Intervista allo psicanalista Romolo Rossi, coautore
della consulenza psichiatrica su Donato Bilancia


"I serial killer
esistono solo nei film"



di CLAUDIA DI GIORGIO

ROMA - Romolo Rossi, ordinario di psichiatria a Genova e psicoanalista della Spi, Società italiana di psicanalisi, ha firmato insieme a Francesco De Fazio la consulenza psichiatrica richiesta dal pubblico ministero poco dopo l'arresto di Donato Bilancia per stabilirne l'imputabilità e dunque la capacità di intendere e di volere.

Professore, da quanto si legge sulla vostra perizia, non avete rilevato patologie mentali in Donato Bilancia.


"No, nessuna. Ci sono elementi anomali, traumi narcisistici, ma non una malattia. Ho passato in rassegna tutte le possibilità di tipo patologico, via via escludendole e non ne ho trovata una in cui inserirlo. La struttura globale della sua personalità è stata valutata indagando le diverse dimensioni, psicologiche e psicopatologiche, e la conclusione è stata che la sua capacità di giudizio e discernimento non era intaccata".

Tuttavia, al senso comune, riesce un po' difficile accettare che una persona che ha ucciso 17 volte in pochi mesi sia sana di mente.


"Bisogna stare molto attenti a non basare il concetto di sanità mentale su quel che è avvenuto nell'atto criminale. L'affermazione 'siccome ha commesso orrendi crimini allora è matto' significa dimostrare la tesi con l'assunto. Tante persone normali (per fare solo un esempio, i killer della mafia) uccidono molta gente. I serial killer esistono nella fiction, nei film, in tv. Nella letteratura psichiatrica i serial killer non esistono, sono un termine narrativo, non scientifico, che non appartiene a nessuna nosologia. E malgrado quello che spesso si crede, non è per nulla frequente che vi siano patologie in chi commette omicidi multipli. Ci sono funzionamenti mentali alterati, ma non una malattia. E se c'è un filo conduttore, è molto profondo, molto inconscio".

Professor Rossi, qual è esattamente il ruolo dei periti in questi casi e quali sono gli strumenti di indagine di cui si servono?


"Il ruolo del testimone esperto consiste nel riferire in modo imparziale una valutazione delle condizioni mentali del soggetto effettuata servendosi delle proprie competenze specifiche e della propria conoscenza di quello che potremmo definire lo 'stato dell'arte' della sua disciplina. Nel caso specifico, mi sono rifatto al mio tipo di formazione, usando strumenti e concezioni di fondo di tipo psicoanalitico per costruire intorno a questa persona una teoria. Quando esistono alterazioni fisiologiche, vengono dimostrate attraverso strumentazioni diagnostiche come l'imaging cerebrale, ma non era questo il caso. Per le altre problematiche, personalmente sono tiepido nei confronti dei test mentali, perché penso che non ci sia nulla che un buon colloquio non possa evidenziare. La capacità di intendere e volere può essere rilevata in modo rigoroso, quando la persona può essere inquadrata in una categoria nosologica comunemente accettata, allo stato attuale delle cognizioni cliniche scientifiche".

Come mai avete deciso di pubblicare su Internet la vostra relazione?


"La pubblicazione avviene su un sito destinato agli specialisti. Il nostro intento era di offrire un esempio di un modo di procedere nella valutazione di una persona da ogni angolatura, quindi un intento didattico. Pensiamo che il nostro modo di procedere in questo caso possa essere utile agli altri".

Un'ultima osservazione: la vostra relazione colpisce anche per le sue qualità narrative, addirittura letterarie. Insomma, oltre ad essere un documento tecnico è anche una lettura con una grande capacità rappresentativa. Fino a che punto è importante questo aspetto?


"Uno psichiatra dovrebbe ricordare che forse impara di più leggendo Proust e Dostojevski che un trattato di psichiatria, poiché tratta con una realtà umana che la letteratura illustra meglio. Ma soprattutto, secondo me uno psichiatra deve imparare a scrivere, perché è possibile comunicare solo se si è capaci di narrare".

(26 febbraio 2000)