carro dei vincitori.
Penso che la razza in estinzione sia
piuttosto quella degli intellettuali. Intellettuale in
Italia è poco meno (o poco più) di un insulto. Visto
dal basso, è una delle eterne figure dell'oroscopo
nazionale, quel chierico cortigiano, spocchioso e servile
a un tempo addetto alla manutenzione del potere. Visto
dall'alto è al contrario un comunista.
Lintellettuale è, per me, chiunque sia capace di
pensare oltre linteresse personale, di classe, di
appartenenza e quindi uno che vuole cambiare il mondo.
Allora ci sono tanti intellettuali fra gli elettricisti
quanti fra i professori, fra gli artisti come fra gli
imprenditori o gli operai. Ovvero, sempre meno. Giorgio
Gaber è stato, da uomo di spettacolo, un grande
intellettuale. Come tale, certo, uno sconfitto a rischio
di estinzione.
Tutti i poteri hanno cercato, per prima cosa, di
combattere gli intellettuali, con una ferocia assoluta.
L'antisemitismo è anzitutto l'odio contro un popolo
intellettuale o vissuto come tale. Ma in
nessun luogo e in nessuna epoca della storia, neppure nei
regimi peggiori, l'eliminazione del vizio di pensare era
riuscita così bene come nellItalia contemporanea.
Senza bisogno di prigioni e tribunali speciali.
Semplicemente incatenando tutti al proprio narcisismo,
alla mediocre e ipocrita difesa del
particulare. E la cosa che, in
questItalia così ricca e
libera, ci fa mancare l'aria. Ma basta poco,
una voce sola a volte, per uscire dalla prigione. La
vittoria dello sconfitto Giorgio Gaber è d'averci fatto
sentire più liberi, meno soli.
Curzio Maltese
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