Ci fu un tempo in
cui nel linguaggio degli italiani ...
Ci fu un tempo in cui
nel linguaggio degli italiani ricorrevano spesso due
frasi: «addavenì», e sottinteso, «er Baffone»,
individuabile in Josif Jugasvili più noto come Stalin, o
«addaturnà», e lo vidi scritto in un portacenere, col
nodo sabaudo, nel salotto di una signora che rimpiangeva
la monarchia. Adesso anche il Parlamento non si oppone.
Una volta gli italiani andavano allassalto, e
spesso morivano, gridando «Avanti Savoia». Ora si
adeguano al clima e ai tempi e dicono: «Se vogliono,
indietro». |
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REPUBBLICA Il reperto ha più di un
milione e 750 mila anni ROMA - Cervello piccolo e canini
grandi: sono questi gli arcaici attributi che, secondo un
eccezionale ritrovamento, sponsorizzato dalla National
Geographic Society e annunciato oggi su
"Science", caratterizzavano i primi ominidi
usciti dall'Africa per avventurarsi in Asia e in Europa.
Il loro identikit è stato ricomposto grazie ad un cranio
di un milione 750 mila anni fa dissepolto a Dmanisi, in
Georgia, in un sito archeologico che si sta rivelando
cruciale per la ricostruzione dell'albero genealogico
dell'umanità. E' stato a Dmanisi che, tre anni fa, sono
tornati alla luce due teschi che hanno costretto gli
studiosi a retrodatare la comparsa dei primi eurasiatici
a un milione 800 mila anni fa, cioè ottocentomila anni
prima di quanto si credeva. |
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Ministro per l'Attuazione del
programma di governo Giuseppe Pisanu Ministero nuovo per Giuseppe
Pisanu, designato responsabile dell'Attuazione del
programma di governo. A lui, ha spiegato Berlusconi,
toccherà il compito di "controllare ogni 15 giorni
l'operato dei ministri". Nato a Ittiri (Sassari) il
2 gennaio 1937, sposato, tre figli, laureato in scienze
agrarie, Pisanu è stato un dirigente della Democrazia
cristiana e capo della segretaria politica della Dc dal
1975 al 1980, con Benigno Zaccagnini segretario. |
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Con ogni mezzo
ROSSANA ROSSANDA SINDACATO - DA IL MANIFESTO.
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Non può stare
LUIGI PINTOR IL MANIFESTO
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Arriva nelle sale italiane
"Scandalosi vecchi tempi" un collage di cortometraggi pornografici d'epoca Tra erotismo e nostalgia i film porno anni Venti di CLAUDIA MORGOGLIONE ROMA -
All'epoca, nei ruggenti anni Venti del '900, erano più
che film vietati ai minori. Super-proibiti, clandestini,
peccaminosi, questi cortometraggi porno venivano
proiettati solo nelle sale d'aspetto dei bordelli
francesi, per intrattenere clienti facoltosi e in cerca
d'emozioni. Con un repertorio di situazioni
"classiche" del genere: in convento, in una
sartoria, a scuola, in una locanda di passaggio. E così
via. |
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Il ministro degli Interni
lascia l'incarico travolto dalla bufera Biagi Lettere a Berlusconi e Ciampi e nuove scuse alla famiglia Scajola si è dimesso "Doveroso atto di servizio" Confermato il dibattito alla Camera. Il premier parla alle 18,30 da repubblica ROMA - "Un doveroso atto
di servizio". A poche ore dal dibattito in
Parlamento che lo avrebbe visto sul banco degli imputati,
il ministro degli Interni Claudio Scajola usa queste
parole per dimettersi e lasciare il suo incarico,
travolto dalla bufera suscitata dalle sue dichiarazioni
sul caso Biagi. Lascia scrivendo una lettera al
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al
presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nel
testo dattiloscritto Scajola rinnova le sue scuse alla
famiglia di Marco Biagi per aver "contribuito a
rinnovare il loro dolore". "Con questo gesto
sereno intendo compiere un doveroso atto di servizio
verso le istituzioni democratiche", scrive il
ministro per proseguire: "Ai familiari del professor
Biagi rinnovo il profondo e sentito rammarico per aver
contribuito involontariamente a rinnovare il loro
dolore". Al Viminale, Claudio Scajola,
ex-democristiano imperiese, è rimasto 387 giorni non
proprio facili: dal G8 al caso Biagi. |
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(3 luglio 2002) La lettera ROMA - Questo il testo della
lettera di dimissioni che Claudio Scajola, ha inviato al
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: |
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INTERVISTA A
BRUNO TRENTIN 29.06.2002 "Ignominie contro il sindacato più colpito dal terrorismo" ROMA «Cè qualcosa di torbido...». Bruno Trentin non nasconde il suo turbamento per limprovvisa fiammata speculativa attorno alla tragedia del prof. Marco Biagi. È lui stesso, prima di affrontare il tema del programma dei Ds a cui sta lavorando con Alfredo Reichlin e Giorgio Ruffolo, ad esprimere i dubbi su un caso con così tanti elementi oscuri. Cosa la sconvolge di più? «La successione dei tempi è più strumentale delle stesse polemiche cominciate con le accuse davvero ignobili del ministro Maroni a Sergio Cofferati». Crede che la coincidenza non sia fortuita? «È indubbiamente intrigante, e merita di essere adeguatamente indagata. Mi domando se Maroni abbia lanciato loffensiva, da Giovanardi giustificata in Parlamento e da Scajola addirittura aggravata senza nulla sapere. Il governo chiarisca questa e tutte le altre responsabilità che chiamano in causa la gestione della cosa pubblica e la conduzione della polemica polemica. Sono, in tutta evidenza, nodi che investono la stessa vita democratica». Lei che è stato segretario generale della Cgil come vive questa recrudescenza polemica sul terrorismo? «Sento lignominia dellinsinuazione lanciata sullorganizzazione sindacale che ha pagato il prezzo più pesante, persino con la vita di Guido Rossa, nella lotta contro il terrorismo. Senza la Cgil non saremmo riusciti a sconfiggere il terrorismo delle Brigate rosse degli anni Settanta e non si riuscirà a sconfiggere neanche questo nemico ancora più subdolo. Per questo alla solidarietà, senza condizioni, a Sergio Cofferati e alla Cgil deve accompagnarsi alta e forte la denuncia dellobbiettivo di dividere il movimento democratico». Siamo in tema. La lacerazione di pochi giorni fa in Direzione, sullordine del giorno della minoranza in merito allarticolo 18 dello Statuto dei lavoratori, non si è riprodotta laltro giorno in Direzione quando lei ha presentato i primi documenti, sul lavoro e sul welfare, per la Conferenza programmatica dautunno. Ma si può dire che la divaricazione sia superata? «Io mi auguro che una discussione positiva sui contenuti progettuali possa favorire il definitivo superamento di queste lacerazioni. Non è che non abbiamo discusso dellarticolo 18. Abbiamo cercato di evidenziare alcune scelte impegnative, e ritengo innovative, al di là della contingenza politica...». Non è che si è volato un po troppo alto? «Guardi che, semmai, la preoccupazione è di non ricadere nella tentazione antica della sinistra di anteporre i problemi di schieramento a quelli di contenuto. Già abbiamo scontato che un lavoro progettuale serio, come quello condotto da Giorgio Ruffolo, sia finito nei cassetti proprio per la difficoltà ad affrontare un confronto senza pregiudiziali che, appunto, prescindesse dalla contingenza. Se abbiamo tentato di volare alto, allora, è perché vogliamo riportare la dialettica che cè nel partito ad esprimersi liberamente. Non è che sia stato tutto pacifico. Anzi, ci poniamo adesso il problema di come evidenziare le diverse opzioni». Davvero, e quali sarebbero? «Con i documenti abbiamo posto la questione se sia giusto ripartire da una nuova generazione di diritti per fronteggiare le trasformazioni in atto e legittimare lalternativa di uno sviluppo economico di qualità fondato sul governo del mercato del lavoro, delle condizioni della competitività, della centralità delle riforme sulla formazione permanente, di più equi ammortizzatori sociali. Non come mera riproduzione di vecchi diritti ma come diritti che valgono ancor più per il futuro». Contrastata da quale posizione? «Quella che considera i diritti come un tema difensivo, rivendicativo, mentre il vero problema sarebbe di definire una politica di sviluppo confacente ai bisogni di oggi, senza privilegiare linterlocuzione con il mondo del lavoro». Ma qual è la linea di maggioranza e quale quella di minoranza? «Vede, come è difficile ritrovare riferimenti schematici agli schieramenti congressuali?». Significa che alla conferenza programmatica si possono rimescolare gli schieramenti? «Ritengo possa essere una opportunità. Non si parte più - mi sia permessa questa personalissima critica al percorso congressuale - dalla fiducia a una candidatura alla segreteria da parte di schieramenti che poi cercano gli elementi programmatici distintivi per giustificarla, ma da una discussione senza pregiudiziali che proprio non rispecchiando gli schemi di corrente può consentire convergenze orizzontali. Per arrivare a una nuova e più efficace sintesi politica riformatrice». I contenuti, allora. Come si caratterizza questa nuova generazione dei diritti rispetto ai vecchi tanto discussi? «È una nuova generazione di diritti quella che punta ad affermare una uguaglianza di opportunità nellaccesso al lavoro e alla vita sociale, superando le barriere e le discriminazioni che caratterizzano lo stato sociale così comè oggi. Prendiamo proprio lesempio dellarticolo 18: più il lavoro diventa precario e flessibile più ha bisogno di tutele. È tanto più vero per chi ha un contratto per 3 o 6 mesi: già paga questo prezzo allinsicurezza per restare in balia dellinsicurezza quotidiana. In certi casi, anzi, diventa un diritto reciproco, ovvero per i lavoratori e per le stesse imprese...». È un paradosso? «Niente affatto. Pensi alle prestazioni temporalmente limitate ma molto personalizzate e altamente professionalizzate: ha o no limprenditore che deve realizzare un progetto in 3 o 6 mesi il diritto a non vedersi piantato in asso dopo qualche giorno solo perché laltro soggetto del contratto ha trovato una occasione di lavoro più redditizia o gratificante?». Crede davvero che possa bastare a chi invoca la flessibilità e la competitività? «Nel momento in cui a tutte le forme di lavoro oggi esistenti si chiede non più lesecuzione cieca, propria del passato sistema fordista, ma responsabilità, attenzione, coinvolgimento, diventa un diritto fondamentale poter intervenire sullorganizzazione del lavoro, sui processi di ristrutturazione, sullo stesso governo del tempo sia di lavoro sia di vita. Se si vuole concretamente affrontare questioni come quella della flessibilità, allora diventa un diritto comune quello alla formazione durante lintero arco della vita, così come quello a nuove occasioni di impiego in una vita sempre più interrotta da soluzioni di continuità. Ecco, stiamo parlando di una generazione di diritti e di un welfare che sfociano naturalmente in una strategia di sviluppo essenziale per la stessa qualità delleconomia e della società». Cè, però, un problema: le riforme, si sa, costano. Come e dove reperire le risorse necessarie? «Diciamolo apertamente: una riforma del welfare che non sia il mero abbattimento dello stato sociale perseguito dal centrodestra comporta un duro scontro con legemonia del pensiero unico liberista che fa dipendere tutto dallabbattimento indiscriminato dellimposizione fiscale». Non è molto popolare dire che non si debbono diminuire le tasse... «È popolare cancellare una scelta come quella dellIrap che coinvolge limpresa ma riduce il costo del lavoro per poi colpire indiscriminatamente, che so, laccesso ai servizi sanitari? È vero, ci sono incongruenze e diseguaglianze nel prelievo fiscale, e si deve procedere a una redistribuzione nelluso delle risorse non soltanto in modo più vicino ai ceti popolari ma anche alle esigenze di sviluppo delle imprese e del paese. Altra cosa però è la demagogia che mette in discussione il modello sociale europeo. In questo cè una coerenza occulta del centrodestra. E, purtroppo, cè un ritardo del centro sinistra. Il loro slogan è: meno tasse e meno stato sociale. Noi non abbiamo detto meno stato sociale, ma ci siamo lasciati ipnotizzare che meno tasse fosse la soluzione. Quando persino il governo inglese, per finanziare la riforma del sistema sanitario, deve aumentarle le tasse, in certi settori più di quanto non siano state abbassate...». Ma come un nuovo modello di welfare può mettere a nudo la mistificazione? «Prendiamo la questione più scabrosa: la previdenza. È evidente che un problema di sopravvivenza del sistema universale si pone quando laspettativa di vita è di 80 anni e nel 2004 la classe di età tra i 55 e 65 anni supererà in numero la classe 15-25 anni. Il centrodestra ha propagandato laumento a un milione delle pensioni minime, che però sconta labbattimento delle pensioni per chi sta sopra il milione. Insomma, una soglia minima e, per il resto, ognuno si arrangi, chi può con i fondi integrativi e chi non può si salvi come crede. Lalternativa, la nostra alternativa, non può che difendere il diritto universale alla pensione dando risposte di riforma al problema enorme dellinvecchiamento attivo e volontario nel proseguimento del rapporto del lavoro, scongiurando lesclusione di intere generazioni dallattività sociale». Anche a costo di rimettere in discussione le vecchie certezze? «So bene che si deve scontare una
battaglia politica, anche tra le nostre forze. Ma abbiamo
dei discrimini di grande portata sociale, etica e
politica da far valere con i contenuti di un vero
riformismo». |
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Un giorno
nella vita della Repubblica di Furio Colombo In un giorno neanche tanto lontano
(diciamo fra alcuni anni) qualcuno racconterà la storia
del conflitto di interessi di Berlusconi. Apparirà come
una delle pagine più brutte di una pur tormentata storia
italiana. La parte triste e umiliante di quella storia
non sarà la protervia di chi vuol far valere ad ogni
costo i propri interessi e le proprie convenienze, di chi
è deciso a piegare leggi e istituzioni pur di ottenere
insieme tutto il potere del governo e tutto il controllo
della vasta porzione di privato che possiede. |
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Come ai tempi
dei servizi deviati di Nicola Tranfaglia Non cè vicenda critica o
drammatica della storia dellItalia repubblicana
nella quale di fronte a un contrasto politico su cui si
concentra l'attenzione dei media e, di conseguenza,
dellopinione pubblica, non si usino, da parte di
chi ha il potere, dei servizi segreti puntualmente poi
definiti «deviati», dossier e rivelazioni in grado di
indicare possibili colpevoli e di suggerire ai
telespettatori e ai lettori la spiegazione del dramma. È
successo così, per fermarsi a un caso traumatico di
oltre ventanni fa, per il rapimento e
lassassino di Aldo Moro dove per giorni e giorni si
è parlato di testimonianze poi non risultate attendibili
e di lettere dello statista diverse da quelle recepite
dalla magistratura e puntualmente si verifica ogni volta
che siamo di fronte a un episodio della lotta politica o
sindacale che divide il paese e le differenti forze
politiche. È come se una parte della classe politica al
potere non tollerasse il dissenso, soprattutto se
espressione non di una sola persona ma di grandi masse
popolari e, di fronte a unopinione pubblica divisa
e magari incerta sulla posizione da prendere,
intervenisse con una regia accorta quanto oscura per far
pendere la bilancia dalla parte che le sta a cuore. La
vicenda tragica dell'economista Marco Biagi, ucciso da
terroristi di cui ancora oggi non sappiamo molto dalle
indagini di polizia, è, in questo senso, esemplare e
ripercorre scenari che purtroppo si sono più volte
ripetuti nella nostra storia recente. Al centro dello
scenario torbido che caratterizza tutta la storia
cè un governo che non ha ancora fornito nessuna
spiegazione su un elemento che si è rilevato decisivo
nella dinamica dellassassinio: cè un uomo
che si sente in pericolo per le telefonate minatorie che
ormai da mesi riceve e, malgrado limportanza del
suo lavoro e le lettere che invia al presidente della
Camera, al ministro del Lavoro, al sottosegretario, al
prefetto di Bologna, non riceve nessun aiuto e nessuna
risposta seguita dai fatti. Qui sorge un primo
interrogativo a cui né il governo né gli altri
interlocutori hanno mai risposto: perché a Biagi non è
stata data la scorta? Perché si è sottovalutato il
pericolo o perché si voleva creare la vittima? È una
domanda terribile e crudele a cui gli italiani vorrebbero
che fosse data una risposta ed è vergognoso - come ha
detto Sergio Cofferati - che di fronte a questo elemento
di fondo si continui a non rispondere, addirittura a
ignorarlo completamente come se il comportamento
dellesecutivo non fosse carico di pesanti
responsabilità e non meritasse di essere condannato dal
parlamento e dalla pubblica opinione. Il secondo
interrogativo riguarda la regia della fuga di notizie che
in questoccasione, come più volte in passato,
caratterizza linchiesta giudiziaria. La procura
della repubblica di Bologna che sta compiendo le indagini
sullassassinio, qualche ora dopo la diffusione
delle notizie arrivate dalla rivista bolognese «Zero in
condotta» e riprese con grande larghezza e
amplificazione dal quotidiano «la Repubblica», ha
dichiarato che le lettere di Biagi di cui dispone sono
tre e ha affermato che «agli atti non ci sono lettere di
Marco Biagi che parlano di Cofferati». Vedremo in
seguito se le indagini successive accerteranno
l'autenticità delle lettere pubblicate ma non cè
dubbio sul fatto che qualcuno abbia scelto il momento
politicamente adatto per la pubblicazione piombata come
un macigno nella tragica vicenda di Biagi. Ed è agevole
rendersi conto, pur senza conoscere ancora i retroscena
della storia, che chi lo ha fatto ha voluto intervenire
pesantemente nellaspro confronto politico e
sindacale che oggi divide il governo
dallopposizione, isolare ancor di più la CGIL e
Cofferati, far pendere la bilancia a favore del governo e
di chi lo sostiene. In questo senso, se cè un
momento in cui appare vitale e necessario non soltanto
per tutta la sinistra ma anche per tutti quelli che
rifiutano la logica dei dossier e della calunnia,
sostenere le ragioni di chi non è daccordo con
lattuale maggioranza di centro destra e lotta
contro lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e
dello Stato sociale, il momento è proprio questo. Per
portare a termine la vergognosa operazione contro la
maggioranza dei lavoratori, si cerca di isolare, con la
forza delle istituzioni e dei media a propria
disposizione, il sindacato che ha il maggior numero di
iscritti e il maggior consenso sociale nel paese, che il
23 marzo scorso a Roma ha portato tre milioni di italiani
a manifestare per la difesa dei diritti, che ha sempre
lottato apertamente contro il terrorismo di ogni colore e
ha pagato con la vita di Guido Rossa e di tanti altri
(basta pensare a tutti i sindacalisti uccisi dalla mafia
nella Sicilia del dopoguerra). Il rischio è grave, così
grave da costringere persino alcuni esponenti del governo
Berlusconi ad accennare timidamente a far marcia
indietro. Si è trattato, daltra parte, di un
crescendo di intimidazioni e di minacce negli ultimi
giorni: contro chi dissente da alcuni mesi nelle strade e
nelle piazze definendoli cattivi maestri o vicini ai
terroristi, contro questo giornale per la sua campagna
che chiedeva al governo chiarezza e senso di
responsabilità istituzionale, contro il più grande
sindacato dei lavoratori per non aver accettato di
trattare sullarticolo 18 (ma non lo avevano deciso
tutti insieme i tre sindacati qualche mese fa?), in
particolare contro il suo leader Sergio Cofferati che ha
fatto il miracolo di spiegare con calma e civiltà
perché non accetta un piano del lavoro e della
previdenza che punta a indebolire il movimento sindacale
e a farne unentità corporativa e parastatale.
Altro che prove di regime! Qui siamo al tentativo di far
tacere il dissenso, soprattutto da parte delle masse
popolari, a costo di qualsiasi strappo, utilizzando una
vicenda tragica come quella di Biagi, cercando, invece
dei veri colpevoli, qualcuno da additare a chi sa poco o
nulla di quello che è successo. Opporsi con metodi
democratici e trasparenti diventa una colpa invece di
essere il diritto di ogni cittadino di questo paese. È
un altro strappo, assai doloroso, alle libertà di cui
dovremmo poter disporre pienamente nella democrazia
repubblicana. |
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Fassino: "E' una provocazione. Chi ha inserito il nome di Cofferati nelle lettere?" di red. «Vogliamo sapere chi ha inserito il
nome di Cofferati in quelle lettere, essendo ormai chiaro
che si è trattato di una provocazione». Piero Fassino,
a margine della Conferenza nazionale sull'auto
organizzata dalla Quercia a Torino, chiede chiarezza
sulla vicenda delle e-mail inviate da Marco Biagi. Per il
segretario Ds, «si impone assolutamente un chiarimento
da parte del governo che deve venire in Parlamento a
riferire su una vicenda che assume connotati sempre più
inquietanti e torbidi». «Ci sono molti interrogativi -
ha aggiunto Fassino - che richiedono una risposta: chi ha
messo in circolazione queste lettere di Biagi? Le lettere
sono vere o no? Sono state alterate? Chi le ha ricevute
ha fatto tutto quello che era necessario per segnalare l'
angoscia in cui Biagi viveva e i rischi che correva? E,
soprattutto, come mai le autorità che ne avevano la
responsabilità non presero alcuna misura per difendere
Biagi e mettere in sicurezza lui e la sua famiglia? In
quelle lettere c'era l'angoscia di un uomo che si sente
braccato, intimidito e impaurito». Ma c'è un' altra
cosa che sta a cuore a Fassino: «Bisogna abbandonare
definitivamente qualsiasi tentativo di accreditare
contiguità e connessione tra lotte sindacali e
terrorismo. Non c'è assolutamente, basta conoscere la
storia democratica di questo paese. Il sindacato ha fatto
tutta la sua parte sempre, basterebbe ricordare il ruolo
che ebbe Luciano Lama. Manifesto la solidarietà mia
personale e dei Ds a Cofferati e al movimento sindacale
che sono oggetto dell' attacco». |
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Vittorio Sgarbi
licenziato da sottosegretario ai Beni
culturali. La causa: la legge sui monumenti in vendita e
i contrasti con il ministro Urbani. Intervista al critico
darte: la perdita del posto è un onore.
Lascio Forza Italia. Lopposizione: un
segnale pessimo' ROMA - Ora è un re senza corona e senza scorta. Vittorio Sgarbi è stato licenziato dal consiglio dei ministri che, Silvio Berlusconi in testa, gli ha revocato lincarico da sottosegretario ai beni e alle attività culturali. È caduto il 20 di giugno, vigilia del dellinizio ufficiale dellestate, giorno in cui la chiesa cattolica celebra il martirio di Ettore, nome che evoca anche un eroe perdente, caduto nella difesa di Troia. Ed anche Sgarbi è oggi un "eroe" perdente: si trova ad essere difeso dallopposizione, con cui si è scontrato per quasi un anno, e abbandonato da quella maggioranza che lo aveva quasi elevato al soglio ministeriale. Sottosegretario, anche se lui si sentiva il ministro, anzi era convinto dessere il vero ministro del patrimonio artistico e forse per questo pronto a gettarsi in audaci pugne con Giuliano Urbani, il vero titolare del dicastero. È da questo scontro che è nato il suo licenziamento, deciso a tavolino, a freddo, prima della riunione del consiglio dei ministri, tanto che Urbani non si è volutamente presentato a Palazzo Chigi a fianco, i link alle reazioni e alle precedenti notizie sul provvedimento). Sgarbi licenziato dunque, lascia le stanze di via del Collegio Romano per tornare nella sua bella casa. Alle inaugurazioni di mostre e musei non rappresenterà più il ministero, lo Stato. Sarà soltanto lonorevole Vittorio Sgarbi, deputato di Forza Italia. Ma chissà se resterà ancora lungo nella casa degli azzurri. Lo racconta lui stesso, mentre rientra da Perugia a Roma, dove ha partecipato allinaugurazione dellampliamento della galleria nazionale dellUmbria, sicuramente lultimo impegno da sottosegretario, e nella conferenza stampa che ha tenuto al ministero. È aggressivo, battagliero ma non ha ancora una linea chiarissima: "Cosa farò adesso? Farò quello che ho sempre fatto. Continuo a rappresentare il mio pensiero. Aver perso il posto per avere fatto quelle dichiarazioni sulla necessità di definire in modo chiaro quali sono i beni inalienabili dello Stato mi rende onore e, credo, che mi porterà consensi". Ma allinterno di Forza Italia o in un altro partito? È inevitabile, lascerò Forza Italia e tornerò nel gruppo misto, dove sono stato prima di questa esperienza. A sinistra non vado, ma mi distacco dalla destra, mi costringono a determinare una 'enclave' di autonomia di pensiero. Su questo immagino un movimento per la difesa della cultura e dell'ambiente, anche in vista delle elezioni europee, in quanto esiste una sensibilità che non è né di destra né di sinistra e sulla quale non ci dovrebbe essere lotta politica. E poi il danno che posso fare fuori è ben più grande. Potrò dire quello che penso e quello che so. Saprò bene cose che potrò raccontare di Urbani ... Per esempio sull'Alta velocità a Modena. Lei intanto continua a parlare di Ciampi La cosa che più mi lusinga infatti è la dichiarazione del presidente della Repubblica che rispecchia pienamente la mia posizione. Hanno sfiduciato me ma il conflitto rimane. Ora Berlusconi dovrà rispondere a Ciampi: se darà ragione al presidente sconfesserà Urbani e viceversa. È evidente che lo scontro non è tra me e Urbani ma tra Urbani e Ciampi. Questo fatto non lo vivo come una questione personale. Ma è evidente che tutto il paese è contro il ministro. Ma è sicuro che non è una questione personale? Non cè un fatto personale. Io ho evidenziato un problema strutturale di visione del mondo e non intendo recedere da questa posizione. In un regime di liberismo è necessario porre dei capisaldi che stabiliscano quali beni sono inalienabili e quali no. C' è una parte del nostro patrimonio che non può essere venduta per ragioni simboliche o perché sede di qualche ufficio. Ma lunica loro ragione è la 'buona creanza istituzionale', dicono che Sgarbi è stato troppo duro, violento. Di sicuro non ho avuto uno sviluppo ritardato come il direttore delle Arti visive della Biennale Bonami o come Tremonti, lo si capisce dalla loro faccia. Sì, è vero, ho un carattere terribile, ma non ho i problemi che hanno avuto loro per un certo tipo di sviluppo e il mio stile di vita mi consente delle libertà che altri non hanno. In verità se è questa la questione, è marginale. Il problema in realtà è politico, non solo perché hanno scelto una linea sbagliata. Determinano spaesamento, a cominciar da me stesso: non posso andare a sinistra, ma non posso riconoscermi neanche nella destra. Quanto a Urbani Apparentemente è gentile, misurato. Tuttavia sono più le scorrettezze che io ho subito da lui che quelle che gli ho fatto, questo nel metodo. E altrettanto si può dire dei suoi atti, alcuni dei quali sono stati irruenti' . Ma non le sembra di aver provocato questa situazione? Ieri notte dicono che non si è presentato in orario a una riunione della commissione dei lavori pubblici per questioni di cuore, riunione che si sarebbe conclusa con un "inciucio" con la sinistra, un emendamento congiunto che poi Berlusconi ha bloccato. Cosa è accaduto? No, le cose non stanno così. Io non ho fatto alcun "inciucio" con lUlivo. Prima ho scherzato e ho detto che potevo andare da una ragazza e invece mi sono presentato in commissione alle tre per spiegare le cose. Non possiamo fare come Moretti che dice a DAlema: dì qualcosa di sinistra. Non possiamo regalare alla sinistra la frase "non si possono vendere gli Uffizi". Nella notte cè stato un accordo per presentare un emendamento unico firmato da centro destra e centro sinistra sullinalienabilità del patrimonio artistico, emendamento che ricalcava quello da me già presentato insieme a Vizzini. Era un accordo chiaro, alla luce del sole. Nessun "inciucio". Era una vittoria anche per il centro destra perché il centro sinistra avrebbe ritirato i mille emendamenti presentati in aula. Ma alla 8.30 Berlusconi ha detto di no, ha bloccato tutto. Ho detto ai parlamentari del centro destra che fanno diventare una battaglia della sinistra anche la cultura che può essere un valore tranquillamente e largamente condiviso. Il mio pensiero è quello di Fisichella, di Vizzini Lei era convinto di avere lappoggio di Berlusconi. Non cè stato È vero, questo è evidente . E a questo punto non si sente isolato A questo punto è isolato il governo. E poi isolato da chi? Dalla maggioranza di cui lei fa parte Questo mi è assolutamente incomprensibile. Lisolamento da me è lisolamento della maggioranza da Ciampi. La posizione del presidente della repubblica è chiara . Dal 21 giugno lei dovrà lasciare gli uffici di via del Collegio Romano. Se ne andranno anche Elkann, gli altri suoi collaboratori? Hanno dei contratti firmati e sottoscritti dal ministro. Io me ne vado. Loro restano . (Paolo Vagheggi) |
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Un'imbarcazione del Nord invade le
acque del Sud e spara A rischio la politica di riconciliazione fra i due governi Scontro navale fra le due Coree quattro morti e diciotto feriti Seul: "Provocazione studiata per rovinarci la festa del calcio" SEUL - Quattro marinai
sudcoreani sono morti e altri 18 sono stati feriti in uno
scontro a fuoco fra un'unità navale della Corea del Sud
e una dela Corea nel Nord nel Mar Giallo. Il governo di
Seul ha accusato la nave del Nord di aver sconfinato e
aperto il fuoco contro la sua imbarcazione: quello di
Pyongyang ha risposto dicendo che la responsabilità
dello scontro è dei marinai del Sud, e che la sua
imbarcazione è stata costretta a sparare per autodifesa.
L'incidente mette a grave rischio la politica di
riconciliazione fra le due Coree fortemente voluta dal
presidente sudcoreano Kim Dae-Jung, che per il suo
impegno in questo senso è stato premiato con il Nobel
per la pace. |
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Il giorno dell'orgoglio omosessuale
celebrato con cortei in molte città. Nella capitale francese c'era anche il sindaco Da Roma a Parigi a New York tante sfilate per il Gay Pride ROMA - Hanno sfilato
nelle maggiori capitali del mondo, Roma compresa, per
rivendicare i loro diritti e per celebrare l'orgoglio
omosessuale: oggi è stato il giorno del Gay Pride. Una
serie di manifestazioni diverse soprattutto per il numero
di partecipanti: si va dai 500 mila di Parigi alle poche
centinaia di Zagabria, in Croazia, dove il corteo è
stato organizzato per la prima volta.
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Il vicepresidente del Senato Calderoli
dopo i casi di stupro a Milano: "Un colpo di forbice
non necessariamente sterilizzata" Proposta choc della Lega "Castrare gli stupratori" "I delinquenti sono quasi tutti extracomunitari E' ora di finirla con il buonismo ipocrita" MILANO - Castrare gli
stupratori. La proposta viene dal vicepresidente del
Senato e coordinatore delle segreterie nazionali della
Lega Nord, Roberto Calderoli, dopo gli episodi di
violenza sessuale avvenuti a Milano nei giorni scorsi.
"In una sola settimana a Milano sono state stuprate
quattro donne e, guarda caso, i delinquenti sono tutti
d'origine extracomunitaria", dice Calderoli in una
nota. "Si tratta di una situazione intollerabile.
Per prevenire simili vergognosi reati serve una sola
soluzione: la castrazione fisica di quei delinquenti. Un
tempo si parlava di castrazione chimica, ma personalmente
sono propenso a metodi più semplici: un colpo di
forbice, non necessariamente sterilizzata". |
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Il leader della Cgil: "Chi diceva
a Biagi che lo minacciavo? E perché lo faceva?" Cofferati: "Sono indignato perché i pm non mi interrogano?" di MASSIMO GIANNINI ROMA - Cofferati, le lettere di Biagi per la prima volta la chiamano in causa come "l'avversario che lo criminalizza", o addirittura che "lo minaccia".
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