Restituiti mezzo milione di tagliandi, solo 4 impianti
su venti saranno utilizzati in futuro
Biglietti, stadi e turisti
il Mondiale è stato un flop

Ora si teme che il calcio possa tornare
a essere uno sport minoreq
di VITTORIO ZUCCONI

Hanno dato una festa mondiale, ma il mondo non c'è andato. Hanno promesso ai coreani e ai giapponesi una fortuna e gli hanno consegnato un bidone. Il football dei grandi marpioni si sgonfia malinconicamente nella sera di Yokohama, soffiando l'aria di conti immensi da pagare, di promesse non mantenute e di stadi stupendamente inutili. Il "Mondial Flop" che intravvedemmo nelle ore dell'entusiasmo iniziale, si disegna ora, mentre Collina fischia la fine, in tutta la sua dimensione e se anche l'Italia fosse oggi in campo, non cambierebbe nulla. Lo scandalo vero non è stato l'arbitraggio di Moreno o il catenaccio di Trapattoni, sono le palate di miliardi che i contribuenti coreani e giapponesi hanno buttato nella caldaia delle loro illusioni e delle truffe del pallone.

Il sentimento dell' "autogol" mondiale che in Asia avevamo avvertito nell'aneddottica quotidiana, si compone nei dati che escono dal pallone ormai sgonfio. Le 64 partite del torneo, fino a Brasile- Germania, hanno "riempito le casse della Fifa", scrive tra gli altri il Washington Post, ma "i contribuenti che si ritrovano oggi con miliardi di dollari di conto per impianti largamente inutili e con altri, ancora incalcolabili costi di sicurezza e organizzazione non hanno visto uno yen o un won dei benefici promessi".

"Ma ci resta l'immagine" ha detto il presidente del comitato coreano, forse ignorando quanto poco abbiano fatto le partite con la Spagna o l'Italia per migliorare l'immagine della Corea nel mondo.

Ogni Olimpiade, ogni Mondiale, ogni G8, ogni "evento", viene sempre spacciato dagli organizzatori come una "bonanza" finanziaria per sindaci, commercianti, osti, tassisti, cittadini del luogo. Ma quando la sbornia delle brochures passa, rimane il mal di testa pulsante del mattino dopo. Come già il "disco volante" costruito dai francesi nella banlieu parigina di St.Denis, lo Stade de France, che è rimasto a lungo inutilizzato, così 16 dei 20 stadi (magnifici) costruiti ex novo non saranno più usati, se non per sporadiche occasioni. Sei di loro non hanno squadre da ospitare e molti coreani e giapponesi sospettano che, passata l'ubriacatura nazionalistica, il calcio tornerà nella generale indifferenza del pubblico. Ma il conto, 14 mila miliardi di vecchie lire almeno, resta sul tavolo dell'osteria.

Il nuovo stadio di Saitama, in Giappone, capace di 64 mila posti, sarà destinato alla squadra locale che non ha mai superato i 20 mila spettatori paganti nelle sua storia. Ma ai 667 milioni di dollari pagati dalla Prefettura di Saitama per costruirlo ora si aggiungeranno i 6 milioni di dollari annuali necessari per la manutenzione. Chi pagherà? Non certo le grandi "sogo shosha", le mega corporation giapponesi che, come i "chaebol", le loro omologhe coreane, hanno costruito, ingrassato le mani giuste e intascato. Pagheranno quei mama-san e papa-san che già vivono all'ombra della recessione infinita e della disoccupazione record.

Ma quando i due comitati organizzatori si contesero la Coppa, il miraggio parve irrestistibile. Il presidente sudcoreano Kim aveva sparato che il Mondiale avrebbe portato "dai 26 ai 30 miliardi di dollari" in benefici per il suo Paese e "centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro". Il bilancio è un po' diverso. Se quelle cifre sono vere, sono cifre in rosso. I "packages" turistici e il milione e mezzo di biglietti stampati erano stati dati in esclusiva a un'oscura agenzia inglese, la Byrom, creata da due fratelli messicani. Ma la vendita si è fermata alla metà del numero sperato di "pacchetti" e a due terzi dei biglietti, come può testimoniare chiunque abbia visto quanti pochi italiani (mille al massimo), inglesi, tedeschi, francesi fossero sbarcati. La Byrom ha restituto agli organizzatori 500 mila biglietti, rimessi in vendita confusamente e all'ultimo momento, portando al paradosso dei bagarini fuori dagli stadi mentre migliaia di posti restavano invenduti dentro. Perché fu scelta proprio la Byrom? Perché "molto vicina" a Blatter, il presidente della Fifa.

Città e politicanti si sono contesi a colpi di soldi l'onore di ospitare i team. Non tutte. Hiroshima, che ben altre tragedie ha conosciuto, rispose "no grazie, non abbiamo soldi da buttare" quando i magnifici saltimbanchi brasiliani chiesero al comune 3,3 milioni di dollari per andare in ritiro all'ombra della cupola atomica. Meno saggio, il piccolo comune di Nakatsue, nell'isola di Kyushu, ha pagato 700 mila dollari pronta cassa, al Camerun, perché andasse a giocare una partitella con i liceali del posto e a ciondolare lì per una settimana. Per gli stadi è stato speso cinque volte più di quanto spese la Francia o spenderà la Germania nel 2006, ammodernando le strutture esistenti e i tedeschi hanno limitato le loro promesse di "bonanza" commerciale a uno, massimo due miliardi di euro. Persino il segretario generale della Fifa, Zen-Ruffinen tentò di convincere coreani e giapponesi a non buttare tanti soldi. Zen-Ruffinen è già stato fatto fuori da Blatter.

Gli alberghi sono rimasti largamente vuoti e segnalano, da Giappone e Corea, una diminuzione di presenze del 15% rispetto alle estati senza il Mondiale, perché il calcio ha tenuto lontani i turisti ordinari, senza attirare quelli straordinari. I temutissimi hooligans inglesi non si sono scomodati, deludendo i bar attorno agli stadi che avevano abbassato le saracinesche nella paura di essere devastati. Alla fine sono stati arrestati soltanto due tifosi britannici, per avere rubato una T-shirt. Il solito "miliardo di cinesi", miraggio di ogni illusione commerciale, non sono arrivati, anche per la rapida esclusione della loro pessima squadra. Soltanto la vendita di televisori nei due Paesi è cresciuta del 38%, il consumo di sigarette del 15% e gli abbonamenti alla SkyPerfectTV satellitare sono balzati del 250%, segno di come ormai il calcio stia diventando uno sport sintetico, da "studio televisivo" e da moviole, visto in poltrona da casa, non più da stadi.

E infatti il monumento più struggente di questo insensato Mondiale dimezzato è in Giappone, nella cittá di Toyota, prefettura di Aichi, martoriata dalla disoccupazione industriale. Qui, le autoritá si sono ostinate a costruire uno stadio al prezzo di 375 milioni di dollari, sperando di strappare almeno una partita di qualificazione. Niente. L'erba dello stadio di Toyota è vergine, mai sfiorata da tacchetti mondiali. Ci giocherà la squadra del liceo, nel vuoto di un cratere di cemento che i loro padri e le loro madri dovranno pagare per decenni, vittime di ben altri infamie e truffe che un rigore negato da un arbitro inetto.

(30 giugno 2002)