15 Agosto 2007 Gli Schiavi (Moderni) sono
tanti, milioni di milioni...
Il Corriere della Sera ha attaccato Beppe
Grillo e il libro: Schiavi Moderni con
editoriale di Pietro Ichino il 14 agosto in prima
pagina e con due articoli oggi a pagina 10. Troppa
grazia.
Questo libro deve dare molto fastidio. Mi fanno
passare come un fomentatore di odio, un falsificatore.
Ichino mi chiede un confronto pubblico, venga a
Bologna lotto settembre e lo avrà. Prima però
si ripassi il libro. Lo hanno scritto i precari,
non lho scritto io. Lo hanno commentato un premio
Nobel per lEconomia. Joseph Stiglitz, e un
professore universitario, Mauro Gallegati.
Vogliamo discutere la legge 30 Vogliamo riformare le
leggi sul lavoro Non vogliamo fare un c...o Fate un
po voi. Il problema rimane e prima o poi
esploderà.
Luciano Gallino sulla Repubblica di oggi,
nellarticolo: "Precariato Globale"
scrive: "Un primo elemento è il numero di coloro
che hanno unoccupazione precaria, vuoi perchè il
contratto è di breve durata, oppure perchè non sanno se
e quando ne avranno un altro. Secondo una stima da
considerare prudente, esso si colloca tra i 4 milioni e
mezzo e i 5 milioni e mezzo di persone ... Cinque
milioni di persone con un lavoro precario rappresentano
più del 20% degli occupati. Ma questi sono
soltanto i precari per legge certo non soltanto a
causa della legge 30, bensì di unevoluzione della
nostra legislazione sul lavoro iniziata, come minimo, sin
dal protocollo del luglio 1993."
Il professor Gallegati risponde a Ichino.
"Caro Beppe,
"Schiavi Moderni" voleva essere solo un libro
che riportasse storie, purtroppo, vere di
ordinario precariato. Le polemiche di questi giorni
ci fan capire che "Schiavi Moderni" è molto di
più che una raccolta di testimonianze: è il segnale del
disagio di una generazione. Sarà allora il caso,
nonostante sia Ferragosto, di provare a rifletterci
ancora.
Una organizzazione certo poco contigua al terrorismo
quale lOECD ha più volte
ricordato che quando si liberalizza il lavoro a termine,
tale riforma va accompagnata da riforme nel campo
della protezione dellimpiego, altrimenti si
viene a creare un mercato del lavoro caratterizzato da
profonde differenze tra lavoratori a tempo determinato e
a termine con diversi diritti, tutele e retribuzioni,
specie per i giovani e per i meno qualificati. Inoltre si
può produrre un ricorso ai contratti a termine che
genera un effetto negativo su produttività e crescita
professionale: il lavoro a termine è spesso
caratterizzato da breve durata del contratto e da assai
limitate opportunità di crescita professionale (e quindi
di retribuzioni e pensioni), o addirittura di formazione
delle competenze. In breve: senza interventi a
protezione del lavoratore a termine, la flessibilità
si trasforma in precarietà con conseguenze immediate
sulla vita dei singoli lavoratori coinvolti e di più
lungo periodo sulla società.
Questultimo aspetto non viene spesso enfatizzato.
Inviterei tutti ad una breve riflessione. La disciplina
del mercato del lavoro, se mira alla sola flessibilità,
rischia di innescare effetti indesiderati, se non
contrastanti, rispetto a quelli che si dichiara di voler
perseguire. I vantaggi di breve periodo che si ottengono
da forme doccupazione temporanea possono tramutarsi
in svantaggi nel lungo periodo, in termini di maggiori
costi per il sistema pubblico, sanitario e
previdenziale, e per la composizione stessa della spesa
sociale. Questo perché la precarietà influenza
comportamenti e stili di vita che vanno al di là di
scelte strettamente economiche: quando, ad esempio,
costituire un nuovo nucleo familiare, aver figli o
accendere un mutuo
Il problema è il solito: se il lavoro è flessibile gli
imprenditori assumono più facilmente, ma senza le
adeguate protezioni sociali, il rischio dimpresa
va a ricadere sui lavoratori nel breve periodo e
nella società (ovvero su tutti noi) nel lungo. Siamo
disposti a condizionare così pesantemente il futuro (di
tutti) a vantaggio (di pochi) di oggi
Vediamo ora cosa hanno prodotto in Italia le riforme del
mercato del lavoro. Negli ultimi 10 anni sono stati
creati più di 2 milioni di posti di lavoro, soprattutto
grazie al forte incremento dei contratti temporanei e
dalla regolarizzazione dei lavoratori immigrati.
Nella postazione agli "Schiavi Moderni" viene
fatto rilevare come il ricorso a contratti temporanei o a
impieghi part-time abbia "diluito"
loccupazione. Se è infatti aumentato il numero
degli occupati, la produzione totale non ha seguito un
andamento analogo: si è prodotto lo stesso livello di
PIL con un uguale volume di lavoro. Il numero di
occupati è aumentato solo perché due lavoratori a
termine con un contratto di 6 mesi equivalgono ad un
lavoratore su base annua. E siccome il costo per
limpresa di 2 lavoratori a termine è inferiore al
costo di 1 a tempo indeterminato
(state tranquilli:
non mancherà qualcuno che vorrà farci credere che la
persona a cui viene rinnovato un contratto semestrale
sarà in fondo contenta del protrarsi di questa
precarietà).
Se i contratti di lavoro atipici rappresentano meno del
15% delloccupazione totale, il 30% dei giovani
hanno un contratto di lavoro dipendente in forme
atipiche. Il valore è tre volte superiore rispetto alle
altre classi detà e questo ci avverte che i
"nuovi" impieghi sono prevalentemente atipici mentre
unanalisi del livello distruzione presenta
risultati sorprendenti: lincidenza
dellatipicità è superiore per i laureati.
Infine i dati sulla cosiddetta "trappola della
precarietà", cioè il passaggio mancato da lavori
precari a stabili: dati ISTAT ci informano che oltre il
55% dei lavoratori atipici ha mantenuto un contratto
"atipico" (lavori svolti prevalentemente da
lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996).
La legge 30 ha cercato di regolamentare il lavoro atipico
e, tra laltro, di disciplinare il fenomeno dei
co.co.pro. (ex co.co.co.) nellintento di
restringerne luso, se utilizzato come strumento per
sottrarsi alla legislazione di tutela del lavoro.
Di fatto però, senza interventi pubblici a tutela del
lavoratore atipico, ci si è ancora una volta ridotti ad
ampliare le alternative dellimprenditore privato
nellimpiegare lavoro, che ora dispone di tipologie
contrattuali, diverse dal tempo pieno e per una durata
indeterminata: lavoro a tempo parziale, determinato,
intermittente e ripartito. Di fatto, viene ampliata la
discrezionalità dellimprenditore nellassumere
lavoro mentre nulla si muove per tutelare i diritti dei
lavoratori.
Se non interverranno cambiamenti significativi dei tassi
di trasformazione verso lavori non precari, né i
necessari aumenti di occupazione "reale", il
nuovo mercato del lavoro non sarà capace di mantenere
il sistema nel suo complesso (risparmi, sanità,
previdenza e stato sociale). E di tutto ciò faremmo
volentieri a meno. Grazie per lospitalità." Mauro
Gallegati
Scaricate il libro
"Schiavi Moderni"
Ichino. Esperto in lavoro (degli altri) di
Arnolfo
Spezzachini
Ho letto qualcosa di Pietro Ichino, ho
sentito discutere
delle sue opere in tv, in questi giorni soprattutto del
suo libro I nullafacenti.
E allora ho pensato, questo qui ne
capisce di lavoro,
lavora, avrà lavorato.
Insomma mi sono andato a vedere il suo
curriculum.
LIchino mi nasce a Milano nel
1949, fin da giovanissimo
si appassiona al mondo del lavoro (non al lavoro ma al
mondo del lavoro) ed alla tenera età di ventanni
(nel
1969) diviene dirigente sindacale della CGIL-FIOM,
incarico che ricoprirà fino al 1972.
Assolve gli obblighi di leva come
marconista
trasmettitore (come me, sigh, anchio cantavo la
canzoncina onda su onda noi siam trasmission, gente
che
non fa niente che non cha voglia di lavorar, gente
specializzata a stare in branda a riposar) ed è
quindi
pronto a rientrare nel mondo del lavoro, ritorna infatti
tra i ranghi della CGIL dove resterà sino al 1979.
Nel 1979 Ichino ha ormai
trentanni, posso immaginare la
moglie che gli dice "Pie ormai chai
trentanni, se non
vuoi trovare un lavoro almeno trova uno stipendio ed una
pensione".
Detto fatto lIchino viene eletto
alla Camera dei
deputati, e va pure in Commissione Lavoro.
Però non è ancora contento, ha lo
stipendio, si è
assicurato una ricchissima pensione, che
comincerà a
percepire nellaprile del 2009 dopo aver
lavorato ben
4 anni alla Camera (dal 1979 al 1983), ma sente che gli
manca qualcosa.
E qualcosa arriva, nel 1981 (non vi
sfugga che nello
stesso momento era parlamentare) viene assunto come
ricercatore allUniversità di Milano.
Nel 1986 diviene docente di Diritto del
lavoro dopo
concorso.
Quasi dimenticavo la cosiddetta Legge
Mosca, leggina
allucinante (poco) nota per aver contribuito a creare
una piccola voragine nei conti pubblici italiani, tale
legge era nata come legge numero 252 del 1974 e
consentiva a chi avesse collaborato con partiti e
sindacati di vedersi regolarizzata la propria posizione
contributiva scaricando i costi sulla fiscalità
complessiva e dietro una piccola certificazione
presentata dal partito o dal sindacato.
In buona sostanza con questa legge
vennero
"regolarizzate" le posizioni di migliaia di
persone che
risultarono essere state impegnate come dirigenti
sindacali sin dalle scuole medie, questa orda assetata
di soldi è costata alle casse dello stato una cosuccia
come 25mila miliardi di lire distribuiti tra oltre
40.000 persone, si badi bene non tra 40.000 lavoratori
ma tra 40.000 oscuri funzionari di partito e nobilissimi
rappresentanti dei lavoratori.
Comprendo bene la vostra obiezione,
la Legge
è del 1974 lIchino è stato
sindacalista fino al 1979,
se ne ha goduto è solo per una parte della sua carriera
ed in fondo la legge cera, lui che poteva fare.
Errore, la legge era del 1974 ma è
stata prorogata più
volte; particolarmente interessante per meglio
illuminare il personaggio Ichinesco è lultima
proroga,
avvenuta nel 1979; abbiamo detto come il nostro sia
stato deputato nella VIII legislatura , durata dal 20
giugno 1979 all11 luglio 1983, ma lIchino non
è
arrivato alla Camera il 20 giugno 1979 ma il 12 luglio
in sostituzione di un collega ed il suo primo atto, da
vero alfiere dei veri lavoratori, è stato quello di
correre ad aggiungere la sua preziosa firma alla
proposta di legge numero 291 presentata il 10 luglio
1979 ed avente a titolo "Riapertura di termini in
materia di posizione previdenziale di talune categorie
di lavoratori dipendenti pubblici e privati", così
facendo il deputato Ichino si affrettava ad aggiungere
la sua firma sotto un progetto di legge che favoriva
spudoratamente i sindacalisti come Ichino, contribuendo
a causare una voragine nei conti pubblici che il
professor Ichino propone oggi di sanare per il mezzo di
rigore, sacrifici e duro lavoro (degli altri).
In buona sostanza io, che ho 39 anni,
sono impiegato
pubblico e, tra mille difficoltà, lavoro da quando avevo
21 anni non so come e quando andrò in pensione mentre il
castigatore dei nullafacenti si trova ad avere già
diritto a due pensioni ottime (quella di docente
universitario e quella di deputato che SONO CUMULABILI)
più un altro paio potenziali, quella di giornalista e
quella di sindacalista.
Insomma Ichino, ho capito che dovrò
lavorare fino a 250
anni di età per pagarLe le pensioni, ma almeno non
potrebbe evitare di prendermi pure in giro
Arnolfo Spezzachini
Scritto il 22/07/07 alle 18:53
http://arnolfospezzachini.blog.kataweb.it
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