Cari amici di - Namir - .
Voglio dare il mio contributo intervenendo su un tema che è stato oggetto anche di una delle domande che avete posto a Walter Veltroni e cioè quello della c.d. privatizzazione della cultura.E una sorta di fantasma che ogni tanto sento aleggiare nei discorsi di alcuni colleghi e mi sembra quindi necessario fare chiarezza soprattutto per quanto riguarda le nostre biblioteche.
Cominciamo quindi col separare nel alveo della cultura quello che è prevalentemente intrattenimento (cinema, teatro, musica ecc.) da quello che invece attiene allaccesso alla conoscenza, e quindi ha a che vedere con i diritti dei cittadini (scuola, biblioteche, reti ecc,). A mio modo di vedere nella sfera dellintrattenimento non solo deve essere consentito lingresso dei privati, ma questo è senzaltro auspicabile, pena la sclerosi anche di quelle strutture che continuano ad essere gestite prevalentemente con le risorse pubbliche. I fatti - credo - lo dimostrano ampiamente. Tuttaltro discorso è da fare invece se scendiamo sul terreno dei diritti. Qui è indispensabile che i servizi siano garantiti da risorse pubbliche, cioè provenienti in massima parte dal prelievo fiscale, o in casi del tutto particolari (pensiamo ai musei pubblici) da esazione di ticket. Qui lintervento pubblico deve essere la garanzia del controllo democratico dei cittadini. Un caso poi del tutto particolare sono le biblioteche, che - essendo servizi basati quasi totalmente sul principio della gratuità - possono essere gestite solo con un massiccio finanziamento proveniente dal prelievo fiscale. Naturalmente nessuno vieta che a questo finanziamento si affianchino risorse private (sponsorizzazioni) o entrate dirette provenienti dalla vendita dei c.d. servizi aggiuntivi, sul modello di quello che avviene per i musei. Ma le esperienze realizzate finora in Italia e allestero dimostrano che è difficilissimo che queste risorse raggiungano una quota del 10% del bilancio complessivo. Mi pare che queste semplici considerazioni possano allontanare qualunque timore di processi di privatizzazioni delle nostre biblioteche. Dove sarebbero poi i compratori interessati ? Ne conoscete forse qualcuno ? Le biblioteche sono servizi che costano (e devono costare) e la loro resa è la crescita civile dei cittadini e lesercizio del diritto di accesso alla conoscenza. Dove sono i privati disposti ad investire decine di miliardi in cambio di questo genere di profitto ? Se li trovassimo, vivremmo forse non nella realtà, ma in un film di Franck Capra.Una questione diversa poi è quella dalla forma di gestione di un servizio pubblico, che può - ed anzi deve - applicare principi di economicità aziendale (lo reclamava già tanti anni fa Francesco Barberi !), ma non negli interessi di un fantomatico profitto, bensì di quelli, già enunciati, di crescita dei cittadini ed esercizio del diritto di accesso alla conoscenza.
Grazie e buon lavoro,
Lorenzo Baldacchini