Genova, sabato 21 luglio 2001… C’ERO ANCH’IO.

alice.arduini@tiscalinet.it

    Cara Luana,
ieri ero in un bar, sai, sono diciottene ed era una dlle tante riunioni per
i conscritti...ero seduta ad un tavolo con 18 persone ed ad un tratto ho
scoperto che..accanto a me c'erano quattro persone che la pensavano come me,
persona che non si erano ancora lasciati ipnotizzare dal nostro carissimo
presidente del consiglio..persone che non avevano ancora quel cuore
grigio..quel cuore di una macchina che ormai è dentro in moltissima gente,
gente che come un robot si fa ipnotizzare da Berlusconi, dai telegiornali
(che per forza di cose sono condizionate dalla sua autorità o dittatura come
la vogliamo chiamare) e dalla stampa.
Io credo, io penso, io vivo, io ho ideali, ma poca gente riesce ad essere se
stessa, ormai tutto si sta risucchiando dentro il fascismo, già, perchè
siamo nel fascismo.
Io sento l'ingiustizia, io sento la mia voglia di manifestare e non ho
potuto fare a meno di sentire la voce degli ignoranti, che diceva "Ma che
cosa ci vai a fare a Genova? Vai a farti ammazzare? ", poi, davanti alle
immagini dei telegiornali: "Ha ragione il poliziotto, si, aveva 20 anni, di
leva, poverino, era molto agiatato..ha fatto bene, se non sparava veniva
ucciso.."...certamnete, un carabiniere è diventato Dio, lui ti giudica, lui
decide se è il momento di morire, lui vede i tuoi peccati, li giudica e con
il fucile trascina la tua vita lontano da Genova, dau tuoi cari e da tutti i
tuoi valori.
Certo, era giovane, era di leva, ma cosa faceva un pivellino li a Genova,
chi mette in mano un arma capace di uccidere a un pivello che fa servizio
militare?
Non sapevo che si potesse uccidere per paura...
cos'è una nuova legge di Berlusconi? Lui che intanto che la gente si batteva
per i suoi ideali, veniva massacrata di botte, intossicata dai
lacrimogeni...lui, mente Carlo Giuliani moriva era lì, a preoccuparsi del
sorriso...davanti alle telecamere e hai flash..dei fotogravi mentre
stringeva la mano ai suoi amichetti.
Il capitalismo ci porterà alla rovina Luana,
dobbiamo riuscire a non farci ipnotizzare da questo regime fascista.
un bacione.
Alice

C’ero anch’io e voglio riportarvi la mia testimonianza dato che i mass media (come ben sappiamo) sono riusciti a stravolgere o a ‘correggere’ le informazioni trasmesse; le ‘solite’ mezze verità trasformate per il bene di non si sa chi.

 

Partenza ore 6 di mattina, io ed altre due ragazze…

Avrei voluto partecipare agli incontri del Genoa Social Forum già da giorni prima ma la realtà è che posso partire solo oggi.

La tensione dentro di me è alta dato che le notizie che mi sono arrivate sono riuscite a produrre disagio e paura… penso a quanto sia subdola questa politica di tensione a cui non voglio sottostare: si è parlato di manifestazione organizzata, pacifica, democratica ed io ci sono per capire e nel contempo dimostrare che ciò è possibile.

L’inquietudine mi fa pensare ad un viaggio pieno di disagi, di blocchi e perquisizioni… in due ore siamo a Genova e abbiamo intravisto solo un’auto della polizia all’ingresso di Genova Nervi. Vaghiamo per manciate di minuti alla periferia di Genova alla ricerca di un parcheggio; ci sono file di giovani davanti ai pochissimi bar aperti in periferia per la colazione. Parcheggiamo di fianco ad una specie di tendopoli, entriamo per cercare informazioni, (una cartina, l’unica che avevamo, è stata dimenticata a casa). Ci sono centinaia di giovani che discutono degli avvenimenti del giorno appena passato e delle misure possibili di sicurezza da adottare, qualcuno accenna anche a strategie di attacco.

Usciamo dalla ‘tendopoli’ e ci dirigiamo verso il centro… sembra una tranquilla e calda giornata estiva ma le strade sono piene solo di giovani. Percorriamo delle vie senza neanche ben sapere dove siamo. Chiediamo qualche indicazione, seguiamo la maggior parte delle persone.

Ci ritroviamo davanti ad una salita che porta direttamente alla piazza da cui inizierà la manifestazione; si riconosce perché è letteralmente assediata dalle camionette blindate della polizia… passargli accanto e sentirmi squadrata dall’alto in basso mi mette a disagio. Anch’io li guardo, guardo gli innumerevoli giovani ‘costretti’ da giorni a stare su quei camion pronti a qualsiasi situazione di emergenza. Cerco di pensare a cosa poterebbero provare ma immediatamente il pensiero fugge perché incrocio lo sguardo di un poliziotto che sta caricando un lacrimogeno e vedendomi lo nasconde!

La piazza è semideserta, qualche gruppo di ‘Rifondazione’ e sparsi giovani dall’aspetto anarchico. Sono solo le dieci del mattino e decidiamo di raggiungere a piedi il centro dirigendoci verso il lungo mare. Arriviamo ad una chiesetta dove i Francescani si mettono a disposizione per incontri di preghiera ed informazioni sul “Debito dei Paesi poveri”; il clima è quello ideale e ci sediamo lungo un marciapiede che da sul mare.

Se non fosse per gli elicotteri che ci sorvolano, per i gommoni che presidiano la costa e l’assenza di traffico sembrerebbe una bellissima giornata di ritrovo giovanile e di culture diverse. Vedo passare un’infinità di gente: siamo tutti diversissimi ma manifestiamo per le stesse ragioni. Passano bandiere della pace tenute da latino americani, passano rappresentanti del popolo curdo, di Pax-Cristhi, le ‘Donne in nero’, associazioni non violente, Rifondazione Comunista, anarchici, Rete di Lilliput, Lega ambiente.

Stiamo aspettando degli amici da Torino e siamo continuamente in contatto telefonico… non è per niente facile trovarsi in mezzo a cotale folla. Ormai è mezzogiorno passato, ci siamo abbrustolite sotto il sole, siamo riuscite a mangiare qualcosina e a parlare coi gruppetti vicini; quasi tutti sono arrivati in treno (da Napoli, da Roma, Milano…), non hanno subito nessun tipo di perquisizione e sono qui nonostante le tensioni e gli scoraggiamenti di molti.

Riceviamo la notizia che una ragazza che conosciamo è stata picchiata il giorno prima; l’adrenalina mi sale al cervello, mi stringe lo stomaco, crea ansia.

Dopo una mezz’oretta vedo arrivare questa ragazza che si dirige verso il corteo; ci salutiamo, le chiedo come sta… non ha ferite evidenti. Mi racconta che stavano manifestando il giorno prima in modo pacifico in una piazza a mani alzate e, d’improvviso, hanno gettato lacrimogeni; loro si sono seduti inneggiando alla non violenza e i poliziotti hanno cominciato a manganellare a destra e manca (la signora vicino a loro è stata ricoverata per contusioni violente alla testa). Oggi erano ancora lì a manifestare… con una certa preoccupazione ma c’erano.

All’una circa il corteo inizia a partire; la piazza ormai strabordava e hanno cominciato a far fluire gente nelle strade. I nostri amici non sono ancora arrivati per cui aspettiamo ancora ad inserirci nel corteo. Vedo persone e ancora persone e ancora persone… un flusso infinito e determinato di qualsiasi posizione, credenza, colore.

Finalmente troviamo gli altri, ci incontriamo e, dopo qualche tentennamento, ci buttiamo nel corteo.

Capitiamo proprio verso la fine in mezzo agli anarchici. La mia tensione sale alle stelle: mi vedo gente vicina con mazze, caschi, vestiti di nero e con una fortissima determinazione.

Decido di inserirmi più avanti, capito in mezzo ai COBAS; nel giro di dieci minuti ci impongono i cordoni e mi vedo intorno gente con caschi e bastoni.

Mi stacco dai cordoni e ne approfitto del momento in cui il corteo è fermo per portarmi avanti verso un’ala a mio parere più tranquilla. Mi avvicino a manifestanti che urlano e fischiano, realizzo in quel momento che siamo davanti ad un’immensa caserma dei carabinieri che è situata sul lungo mare; dietro ad un enorme cancello, in cima alla salita, una schiera di centinaia di poliziotti è pronto all’attacco… il panico mi attanaglia lo stomaco e le gambe. Penso di tutto, dalle guerre nel Kossovo al golpe in Cile e nella mia testa frulla il concetto di Stato d’assedio; cerco in qualunque angolo del mio cervello una ragione per giustificare questa situazione… non ne trovo di plausibili, o meglio non ne trovo di giuste che possano impedire alla mia coscienza e al mio corpo di proseguire.

Mi inserisco in un gruppo di manifestanti che balla a ritmo di tamburi… ballare allenta la tensione ed abbassa la soglia di adrenalina . Intanto continuano a giungere notizie che il corteo è stato frantumato, che in piazza Kennedy ci sono stati scontri e che stiamo andando incontro alle forze speciali… ma come? La manifestazione è stata autorizzata e io non ho ancora visto casi di violenze!?

Passiamo lentamente di fianco ad una piazza invasa dalla polizia, ci sono anche due ‘carri armati’. Cerco di capire quale sia la mia parte di terrorista… vedo nella manifestazione con me signore sopra i cinquanta e sessanta anni, vedo un papà con le figlie… perché tutta questa tensione, questo attanagliamento delle forze dell’ordine??

Il corteo viene definitivamente bloccato… vediamo del fumo nero in basso alla discesa che stiamo percorrendo, vediamo del fumo bianco (lacrimogeni!)… il panico sale: si smette di ballare, iniziano gli sguardi tesi e un via vai di notizie contraddittorie.

Un vortice entra nella mia testa, voglio solo scappare, urlare, essere un’altra persona… mi accorgo che anche altri sono nel panico, alcuni lo sono nel completo silenzio. Qualcuno inizia a correre ed c’è un accenno di caos… fortunatamente, non so per quale motivo, si inizia ad inneggiare alla nonviolenza, ci si immobilizza, la maggior parte si siede e resta con le mani alzate.

Si urla di restare calmi, che se non scappiamo le forze non interverranno pesantemente.

La signora di fianco a me nota la mia espressione di ansia e mi dice “Beh dovevi saperlo che se venivi a Genova almeno una manganellata ci scappava!”. Lo pensavo ma fino all’ultimo avrei sperato che in una manifestazione pacifica ed autorizzata non ci fosse bisogno di questo genere di interventi… inizia ad arrivare puzza di aceto mista ad acrilico… non sappiamo più cosa stia succedendo. Un ragazzo si alza e comanda la calma e di tener alzate le mani… è un ragazzetto ma molto autorevole; invidio la sua (finta) sicurezza che riesce a manipolare le masse e a far sì che anche gli anarchici, di fianco a noi, si tranquillizzino.

Passano i minuti e la tensione cresce di secondo in secondo… sembra tutto così surreale anche se nei pensieri di molti ci sono già scene di manganellate. L’attesa si addensa di vari pensieri e sono questi che psicologicamente influiscono sul tuo comportamento, le emozioni provate hanno la capacità di immobilizzare un corpo, di farlo piangere, di farlo reagire spropositatamente.

Squilla il telefono della ragazza vicina… è in comunicazione con casa. Loro non sanno niente, non ci sono informazioni a riguardo mentre spiega con voce tremante che siamo seduti in corteo con le mani alzate, che dietro di noi c’è la polizia, davanti a noi le squadre speciali che avanzano e lanciano lacrimogeni, da un lato il mare e dall’altra un muro altissimo… stanno giocando al gatto con il topo… siamo praticamente attanagliati! Questa affermazione mi blocca completamente… cerco di trovare le ragioni del mio manifestare per darmi coraggio… in questo momento non ne trovo, riesco solo a dare ascolto al mio stomaco e la testa impazzisce.

Di colpo la fila davanti si alza impaurita ed inizia a scappare, la gente comincia a travolgersi; ci sono urla che invitano alla calma… ho il tempo di pensare a dove andare, mi dirigo verso il mare, poi, invitata da un’amica mi butto contro il muro. Siamo schiacciati, con le mani alzate… ci lanciano lacrimogeni. Vedo gente intorno a me che estrae limoni e si spruzza il succo in gola e negli occhi per bloccare gli effetti del gas.

Un ragazzo dietro me urla di tenere le mani alzate, mi bagna un foulard e me lo fa metter sul viso dicendomi di tenere gli occhi chiusi.

In quel momento quel ragazzo diventa la mia fortuna, mi da la sicurezza che, in momento di panico e degenero totale, c’è ancora chi, oltre a manifestare diritto e solidarietà, lo applica nelle situazioni di emergenza e bisogno… tutto ciò mi carica molto.

Ormai le sostanze al peperoncino lanciate dai corpi speciali hanno il loro effetto: comincio a piangere, mi sento la pelle ustionata ma soprattutto non riesco più a respirare, mi sento svenire.. mi aggrappo al manifestante davanti a me e cerco a tastoni il muro… tolgo il foulard e cerco intorno a me le persone… dietro a me solo fumo e militari che avanzano. Uno di loro si avvicina col manganello, mi sta a dieci centimetri, lo guardo anche se vedo poco poiché ho gli occhi velati da lacrime artificiali (indotte dai lacrimogeni) , agita il manganello e mi urla “VAI VIAA!!!!”.

Il signore davanti a me si blocca , va verso il militare nonostante la moglie cerchi di trattenerlo e “Figli di puttana, ci state trattando come bestie… non abbiamo fatto niente…” non fa in tempo a finire la frase perché il militare gli tira una manganellata. Un’altra manganellata va ad un signore che non si muove perché cerca di calmare e prendere in braccio la figlia terrorizzata.

Guardo il militare, si vedono solo gli occhi dietro ad un’armatura impressionante e cerco di interpretare i suoi pensieri… chissà cosa penserà dei manifestanti, di questo suo ‘lavoro’, chissà se è costretto o in fondo prova anche un po’ di piacere e senso del potere a fare tutto ciò?

La ragazza di fronte a me viene presa dal panico, inizia a piangere, sembrerebbe pianto convulsivo… mi dice che alcuni dei militari sono suoi amici e tutto ciò è inconcepibile!

Ci fanno uscire dalla strada facendoci passare a mani alzate davanti a decine di furgoni blindati della polizia. Abbasso le mani perché non mi sento una terrorista, non mi sento nel torto e mentre sfilo di fronte ai camion guardo uno per uno i poliziotti… avranno la mia età e non so quali e quanti pensieri… alcuni si coprono il volto, non si capisce se per paura o per umiliazione.

Ristagniamo a piccoli gruppetti sempre sotto osservazione della polizia; arriva un ragazzo con la maglietta intrisa di sangue, gli chiedo se gli serve un medico ma non mi sente neanche e continua la sua automatica camminata. Un’altra ragazza scoppia piangere… capisco che in questi momenti ci sono due comportamenti estremi o di panico, pianto e immobilizzazione o di pura reazione di volontà. Arriva un gruppetto delle prime file: gente che si è buttata in mare, gente che si è arrampicata su alberi, ammassata sopra altra gente… una ragazza ha perso le scarpe, un altro lo zaino, chi il sacco a pelo.

Dopo qualche minuto i furgoni blindati se ne vanno rincorsi dai fischi di chi è rimasto sano, ma rimaniamo comunque sotto il tiro di potenziali cariche di lacrimogeni.

Decido di andarmene da questo schifo, da questa città martoriata e da questa gente umiliata… mi dirigo verso la macchina… mi aspettano due ore circa di cammino.

Negli occhi scene da film, da guerra… volti di persone ferme, caritatevoli e volti incazzati e menefreghisti… c’è odore di disprezzo nei confronti dei manifestanti sia da parte della polizia sia da parte della gente di Genova.

Persone che sono stati volontari a Sarajevo, che sono volontari di associazioni, gente che è stata a Roma e che solitamente viene applaudita… le stesse identiche persone qui vengono disprezzate, allontanate, manganellate.

Durante il ritorno tra me e le compagne di viaggio regna completo silenzio, le nostre teste e i nostri cuori stanno tentando di rielaborare le vicissitudine e le emozioni provate.

Passiamo di fronte alla caserma dei carabinieri, alcuni sono schierati intorno alla fortezza e ci guardano come se fossimo le giuste vittime bastonate, come se il pericoloso ‘corteo di tori’ fosse stato soddisfacentemente represso e disperso.

 Li guardo con calma e mi sento del disprezzo nel cuore, provo pietà per loro… immagino il futuro dei loro figli e penso che, quando capiranno cos’è veramente avvenuto durante quelle giornate, si stupiranno di non essere stati con noi.

Nel lungo tragitto mi chiedo a cosa sia servita questa manifestazione, dove abbia portato… ripenso ai miei sentimenti e mi accorgo di non aver mai rivolto un pensiero ai G8 e al loro pompato, aristocratico e asettico incontro. Ho pensato alla guerre, ai problemi della fame, alla povertà non solo di intere popolazione ma anche di noi stessi, della nostra fragilità ed inconsistenza, dei diritti negati, delle voci spezzate…

Mi sono sentita schiacciata nella dignità, nella non possibilità di manifestare i miei valori (anche oggi sono confusa ma soprattutto arrabbiata per ciò che è successo). Arrabbiata ma non impotente, umiliata ma non schiacciata, delusa ma pronta a ripartire ancora più carica e con più speranza.

Riprendiamo la macchina, ci lecchiamo le ferite morali… uscendo da Genova incontriamo decine e decine di blindati della polizia; prima dell’uscita dalla città hanno deciso di perquisire le auto.

Ora capisco il bluff; una sorta di Grande Fratello di Orwell in cui tutto è già predeterminato e studiato nei piani… ‘niente perquisizioni all’andata ,tutti al ritorno!’.

Accendiamo la radio e uscendo da quel luogo ascoltiamo tutti i notiziari possibili… cifre di feriti che non corrispondono alla realtà (sono notevolmente abbassate), colpevolizzazioni degli interi manifestanti classificati come rivoltosi e violenti. Tutto ciò mi disgusta!

In pochissimi trasmettono l’informazione per ciò che è senza rimaneggiamenti vari… ho deciso così di scrivere questa mia avventura giornaliera per poter dare contro informazione ( è esperienza soggettiva ma reale).

Torno a casa delusa dai giochi politici e di forza ma ancora più combattiva e volenterosa di impegnarmi nel quotidiano per i valori in cui credo e che mi sono vista negare, pensando a quante situazioni di lotta e ricerca di giustizia ci sono (e si sono concentrate a Genova).

Penso che nel nostro piccolo si possa fare molto e vorrei si potesse continuare a farlo con democrazia e libertà.

 

Sara