Il testo pubblicato è il documento ingiurioso e diffamatorio, nei confronti dello scrittore Ruta, speditoci dal sindaco di Vittoria, Francesco Aiello, in risposta all'assoluzione del primo con formula piena dall'accusa di diffamazione aggravata. L'abbiamo spedito insieme con il comunicato semplicemente per testimoniare a quale grado di contumelie si possa giungere in Sicilia quando un cittadino, dopo avere subito un ingiusto processo solo per avere esposto il proprio pensiero in ordine a gravissimi fatti di mafia, viene assolto con formula piena. Il documento può essere pubblicato, e sarebbe meglio nelle parti salienti, ma occorrebbe specificare, che si tratta di insulti gratuiti, di chiaro livello intimidatorio, nei confronti di uno scrittore che sta conducendo un'inchiesta difficile su Vittoria e su altre realtà in ombra dell'est siciliano, vincente comunque pure sotto il profilo giudiziario. Ringraziandovi, vi saluto fraternamente,   Giovanna Corradini  

VITTORIA: gli anni di piombo

di Francesco Aiello

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L'ANTEFATTO

Nel corso degli ultimi anni una lobby affaristico-criminale ha costruito un sofisticato progetto di destabilizzazione della Città di Vittoria, delle sue Istituzioni, delle rappresentanze sociali.

Sostenuta da esponenti della politica vittoriese, non ha esitato a trescare con settori della criminalità organizzata pur di assestare colpi al "potere rosso" e dimostrare che l'esistenza della mafia nel territorio vittoriese, negata sino a qualche mese fa nelle aule giudiziarie così come nei pubblici comizi e nei dibattiti televisivi, condanna comunque di per sé gli Amministratori democratici di Vittoria (e solo loro) alla contiguità e alle responsabilità.

La mafia esiste, voi siete vivi, voi siete contigui. L'infame sillogismo è stato definito a poco a poco, si è alimentato delle deliranti e improbabili dichiarazioni di alcuni "pentiti", che hanno ipotizzato sotto le sembianze di Francesco Aiello persino quelle di un contrabbandiere di sigarette.

Più volte esponenti malavitosi, in confidente e affettuosa frequentazione, politica e personale, con noti politici locali, hanno minacciato gli Amministratori di Vittoria di probabili "rivelazioni". Il capo-clan minacciava e i pentiti dichiaravano.

La lobby politico-affaristico-criminale che per decenni ha schernito l'impegno antimafia degli Amministratori di Vittoria, chiamava intanto, in alcune fasi politiche nelle varie sedi di Governo, a prendere atto delle accuse costruite, a fare presto nell'assestare il colpo, a risolvere la questione vittoriese anche nel peggiore dei modi, visto che la Cittadella rossa è risultata (per loro incapacità) praticamente inespugnabile.

E intanto il blocco di potere si cementava: ne fanno parte politici in carriera, speculatori di aree edificabili, notabili, criminali finiti nelle patrie galere con la condanna all'ergastolo per omicidi e associazione mafiosa, avventurieri di una economia predatoria che hanno messo le mani sul lavoro contadino, spogliati senza misericordia del valore della loro produzione.

L'assalto ha assunto infine i toni aulici della ricerca giornalistica, disinteressata.

L'approccio è allusivo, ammiccante. L'obiettivo è il sospetto, la calunnia. La prova? Non si è stati uccisi: dunque si è collusi.

La saldatura tra libellistica e attacco politico è stata evidente e sinergica, sin dall'inizio. E così, ad ogni elezione, prima e dopo, il giornalista Ruta si improvvisa attivista e diffonde volantini, il ricercatore diventa denigratore a tempo pieno, protagonista dell'insulto, contro politici, magistrati, Funzionari di polizia, Ufficiali dell'Arma dei Carabinieri e di altri Corpi dello Stato.

Abbiamo sporto querela. I processi, diversi, sono in atto.

Ma ora intendo reagire anche sul fronte dell'informazione: scriverò di Vittoria e su Vittoria.

La sorte ci ha risparmiato. Alcuni fra noi sono vivi per puro accidente, per mera casualità. Bastava un niente. Siamo stati molti anni soli, in terra di nessuno, impauriti e trepidanti per noi e le nostre famiglie. Ora, una masnada di canaglie, ci vuole togliere la dignità e l'onore per coprire mafiosi e i compari dei mafiosi, gli speculatori di aree edificabili, la lobby che noi abbiamo combattuto, i predatori di una Città serena e laboriosa.

Ora scriveremo di Vittoria, mentre dovremo ancora sostenere il peso della battaglia.

Faremo appello alla memoria, ma produrremo anche atti e testimonianze. Sarà un bene per tutti noi. Per Vittoria, per impedire che il disegno criminale possa ancora mantenere i toni della probabilità.

L'ASSALTO: Vittoria delenda est

Il sig. Carlo Ruta, giornalista  e attivista denigratore per conto terzi nelle campagne elettorali, nel suo evidente intento diffamatorio, ha fornito nel corso degli anni una immagine svilente nei confronti di uomini ed istituzioni che, al contrario, si sono battuti, e continuano tuttora a battersi, per il miglioramento della vita sociale e l’affermazione della legalità nel territorio di Vittoria. Egli con i propri scritti ha seguitato, imperterrito, a dare una propria distorta analisi sui fenomeni mafiosi di Vittoria, sugli ambienti, le circostanze e i personaggi attraverso i quali si sarebbero sviluppati, fornendo una personale elaborazione concettuale, sommaria ed imprecisa, sì da indurre subdolamente i lettori a ritenere come veri fatti non rispondenti a verità. Invero, sovente, il sig. Ruta ha rappresentato l'escalation criminosa della Città, con la descrizione di un percorso storico le cui tappe fondamentali sono state volutamente travisate, per mettere in evidenza non la lotta che questa Amministrazione Comunale ha da sempre portato avanti, con fatti concreti, per sconfiggere le infiltrazioni mafiose presenti nel territorio, ma l'ingerenza e la connivenza con le istituzioni. Quindi, con atteggiamento denigratorio e calunnioso, ha ripetutamente fatto allusione alla  presunta contiguità mafiosa di alcuni amministratori, che si sono, pertanto, visti costretti a sporgere numerose querele per il contenuto ingiurioso di tali scritti.

Precisamente venivano proposte formali querele in data 30/04/1997 avverso il libro, “Cono d’ombra – La mafia in Sicilia”, in data 20/03/1998 avverso il libro “Politica e mafia negli Iblei”,e in data 13/04/2000 per il libro “I mandanti – Mafia e politica nel sud-est siciliano”, a seguito delle quali il Sig. Ruta veniva rinviato a giudizio dal Tribunale di Palermo per il reato di diffamazione aggravata, con decreti del 26/10/1999 (procedimenti penali n. 2883/97 R.G. n. 151/98 reg. G.I.P. e n. 1853/98 reg. P.M. – 62298/98 reg. G.I.P.) e del 12/02/2002 (procedimento penale n. 7244/00 R.G. – 230 reg. G.I.P.).

Significativo al riguardo è il capitolo “La resa civile” de “Cono d’ombra– La mafia in Sicilia”, ove con una valutazione totalmente distorta delle ragioni storiche che hanno determinato il diffondersi del fenomeno mafioso nel territorio, si formulano atti di accusa sconsiderati nei confronti dei Sindaci ed Amministratori vari (“i poteri municipali”) che non hanno opposto “nessun argine serio ai clan”, mentre si riferisce del moltiplicarsi di collusioni (“sotto le insegne di boss che hanno imparato bene le lezioni corleonesi e che sanno tenere relazioni con parlamentari, sindaci, magistrati, funzionari di polizia e comandi di carabinieri” – pagg. 19 e 20) che vedono esposta in primo luogo la politica: “I poteri municipali si mostrano insomma ambivalenti” (pag. 23); ed ancora si coinvolge l’intera città di Vittoria che “accetta di coabitare con la cosca (…) nel segno dell’indulgenza e dell’omertà. A partire dagli organi municipali (…) (pag 33). Nel libro “Politica e mafia negli Iblei” il Ruta rappresenta, ancora una volta, falsamente la realtà, degradando persino nella contumelia delle “condotte del ceto dirigente”, reo, a suo dire, di essersi adoperato “volutamente” per consolidare “l’humus” favorevole al radicarsi dei clan mafiosi negli iblei (pag. 18). Ed ancora nel libro “I mandanti – Mafia e politica nel sud-est siciliano” lo stesso ipotizza collegamenti tra il potere mafioso-economico e l’amministrazione comunale, delineando l’immagine di un atteggiamento accondiscendente degli amministratori, che risultano intrappolati nel sistema criminale delle bande mafiose che reggono il malaffare vittoriose: “Mentre aumenta nell’Ippari il flusso del centro-ovest, tendono a chiudersi in realtà alcune maglie, a beneficio dell’imprenditoria locale, in particolare la giovane, che reca buon gioco negli appalti, mostrandosi duttile e discreta. (…) Con qualche accorgimento, riesce a transitare d’altro canto la Cesea di Gintoli, sebbene debba rinunziare, in tema di trattativa privata, ai picchi del passato”.

In data 22/05/1998 si proponeva formale querela avverso il contenuto diffamatorio di un volantino di propaganda elettorale, titolato “Due parole sugli Iblei”, con cui il Ruta, con sistematica determinazione, ha continuato a propalare notizie false e tendenziose, esprimendo giudizi calunniosi sugli uomini e le istituzioni che per decenni hanno combattuto il fenomeno mafioso con una lotta seria e inflessibile: ”(…) nell’Ippari, da decenni nel buio degli eserciti di mafia, il tema dell’abusivismo è stato esaltato fino a farne un sistema di governo, mentre non sono mai cessati gli accordi di confine”, “(…) In tale cornice infine, mentre riesplode l’emergenza Ippari, con uccisioni, ferimenti e incendi, va in onda la farsa di vocazioni ‘civili’ tanto tardive quanto inverosimili, per evitare che i riflettori si accendano negli Iblei, come già a Messina." Persino la scorta, ordinata dal Questore di Ragusa per proteggere l'incolumità del sindaco Francesco Aiello, diventato obiettivo primario da colpire da parte del Clan "Mammasantissima", viene consegnata ad astute manovre di nascondimento. Scrive Ruta: "E si utilizza ogni strumento per confondere e celare, a partire dalle scorte.”.

In data 05/04/2001 si proponeva formale querela avverso il libro dal titolo “Il caso Vittoria”, con cui, per l’ennesima volta, il Ruta lancia pesanti insinuazioni contro l’Amministrazione Comunale. Nel capitolo “Il cemento necessario”, dopo la descrizione del fenomeno dell’abusivismo, a suo dire favorito dagli uffici comunali, e delle infiltrazioni mafiose nelle attività del mercato ortofrutticolo, è dato leggere “Vige comunque un contegno curioso negli uffici municipali. Da tale osservatorio si avverte  quel che accade agli addetti al mercato, alle cooperative, agli associati. (…) Anni dopo, Francesco Aiello, da sindaco, dirà a mezzo stampa di proposte di consorterie mafiose rifiutate senza indugio. Dirà inoltre di una condanna a morte che ebbe dai Gallo, suggerendo che, già in vita il commerciante di bibite non era per lui un mistero”, lasciando sottintendere la normale frequentazione di tali personaggi con le istituzioni politiche della Città. Le affermazioni si fanno ancora più gravi quando, nel capitolo “Le tracce”, si lascia comprendere che l’operato di politici e amministratori non è lasciato alla libera determinazione, ma vincolato a forze superiori che ne condizionano l’agire: “Se nei mesi antecedenti, a gioco fermo, i dirigenti municipali mostravano di capire l’argomento, annunziando in piazza e sui giornali il conflitto prossimo all’uccisione dell’insegnante capomafia, che indossava un giubbino corazzato, è silenzio. Nessuna deduzione pubblica viene in particolare  da Francesco Aiello, che , come avvenuto ad ottobre, lascia a Enzo Cilia la guida della Giunta, per obblighi con l’ARS, mantenendo il controllo della macchina da vice”. Nel capitolo “Oltre la facciata” si traccia un’immagine sempre più verosimile del collegamento mafia-comune e dell’atteggiamento accondiscendente degli  amministratori con i clan mafiosi: “Tornando al 1989, l’episodio del Do.Mo. testimonia che i capimafia non giudicano nemici gli amministratori cittadini.(…) La consulta giovanile su sollecitazione del sindaco, si attiva a riunioni e fiaccolate, richiamando minacce che restano senza autore. Si fa spreco di telegrammi  a Gava e Sica. S’invita quest’ultimo a Vittoria. Lo si incontra a Palermo. Gli si chiede che sia applicata la legge Rognoni-La Torre, sulle indagini dei patrimoni dubbi. Nel contempo si insiste ad eludere che possono davvero ledere le attività dei boss. Dei Carbonaro si sa ormai a più livelli, se come reggitori del racket negli Iblei ne dice addirittura l’Espresso del 17 maggio ’89, eppure non c’è esponente municipale che osi nominare i tre fratelli in piazza, dove pure c’è un’invettiva senza fine. Nell’ottobre ’89 viene ucciso l’agronomo Claudio Volpicelli, riconosciuto da tutti come un  onesto. Appena qualche giorno dopo, i carabinieri accertano in effetti che si è trattato di un errore di persona, e la stampa ne dà atto. Ma in omaggio al giovane, nessuna chiosa viene dal palazzo municipale, e non verrà mai. (…) Intanto, pure da capannoni abusivi, sotto gli occhi di tutti, si dipanano attività di mafia. Rimane poi esemplare la condotta dell’AMIU, l’azienda municipalizzata che dal 1986 gestisce lo smaltimento dei rifiuti, dove, pur sotto il controllo degli assessori al ramo, si continua ad appaltare senza il certificato antimafia del prefetto, ritenendolo un limite di troppo.”.

Ed ancora in data 17/04/2002 si proponeva formale querela contro l’articolo “Vittoria. Adesso basta”, diffuso, poco prima della campagna elettorale per le elezioni amministrative alle quali Francesco Aiello concorreva quale candidato Sindaco, via internet attraverso le pagine web di “Accade in Sicilia. Giornale d’informazione civile”, corredato da documenti come “Caso Vittoria – I rei confessi Bruno Carbonaro e Isidoro Arancino accusano e chiamano in correità il politico Francesco Aiello.”. Il Ruta, non discostandosi dai temi già trattati nelle sue precedenti pubblicazioni, si esprime con frasi di inaudita gravità, nell’intento esclusivo di diffondere false e calunniose notizie, riguardo, in particolare, a comportamenti pesanti e infamanti attribuibili, a suo dire, all’operato del Sindaco Aiello: “La ricandidatura di Francesco Aiello a sindaco di Vittoria, per la terza volta consecutiva, costituisce un nuovo definitivo smacco per la città, che resta con Gela la più tragica d’Italia, e per tutti coloro che, a sinistra o no, credono ancora nei valori della correttezza e della ragione. La mole degli indizi è impressionante. I riscontri non si contano. Le sedi dell’accusa e del dubbio sono le più varie: magistrati, commissioni parlamentari antimafia, giornali, organi di polizia, prefetti, gruppi di cittadini, uomini di chiesa, associazioni civili, esponenti della cultura. Le condotte che vigono nell’Ippari da oltre un ventennio sono in sostanza note a tutti, al pari degli effetti calamitosi. Ciò nondimeno un’accorta trama di scambi consente al politico di Vittoria di fare le regole, sottrarsi a ogni chiarimento, rimanere in auge, forte di un’area moralmente corriva e delle sordine che cingono il sud-est. La cosa è davvero intollerabile. (…) La ricandidatura di Francesco Aiello a sindaco di Vittoria, la capitale dei primaticci e, purtroppo, delle stragi, è un oltraggio all’intelligenza, alla ragione, al buon senso. Ma più di tutto è un’offesa a Vittoria, che ha tutto patito. Le cose sono note. Il politico della sinistra da qualche decennio viene sospettato di contiguità mafiose. Più volte è stato tirato in causa dai rei confessi, ma, come altri del suo entourage, non ha mai replicato nel merito, né ha sentito o manifestato il bisogno di farlo (…)”.

Infine, da ultimo, in data 17/06/2002 si proponeva formale querela avverso l’articolo “A chi servono gli sconci”, diffuso via internet attraverso le pagine web di “Accade in Sicilia. Giornale d’informazione civile”, dopo la campagna elettorale che ha visto Francesco Aiello rieletto Sindaco di Vittoria, ove è dato leggere: Aiello rimane un gran conforto, per le destre legalitarie e no, per i comitati, per le consorterie (…). Ha dovuto difendere sé e la famiglia, gliene va dato atto. Ma ha meditato, ha condiviso, è sceso a patti. Ed esistono gravi motivi per ritenere che sia andato oltre (…). Rieccolo veemente in Piazza del Popolo, ebbro dei voti incettati nei soliti quartieri, al Forcone, al Fanello, a Chiusa Inferno, dove forte arriva il messaggio della società che più ha acceso le cronache degli ultimi decenni. Vittoria come la maschera che la incarna da tempo, è davvero tragica, infelice. (…) Uno dei primi atti del governo Berlusconi è stato lo scioglimento del consiglio municipale di Terrasini, a guida diessina, per supposte contiguità mafiose, ma su Vittoria non si è mosso nulla. (…) Evidentemente, la città delle serre, primo baluardo DS del sud, è un tema troppo importante perché non venga usato negli anni come arma di pressione, prima che alcuni importanti processi alla politica giungano allo snodo.”.

Carlo Ruta, giornalista per i lettori, attivista e denigratore durante le campagne elettorali, è una penna orientata dalla lobby politico-affaristico-criminale. Non teme i rinvii a giudizio, nella prospettiva dell'assoluzione sul crinale del diritto di cronaca e della soggettività delle opinioni

Si dice che si sia pulito di ogni bene, doviziosamente preparato all'impatto giudiziario

Gli basta il contante. Vivere di questo mestiere. Coprire i mafiosi e le lobby.

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Prossimamente

1.      Il Dossier "Sica" su Vittoria - Una analisi sullo sviluppo della criminalità, dettagliata e precisa, considerata in molti ambienti "eretica"

2.      Un contributo del giornalista e scrittore Massimiliano Melilli sull'economia vittoriese e sul fenomeno degli immigrati nella fascia serricola siciliana, tratto dal libro, da lui pubblicato di recente, "Malati di confine. Diario di viaggio tra i migranti" -  Derive Approdi Editore.