Il potere che gli altri esercitano
sulle nostre capacità di esprimere giudizi autonomi e di
affermare noi stessi non deve essere sottovalutato.
Riportiamo un vecchio ma illuminante esperimento di S. E.
Asch sull'influenza del giudizio degli altri sulla nostra
capacità di esprimere il dissenso senza provare disagio
emotivo. Un gruppo di 9 studenti di college viene portato
in una stanza e viene loro detto che dovranno confrontare
la lunghezza di una linea campione con un gruppo di tre
linee di diversa lunghezza e indicare quale delle tre ha
la stessa lunghezza della linea campione. L'esperimento
viene presentato come un compito di percezione. La prova viene ripetuta12 volte con linee diverse, diversamente posizionate, con lunghezze diverse e presentate su cartoncini standard. L'esperimento ha una curiosa caratteristica: 8 degli studenti sono d'accordo con lo sperimentatore per dare la risposta giusta (5 volte) o sbagliata (7 volte) tutti insieme e a prove alterne (alle prime 2 prove rispondevano correttamente); uno solo di essi non conosce l'accordo ed è la cavia dell'esperimento e deve esprimere il suo parere per ultimo. Le cavie diedero segni emotivi di grande disagio nel constatare che il loro giudizio era diverso da quello espresso da tutti gli altri: perplessità, stupore, agitazione motoria, osservazione delle linee da diverse angolature girando la testa, ricerca di conferme dal vicino di banco con viso preoccupato, sommesse risatine, alzarsi e avvicinarsi ai cartoncini per vederli meglio ecc. Terminata la somministrazione delle 12 prove veniva fatta una discussione di gruppo (5 minuti) e tutti erano invitati ad esprimere il loro giudizio sui disaccordi. Quando la cavia interveniva gli venivano fatte le seguenti domande in ordine crescente: "Chi crede che abbia ragione?", "Vuol dire che l'intero gruppo ha sbagliato e che lei solo è nel giusto?", "Si fida proprio tanto del suo giudizio?", "Se dalla sua risposta dipendesse qualcosa di veramente importante, se questa fosse una questione con delle reali conseguenze, come agirebbe?", "Che cosa penserebbe di tutto questo se fosse fuori dal gioco?". Terminata la discussione di gruppo la cavia veniva intervistata individualmente dallo sperimentatore che lo informava della reale natura dell'esperimento e del suo ruolo di cavia. Le cavie furono 31 e complessivamente risposero in modo sbagliato per uniformarsi all'opinione del gruppo nel 33% dei casi. Vi furono differenze individuali notevoli: alcuni non si fecero influenzare, altri si uniformarono totalmente alle risposte del gruppo. Comunque tutti ebbero le seguenti reazioni in ordine crescente:
L'esperimento fu ripetuto con un gruppo simile al precedente ma aumentando il divario (da 2,5 a 17,5 cm.) tra la linea standard e quella che veniva deliberatamente indicata come identica dal gruppo. Contrariamente alle aspettative i risultati furono simili ma aumentò di molto il disagio emotivo nelle cavie che si sottomisero al giudizio del gruppo. L'esperimento fu poi ripetuto con gruppi di sole due persone: gli errori di valutazione si ridussero drasticamente ma il disagio cognitivo-emotivo fu il medesimo. Questo ci porta a concludere che il gruppo più numeroso amplifica il disagio. Fu poi fatto un esperimento con un gruppo di 18 persone in cui un membro del gruppo (in accordo con lo sperimentatore) dava sempre la risposta giusta e la dava prima della cavia. La presenza nel gruppo di un "partner" a cui la cavia poteva appoggiarsi ridusse drasticamente le risposte errate al 13% e alleviò notevolmente il disagio emotivo. L'effetto del giudizio della maggioranza del gruppo fu comunque rilevante rispetto ad un gruppo di controllo. L'esperimento fu ripetuto invertendo le parti e i ruoli. Quando uno solo dava le risposte sbagliate (in accordo con lo sperimentatore), il resto del gruppo manifestava prima stupore, poi risatine e commenti ironici, poi risate clamorose e contagiose. Si fece poi un esperimento in cui il gruppo era scomposto in due sottogruppi di 9 persone informate e 11 ignare. Le reazioni del gruppo non informato furono diverse. Non ci furono risate ma un serio tentativo di capire le differenze. Restarono convinti del loro giudizio senza emozioni negative. Pare dunque che la fiducia in sé stessi si fondi in parte sul numero dei consensi che si hanno dagli altri. |