Discorso di apertura per l’incontro "Un Patto con il Territorio" tenutosi il 2 maggio a Sant’Antonio Abate (Na) alla presenza del Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino

di Aurelio Rosario Cavallaro

Buonasera a tutti, mi presento sono Aurelio, un giovane cittadino di questo ridente paesino immerso nell’aria di crisi, e sono qui per espletare le mie considerazioni e i miei dubbi e sulla campagna elettorale e sul futuro dell’Italia e del nostro territorio; chiaramente speranzoso di concrete risposte e d’illuminanti considerazioni da parte del Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino.

Per la campagna elettorale partirei da questa fantomatica destra che si ostina, con inspiegabile orgoglio, ad elevare a suo emblema la plastica figura dell’On. Silvio Berlusconi. Questo ricco mercante d’oriente che cerca di incantare i suoi clienti con un’aggressiva e costosa campagna pubblicitaria. Ed ecco quindi che ognuno di noi è alle prese con questa sfilata di brillanti immagini, fatta di uomini vincenti su tutto e su tutti, fatta di volti truccati che miracolosamente cambiano aspetto, si è operai e imprenditori allo stesso tempo, una campagna fatta di slogan banali e demagogici, chi di noi non sogna meno tasse o più sicurezza per tutti? Per non parlare dell’abuso vero e proprio che questi pseudopolitici fanno continuamente nei confronti della parola libertà, loro che fanno di tutto pur di far tacere le voci avverse, loro gli azzurrini che non hanno la libertà di mostrare il proprio volto sui manifesti elettorali, né la libertà di esprimersi come pensano, si dovranno chiaramente attenere al "Corano" scritto dal loro santone Berlusconi. Ma l’incoerenza poco importa l’essenziale è far credere alla gente di essere in possesso della chiave del paese dei balocchi, si tratta del classico "paccotto": si mostra al malcapitato lo sfavillio del prodotto e poi gli si rifila una sola.

Bisognerebbe far capire ai liberi che l’elettore non va abbagliato ma illuminato, bisognerebbe fargli capire che la politica non chiude le menti ma le apre, bisognerebbe fargli capire che il 13 maggio non c’è una mega-vendita di detersivo da pubblicizzare ma si va a costruire il futuro di quest’Italia in un momento cruciale della storia europea.

In effetti, a pensarci bene la falsità di tutto questo teatrino pubblicitario è negli stessi attori che lo rappresentano: decantano il rilancio del Sud portando sotto braccio un ominide nordico che fino a qualche tempo fa era alle prese con il parlamento e l’esercito padano, parlano di trasparenza dei conti pubblici pur essendo i maestri del falso in bilancio, continuano ad echeggiare più sicurezza e intanto l’Italia intera scopre che per anni il fattore dell’umile villa di Arcore è stato Vittorio Mangano, un boss mafioso con un curriculum spaventoso.

Ma la cosa più triste non è la destra italiana, la cosa più triste è che noi elettori siamo, spesso inconsciamente, sensibilissimi al linguaggio di questo loro progetto di marketing, siamo stati preparati e catechizzati da vent’anni di televisione commerciale, guarda caso gestita dal leader del polo, che oggi, grazie al suo impero economico e televisivo, riesce ad entrare violentemente nella nostra vita quotidiana e ad imporsi, grazie ad immagini brillanti ma vuote, come solo ed unico modello politico. Ora non vorrei né allarmare né estremizzare il mio pensiero ma pensate per un attimo ad un Italia gestita economicamente, politicamente e mediamente da un solo uomo, non so voi ma io come giovane ho il terrore di un neototalitarismo, che se ieri si costruiva sulla ricchezza militare e la violenza fisica oggi si sta cercando di costruire attraverso la ricchezza economica e la violenza psicologica della comunicazione che se non lacera il corpo lacera la mente!

Dall’altra parte c’è questa sinistra, o meglio, questo centro sinistra formato né da santi né da eroi, ma una sinistra di uomini capaci, anche con l’aiuto degli italiani, di far compiere all’Italia piccoli passi verso grandi traguardi: sto pensando innanzitutto all’opera di rattoppamento e di stabilizzazione su quei parametri che ci hanno permesso di entrare in Europa, penso alla riduzione del tasso di disoccupazione e all’attenzione verso l’imprenditoria meridionale e giovanile, all’impegno nel settore ambientale, vorrei solo ricordare l’abbattimento del mostro Fuenti sulla costiera amalfitana, da apprezzare ancora la valorizzazione del nostro patrimonio archeologico e culturale che permette un gran balzo in avanti al turismo. Bisogna riconoscere a questi uomini un forte coraggio nella riforma scolastica e universitaria che sicuramente non sarà il plus delle riforme ma costituisce una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’educazione italiana, un coraggio che si riscontra anche nell’abolizione del servizio di leva e nella valorizzazione di quello civile.

Ma chiaramente trattandosi di uomini e non di santoni i politici dell’Ulivo sono anche inclini all’errore: sto pensando alla mancata risoluzione del conflitto d’interessi che oggi offre all’Europa un’immagine di un’Italia furba e cialtrona, sto pensando alle modalità con cui è stata affrontata la questione Kosovo, al ritardo con cui il governo ha fronteggiato il problema "mucca pazza" e il problema immondizia in Campania, rendendo entrambi i casi delle emergenze, penso alle mancate risposte che i lavoratori pur si attendevano da un governo di centro-sinistra.

Ma l’errore che secondo me più vi penalizza in questa campagna elettorale, soprattutto nei confronti dei giovani, è la scarsa valorizzazione dei luoghi e dei linguaggi della nuova politica, sto parlando dell’associazionismo, del volontariato, dell’intellettualità di sinistra, della musica e perché no dei centri sociali e del popolo di Seattle. Bisognava, secondo me, creare o quantomeno cercare di creare una frequenza di dialogo con le nuove realtà sociali, una frequenza in grado di costruire una coscienza culturale capace di aprire gli occhi e la mente della gente, una frequenza che non può più essere emessa dall’inefficiente struttura del partito. Invece oggi la coalizione dell’Ulivo è costretta, per arrivare ai cittadini, a fare lo stesso gioco pubblicitario del Polo ma con i risultati di chi non ha tre televisioni nazionali e di chi non può permettersi di gettare un patrimonio per una campagna elettorale.

Volendo ora focalizzare il discorso sul nostro territorio balza immediatamente agli occhi la questione federalismo, questo decentramento dei poteri dallo Stato centrale alle Regioni e alle Province, istituzioni a cui andrebbe l’onere di gestire i servizi più vicini al cittadino. Posta così la questione sembrerebbe garantirci un futuro più roseo e la possibilità di usufruire di servizi creati su misura per il cittadino e per il territorio. Ma su tutto ciò cala un preoccupante interrogativo: la nostra Regione, le nostre Province, le nostre amministrazioni comunali sono pronte ad assumersi tali responsabilità? Siamo sicuri dell’esistenza di una classe dirigente attiva in grado di recepire e attuare una simile rivoluzione amministrativa? Capace di formare esecutivi non più in base a futili equilibri politici ma in base al fattore qualità?

Le risposte a queste domande le lascio sicuramente al Presidente Bassolino non prima di aver trattato l’ultimo argomento di questo breve discorso, il problema forse più sentito dai cittadini, e cioè lo sviluppo economico del nostro territorio. Questa è un’area (area vesuviana e agro-nocerino-sarnese), secondo me, potenzialmente ricchissima, ma è un area che stenta ad emergere ed è ancora troppo lontana dagli status di benessere e ricchezza delle regioni del Nord. Da tempo ci è stata offerta una grande possibilità quella di poter contare su fondi nazionali e soprattutto europei, pensiamo ad esempio al prestito d’onore o al contratto d’area; ma manca purtroppo quella svolta, quell’accelerazione che dia ad ogni cittadino la consapevolezza che è in atto un radicale cambiamento in positivo. Le cause di tale mancanza sono sicuramente molteplici io ne voglio citare tre, sperando poi che alla fine il Presidente Bassolino, quale profondo conoscitore del nostro territorio, sappia indicarci quella più gravosa.

Una delle cause storiche del mancato sviluppo della nostra regione è senza dubbio la criminalità organizzata, questa sorta di stato parallelo che spesso impone le sue leggi imprenditoriali attraverso l’usura, l’estorsione, attraverso una fitta rete di società nere. Una criminalità che purtroppo e non di rado opera all’interno delle stesse amministrazioni manovrando appalti pubblici e quant’altro.

Come seconda causa ho inquadrato proprio l’inefficienza di queste strutture amministrative locali, che in taluni casi mancano di affidabilità e soprattutto di qualità. Si mostrano incapaci di realizzare costruttivi progetti per lo sviluppo del territorio e incapaci di sfruttare le possibilità che gli vengono offerte dalla Regione, dallo Stato e dall’Europa, per preparare un terreno fertile alle nuove economie e ai seri imprenditori.

La terza causa sta, secondo il mio parere, nell’imprenditorialità locale, ritengo infatti che nella maggior parte dei casi non in tutti, si tratta di società che non riescono a vedere al di là del proprio naso. Spesso si sostengono su fondi nazionali ed europei senza però riuscire a trarne benefici per il territorio e soprattutto per i lavoratori che dal canto loro, non essendo armati di una salda coscienza dei propri diritti, continuano ad essere sottopagati e costretti al lavoro nero pur di garantire una vita dignitosa alle proprie famiglie; per non parlare poi della condizione della manovalanza extracomunitaria che sfiorano il disumano.

Chiudo qui il mio discorso sperando di essere stato innanzitutto degno rappresentante del mio pensiero e degno della vostra attenzione. Grazie.