Genova, la seconda fase del movimento

Un anno dopo.

Con il cuore appeso a ricordi ruvidi, con il vuoto provocato dalla morte di Carlo, con la sensazione di essere nel vivo di un conflitto per trasformare il mondo, ma anche con la consapevolezza di quanta violenza viene scagliata contro questa sfida. Con questo animo, da oggi, Genova si riempirà di nuovo di parole, voci, idee, assemblee, cortei e balli. Sarà diverso da un anno fa, sarà forse tutto più lucido. Ma sarà ugualmente importante, ugualmente denso.
In un anno il movimento ha fatto tanta strada. Ha mutato il senso di molte cose, ha influito sulla cultura, sulla politica, sull’immaginario e sul simbolico. Ha reso evidente un aspetto dell’attuale situazione internazionale - quella che comunemente viene definita "globalizzazione" - rivelando un carico di ingiustizie e di squilibri finora sottaciuto. Ha costruito una pulsione sociale positiva che non ha mancato di abbattersi su una politica stanca e disattenta, determinando luoghi e spazi, tra cui i social forum, di una rinnovata partecipazione politica. Ha rappresentato un antidoto possibile, comunque l’unico, alla mortale tenaglia costituita dal binomio guerra-terrorismo. E ha combattuto generosamente per questo: in Italia, negli Stati Uniti, poi a Porto Alegre. Infine ha creato le condizioni favorevoli affinché anche altri soggetti si mobilitassero, il sindacato innanzitutto, facendosi trovare pronto all’appuntamento con le lotte per i diritti e rendendosi sensibilissimo al grande e complesso tema della questione sociale.
Un movimento che ha cavalcato un anno terribile e fecondo e che oggi si ritrova insieme, non solo per un’operazione simbolica di riconoscimento collettivo, ma anche per valutare come andare avanti, dove andare, con chi.

Il lavoro di Genova
Genova può essere, quindi, ancora una grande invenzione collettiva per costruire nuovo movimento. Lo dimostra la ricchezza e la varietà di un programma sterminato che si amplia ogni minuto che passa. Nello svolgersi di questo programma non mancherà evidentemente la riflessione su cosa si è stati, sulle scelte praticate e gli errori commessi. Una discussione che è cominciata già da qualche settimana e che sta attraversando tutte le anime del movimento. Ci sono documenti e appelli proposti alla discussione; i forum sociali realizzano approfondimenti in loco; domenica ci sarà anche un’assemblea nazionale per provare a dirsi meglio cosa si pensa e forse anche per individuare i punti di un’agenda che dia il senso del lavoro futuro.
A giudicare dallo spiegamento dei temi in programma e dalle "join venture" realizzate nell’organizzazione delle piazze, il movimento appare tutt’altro che diviso o incapace di lavorare ancora insieme. Nell’aria che si respira alla vigilia, nonostante la presenza di autonomie rivendicate e di percorsi separati, si percepisce ancora un afflato unitario, la sensazione diffusa che si va avanti ancora tutti insieme, che insomma, «è ancora tempo di semina e non di raccolta». Questa dimensione è chiaramente visibile nel percorso di costruzione del Forum sociale europeo, una delle iniziative più impegnative previste per l’autunno e che, ad oggi, vede insieme tutte, ma proprio tutte, le anime e le espressioni del movimento, forse anche più di quanto si è realizzato in occasione del controvertice di Genova. La capacità di essersi ritrovati su un progetto, sulla costruzione di un’ipotesi "positiva" - a Firenze non ci sarà nessuno da contestare, ma solo qualcosa da esprimere - è la prova più evidente di quanto il movimento sia vivo e fertile. Genova rappresenta un passaggio essenziale per rendersi conto di questa potenzialità e per cominciare a dipanarla nel modo più ampio e condiviso possibile.

L’autunno che ci aspetta
Ma da oggi a domenica, nonostante l’estate piena, non si potrà non parlare di autunno. Quello caldo che la Cgil ha già annunciato, quello degli scioperi, delle lotte sociali, del no alla Bossi-Fini, così come quello della guerra all’Iraq. C’è un piano di lavoro che può essere stilato subito, un orientamento comune - lo sciopero generalizzato, la costruzione di disubbidienze esemplari, la difesa di diritti essenziali, il no preventivo alla guerra - che può costituire un’agenda comune, rapida e densa allo stesso tempo. Nella capacità di redigerla, si passerà necessariamente al "secondo tempo" della partita, a una fase di mobilitazione in cui il confronto con soggetti che oggi mostrano - si pensi alla Cgil - disponibilità importanti alla lotta, diventa cruciale: nel senso di un ampliamento del peso specifico del movimento, ma anche di possibili "scivoloni" verso posizioni moderate. In questa seconda fase ci sarà dunque molto da lavorare: per costruire la necessaria unità d’azione senza smarrire contenuti e senza rinunciare a battaglie politiche chiari. Ma forse anche per costruire un *nuovo movimento dei movimenti* che attorno alla questione sociale e alla dimensione europea si presenti come un argine convinto e necessario al "vento di destra" che soffoca l’Europa e di cui il governo Berlusconi è uno degli interpreti più fedeli. E’ una strada già inscritta nel percorso di quest’anno e negli accadimenti di questi giorni. E che può rappresentare un nuovo inizio.

Salvatore Cannavò (giovedì 18 luglio)

 

 

20.07.2002 Bella ciao, domani il film proibito di Anna Maria De Luca

«Per poter dare a tutti la possibilità di vedere Bella Ciao servirà giocoforza che qualcuno lo riprenda con una telecamera privata durante una delle poche proiezioni che si potranno tenere». Dalla conferenza stampa di Palazzo Ducale, Vittorio Agnoletto, commenta l’ultimo atto della vicenda che vede protagonista il film documentario di Marco Giusti, Carlo Freccero e Roberto Torelli sui giorni del G8. La pellicola è stata finalmente sdoganata, ma solo per una proiezione, presso il Teatro della Corte, grazie all'intervento del Comune di Genova e di Anita Ginella del Centro ligure di Storia sociale. Insomma, vedere il film resta ancora un'impresa impossibile per tutti quelli che non saranno a Genova domani. «La vicenda di Bella Ciao non si può che definire come un gravissimo caso di censura - afferma Agnoletto - Ma non credo che sarà l'unico a cui assisteremo in questi anni. Questo paradossale episodio è assolutamente nel segno della Rai di Baldassarre, quello che vuole riscrivere la storia. Un caso di censura ancora più grave dato che questo film, prodotto dalla tv pubblica, è stato realizzato con i soldi di chi paga il canone». Insomma, Bella Ciao non deve entrare in circolazione. È un documento che fa paura: creato per la messa in onda su RaiTre, censurato dall'azienda («ci dissero che mancava il punto di vista della polizia», ricorda Freccero), poi selezionato nella Settimana della critica del Festival di Cannes. Bella ciao mostra ciò che conviene non diffondere in giro: meno persone lo vedono, meglio è. Come si può dunque fare per limitarne la circolazione? Lo spiegano, durante la conferenza stampa, Roberto Torelli e Stefano Stefani, un produttore indipendente che ha chiesto invano alla Rai di poterne acquistare i diritti: «Le motivazioni del rifiuto della Rai hanno dell'assurdo e del paradossale: alle nostre richieste di distribuire il film prima e poi di poterne acquistare i diritti, hanno risposto che su Bella Ciao gravavano vincoli derivanti dalla colonna sonora. Ci siamo detti disponibili a cancellare il sonoro, ma neppure in questo caso i veti sono caduti». L’appuntamento di domenica resta quindi un prezioso e, purtroppo raro momento per vedere Bella Ciao, un film che avrà una ufficiale diffusione carsica a meno che qualcuno, come è stato detto dal pubblico dopo la provocazione di Agnoletto, non provi a "taroccare" il master originale e diffonderne le copie. «Attenzione - ha subito precisato Agnoletto - il mio non è un invito a riprodurlo illegalmente, ho già tanti guai giudiziari». «Bella Ciao»: come l'hanno visto a Cannes

di Gabriella Gallozzi