Dialogo con
Rossana Rossanda.
Biblioteca Mozart.
Anita Raja.
Rossana Rossanda conclude la serie di incontri dedicati al tema della memoria e dell'eta' adulta chiamato - le pagine del tempo passato e futuro nella esperienza degli anziani - che abbiamo organizzato nella nostra biblioteca - Mozart -. Rossana Rossanda non ha bisogno di presentazioni, ricordiamo che e' anche una figura importante per il movimento delle donne con cui ha sempre dialogato a partire dagli anni settanta.
L'abbiamo invitata per parlarci del tema del dolore e della morte per avere un punto di vista laico su un tema che e' molto difficile, delicato ed e' spesso un tabu'. Parleremo di cio' partendo da un suo libro che ha scritto insieme a Filippo Gentiloni nel 1996 dal titolo - la vita breve - . Desideriamo sentire da Rossana Rossanda alcune riflessioni sulla morte e quindi sul senso della vita anche se sappiamo che per un laico questo tema e' un tema straziante proprio perche' non c'e' un'altrove e quindi la vita e' tutta quella che abbiamo.... e' solo quella.Intanto la inviterei a parlare di questo libro e di come e' nata la riflessione su questo tema abbastanza insolito per una persona che ha fatto della passione per la politica la scelta della sua vita.
ROSSANA ROSSANDA.
Ringrazio anita Raja per la presentazione,non merito tanto, io sono una volgare giornalista, nel senso che e' una professione come un'altra ma che raramente ci permette di approfondire e di dire le cose. Io tutta la vita ho pensato di non voler fare questa professione e che avrei fatto politica fino ad un certo punto e poi mi sarei messa a studiare cio' che mi piaceva. ma ormai posso dire che questo momento insieme alla vita e' passato, quindi io non sono ne un filosofo ne altro. Le carte per parlare della morte che io ho sono quelle di avere una certa eta' e che in questa ci cominci a pensare, per non nascondere niente ho settantasei anni, ragionevolmente sono entrata in quel periodo in cui cominci a pensare - eterna non sono - e questa riflessione viene diversamente da come viene il resto della vita. Non avrei affrontato questo tema del libro se non me lo avesse chiesto Filippo Gentiloni al quale lo aveva chiesto Don Ciotti, dicendo che sarebbe stato interessante ascoltare un dialogo tra una laica e un credente. Il credente - crede - che la vita abbia un senso anche oltre la vita, essendo un credente complicato Gentiloni si chiede la domanda - cosa vedro' che cosa provero' - che senso hanno le cose in cui ho creduto. E questo lui lo dice anche nel sentire il tempo della fine della vita come un tempo inquieto. Io e Filippo sono 25 anni che lavoriamo insieme e abbiamo solo 15 giorni di differenza d'eta'. Lui vive in attesa questo momento. Raramente ho visto delle persone morire serenamente - sorella morte - l'ho sentito raramente, cioe' il fatto di essere credenti non facilita il morire, ho visto dei giovani morire con grande serenita', e degli anziani credenti morire con grande inquietudine. Filippo aveva scritto questo e allora mi sono messa a pensare, cosa sarebbe la vita senza la morte, che senso avrebbe il fatto che noi vivessimo in eterno, noi siamo abituati a vivere un tempo breve, che senso avrebbe una fiore se domani non fosse una rosa che termina. Noi siamo abituati a vivere nel tempo che passa. Noi sappiamo che la morte esiste, ma per noi no,non vogliamo pensarci, ne oggi ne domani non sappiamo quando moriremo, e' molto difficile assimilare per noi stessi questo concetto - l'idea della morte - senza la quale vivremmo sicuramente in modo diverso. cosi' evitando di scrivere questa cosa piatta piatta, ho scritto sotto forma di una favola. Ma Don Ciotti ci ha bocciato il libro e poi e' arrivato la casa editrice Saggiatore che invece cambiando il titolo lo ha pubblicato. Ora sia Filippo Gentiloni che io siamo d'accordo di essere contro il tema - dell'immortalita' - contro l'immortalita'. L'uomo sa che deve morire. Ma ci sono civilta' per il quale la morte e' un passaggio da una via all'altra. L'idea di pensare che si vive senza morire e' qualcosa di grave qualche cosa che ci toglie il senso della concretezza forse anche il senso degli altri il senso del rapporto. Quindi siamo tutti e due contro l'idea dell'immortalita'. Differentemente da me Filippo Gentiloni che e' credente pensa invece alla risurrezione si interroga sulla risurrezione e non la pensa come le civilta' orientali le quali credono che la vita passi da una forma all'altra. Per il cristianesimo si muore in questa vita e per il dono di CRISTO si risorge in una vita eterna in cui si e' parte del divino. Ma essere un pezzo di DIO una parte perfettamente coordinata di questo ente che non conosce piu' ne attesa, ne sofferenza, ne bisogno, ne speranza ne dolore e' perdere senso ?. L'altra vita, questa che passa e' invece l'esperienza di tutto questo e' l'esperienza del tempo che passa, dell'attesa, dei bisogni del bisogno d'amore, tutto cio' che DIO non e'. Finita questa vita, quindi, non saro' piu'. La mia idea della vita e' che la vita sia questa ; faticosa ma anche abbastanza splendita rincorsa, cadere, essere stanchi e affaticati provare dolore, conoscenza, l'errore. Ho fatto tanti errori irrimediabili quelli che soprattutto credevo di non fare, e credevo che non fosse male, ma lo era e poi bisogna ammetterlo, ma la vita e' tutto questo e' fare delle cose giuste e sbagliate e mi piace, mi piace questo senso che ha. Penso che per il proprio morire non ci si perda, perche' non si puo', ecco la morte e' negli altri e' per chi rimane in vita e' una terribile perdita, e' qualcosa che appartiene a chi rimane in vita non e' per chi muore. Quando ho perso le mie persone di riferimento e' stata per me una perdita secca, perche' non penso che ci sia nulla dopo la morte, sono persone finite. Per chi mi ha lasciato un film un quadro un libro, allora li ritrovo altri no e questi vivono ancora finche' io li ricordo. Forse quando noi scriviamo, come la robetta che scrivo io, lo si fa per rimanere, per lasciare qualche cosa. Quello che trovo assurdo e terribile e' che molta gente non puo' vivere la vita, che non puo' restare vivo quando e' giovane, e' la maggiore violenza che si possa fare. Ma anche che non si puo' pensare alla vita, uno che deve sempre cercare di mangiare, deve cercare il pane magari cibandosi nella discarica di Nairobi, ecco questo e' un'altra cosa terribile cercare di rimanere al mondo di sopravvivere perche' non ti permettono di esserci e quindi non ti permettono di pensare alla vita.
Domanda Massimo della Biblioteca Raffaello.
A parte il fatto che mi piacerebbe chiederle cosa ha sbagliato il Comunismo, anche andando fuori tema.
Rossana Rossanda - il Comunismo ha sbagliato ma non era sbagliato.
Massimo
Ho letto, pochi giorni fa, di nuovo il libro - La storia - di Elsa Morante, nel quale scriveva che DIO siamo noi, se uniti collettivamente in una societa' giusta - umana, e per questo ora lei credeva nell'inesistenza di questo DIO. In questo periodo storico che cosa lasciamo agli altri, quale memoria, per poter formare questo DIO terreno-collettivo e che cosa pensa di lasciare Rossana Rossanda agli altri, per crearlo ?.
Rossana Rossanda.
Io vorrei una societa' piu' amichevole piu' fraterna, ma non cosi' invasiva, se io voglio essere addolorata non voglio che duecento persone ti dicano il contrario o ti spingono ad essere altro. C'e' qualche cosa di tremendo e bellissimo nell'essere anche individuo dentro un sistema relazionale. Ci sono dei poveri in paesi ricchi e dei ricchi in paesi poveri e' vero che nella nostra esperienza noi siamo nati nella parte giusta del mondo, nel senso che abbiamo quasi tutti da mangiare e questa sera abbiamo quasi tutti un tetto sotto cui dormire. Diciamo tutti che va malissimo, ma insomma va meglio che da altre parti. In questo momento, mentre passa un minuto, muoiono non so quanti bambini, ma vivere con questo pensiero e' impossibile, tu non vivi piu'. Come quando si chiede in ospedale ad un infermiere di partecipare profondamente all'esperienza di tutti, non possono farlo. Pero' vorrei che vivessimo tutti bene, prendendo quello che la vita ci offre, senza dimenticare che c'e' qualcuno che non lo puo' fare. La societa' come e' , e' la sola cosa che dipende da noi e dalle nostre azioni e omissioni, questa e' la sola cosa che lascerei :
io ho vissuto sapendo che dipendeva da noi.
Non sono certo affogata nella colpevolezza, ma non posso certo dire di aver fatto tutto bene, questo no, non si puo' dire. Una volta una ragazza mi ha detto simpaticamente e polemicamente all'universita' di Roma - ma insomma che cosa ci avete lasciato voi che volete che ci preoccupiamo del mondo e ci rimproverate che andiamo in discoteca, ci avete lasciato questa eredita' che fa schifo - ecco, io vorrei che guardassimo le cose in faccia, per quelle che sono e non credo che sia consentita la leggerezza, proprio perche' mi e' andata bene o ci e' andata bene,non dobbiamo consentire solo alla leggerezza di rappresentare la vita e non penso ad una societa' perfetta. Penso al Comunismo come condizione elementare e di dare con questo le pari opportunita' a tutti, sul serio e poi, c'e' la vita degli uomini che e' complicata, ci sono i problemi, i dolori, i bisogni, le passioni, le pulsioni, il senso della giustizia, il senso dell'io, cosi' difficile perche' abbiamo sempre bisogno che qualcuno ci dica, si si stai tranquilla, tu esisti. E quindi questa bellezza, questa grande difficolta' del vivere non sarebbe semplificato nella mia idea di Comunismo, nella mia idea di una vita Comunista. Sarebbe il momento in cui gli uomini vivrebbero pienamente le loro complicatezze, non e' che ho detto che sarebbero piu' buoni e non ho neanche mai detto che non sarebbero piu' infelici, ma avrebbero tutti il diritto di vivere e di viverle. Io dico che non solo quelli che sono nella discarica di Nairobi non vivono, ma anche quelli che passano tutta la vita a cercare lavoro, non vivono, vivono in maniera affannata e senza il tempo per vivere la complicatezza e la bellezza della vita. La visione della Morante, buona, nel libro - la storia - mi lascia un perplessa, perche' da un lato ci si muove sempre con estrema bonta', e dall'altra, torno ad essere noiosa, non ci si muove per impedire le porcherie di quegli eventi. Non penso tanto che noi siamo DIO che esiste, si puo' anche dire, ma nel momento che io dico DIO e' tutto cio' che e', dico tutto e dico niente. Pero' se penso a DIO come proiezione grande di quello che gli uomini hanno pensato e che non sono e' un Dio molto piu' interessante. Quello che non sono, eterno, saggio, giusto, questo e' il DIO che bisogna cercare. Io non mi sento tra quelli che si sono pentiti si sono disimpegnati, proprio per niente. Che poi questo non significa che non dobbiamo porci la domanda - perche' abbiamo sbagliato -. Dobbiamo porci questa domanda se crediamo in quella idea Comunista. Perche' se il giornale che io faccio e nel quale scrivo, vende abbastanza copie non ne vuole piu' sapere di battersi perche' non e' in condizioni obbligate a battersi, questo e'. E poi perche' ci sono stati grossi errori, noi abbiamo detto in tempi non sospetti e questo lo rivendico, che in Unione Sovietica non era vero che operai avevano il potere, non era cosi e lo abbiamo detto. La vecchia Russia, oggi, vota comunista, pero' la voglia di battersi per una societa' diversa c'e' molto poca, perche' questa societa' diversa e' stata una societa' non accettata. Dov'e' che abbiamo sbagliato, bisogna andarlo a vedere, dove la rivoluzione popolare cessa di essere popolare, bisogna guardarlo questo perche' questo e' nella storia. Avviene anche se uno vota un certo partito e poi le cose non sono fatte, non sono fatte perche' ti ha tradito il tuo dirigente il tuo rappresentante o perche' ci sono rapporti di forza controcorrente ? e perche' rapporti di forza controcorrente ? o ti fai queste domande o se non ti fai queste domande tu l'idea la fai morire perche' non hai piu' lo strumento che ti aiuta a capire che cosa sia successo. Ci sia stato il crollo dell'Est, Ci sia stato il crollo del muro di Berlino, quella idea era giusta, e' poco e' troppo poco questo perche' se non fosse cosi' poco la gente si batterebbe di piu'. Si batte di meno anche perche' c'e' una malinconia nella vita, ma di malinconia non si muore. Per il resto le idee muoiono come le persone, ma l'idea del Comunismo non e' una idea cio' che io ho perseguito e' che gli uomini dovrebbero essere uguali, nascere e avere le possibilita' di vivere, ugualmente, avere un loro patrimonio uguale per tutti, magari poi se lo sperperano come gli pare. Ecco quando questa idea muore, restera' una societa' arida e torniamo molto indietro, ma per far vivere questo bisogno ci dobbiamo interrogare, che cosa non ha funzionato quando abbiamo avuto il potere in mano. Se non ci si fa questa domanda, come lei diceva all'inizio, si puo' dire traditori tutti ma non si puo' dire assolutamente niente, questa e' la mia opinione.
Domanda di Silvio Cinque.
La morte e' una cosa pubblica o privata ?. Nel senso che prima la ponevi come qualcosa che conclude, chiude una vita, ora il fatto che sia una cosa privata, personale, in qualche modo potrebbe contraddire la dedizione per la quale, per esempio, lei ha dedicato tutta una vita ad una idea alla realizzazione di questa idea al coinvolgimento di persone, di individui di uomini e di donne in un progetto. Allora io mi domando, la morte in questo caso e forse in tutti i casi, e' una cosa privata o qualcosa di pubblico ?.
Rossana Rossanda.
Mi arrabbio molto, perche' vedo delle persone che sono vissute molto in solitudine quando muoiono, quattro pagine del giornale parlano di loro, pero' finche' erano vivi questa cosa non l'avevano avuta e che e' la forma piu' evidente che solo per chi rimane e' il ricordo. Devo dire che i laici vanno molto poco, i loro funerali si fanno in strada e una cosa che trova assurda e' che solo le chiese sanno creare un posto dove uno puo', piangere o sentire la musica e le parole sul suo caro. Perche' il Comune di Roma non ha le sale dove si puo' portare una persona cara e ricordarla, si fa per strada se sei laico. E questo e' un'insulto ai vivi, non al morto al quale veramente non gli puo' fregare di meno. E' piu' semplice trattare bene un morto che occuparsi dei vivi perche' occuparsi dei vivi e' faticoso. Nel vivo si incontra anche una resistenza quando e' morto puoi raccontare qualsiasi cosa. E comunque, prima di morire si e' poco accompagnati, specialmente se una persona ha il cattivo gusto di stare ammalato per lungo tempo e' difficile accompagnarlo. La vecchiaia e la malattia sono un'aspetto tremendo della vita. Oggi campiamo di piu', per via della medicina che ci aiuta, ma ci sono moltissime vecchiaie guaste, cioe' che hanno perso la qualita' della vita e questo e' pesante e' difficile da sopportare. E' vero che la morte non deve essere privata ma qualche cosa di pubblico, e tutte le civilta' hanno fatto questo nel rito funerario, nel quale esorcizzavano il morto. Soprattutto esorcizzavano l'immagine del morto che non voleva morire e che si aggira si aggira, insomma esorcizzavano la paura di un suo ritorno. Le civilta' popolari sono piene di morti che ritornano e i bambini hanno paura dei morti. La morte e' un fatto individuale, e sempre piu' lo e', molti muoiono soli, una volta si moriva in famiglia, ma sei tu che muori, c'e' un'elemento individuale, cosi' come c'e' un'elemento individuale nell'essere vivi. I giovani molto spesso fanno dei tentativi di suicidio, che sono delle domande di aiuto, aiutatemi a vivere. Infatti si e' visto nelle numerose ricerche fatte, che i ragazzi salvati dal tentativo di suicidio, non lo ritentano piu', perche' il mondo che gli e' intorno, con quel gesto, si accorge della sua esistenza che questa creatura ha qualche problema da risolvere insieme. Pero' ci sono dei suicidi - adulti - che accadono proprio perche' non trovano piu' senso nella vita. Una serie di civilta' rimproverano questo, i cattolici rimproverano perche' dicono, Dio ti ha dato la vita tu non dovevi togliertela, ancora oggi il papa risponde che l'eutanasia non si puo' applicare non e' lecita, gli inglesi ritengono che e' un delitto il suicidio, fa parte dei crimini. Io penso che una scelta della vita interrompe una vita, pero' non si puo' discutere troppo di questa cosa, perche' non sai mai che cosa rende una vita vivibile. Non si puo' neanche dire che sia colpa della societa', io ricordo quando negli anni cinquanta andai in Svezia, bellissima, nordica e in un momento in cui gli ansiani avevano tutto, eppure c'era un'altissima percentuale di suicidi. Io non vorrei una societa' che entrasse talmente dentro l'animo tuo che determina se vuoi vivere o morire.
Domanda - Massimo della biblioteca Raffaello.
Io credo che Rossana Rossanda insieme a Scialoja, ha descrito e documentato, nel migliore dei modi, la storia del 1978, l'esempio di quanto affermo e' nel suo bellissimo libro, l'intervista a Mario Moretti. Credo, perche' e' evidente a tutti che si muore fisicamente, ma esiste anche un'altro tipo di morte che e' quello mentale, ideologica ed e' anche quello legato alla memoria. Chi ha ucciso quelle idee, sbagliate quando l'azione per esprimerle e' diventata violenta-violenza, ma chi le ha uccise prima che diventassero sbagliate nell'azione. Quando cioe' le Brigate Rosse erano un movimento attivo soprattutto in fabbrica e appoggiato dai lavoratori stessi. Chi ha ucciso quelle idee ?.
Rossana Rossanda.
Essendo una persona Comunista, di sinistra, pensando che la grande violenza sia quella che non permetta agli altri di vivere, volevo capire cosa fosse questo movimento delle Brigate Rosse, e sono andata a cercare, diciamo cosi', alla fonte.Quello che posso dire e' che rispetto queste persone, sono rimasta in buoni rapporti con loro e penso che le Brigate Rosse si sono sparate da sole perche' non si puo' permettere un certo tipo di errori senza pargarne molto alto il prezzo e i piu' seri di loro lo riconoscono. Pero' noi dobbiamo sapere, che e' vero che c'e' stato tutto un periodo nel quale l'attacco ai dirigenti al capetto di fabbrica a Torino - Milano - era visto come un momento di vendetta popolare giusta. Giusto perche' ti abbassavano i tempi di produzione, lo stipendio e ti minacciavano o ti toglievano il posto di lavoro, chi attaccava il capetto era appoggiato. Certo era un'appoggio molto ambiguo - cercate di vincere pero' se non vincete vi molliamo -. Invece poi nel mondo le cose sono molto piu' complicate, quando le Brigate Rosse hanno ucciso Aldo Moro, hanno commesso un errore, secondo me l'errore era pensare che uccidere questo o quello avrebbe ucciso lo stato, un errore politico teorico. Forse una volta, se uccidevi il re veniva giu' tutta la famiglia, ma e' un errore anche rispetto agli operai che cominciarono a dire, ma perche', perche' questa cosa ?. Comunque e' una storia tragica che quelli che non si sono pentiti, pagano ancora, io sarei per una soluzione politica per una amnistia per farli uscire. Io penso che erano persone della mia parte, ed hanno ammazzato me, lo stato prospera e noi no.