Scienza , tecnologia e fabbrica della conoscenza

L’evoluzione tecnologica , la cultura del monitor , il rapporto simbiotico scienza-tecnologia , la velocità dell’informazione , le biotecnologie , spingono a pensare che la triade passato-presente –futuro sia obsoleta e priva di senso . Constatando , pertanto , che la rimozione della cultura storica è diventata una malattia quasi endemica , occorre instaurare un dialogo ermeneutico con il passato , in modo tale da decostruire criticamente e da rendere intelligibili errori , conquiste , sconfitte . Nell’epoca dell’eterno presente , caratterizzata dalla paranoia tecnologica , ciò è di vitale importanza per scoprire " le radici sotterranee e le cellule genetiche della fabbrica della conoscenza ". Inoltre , pur riconoscendo le grandi potenzialità della tecnologia , conviene prendere atto , come sostiene Paul Virilio , che proprio il perfezionamento della tecnologia e l’incoscienza tecnoscientifica consentono eventi luttuosi di dimensioni enormi .

Ciò detto , è bene fare un breve excursus storico , perché , come voleva Raymond Aron, "se si vuole che la totalità della storia sia intelligibile i vivi devono sentire in sé una parentela con i morti ". Da qui la necessità di rivisitare il momento genetico della scienza e della tecnica , per analizzare le problematiche inerenti i linguaggi , la libertà della scienza, i meccanismi di potere . Partendo da questi presupposti si pone un quesito : quali sono i fattori che hanno generato il dominio del linguaggio scientifico? Heidegger ha individuato il nodo del problema nella tecnica . A questo punto , rilevando che le radici del pensiero occidentale risiedono nella Grecia antica , si impone una breve indagine sulla cultura greca. . La Grecia ci ha lasciato in eredità non solo la razionalità di un logos organizzatore , ma anche il problema aperto della " tèchne " , ossia della tecnica , intesa come manipolazione e trasformazione del mondo . La tecnica , dunque , assume il significato di arte , ma anche di modo di procedere , di soddisfare bisogni , di inventare .

Questo discorso , sia pure sommario , non può prescindere dal fatto che sin dall’inizio emerge un vincolo indissolubile tra filosofia e scienza , che via via scompare , perché l’impianto filosofico viene sussunto dal linguaggio tecnico-scientifico . Inoltre , è opportuno sottolineare che i greci si sforzarono di fare uscire le cose dal niente , per poi farle "ritornare " . E’ proprio in questo contesto che " si sviluppa la trama di distruttività e produttività della cultura occidentale " . Ma , per risalire all’origine della mistificazione, per cui anche la tecnica da mezzo si è trasformata in fine , conviene evidenziare ancora l’ambiguità del termine "tèchne ", ossia arte , ma anche modo di soddisfare un bisogno . Il problema è che se la soddisfazione dei bisogni è più che legittima , è altresì vero che proprio questa ambiguità ha contribuito a dare origine alla mistificazione e alla mercificazione . Rimuovendo le chiavi di lettura monocausali , occorre però fare un esplicito riferimento alla ragione sociale e al mondo del lavoro . Per quanto concerne l’opposizione tra teoria e prassi , si può affermare che rappresenta quasi una costante nel mondo greco , anche se non si è manifestata sempre nello stesso modo . In realtà , come ha osservato J. P. Vernant , " nell’antica Grecia non si trova una grande funzione umana , infatti , il lavoro copre una pluralità di mestieri differenti , ciascuno dei quali costituisce un tipo particolare di azione, che produce la sua opera propria " . La divisione del lavoro , dunque , è vista esclusivamente in funzione del valore d’uso del prodotto fabbricato . La prevalenza del valore d’uso determina nelle attività tecniche un rapporto personale di dipendenza del produttore rispetto all’utente . Ciò significa che il lavoratore è strumento , mezzo , rispetto all’utente che è fine . Vero è che il lavoro manuale della tecnica e quello intellettuale della scienza , nei presocratici e nei sofisti , erano strettamente congiunti , mentre è con Aristotele che le tecniche meccaniche e i mestieri manuali appaiono come espressione di pura materialità . Per quanto riguarda il mondo medievale , si rileva che la vita economica vincolava lo sforzo produttivo della tecnica alla domanda del consumatore . Nella società moderna , invece , il prodotto assume forme sempre più nuove e stimola il consumo . Ne consegue che nel mondo moderno la tecnica non esercita più il proprio potere sulle forme naturali , ma lo trasferisce nell’ambito della vita sociale . La società industriale, dunque, appiattisce la prassi della tecnica , provocando l’irrazionalità sociale , generando linguaggi stereotipati e plasmando il sistema sub specie pecuniae . D’altronde " il capitalismo rivendica a sé la metastorica produzione -in -generale , conferendole per la prima volta il rango di fenomeno empirico , perché il suo peculiare carattere storico ( quello che più lo separa dai precedenti regimi sociali ) consiste nel ridurre a merce la generica potenza di produrre " ( Paolo Virno ) .Ciò significa che il capitalismo si appropria di un requisito antropologico qual è la potenza di produrre , sicché questo carattere , pur esplicitandosi in guise diverse , rende inamovibile il requisito fondamentale . In altri termini , il capitalismo , rendendo inseparabile la potenza di produrre dal corpo vivente , "prende in cura la vita come sostrato della potenza ". Questo breve excursus , peraltro non esauriente , offre le coordinate per decostruire le tappe salienti che hanno determinato il processo di mercificazione e che via via hanno generato la fabbrica dei saperi . Vero è che l’assetto attuale presenta caratteristiche peculiari . Difatti , il sapere inteso come potere , le infrastrutture che incorporano scienza e tecnologia , la funzionalizzazione della ricerca scientifica inserita nei sistemi di produzione , l’imprenditoria scientifica , sono tutti elementi che denotano la privatizzazione del sapere in tutte le sue forme . Pertanto , preso atto che anche la ricerca scientifica s’inscrive nel globale mercato della conoscenza , giova fare una sorta di identikit dello scienziato post-moderno . Innanzitutto conviene evidenziare che la ricerca , per via della diminuzione dei fondi pubblici , deve necessariamente ricorrere ad agenzie private , a fondazioni , ecc . Inoltre non si può sottovalutare il fatto che il ricercatore si avvale del brevetto , sicché il suo ruolo si riduce a quello di un manager che mercifica la ricerca . Per esplicitare i perversi meccanismi dell’attuale assolutismo ideologico , B. Latour e S .Wooolgar , sociologi della scienza , hanno condotto uno studio " sul campo", in un importante laboratorio biologico americano , esaminando l’attività degli scienziati con metodo simile a quello degli etnologi e antropologi . Da questa puntuale e scrupolosa indagine emerge che gli scienziati e i "fatti" sono artificialmente costruiti tramite gli apparecchi usati e sono il risultato di laboriose e strumentali negoziazioni sociali . Ne consegue che semplici congetture sono assunte come paradigmi attendibili . In realtà i ricercatori e gli scienziati non si pongono il problema della verità , tant’è che passano da una teoria all’altra con estrema disinvoltura . Questi ricercatori , dunque , negando gli orientamenti epistemologici di Kuhn , di Lakatos e di Feyerabend , sembrano ragionare à la Popper , infatti non perseguono il raggiungimento della verità , ma si limitano a dimostrare la falsità di una teoria . D’altro canto ciò non può destare stupore , perché la produzione dell’informazione , intesa come merce , domina anche la sfera della produzione della scienza. . Questi meccanismi spiegano come i più avanzati metodi manageriali e di organizzazione del lavoro vengono applicati per massimizzare la " produttività " della ricerca e per misurare quantitativamente l’efficienza produttiva . In questo contesto si crea non solo una separazione di livelli , di rapporti gerarchici , ma si privilegia anche il grande laboratorio , con la conseguente marginalizzazione dei piccoli laboratori universitari . La ricerca scientifica , dunque , essendo ormai incorporata all’attività produttiva , si traduce in organizzazione industriale della ricerca . A questo punto è bene sottolineare che anche per quel che concerne l’applicazione della scienza emergono le capacità predittive del barbuto di Treviri . Marx , infatti , nei " Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica " afferma :" Quando la grande industria ha già raggiunto un livello più alto e tutte le scienze sono catturate al servizio del capitale …l’invenzione diventa un’attività economica e l’applicazione della scienza alla produzione immediata un criterio determinante e sollecitante per la produzione stessa ".

Ciò detto , occorre aggiungere che la scienza non è mai stata neutrale , perché , sia pure in guise diverse , ha sempre subito condizionamenti e prevaricazioni . A questo proposito è opportuno rievocare l’epoca del bipolarismo , quando le due grandi potenze si contendevano il primato per competenze scientifiche e tecnologiche . Ciò conferma che la questione della neutralità della scienza risulta un problema estremamente complesso e spinoso . Non senza ragione Brecht , analizzando il dramma di Galileo , sostiene che quest’ultimo abiura dal copernicanesimo , per poter continuare ad operare scientificamente .

Pertanto , constatando che il sapere è stato sempre uno strumento del potere , bisogna , come voleva Foucault , individuare i nodi problematici della critica , per demistificare i nessi tra sapere , potere e verità . Da qui la necessità di penetrare " nel gioco difficile tra la verità e l’esercizio della libertà ". Partendo da questi presupposti e considerando che il capitalismo cognitivo accumula conoscenza, avvalendosi del pensiero e del linguaggio , sarebbe opportuno rivisitare i giochi linguistici di Wittgnestein , per prendere coscienza che l’uso di un linguaggio si colloca in una forma di vita . Questa teoria sarebbe proficua , vuoi per comprendere appieno lo status quo, vuoi per creare un linguaggio alternativo , fuori dai paradigmi del General intellect proprietario . Di grande rilievo sarebbe anche una rilettura dell’ "anarchico " Paul Feyerabend . Quest’ultimo , muovendosi in un’area svincolata da tutti i poteri , ha osservato che nell’arte come per la scienza ogni giudizio è relativo, perché ogni cultura ha un suo metro di giudizio . Ne consegue che quando un linguaggio egemonizza tutti i discorsi , si impone il capitale culturale , che ovviamente inficia ogni processo critico e , al tempo stesso , perpetua i paradigmi del lavoro morto .

E’ evidente , dunque , che in un contesto così concepito , parlare significa articolare la legge , perché la lingua è disciplinata , disciplinante e presuppone un’arbitrarietà e un decreto . In realtà , al di là delle resistenze e delle lotte del contropotere , i popoli non hanno mai cessato di parlare la lingua dei loro padroni . La verità è che le menzogne istituite si sono sedimentate a tal punto che credere in un altro mondo possibile pare quasi una confortante alchimia . Pertanto , pur essendo consapevole che la moltitudine postmoderna sta sperimentando nuove forme di resistenza , occorre , rimuovendo un acritico ottimismo, prendere atto che sussiste il pericolo reale di un’involuzione . Purtroppo , la resistenza incontra non poche difficoltà , perché il fondamentalismo culturale si è insinuato nei meandri più riposti delle nostre coscienze . Lucidamente Nietzsche affermava :" Abbiamo posto nelle cose gli scopi e i valori : perciò abbiamo in noi un’enorme quantità di energia latente : ma se operiamo un confronto tra i valori , vediamo che sono state preziose cose opposte , che sono esistite molte tavole di valori , quindi nulla è prezioso in sé ".

E’ evidente , pertanto, che la costruzione di una società altra richiede la demolizione di credenze , di dogmatismi , di falsi feticci , perché , di fatto , il sapere è stato sempre uno strumento del potere , sicché una autentica rivoluzione sociale non può prescindere da una rivoluzione culturale . Ciò detto , è opportuno decostruire criticamente le caratteristiche peculiari del capitalismo cognitivo , dal momento che la ricerca scientifica è incorporata ai processi del lavoro immateriale e ai parametri dell’accumulazione della conoscenza .

Innanzitutto , conviene rimarcare che il post-moderno è il compimento del moderno , anche se il General intellect proprietario della fase odierna rende direttamente capitalistica la produzione di conoscenza codificata . Da qui l’uso miserabile del progresso tecnico, che comporta la legittimazione delle bombe intelligenti , della manipolazione genetica , delle armi termonucleari , delle biotecnologie . Ciò non può destare stupore , perché la fabbrica della conoscenza usa i modelli di attività sociali come materia prima , sicché i luoghi della produzione sono i centri di ricerca , i laboratori , le èquipes scientifiche . Si può , dunque, affermare , marxianamente parlando , che l’accumulazione primitiva del capitale avviene nei laboratori scientifici . Ciò significa che l’attuale rivoluzione scientifica non discende da una visione mitica del potere della scienza , perché microelettronica , ingegneria genetica, informatica , telematica , robotica , sono attività incorporate nel nuovo modo di produzione . Ne consegue che la triade scienza-macchine-mercato , pur essendo ancora valida , presenta caratteristiche peculiari , perché il regime proprietario della conoscenza , con processi dinamici e meccanismi perversi , genera identità , appartenenze , significati .

Il capitalismo contemporaneo , dunque , avvalendosi di modelli pratico-epistemici , attraversa tutta la società , sicché la mente assolve la funzione di forza produttiva . Da qui la necessità della riappropriazione del sapere , in modo tale che diventi un bene pubblico e sociale . Se la moltitudine postmoderna sta cercando di battere percorsi inediti per affermare un General intellect alternativo , è altresì vero che la megamacchina dell’economia e della tecnica ha sussunto non solo la società dentro di sé , ma anche le coscienze degli individui . In altri termini , pur rilevando che la disobbedienza civile e sociale sta prendendo corpo , occorre non cedere ad un eccessivo ottimismo , perché l’individualismo proprietario , le funeste ideologie , un narcisismo esasperato , non sono stati debellati da una autentica rivoluzione culturale . D’ altra parte , il progetto di una società altra si rivela ambizioso , perchè la nostra " democrazia " selvaggia e subdola , cattura e seduce l’individuo in guise diverse , tant’è che anche nell’area pseudorivoluzionaria emerge un nauseante narcisismo . Da qui il dilagare della pubblicazione di libri , di riviste , ecc , che sono funzionali al leaderismo politico di alcuni ciarlatani .

Ciò detto , constatando che intellettuali , scienziati , ricercatori , per vendere i loro prodotti , si valgono anche delle pubblicazioni , è opportuno fare un breve cenno sull’attività editoriale . Innanzitutto conviene evidenziare che l’attività editoriale si è trasformata da forma artigianale in attività industriale . In questo contesto , gli organizzatori della produzione culturale , ossia i manager di case editrici , assolvono la funzione di anelli intermedi fra capitalisti delle edizioni e scrittori . Ciò significa che anche libri e pubblicazioni sono integrati nelle leggi del mercato , sicché l’autore assume il ruolo di prestatore d’opera .

E’ evidente , dunque , che la celebrazione di una gretta e mercificata fattualità diffonde la proletarizzazione dell’anima e incrementa la cultura del successo .

Eppure , è paradossale ed inquietante prendere atto che la nostra società , risultato di un’esperienza catastrofica e tragica , quale il fascismo e il nazismo , abbia evocato dapprima il dio liberatore , per poi sconfiggerlo e per dar luogo ad un’altra equivoca dittatura camuffata da un vuoto formalismo giuridico .

In una società così concepita , l’individuo , disperso nel pantano liquoroso della menzogna , si smarrisce , perde se stesso conformandosi , oppure si ribella , e allora nasce il diverso, il terrorista , il "disobbediente" , il " sovversivo " , il deviante .

I quesiti che si pongono sono : come debellare il mostro ? Come sconfiggere la bestia? Come non cadere nel gioco della riconciliazione dialettica ? Come liberare il sapere dal mercato linguistico ? In realtà dare risposte risulta un ‘impresa piuttosto ardua per chi non si lascia contagiare da un acritico ottimismo , infatti gli interrogativi si fanno emblematici, si fanno dubbi amletici e si traducono in un unico interrogativo : essere o non essere ?

Vero è che le "Cassandre " della storia sono state sempre penalizzate , tant’è che addirittura si è parlato di pessimismo cosmico , ma , purtroppo , ahimè , spesso si sono rivelate chiaroveggenti di nefaste involuzioni .

A questo punto , constatando la complessità della situazione odierna , giova evidenziare che oggi " le rappresentazioni dei mostri sono multiple " . " I mostri dimorano in luoghi diversi . Popolano i sogni della ragione , i musei fantastici e gli slanci d’euforia ; vivono nelle torri dei pazzi , nei laboratori scientifici ; invadono i gabinetti di storia naturale , i freak-show e i film dell’orrore . Sono , nel loro insieme , luoghi reali o immaginari dove l’ordine di appartenenza è disordinato "( Thomas H. Macho ) .

Le suggestive osservazioni fatte mettono in luce che i mostri postmoderni assediano il nostro immaginario collettivo , le nostre coscienze , sicché l’obiettivo prioritario della moltitudine dovrebbe essere quello di debellare tutti i mostri , anche quelli che si camuffano artatamente da liberatori . Pertanto , senza pretendere di fornire formule magiche , come fanno molti ciarlatani politicanti , ritengo che sia di basilare importanza attivare una comunicazione autenticamente alternativa ed eretica , che sia in grado di demolire il monopolio del sapere organizzato .

D’altra parte , il linguaggio non solo è intrinsecamente connesso alla morfologia dell’uomo e della storia , ma è anche un elemento fondamentale di ogni esperienza umana , tant’è che svolge un ruolo deteminante in sede sociale , politica , sociologica e psicologica .

Ne consegue che il rapporto linguaggio-libertà risulta basilare per la costituzione di un General intellect non proprietario . Per perseguire questi obiettivi occorre esondare , coniugare linguaggi creativi e pratiche politiche alternative , negando perentoriamente la grammatica costituita dei saperi e promuovendo la comunicazione intersoggettiva delle coscienze . Da qui la necessità di mondare il linguaggio dai dogmatismi , dalle nefaste ideologie , dalle ortodossie , dalle demagogie , per attivare , invece, un pensiero discorsivo affettivo ed emotivo . A questo proposito Paolo Virno , proponendo un sapere autenticamente eretico e rilevando la rivincita della moltitudine , sottolinea che quest’ultima presenta caratteristiche peculiari . " I molti - sostiene Virno- che caratterizzano le forme di vita contemporanee non hanno nulla di idillico : le caratterizzano tanto nel male quanto nel bene , nel servilismo non meno che nel conflitto . Di un modo di essere si tratta : diverso da quello "popolare ", certo, ma , in sé , non poco ambivalente, essendo provvisto anche di suoi specifici veleni " .

L’esercizio della libertà si rivela , pertanto , pregno di insidie , di involuzioni , sicché il problema della comunicazione di linguaggi alternativi incontra non poche difficoltà .

Non senza ragione il discorso sul linguaggio è stato oggetto di ricerca e di dibattiti culturali . Basti pensare al neopositivismo , ossia al Circolo di Vienna , che ha incentrato l’attenzione sui problemi logico-linguistici –epistemologici . Pur rilevando la validità di alcune teorie del Circolo di Vienna , ritengo che un discorso tuttora proficuo sia quello di Lakatos . Quest’ultimo afferma che la prassi scientifica deve adottare " criteri rispettabili ", in modo tale che i paradigmi scientifici siano accessibili anche al profano . Ciò non è da sottovalutare perché consentirebbe la partecipazione democratica di tutti i cittadini alla ricerca scientifica e , al tempo stesso , sarebbe una garanzia per vagliare gli obiettivi che la scienza persegue . Se la proposta di Lakatos offre le coordinate per un’attenta riflessione sulla prassi scientifica , è altresì vero che per avvalersi di chiavi di lettura più illuminanti è necessario ricorrere a Paul Feyerabend , che con una doviziosa indagine , smaschera i meccanismi perversi dei poteri . P. Feyerabend , da pensatore critico e polemista irriverente, sottolinea il nesso esistente tra società e scienza e ipotizza , nel contempo , una società libera in cui tutte le tradizioni culturali possano avere pieno diritto di cittadinanza . In questa prospettiva , Feyerabend opta per " l’anarchismo politico " , perché consapevole che solo una sfida eretica è in netta antitesi con l’ordine costituito , con lo Stato , con le istituzioni , con le ideologie . E’ evidente , dunque , che l’anarchismo politico così concepito non può essere inteso come anarchismo ingenuo , perchè s’inscrive nei temi dell’Esodo e del potere costituente della moltitudine . Ciò è suffragato dalle osservazioni di Feyerabend, infatti il filosofo sostiene che la rivoluzione scientifica deve partire dal basso , dai cittadini , ovvero da quegli uomini desiderosi di operare trasformazioni radicali . Ma , constatando che la società "relativistica " ipotizzata dal filosofo della scienza ha ingenerato fraintendimenti , giova mettere in luce che il relativismo altro non è che il rispetto di tutte le culture e di tutte le differenze . In altri termini , Feyerabend, quando parla di relativismo, persegue l’obiettivo di liberare la società e l’individuo dalla chiusura di gruppo soggettivistica che altera ogni incontro , facendo perdere di vista il senso autentico del sapere , il valore del dialogo , il riconoscimento con la mia di altre presenze . Non senza ragione , per Feyerabend , Protagora rappresenta un esempio luminoso del relativismo, proprio perché rimuove tutte le forme del soggettivismo. A questo proposito il grande pensatore afferma : " Protagora presta attenzione alla molteplicità di tradizioni e di valori . E’ civile perché non suppone che il minuscolo paese in cui abita si trovi nell’ombelico del mondo e che i propri strani costumi siano criteri validi per l’intera umanità . Inoltre è intelligente in quanto dell’incompletezza delle proposizioni di valore …non conclude alla loro obiettività ".

Il grande merito di Feyerabend è quello di aver evidenziato che la prassi scientifica può operare liberamente solo a condizione che la società sia libera , proprio perché convinto che la crescita del sapere richiede il pieno esercizio della libertà . Da qui la necessità che nella ricerca scientifica si prenda in considerazione " la contronorma " , ossia " ipotesi ad hoc " che siano in contraddizione con le teorie stabilite . Un "metodo controinduttivo ", dunque , ovvero una specie di metodologia pluralistica che sia in grado di mettere a confronto le diverse idee con l’esperienza . Feyerabend tiene a precisare , però, che il suo intento " non è quello di sostituire un insieme di norme generali con un altro insieme di norme , bensì di convincere il lettore del fatto che tutte le metodologie , anche quelle più ovvie , hanno i loro limiti " .

Le motivazioni per cui mi sono dilungata non sono casuali , ma discendono dalla convinzione che per operare un salto di paradigma sia necessario non solo liberare il sapere dai discorsi oggettivati , dalle grammatiche sedimentate , ma occorre anche acquisire gli strumenti adeguati per organizzare nei diversi settori un sapere altro e una scienza antropo-sociale . Ciò richiede la costruzione di un altro mondo , ma questo ambizioso progetto deve rimuovere ambiguità , commistioni con i poteri istituiti , onde evitare che , in nome della libertà , si imponga una tirannia peggiore di quella che si vuole sostituire . In altre parole , contro il monopolio del sapere organizzato , bisogna opporre una scelta autonoma di autentica libertà , che dovrebbe smascherare anche le ortodossie camuffate . E’ necessario , dunque , neutralizzare quelle forze politiche, che con meccanismi subdoli intendono imporre una nuova schiavitù .

Pertanto , " la stella fissa del materialismo " potrà avere pieno diritto di cittadinanza , a condizione che la sfida sia eretica e che si attui una concreta libertà intellettuale . Non senza ragione Antonio Labriola , energico e vigoroso interprete del marxismo in Italia , affermò :"La maggior difficoltà d’intendere e di continuare il materialismo storico non sta nell’intelligenza degli aspetti formati dal marxismo ma nel processo delle cose in cui quelle forme sono immanenti , delle cose che Marx per conto suo seppe ed elaborò e di quelle altre moltissime che tocca a noi di conoscere e di elaborare direttamente ". Nella consapevolezza che le donne hanno via via elaborato un pensiero altro in sede antropologica e sociale , ritengo che la valorizzazione delle pratiche politiche femminili rappresenti un contributo imprescindibile per avviare un nuovo corso . A questo proposito particolarmente illuminante è un articolo , pubblicato sul " Manifesto " da Paola Melchiori . Quest’ultima , paventando la ripetizione del potere patriarcale , esorta il movimento dei movimenti a ridefinire il terreno di lavoro e le pratiche organizzative . Il suddetto articolo , intitolato " Firenze e il femminismo che non c’era " , per via della sua elaborazione concettuale , per l’altissima valenza teorica , per i contributi analitici significativi , meriterebbe di essere divulgato, per ovviare alle derive ed alle palesi ambiguità che purtroppo emergono all’interno del movimento . D’altra parte , se il pensiero deve necessariamente trascendere se stesso nella pratica , è altresì vero che operare senza una tensione critica risulta riduttivo ed opinabile . Difatti , chi non astrae da ciò che è dato , chi non collega i fatti ai fattori che li hanno prodotti, chi non disfà i fatti nella sua mente , in realtà non pensa .

Ciò significa che per costruire una democrazia assoluta e radicale , per rendere operante "la volontà di sapere " di foucaultiana memoria , per tracciare linee di fuga , occorre non solo coniugare il momento dimostrativo con quello elaborativo , ma è necessario anche , come voleva Cechov, "liberarsi dello schiavo che è dentro di noi ".

Wanda Piccinonno