La guerra permanente e il diritto di resistenza

di wanda piccinonno

Dopo la tragedia dell’Olocausto si nutriva la speranza che la follia omicida del potere sarebbe stata definitivamente debellata . Siamo passati , invece , dalla Guerra fredda alla guerra civile planetaria , sicché pare quasi che "l’eterno ritorno della catastrofe " sia intrinsecamente incorporato nell’iter storico.

Vero è che la barbarie è polimorfa , mutevole , tant’è che esistono sostanziali differenze tra Nazismo , bipolarismo e globalismo . Difatti , mentre precedentemente il gioco dei poteri e i meccanismi di controllo risultavano intelligibili , oggi , per via di un contesto radicalmente metamorfosato , diviene piuttosto difficile focalizzare tutti i nodi della repressione , anche perché è ormai in declino la forma panottica del dominio .

Considerando che la guerra , nella fase odierna , è strumento di governo e principio costituente , per cercare di dipanare il bandolo della matassa , conviene tentare una decostruzione critica sul concetto di guerra postmoderna . I dati emergenti rivelano che la guerra si presenta in forme inedite , mostruose , complesse , vuoi perché assolve sempre più funzioni politiche , vuoi perché si registra il passaggio dalla dimensione nazionale a quella transnazionale , vuoi perché la guerra globale è costituente , ordinativa , repressiva , molecolare , onnipresente .

La guerra civile planetaria , dunque, non ha nulla in comune con la guerra civile moderna, perché notoriamente quest’ultima , sulla base della pratica della sovranità , poneva come condizione la pace . Oggi , in un mondo sostanzialmente " uno "e " pieno " , lo stato di guerra permanente pervade centri e periferie, investe la vita quotidiana , condiziona tutto il contesto sociale .

Ne consegue che invocare la legittimazione della guerra in senso giuridico risulta inattuale e decisamente opinabile , sicché anche l’internazionalismo onusiano appare inefficace e fuori tempo.

La realtà fenomenica mostra , infatti , che la guerra postmoderna è forma di governo , è potere repressivo costituente , è politica belligerante tout court , è guerra civile imperiale , è militarizzazione della vita ordinaria , è la macchina che determina la gerarchia dei poteri . Un altro elemento degno di nota è l’asimmetria bellica . A questo proposito Z . Bauman ha lucidamente osservato che le guerre asimmetriche favoriscono la supremazia delle forze globali , sono transnazionali , mutano rapidamente obiettivo , sono caratterizzate da coalizioni flessibili e privilegiano i raid " mordi e fuggi " .

Pertanto , penetrare nel dedalo mostruoso , rizomatico e striato dell’assetto odierno si rivela un’impresa piuttosto ardua , sia perché la guerra è forma della politica , sia perché la commistione guerra-terrorismo è indistinguibile , sia perché la virtualizzazione della guerra viene debitamente surriscaldata da uno strumentario retorico , che destabilizza il cosiddetto senso comune .

Difatti , le spedizioni militari , le guerre ordinative , vengono definite missioni di pace e , nel contempo , le pratiche repressive e di controllo sono avallate dall’ideologia sicuritaria . Di più , nella società dello spettacolo imperversano ossimori , metafore ed esilaranti barbarismi linguistici, che rendono superate le categorie concettuali moderne , come quelle inerenti la pace , i diritti , la democrazia , ecc .La verità è che ci troviamo di fronte ad un cataclisma sociale e culturale planetario , in cui lo stato di eccezione permanente diviene paradossalmente una costante . Se questo è lo scenario globale , è altresì vero che nel Belpaese si stanno toccando i vertici dell’intollerabile . Ciò è da imputare sia ad una tradizione politica caratterizzata da uno spirito compromissorio , corrotto e menzognero , sia al fatto che siamo governati da una banda di mercanti mafiosi . Per evitare di cadere nelle trappole devastanti della sindrome antiberlusconiana , è bene precisare che la mediocrità politica investe tutta l’area istituzionale . In realtà , la " sinistra", vuoi nella versione riformista , vuoi nella versione pseudorivoluzionaria , continua a navigare nel mare torbido dei compromessi e delle faide interne . Da qui il trionfo dell’ambiguità e di un ripugnante funambolismo , che peraltro emergono da una palese nebulosità lessicale . La verità è che i politicanti della domenica , managers della mediocrità , smentiscono sistematicamente la massima kantiana , secondo cui " l’onestà è la migliore politica " , e così facendo si disperdono nella selva oscura ed agghiacciante delle parole vuote e contraddittorie . Non può quindi destare stupore la profusione di un’oscena emissione di suoni , che ovviamente è lontana anni-luce da un progetto politico rigoroso , onesto, alternativo , costruttivo . In realtà , i giochi delle parti , le opportunistiche assenze e le elettoralistiche presenze , mostrano la vertigine pirandelliana delle identità, cioè una identità che è" una , nessuna , centomila " .

Con il massacro di Nassiriya poi si sono celebrati i fasti della più bieca e strumentale ipocrisia . Per non generare fraintedimenti , tengo a precisare che avverto una profonda pietà per i poveri ragazzi , anche perché sono stati vittime di un diabolico ingranaggio , che ha percepito i loro corpi solo come carne da macello .

Ma , constatando che il teatrino politico-mediatico ha allestito una rappresentazione scenica grottesca e fuorviante , è opportuno fare qualche osservazione .

Al di là delle mistificazioni eclatanti e di una nauseante retorica , i giovani di Nassiriya non possono essere considerati né eroi né missionari , ma solo e semplicemente militari caduti sul lavoro . D’altra parte , l’espressione " soldato di pace " è di fatto un ossimoro , una figura contraddittoria . Non senza ragione a questo proposito Fabio Mini , che non è " un disobbediente " ma un generale dell’esercito italiano , nel libro " La guerra dopo la guerra " parla di questa figura e scrive : " Dopo la caduta del Muro si è creato il mito di un nuovo soldato , il soldato di pace , ma è un mito pericoloso che fa perdere il senso della realtà e assumere inconsciamente rischi gravi " .

In realtà " gli odierni militari di professione non sono più degli audaci , spavaldi matador ; assomigliano più a dei freddi professionisti , pragmatici operatori in un modernissimo mattatoio" ( Z. Bauman).

Inoltre , l’episodio di Nassiriya ha confermato una regressione politica pre-moderna , infatti , sono stati esumati termini come patriottismo , eroismo . Di più , considerando che lo spettacolo del dolore e il refrein degli " italiani brava gente " , peraltro inconsistente , hanno assunto caratteri ossessivi , conviene fare ulteriori osservazioni . Merita , infatti , una precisazione l’analogia creata tra l’attacco alle Torri gemelle di New York e quello di Nassiriya . Il dettaglio non trascurabile è che mentre le vittime statunitensi erano civili , i presunti eroi italiani erano carabinieri , uomini in armi , che assolvevano il loro compito , obbedendo volontariamente ai dettami istituzionali .

La pietas per la morte delle giovani vittime è dunque legittima , a condizione che non si operino fuorvianti strumentalizzazioni , e a condizione che non si ignori il persistere delle violazioni perpetrate ai danni della popolazione civile irachena . Preso atto che non esistono vittime di serie A e vittime di serie B , giova sottolineare che l’allestimento dello psicodramma mediatico non è casuale , ma è funzionale ad alimentare un obsoleto e preoccupante nazionalismo e , al tempo stesso, ad eliminare tutte le forme di dissenso .

Per non cadere nelle trappole dell’endemico provincialismo italico e , nella consapevolezza che ogni evento va contestualizzato nelle dinamiche globali , conviene aggiungere che le strategie imperiali, sia pure in guise diverse , tendono a reiterare alcuni paradigmi , tant’è che anche Cicerone, in un famoso discorso al Senato , " De provincis consularibus " , disse che le conquiste dell’Impero avrebbero portato la pace .

Vero è che oggi la geografia del dominio è quanto mai complessa , perché l’unilateralismo americano- Ancien Règime si scontra con il multilateralismo imperiale .

Questa situazione è indubbiamente inquietante , ma spinge anche a nutrire la speranza che l’incubo orwelliano possa essere sconfitto dal multilateralismo , e soprattutto dai soggetti sovversivi , dai partigiani postmoderni della liberazione .

Intanto , mentre la realtà sta superando la fantasia , la repressione non concede tregua , basti pensare ai fogli di via recapitati a Luca Casarini , condannato al confino .

Ciò conferma che se le èlites globali governano attraverso la guerra costituente-repressiva , è altresì vero che il nostro paese , per via di pratiche consolidate , si può ritenere antesignano nell’arte della repressione e dell’inganno . A questo proposito risulta illuminante ascoltare la voce onesta di una vittima illustre , Antonio Negri , che animato da una profonda indignazione , scrive: " Ricominciamo dagli anni 30 , dai fratelli Rosselli . Che siano stati i " cagoulards " e gli sgherri di Costanzo Ciano ad ucciderli è noto . Che il loro isolamento sia stato propiziato dall’indifferenza e dalla scomunica degli stalinisti , oggi lo concede anche Veltroni ….. Il 68 e gli anni 70 noi li rivendichiamo interi , per quanto riguarda la nostra parte …. Noi resistemmo . Rivendichiamo i fratelli Rosselli . Per parte nostra , riuscimmo a rendere " infame " il progetto di compromesso storico , consustanziale alla linea stalinista fin dallo sbarco di Togliatti a Bari e del battesimo di Berlinguer …. Da dove viene questa strana ferocia che fa degli uomini di potere, qui da noi , sempre dei potenziali , spesso degli attuali poliziotti borbonici ? Perché in questo paese una " commissione di verità " non la si può neppure immaginare ? "

Le suggestive e toccanti considerazioni di Antonio Negri sono quanto mai significative per prendere coscienza che la commistione tra repressione e corruzione è stata la malattia endemica del nostro paere . Ciò significa che si dovrebbe rivendicare la verità del passato oppresso e , al tempo stesso , si dovrebbero smascherare le menzogne presenti . Da qui la necessità di ricordare la politica neoliberista del centro-sinistra , lo smantellamento dello stato sociale , le pratiche repressive perpetrate a Napoli ai danni dei movimenti . Si impone , pertanto , l’imperativo categorico di una resistenza globale , per demistificare la commedia degli inganni della sinistra ufficiale e per scardinare tutti i meccanismi di potere .

A questo punto si pongono quesiti cruciali : quale resistenza ? Quali strategie adottare dal momento che neoliberismo e guerra coincidono ? Inoltre , considerando che la società è sotto assedio , si possono rievocare le lotte partigiane contro il Nazi- fascismo ? Indubbiamente lo spirito che animava la Resistenza continua ad essere esemplare , ma bisogna anche prendere atto che l’assetto odierno è più complesso , infatti , i fascismi postmoderni presentano caratteristiche inedite e peculiari .

I processi di transnazionalizzazione , la potenza delle èlites globali , le variegate forme di terrorismo , la recrudescenza dei nazionalismi , il glocalismo, lo stato di guerra permanente , il potere cinico e spietato delle leggi di mercato , il divario tra la globalità del potere e il localismo della politica , la simbiosi tra guerra e discorso sicuritario , impongono una resistenza critica , che dovrebbe rimuovere la tentazione della "coazione a ripetere " . D’altra parte , stiamo vivendo un’autentica Apocalissi culturale , che non consente ripetizioni e che richiede la ricostituzione del nesso potenza/atto . Da qui la necessità di tracciare le coordinate teorico-organizzative della resistenza , per attivare una disobbedienza concreta , radicale, rivoluzionaria . Sono consapevole che il termine " rivoluzione " risulta scandaloso ed obsoleto per l’area istituzionale , così come per altri , malati di dietrologia , evoca immagini di un passato ormai remoto . In realtà , l’autentico rivoluzionario rifugge dal dogmatismo , ripudia il riformismo , non accetta schemi , sconvolge le proprie idee in relazione alla situazione esistente .

Ne consegue che la resistenza rivoluzionaria non può aspirare alla presa del potere , proprio perché dovrebbe annientare tutte le tecnologie dei poteri . D’altro canto , finchè inneggiamo al potere accettiamo i valori di Cesare ; se poi colleghiamo Dio al potere , allora ci macchiamo del più grande sacrilegio : quello di trasformare Dio in Cesare . Eppure l’uomo non ha fatto altro per migliaia di anni .

Ma considerando che la pubblicità della mente offre condizioni di possibilità per un significativo salto di paradigma , la resistenza postmoderna dovrebbe rimuovere tutte le griglie interpretative che frantumano la visione globale e che caldeggiano la rigorosità tendenzialmente vuota del formalismo . Per evitare ricomposizioni istituzionali , dunque , la resistenza rivoluzionaria dovrebbe destrutturare la logica del potere e optare per un radicale esodo costituente . E’ opportuno ricordare che anche Locke , grande teorico dello Stato borghese , parla di diritto di resistenza , ma quest’ultimo si configura come strumento della dittatura della borghesia , che poi si esprime attraverso il legislativo , contro gli abusi di prerogativa dell’esecutivo .

Preso atto che anche il diritto di resistenza può essere recepito in modo riduttivo ed opinabile , giova rimarcare che la resistenza rivoluzionaria dovrebbe sfuggire ai meccanismi perversi inglobati nel principio di rappresentanza , schivando , al tempo stesso, le astuzie connesse con la "governamentalità ".

Pertanto , se l’obiettivo è quello di costruire la " dittatura " della democrazia assoluta , bisogna delegittimare tutte le forme di dominio , che si sono sedimentate nel tempo del comando . Per sventare le imposture del potere e per esorcizzare l’incantesimo dell’ottimismo , occorre entrare nei dettagli , perché anche il concetto di democrazia si rivela ambiguo . Difatti , facendo un excursus storico , si rileva , che il concetto è piuttosto eterogeneo . Basti pensare che , dopo le democrazie monarchiche , plutocratiche , tiranniche dell’Antichità , abbiamo conosciuto tanti regimi moderni " democratici " , come la democrazia monarchica , parlamentare , liberale , cristiana , la socialdemocrazia, la democrazia militare o autoritaria . Ciò significa che la democrazia assoluta non ha mai avuto diritto di cittadinanza , proprio perché il contropotere è stato costantemente violato , anche se in guise diverse . In realtà , come sostiene Jacques Derrida , al di là del discorso convenzionale , si evince che " la democrazia non si presenta , non si è ancora presentata …è un concetto a venire " .

Fatte queste doverose considerazioni si pongono ancora una volta interrogativi inquietanti : come annientare il bollettino di guerra ? Come combattere le dinamiche perverse della quarta guerra mondiale che , come vuole Marcos, è condotta ovunque , con tutti i mezzi , contro l’umanità intera? Come domare gli spiriti animali del mercato ? Come fermare il gendarme Bush dopo la vittoriosa cattura di Saddam ?

Le parole chiave , a mio avviso , dovrebbero essere : defezione e disobbedienza. Quest’ultima , d’altra parte , è una virtù . E’ lecito ricordare , infatti , che secondo i miti ebraici e greci , la storia umana iniziò con un atto di disobbedienza . Quando Adamo ed Eva vivevano nel giardino dell’Eden , erano parte integrante della natura , solo quando osarono disobbedire a un ordine essi aprirono gli occhi , spezzarono il legame originario e diventarono individui .

Un altro disobbediente fu Prometeo , che rubando il fuoco agli dei , affermò : " Preferirei essere incatenato a questa roccia piuttosto che essere il servo ubbidiente degli dei " .

Se la capacità di disobbedire diede l’avvio alla storia umana , oggi , l’ubbidienza potrebbe essere la fine .

Vero è che la disobbedienza è stata costantemente criminalizzata e stigmatizzata . Difatti , sia gli stalinisti sovietici , sia l’imperialismo occidentale parlavano di democrazia , di libertà , ma , come si evince dalla verità effettuale, entrambi penalizzavano tutte le forme di dissidenza .

Ne consegue che solo l’arte della diserzione può generare il mondo del contropotere e costruire la democrazia a venire . Diserzione , disobbedienza , esodo, possono sortire effetti positivi , però , a condizione che non si confondano con un generico ribellismo . Non senza ragione Spinoza , rivoluzionario , eretico , "maledetto ", sostiene che l’uomo possa evolvere dalla schiavitù alla libertà, attraverso un processo di consapevolezza . " La potenza del sapiente - scrive Spinoza - è superiore all’ignorante che è guidato dalla sua cupidigia . L’ignorante, infatti , oltre ad essere sballottato qua e là in molti modi dalle cause esterne , e senza conquistare mai una vera soddisfazione d’animo , vive quasi inconsapevole di sé e di Dio e delle cose , e appena cessa di patire , cessa pure di essere . Il sapiente , invece , in quanto tale , difficilmente è turbato nel suo animo , ma , essendo consapevole di sé e di Dio e delle cose , per una certa eterna necessità , non cessa mai di essere , ma possiede la vera soddisfazione dello spirito ".

La conquista della libertà , la vitale ed eterna tensione costitutiva del contropotere, implicano e richiedono , dunque , l’acquisizione di " idee adeguate ". Partendo da questi presupposti Spinoza afferma che l’obbedienza fa il suddito , mentre la "resistenza attiva " si trasforma ragionevolmente in contropotere . Ne consegue che l’orizzonte dell’etica della liberazione deve includere una disobbedienza consapevole e , al tempo stesso , un radicale antagonismo . E’ pertanto evidente che la " resistenza attiva" è lontana anni-luce , vuoi dall’ideologismo di maniera, vuoi dal riformismo . Queste precisazioni sono doverose e necessarie , dal momento che anche la neobrigatista Desdemona Lioce usa il termine "antagonismo" , ma in modo delirante e "inconsapevole ".

Sarebbe auspicabile , invece , seguire le coordinate della lezione spinoziana , perché , soprattutto nella fase odierna , prima di inventare i giusti strumenti della resistenza , si dovrebbero conoscere le forme delle cose . Ciò significa che consapevolezza e "sapienza" costituiscono gli elementi imprescindibili per rinvigorire l’agorà .

Bisogna quindi ripensare i concetti di resistenza e di insurrezione in una prospettiva altra , che dovrebbe inglobare anche una concezione di " rivoluzione molecolare ".

D’altra parte , l’Apocalissi culturale in corso , denotando un contesto mostruoso e caleidoscopico , impone invenzione , riflessione critica , una ricognizione materialistica della soggettività , e non la pratica distruttiva dell’omicidio politico .

Per demolire i parametri dei fascismi postmoderni e per incrementare la potenza del contropotere, bisogna opporre alla necrofilia imperiale la biofilia di una vitale resistenza . Ciò significa che la cultura della defezione dovrebbe essere assunta come impianto teorico-pedagogico , per promuovere l’amore per la vita , per la pace , per la giustizia sociale . Ciò detto , per non cadere nell’utopismo e per rispondere alle allarmanti minacce del globalismo, occorre prendere coscienza che se le moltitudini postmoderne sono alla ricerca di nuove strategie, è altresì vero che il coinvolgimento della cosiddetta gente comune lascia a desiderare , basti pensare " all’italica brava gente " che ha partecipato alle celebrazioni funebri degli " eroi " di Nassiriya .

La verità è che l’immaginario collettivo , pur mostrando una maggiore capacità critica , continua ad essere preda della società dello spettacolo . In realtà coloro che vogliono cambiare il mondo si scontrano con una dura realtà fattuale . Difatti , non solo la gente comune è condizionata dalle seduzioni mediatiche , ma anche all’interno dei movimenti emergono bizzarre ed inquietanti commistioni con il potere costituito . Potrei a questo punto fare esplicito riferimento ad episodi sconcertanti e a personaggi disgustosi , ma preferisco non cadere nelle trappole della denuncia , anche perché quest’ultima è lo strumento abituale del teatrino della politica ufficiale .

Preso atto che non esiste nessun tipo di alternativa nel sistema istituzionale , conviene aggiungere che la resistenza rivoluzionaria incontra impedimenti sempre più pesanti . Difatti , la legittimazione bellica della geografia del dominio si sta intensificando , mentre di fatto non esistono anticorpi efficaci del contropotere . Vero è che facendo un excursus storico si evince che il contropotere non è mai riuscito ad esprimere tutta la sua potenza . Oggi , poi , per via del potere totalitario delle forze globali , sarebbe fuori luogo ipotizzare una improbabile presa del Palazzo d’Inverno. E’ bene sottolineare che questa fantasiosa prospettiva va rimossa tout court , perché la presa del potere risponde sempre alla logica del potere . In altri termini , sostituire un potere egemone con un altro potere , risulta un’operazione opinabile e fuorviante , basti pensare agli esiti della Rivoluzione russa .

Le osservazioni fatte mostrano che il terreno della resistenza è attraversato da variabili ignote e in continuo divenire , sicché la ricerca di strumenti efficaci presenta non poche difficoltà .

Difatti , se nomadismo , meticciaggio culturale , intellettualità di massa , cosalità del pensiero, offrono condizioni di possibilità , ciò non significa che rappresentino automaticamente la garanzia per la costruzione di un mondo altro .

Molti sono gli elementi da considerare , come la depoliticizzazione del mondo , i grandi poteri della tecnologia e dell’economia ,il progressivo intreccio di dipendenze globali . D’altra parte , se la rivoluzione informatica consente spazi di libertà , è altresì vero che è una sorta di Giano bifronte , perché è inglobata nei meccanismi di dominio .

Per quanto concerne la moltitudine , bisogna ribadire che , come vuole Paolo Virno , essa non è " tutta rose e fiori ". " La moltitudine è un modo di essere , il modo di essere oggi prevalente : ma come tutti i modi di essere , esso è ambivalente , ossia contiene in sé perdita e salvezza , acquiescenza e conflitto . Il punto cruciale , però , è che queste possibilità alternative hanno una fisionomia peculiare , diversa da quella con cui comparivano nella costellazione popolo/volontà generale / Stato" . Questo nuovo assetto , sostiene Virno , mette fuori gioco "la teoria della proletarizzazione " .

Ciò conferma che per trarre efficaci categorie teoriche , bisogna operare una rottura epistemologica , che impone la rimozione di codificazioni consolidate . I nuovi militanti della contestazione , dunque , non si possono avvalere di un copione , sicché , partendo dalle condizioni di possibilità dovrebbero tracciare le coordinate di una resistenza efficace , costruttiva , rivoluzionaria , non perdendo mai di vista che il mondo globale è attraversato da potenti gerarchie di potere . Pertanto , una resistenza consapevole dovrebbe prendere atto che il cancro neoliberista è pregno di metastasi : è , in altre parole , un’infezione batterica , che include una serie di organismi assalitori .

I percorsi di resistenza quindi dovrebbero cancellare non solo le inibizioni paralizzanti , ma dovrebbero elidere anche le contraddizioni , per pensare cartografie deterritorializzate e per delineare nuovi processi costitutivi , che siano fuori dalla dialettica del capitale . La liberazione può darsi , ma non è scontata . Ciò spinge a porre un quesito cruciale : quale via battere per produrre disobbedienza , diserzione , esodo ?

Senza pretendere di essere depositaria di verità assolute e incontrovertibili , vorrei tentare di tracciare i prodromi di una nuova militanza .

Innanzitutto è indispensabile un approccio critico , eretico , sovversivo , per evidenziare che il teatrino della politica istituzionale , per via della caccia al voto , si avvale di strumentali rappresentazioni , intrise di una sorta di naturalismo impolitico e di un devastante realismo pragmatico . In realtà , ci troviamo di fronte ad un cabaret mediatico-politico che esprime il trionfo assoluto della insignificanza delle parole , tant’è che democrazia e autoritarismo , destra e sinistra , guerra e pace , pubblico e privato , sembrano assumere una valenza evanescente .

Si impone dunque l’esigenza di scelte radicali , che non possono prescindere dall’astensionismo.

Quest’ultimo non si inscrive nei parametri di un banale qualunquismo , vuoi perché il mito della rappresentanza va rimosso tout court , vuoi perché l’astensionismo è intrinsecamente incorporato nella cultura della defezione .

L’astensionismo diviene così una scelta politica e , al tempo stesso , strumento efficace di resistenza , sia per delegittimare il gioco dei poteri costituiti , sia per effettuare la liberazione del contropotere .

Per divulgare la pratica dell’astensionismo si dovrebbe incrementare un lavoro capillare di comunicazione , non trascurando il contatto faccia a faccia con quello che si definisce pubblico del talk – show . Quest’ultimo è totalmente assorbito dalla rappresentazione mediatica , sicché il simulacro diventa una presenza più reale della realtà , cioè " diventa una mappa che precede il territorio " ( J . Baudrillard ) . Il fatto inquietante è che il simulacro non è falsa rappresentazione della realtà , infatti , non è né cosa reale né il suo modello creato dall’uomo: è entrambe le cose . I talk – show quindi attraversano lo spartiacque tra pubblico e privato , generando così una comunità di individui uniti solo dalla loro autosegregazione .

Ne consegue che ogni distinzione tra vero e falso , tra reale e immaginario , perde di valenza , e ciò implica il ribaltamento radicale della verità fattuale .

Esiste , dunque , un meccanismo perverso , che lega mondo reale e mondo televisivo , e ciò "non consente più la presenza di un " fuori" . Non senza ragione Z . Bauman ha osservato che " se la televisione guida il mondo , è perché lo segue ; se riesce a diffondere nuovi modelli di vita , è perché replica tali modelli nel proprio modo di essere " .

Ciò significa che il mondo reale e il mondo televisivo " sono stretti in un abbraccio inestricabile" , sicché la banalizzazione della demagogia mediatica finisce col coincidere con la forma di vita .

Inoltre , il potere televisivo , e non solo quello berlusconiano , censura , smussa , incrementa lo spirito di propaganda dei politicanti , cementa il culto della celebrità , appiattisce e deforma il concetto di verità . Di più , per via della gara spietata dello share , le informazioni in offerta superano di gran lunga la capacità umana di assorbirle . Da qui quella che George Steiner definisce " cultura da casinò " , ossia una cultura che si basa su giochi veloci , che si susseguono gli uni agli altri a ritmo serrato , sicché la posta in palio , per via della velocità fulminea , si svaluta prima che il gioco termini . Ne consegue una cultura della istantaneità , della episodicità , che contribuiscono a segnare la fine della politica e a creare una comunità ossimorica .

Per quanto concerne Internet , pur essendo un prezioso strumento di comunicazione globale , non può essere considerato la panacea di tutti i mali .

In altri termini , bisogna prendere atto che esiste un consistente numero di persone che non legge giornali e libri , non usa il computer , oppure l’uso del computer si limita ai siti porno , ai calendari,ecc, pertanto la televisione diviene l’unico mezzo di informazione . Da qui i meccanismi di reclusione mentale , che ovviamente inficiano ogni capacità critica .

Le osservazioni fatte non sono vane , perché se si vuole diffondere la cultura della resistenza , bisogna cementare tutti i rapporti interpersonali per demolire definitivamente " l’etica del Sì". Insistendo sul diritto illimitato di resistenza , conviene aggiungere che esso deve inglobare la valorizzazione dal basso di una socializzazione extralavorativa e la rimozione della società salariale . Per quanto riguarda il concetto di rappresentanza giova ricorrere a Paolo Virno , che afferma : " L’antifascismo radicale consiste , oggi , nel concepire la crisi della rappresentanza non già come inevitabile sclerosi della democrazia , ma , al contrario , come la straordinaria occasione di uno sviluppo sostanziale . Altrimenti detto , immunizzarsi dal " fratello gemello " significa , oggi, elaborare e sperimentare organismi di democrazia non rappresentativa " . Per perseguire questi obiettivi occorre dare piena espressione politica all’intreccio attuale tra lavoro , comunicazione , sapere astratto .

Di più , Virno suggerisce di seguire le coordinate tracciate dal movimento del 77 .

" Quest’ultimo ebbe la sventura di essere trattato come un movimento di marginali e di parassiti , senonchè , marginale e parassitario era il punto di vista adottato da chi muoveva tali accuse . Infatti , costoro si identificavano in tutto e per tutto con il paradigma fordista , reputando "centrale" e " produttivo " solo il posto fisso ….. Si identificavano dunque con il ciclo di sviluppo ormai in declino " ( P. Virno ) .

Vero è che anche oggi alcuni politici e sindacalisti ripetono come dischi rotti vecchie formule, sottovalutando il dettaglio non trascurabile che viviamo in un contesto radicalmente metamorfosato .

Ciononostante l’intelletto pubblico postfordista offre preziose condizioni di possibilità , sicché esistono buone ragioni per sperare nella diffusione globale della cultura della defezione .

Se l’assetto odierno apre a una speranza rivoluzionaria , è altresì vero che la guerra permanente e quotidiana ridimensiona l’ottimismo . Difatti , i movimenti si scontrano con la repressione poliziesca e , al tempo stesso , vengono sistematicamente penalizzati per la presunta presenza di gruppi violenti . D’altra parte , ciò non può stupire , perché , oggi , i poteri globali governano ricorrendo alla " canagliacrazia " , sicché Stati , immigrati , rivoltosi , disobbedienti , diversi , esclusi, diventano tutti canaglie pericolose . " Appena si parla di una canaglia , sostiene J. Derrida , ci si richiama all’ordine , si è già cominciato a denunciare un sospetto , si annuncia un fermo , addirittura un arresto , una convocazione , un ordine di comparizione , un’imputazione : la canaglia deve comparire davanti alla legge " .

A questo punto , considerando che dilaga la " canagliacrazia " e rilevando che il problema della violenza è tanto attuale , è opportuno fare qualche osservazione . Assodato che gli atti vandalici e criminali sono deprecabili , va precisato che il tema della violenza è piuttosto complesso , tant’è che al di là delle macchinazioni del potere costituito , la categoria concettuale della violenza risulta nebulosa , enigmatica , polimorfa, controversa . Innanzitutto , facendo un excursus storico si evince che esiste una violenza fondatrice del potere , che perennemente stigmatizza tutte le forme di dissidenza .

Da qui la condanna storica a tutti i disobbedienti , che sono stati sempre considerati fuorilegge .

Non senza ragione Benjamin sostiene che lo Stato non può fare a meno della violenza per costituirsi . D’altronde , al fondo di ogni legittimità formale c’è sempre una illegittimità sostanziale , cioè un atto di violenza .

La violenza , in realtà , non è né legale né illegale , è , invece , illegittima la legge del potere , che legalizzando i soprusi , pre-giudica i partigiani del contropotere .

E’ bene rilevare , inoltre , che la violenza istituzionalizzata , legalizzata , non si avvale solo della repressione poliziesca , ma anche di una repressione più subdola , più sotterranea , ossia quella che manipola e che predispone gli individui al conformismo . Esiste poi la violenza rivoluzionaria , che persegue l’obiettivo di demolire il potere costituito . C’è , dunque , più di una violenza , sicché , se si destorifica il fenomeno , ogni definizione risulta opinabile e fuorviante .

Fatte queste sommarie considerazioni sul tema della violenza e continuando ad esplorare l’assetto odierno , si rileva che i prodromi della resistenza postmoderna promettono una fenditura della storia e aprono lo spazio per la democrazia a venire .

La moltitudine , infatti , pur manifestando caratteristiche ambivalenti , si configura come forza del contropotere tout court , proprio perché ripudia la nefasta logica della presa del potere .

Di più , il movimento antisistemico rifiuta la violenza distruttiva dei kamikaze e tenta di muoversi in un’ottica radicalmente altra , infatti , si sottrae alla logica bellica e opta per forme di contestazione inedite e appassionate .

I corpi della moltitudine , pur rimuovendo la cultura della violenza , non sono preda di tendenze masochistiche , sono , invece , corpi desideranti , che non possono accettare di essere massacrati dalle macchine d’assedio dei poteri globali . In altri termini , se le forze del contropotere dovessero creare spazi costituenti , allora sarebbe più che legittimo difendere i luoghi della liberazione . In questa prospettiva " il ricorso alla forza deve essere concepito in relazione a un ordine positivo da difendere e da salvaguardare ".

Vero è che l’architettura aberrante della crudeltà globale , il degrado della politica ufficiale , l’incontrollato avvitamento del processo di globalizzazione , concedono un esiguo spazio alla speranza . Ma occorre anche rimarcare che se la rottura epocale apre condizioni di possibilità , è altresì vero che la disobbedienza odierna genera non poche perplessità . Basti pensare alla trappola tesa al " Manifesto " dall’associazione Ya- basta per la pubblicazione della falsa lettera di Marcos . Questo episodio è decisamente sconcertante , vuoi perché mostra le palesi derive del movimento , vuoi perché evidenzia che concretare l’etica della liberazione risulta un’impresa piuttosto ardua .

Difatti , rifiutando tutti i panegirici di un incondizionato entusiasmo , va aggiunto che il movimento sta diventando preda dello specchio deformante della "politica della vita ".

Quest’ultima , osserva Z. Bauman , " ingigantita ben oltre le sue proporzioni naturali , riempie l’intera cornice , impedendo la visione del resto del quadro ". Da qui la ricerca di soluzioni locali a problemi di natura globale . " Una risposta efficace alla globalizzazione , non può che essere globale . E il destino di tale risposta globale dipende dall’emergere e mettere radici di un’arena politica globale - in quanto distinta da "internazionale " , o più precisamente "interstatale" ( Bauman ) .

La verità è che gli appuntamenti " antiglobalizzazione " costituiscono una risposta inadeguata alla catena globale dei poteri . Sicché , per rimuovere la monotona ripetizione dei vertici e dei controvertici , si dovrebbero conoscere le forme delle cose , il terreno dal quale germogliano .

Ciononostante , considerando che il contropotere è un sempiterno divenire , è auspicabile che la moltitudine sia in grado di escogitare le "idee adeguate " per delineare una progettualità collettiva e per attivare un modus operandi fecondo contro il libertinaggio del capitale , contro l’Impero del capitale collettivo , contro le astuzie del parlamentarismo , contro il monopolio della violenza dei poteri globali .

In altre parole , si dovrebbe disobbedire in un’ottica globale , coniugando azione e pensiero , vita activa e vita speculativa .

Evitando , dunque , di cedere all’abbraccio caldo e rassicurante di un fantasioso ottimismo , e non condividendo né il pessimismo radicale né la fede in un’età dell’oro , conviene prendere coscienza che il desiderio di resurrezione e la presenza della materia prima , ossia l’intellettualità di massa , non garantiscono l’avvento di un ordine mondiale alternativo e di una comunità inclusiva .

Pertanto , da " canaglia " , da marxista non ortodossa e aperta a sperimentazioni nuove , rivoluzionarie , creative , vorrei evocare lo spettro di Marx , che , malgrado le note funerarie e le reiterate condanne , continua a lanciare messaggi di altissima valenza .

Il barbuto di Treviri scrive : " La storia non fa nulla ; la storia non possiede ricchezze , non combatte nessuna battaglia . E’ invece l’uomo , l’uomo reale , l’uomo vivente ad agire , a possedere, a lottare . Non è affatto la " Storia " che si serve dell’uomo come di un mezzo per realizzare i propri fini , quasi si trattasse di un essere a sé , ma al contrario la storia non è che l’attività dell’uomo che persegue i propri fini " .

 

 

 

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