Le domande al Presidente dei D.S. Walter Veltroni, sono state realizzate dagli utenti delle Biblioteche di Roma, la redazione - Namir - ringrazia tutti coloro che hanno partecipato.
Namir - Intervista :
Walter Veltroni
Presidente Politico dei D.S.
Ringraziamo il Presidente Politico dei D.S. per essere intervenuto nel dibattito, egli, ha dimostrato una grande sensibilita- disponibilita indescrivibile. Questa iniziativa intrapresa dalla redazione Namir, sollecitata dagli utenti delle biblioteche, cerca di chiarire, attraverso le interviste riportate, cosa cambiera nel nostro paese dopo lentrata in Europa. Stiamo invitando al dibattito politici ( anche dellopposizione ), artisti, scrittori,bibiliotecari,giornalisti, economisti ma anche studenti, professori, universitari, e altri ancora, proprio perche vogliamo fornire sul tema trattato la piu ampia analisi e ricerca sociale, visto che capire largomento e interesse di tutti.
Care
ragazze, cari ragazzi, ecco le risposte alle quattro domande che
mi avete fatto per "Namir". E' un piacere aver
collaborato con voi. Dateci dentro, perché la politica si può
fare in tanti modi, anche fuori dai partiti...Un saluto e buon
lavoro
Walter Veltroni.
Namir
Utenti - La cultura, come tutte le Istituzioni che la propagano,
con l'entrata in Europa, sta per essere totalmente privatizzata,
L'Italia, come spesso lei ha detto, detiene il 60 per cento dei
beni Culturali mondiali, non e' pericoloso lasciar gestire
totalmente questa fonte di entrata economica, ad aziende che per
i propri interessi potrebbero distruggere quelli che sono
patrimoni storici, archeologici, artistici, oltreche' , invece di
aumentare le prospettive di lavoro, avrebbero la possibilita' di
licenziare il personale che da molto tempo ci opera ?.
Walter Veltroni -. Sono convinto che la cultura, per il nostro paese, sia davvero una grande risorsa. Non penso solo al patrimonio culturale, ma anche all'immenso patrimonio di risorse umane, tecniche, artistiche, che esiste nel mondo della ricerca, dell'istruzione, dell'audiovisivo, dello spettacolo, dei beni culturali.Io credo che questa risorsa possa essere meglio utilizzata, in Italia e in tutta Europa. Credo, per quanto ci riguarda, che la cultura possa essere al centro di un grande processo di riconversione produttiva. L'Italia ha bisogno di più elevati livelli di istruzione, di aumentare la capacità innovativa delle imprese, di diffondere l'uso delle nuove tecnologie. E ha bisogno di tutelare meglio il proprio patrimonio culturale,di investire sull'apertura e sull'accessibilità dei musei e delle aree archeologiche, di moltiplicare l'offerta di spettacolo, di una migliore architettura moderna, di aumentare e di migliorare la produzione audiovisiva. Non stupitevi se metto insieme, in un'unica filiera, istruzione, ricerca, cultura, audiovisivo, patrimonio, spettacolo, cinema. Pur nelle specificità che ciascuno di questi settori ha - penso soprattutto al settore dei beni e delle attività culturali, alla sua articolazione territoriale e alla grande diffusione del patrimonio storico-artistico, che rende necessaria a mio parere un'amministrazione centrale autonoma, forte e moderna - deve essere la crescita dell'insieme delle produzioni culturali italiane il fine ultimo della nostra strategia. Sapendo che siamo chiamati a confrontarci con la necessità dell'innovazione e anche con il bisogno - voglio dirlo con chiarezza, viste le vostre preoccupazioni - di politiche pubbliche più forti e più moderne. Sapendo che anche su questo versante la dimensione europea è sempre più rilevante per le decisioni degli Stati. Il Parlamento Europeo dovrà allora lavorare molto, affermando, in primo luogo, che il settore culturale non è uguale a tutti gli altri settori di mercato. Che in esso esistono, e in alcuni casi sono prevalenti, componenti non di mercato, di tipo collettivo e pubblico. I regimi degli aiuti pubblici dovranno quindi tenere conto di questa posizione strutturalmente tipica del settore e comportarsi di conseguenza, abbandonando una gretta logica di tipo liberista. Penso ai diritti d'autore, ad esempio. Ma penso anche al futuro delle televisioni pubbliche. E penso più in generale che la stessa battaglia sia da compiere sul versante fiscale. Se accettiamo una logica non dirigistica, è la leva fiscale quella più appropriata per stimolare la produzione e le attività culturali, con regimi speciali per le imposte in dirette e con regimi adeguati per le imprese e le istituzioni che operano nel settore. E' necessario, insomma, aumentare gli investimenti diretti alla cultura. E' necessario all'interno di tutti i paesi, e soprattutto dell'Italia. Ma è necessario anche in Europa, presa nel suo insieme. Perché l'Unione Europea, dopo il grande sforzo di risanamento e di rigore imposto dalla convergenza alla moneta unica, ha bisogno di tornare a pensare alla crescita e all'occupazione. Ad investire su se stessa e sulle giovani generazioni.
Namir
Utenti - Dopo il tramonto della Democrazia Cristiana, il bilancio
economico dell'Italia, era fortemente debilitato, e' stato
evidente a tutti che la sinistra al governo ci e' arrivata in uno
dei piu' difficili momenti per il nostro paese. L'entrata in
Europa, richiedeva la collaborazione di tutti, dal cittadino,
all'opposizione, ai sindacati. Questo cambiamento che si sta
perpetuando, comporta sicuramente un appiattimento della libera
critica e quindi anche della crescita dell'essere politico. E'
stato giusto e necessario addentrarci nell'Unione Europea ?,
quali vantaggi reali, economici e culturali portera' tutto cio'
al nostro paese e a quale prezzo ?.
Walter
Veltroni -.Visto che accennate alla Democrazia cristiana,
fatemi dire che non condivido per nulla la tendenza che è in
atto da qualche parte a voler rivalutare gli anni Ottanta, il
decennio che ha preceduto il crollo delle forze che componevano
il pentapartito.Considero quegli anni uno dei periodi più bui
della storia dell'Italia repubblicana. E anche senza voler fare
riferimento diretto a tutto ciò che è stato successivamente
messo in luce dalle inchieste di "tangentopoli",basta
dire che quella è stata la stagione che ha gettato l'Italia in
un disastro economico per rimediare il quale ci sono voluti anni.
Un disastroche ha avuto ripercussioni talmente ampie da rendere
quasi impossibile il raggiungimento di quel traguardo che invece
il governo dell'Ulivo ha consentito: l'ingresso dell'Italia
nell'Euro. Ricordo ancora la sensazione di Romano Prodi e mia
appena insediato il nostro governo: sembrava davvero, a leggere i
conti dello Stato - anche i pochi mesi di governo Berlusconi
avevano lasciato il segno - che la nostra sarebbe stata una
missione impossibile. Invece, con fatica e grazie alla grande
responsabilità degli italiani, ci siamo riusciti. E ora non ci
sono alternative: è all'Europa che dobbiamo continuare a
guardare. E' sull'Europa che dobbiamo investire. E' sempre più
in Europa che si colloca la battaglia dell'innovazione e del
riformismo. La sfida europea non è finita. Dobbiamo proporci
nuovi obiettivi. Dobbiamo dire a tutti i cittadini e le cittadine
italiane che ci sono nuovi parametri da raggiungere. Nuovi
parametri che, diversamente da quelli di Maastricht, non ci
vengono imposti dall'alto. Che noi stessi dobbiamo scegliere, per
completare la costruzione di una nuova Italia, capace di crescere
di più e di crescere meglio: aumentare gli investimenti in
istruzione, formazione e ricerca; ridurre i tassi di abbandono
scolastico; aumentare la quota del risparmio intermediato da
investitori istituzionali e, contemporaneamente, migliorare le
possibilità di accesso delle imprese ai mercati dei capitali;
aumentare la diffusione dei computer nelle scuole e nelle
biblioteche; alfabetizzare tutti i giovani all'uso delle nuove
tecnologie; migliorare le condizioni di sicurezza sul lavoro;
ridurre l'evasione fiscale; attrarre nuove imprese nel
Mezzogiorno e far crescere le imprese esistenti; migliorare il
funzionamento e ridurre il costo di tutte le infrastrutture
civili e produttive; disboscare la giungla amministrativa;
ridurre i tempi della giustizia civile. Questi, ed altri ancora,
sono - come quelli di Maastricht - parametri quantificabili.
Devono diventare i nostri nuovi obiettivi, i nuovi obiettivi dei
riformisti italiani.
Namir Utenti - Lei spesso a dichiarato le sue simpatie per alcuni democratici americani, ma da quel che si vede recentemente, gli Stati Uniti sono fermamente intenzionati a proseguire nella realizzazione di prodotti alimentari TRANSGENICI e nella brevettazione dei geni. Se L'Europa vuole salvaguardare la sua industria alimentare e i suoi principi morali non potra' che continuare ad opporsi ad ogni costo a tale pericolosa politica economica. Cio' portera' ad un conflitto tra i paesi occidentali ? ( come ad esempio la guerra delle banane ? ) e quale sara', secondo lei il ruolo e la posizione dell'Inghilterra e dell'Europa rispetto a cio' ?.
Guardare con attenzione all'elaborazione dei democratici
americani non vuol dire certo essere d'accordo con tutto ciò che
viene dagli Stati Uniti. L'esempio più evidente, e più
doloroso, è quello della pena di morte, che noi vogliamo abolita
in tutto il mondo. Ma anche su questioni come quelle da voi
citate vale lo stesso principio: l'Europa, la civiltà europea,
hanno molto da dire su questi temi, che riguardano una sfera
etico-politica e che toccano aspetti estremamente delicati per la
nostra vita e quella dei nostri figli. Bene ha fatto Romano
Prodi, ad esempio, a intervenire in qualità di presidente della
Commissione europea per lanciare a Bill Clinton la proposta di un
foro di esperti - al quale partecipino non solo ricercatori e
scienziati, ma anche studiosi di bioetica e rappresentanti dei
consumatori e dei produttori - per il dialogo tra Ue e Usa sulla
questione delle piante e dei cibi transgenici. E allo stesso modo
occorre comportarsi di fronte ai cambiamenti indotti dagli
effetti a lungo termine delle scoperte mediche e dalla diffusione
dei sistemi di prevenzione e di cura. Il prolungamento delle
aspettative di vita e il miglioramento della qualità della vita
stessa, reso possibile dalle moderne conquiste scientifiche,
debbono essere guardati come grandi successi. Ma al tempo stesso
impongono una riflessione sui meccanismi di regolazione della
vita sociale. Basti pensare al grandetema della bioetica: in
questo campo chi governa sarà chiamato sempre più a fare scelte
chiare e dirimenti, a tracciare confini certi tra libertà
ecompiti della scienza da una parte e valori etici dall'altra.
Namir
Utenti - Negli Stati Uniti, sono gia' operative autostrade
telematiche che trasmettono informazioni, ad una velocita' dieci
volte superiore alla media europea. Visto che il mondo
telematico, sara' il futuro dell'economia, che speranze ha
l'Europa, di mantenere il passo, considerato che, porta al
seguito paesi come il nostro, in cui anche le biblioteche di
base, sono scarsissime, poco considerate ( si guardi il contratto
Federcultura, che si sta portando al termine insieme alla
modifica della legge 142 ) dall'ambito politico, quando invece
quest'ultime potrebbero essere utilizzate soprattutto per far
conoscere il - nuovo mondo - in rete, lasciando libera l'utenza
di usufruire del servizio pubblico ( quindi gratuito ) cosi' come
lo e' stato fino ad oggi ?.
Io credo che le nuove tecnologie ci offrano la possibilità di
far convivere l'innovazione con una qualità migliore della vita.
Non mi nascondo i rischi racchiusi nel fatto che la complessità
può tagliar fuori chi ha meno. Mi rendo conto che soprattutto
all'inizio le possibilità saranno riservate a chi è più
garantito. Penso anche, però, che se diversamente da quanto
accadrà ad un impiegato un operaio non potrà lavorare in rete
da casa, abbiamo invece l'occasione per consentire a suo figlio
di acquisire tutte le informazioni che vorrà, di essere davvero
al centro del sapere e di conoscere cose che suo padre non ha
potuto conoscere, di cui nella sua casa normalmente non si
potrebbe discutere. Insomma, ben governate le tecnologie possono
migliorare la vita e possono dare pari opportunità. Certo, ben
governate: e in questo l'Unione Europea - e, lasciatemelo dire,
in particolare la sinistra, chi ha a cuore un'idea dello sviluppo
coniugato con una società inclusiva, che "tenga
dentro" ogni individuo offrendogli legiuste opportunità -
ha un compito importante, può avere un ruolo decisivo.
Walter
Veltroni e nato a Roma nel 1955. Il suo impegno politico
inizia nella Federazione Giovanile Comunista Italiana, nella
quale e stato prima Segretario romano e poi membro della
direzione Nazionale. Consiglier comunale di Roma dal 1976 al
1981, Deputato nel 1987, vine chiamato a far parte della
Segreteria Nazionale del Pci nel 1988. E stato tra i
protagonisti della nascita del Partito Democratico di Sinistra in
esso e stato eletto membro del Coordinamento Politico e
responsabile dellarea delle Politiche della Comunicazione
nel 1991. Si e occupato di cultura, dei problemi
dellinformazione, del cinema e delle telecomuncazioni.
Giornalista professionista e stato direttore del quotidiano
LUnita dal 1992 al 1996, rilanciando il giornale a
vendite straordinarie. Protagonista insieme a Romano Prodi della
nascita dellUlivo raggiungendo la vittoria, con questo,
alle elezioni politiche del 21 aprile 1996. Vicepresidente del
Consiglio dei Ministri, - Ministro dei Beni Culturali dal 1998
Segretario Politico dei D.S. - Libri scritti da W.Veltroni: -
Il
PC e la questione giovanile 1977 Newton - Intervista a A.Occhetto 1978 E.Riuniti - Il sogno degli
anni 60 1981 Savelli
- Il
calcio e una scienza da amare 1982 Savelli - Io e Berlusconi 1990 E.Riuniti - I programmi che
hanno cambiato lItalia Tv. 1992 Feltrinelli - Il sogno spezzato
Kennedy 1992
B:Castoldi - La Sfida interrotta E.Berlinguer 1992 B.Castoldi - Certi piccoli
amori 1994 S.Kupfer.
- La
bella politica 1995
Rizzoli - Governare da sinistra 1997 B.Castoldi.