Per fortuna (mia) l'episodio da raccontarvi
non è particolarmente grave, ma direi 'interessante'.
Sabato 21 ero a Genova; nel primo pomeriggio ero vicino
al piazzale Kennedy quando sono scoppiati i primi scontri
con la polizia. Ero insieme a quelle centinaia di persone
che, per scappare alle cariche, sono scese verso il mare.
Dopo aver aspettato un bel po' di tempo che la situazione
si tranquillizzasse, ho deciso, assieme ad altri tre
amici, di tentare di ritornare sulla strada percorsa
durante la manifestazione (mi pare si chiami Corso
Italia). Ci siamo avvicinati, eravamo sotto il livello
della strada e dall'alto, dal corso, un gruppo di
poliziotti ci ha fatto segno di salire la rampa di scale
che permettevano l'accesso al corso. A mani alzate
abbiamo fatto quella rampa di scale passando molto vicini
ai poliziotti (a meno di due metri) i quali ci hanno
sputato addosso. G.M. <<<<>>>> Giornate strane queste.
Paura, rabbia, dolore, sconcerto. Venerdì 20 eravamo a
Genova, io ed altri compagni della provincia di Pisa.
Siamo partiti in corteo dal Carlini... le cariche che
abbiamo subito sono state violente. cose mai viste. Ma la
cosa più agghiacciante è ciò che ci è successo in un
bar...sempre venerdì pomeriggio. Irruzione improvvisa di
8 poliziotti armati fino ai denti dentro il bar. Hanno
iniziato a picchiare tutti...con una ferocia disumana.
Hanno trascinato fuori anche un nostro compagno che stava
bevendo ... ed un'altra ragazza che non conoscevamo. LI
HANNO MASSACRATI. La ragazza è stata arrestata dopo
essere stata picchiata selvaggiamente. Il compagno che
era con noi...è riuscito a scappare mentre gli mettevano
le fascette. Ha un occhio nero, manganellate sulla
schiena..gli sbattevano la testa contro la saracinesca
del bar.... Noi tutti che eravamo rimasti dentro il bar
abbiamo assistito a tutto ciò senza poter far nulla. uno
strazio. Ci hanno spruzzato gas irritante negli occhi.
erano eccitatissimi, continuavano ad urlarci di
uscire...ma fuori c'era la guerra...sentivamo i compagni
gridare 'siamo pacifisti!!'. Ma non serviva a nulla. la
loro furia era incontrollabile. Siamo rimasti nel retro
del bar, con gli occhi che bruciavano...(non vedevamo
nulla) e con il terrore addosso. Davanti a noi un
poliziotto che continuava a imprecarci contro. Voleva che
uscissimo. Il signore del bar era più sconvolto di noi.
Diceva in continuazione ' ma non hanno fatto nulla !!!' '
Andate fuori, per piacere'... parole inutili. Ci
bagnavamo la faccia di continuo...per cercare di calmare
il bruciore. Poi finalmente se n'è andato. Il gestore
del bar ha subito chiuso tutto...e noi siamo rimasti nel
bar x circa 30 minuti. LETTERALMENTE SCONVOLTI. Appena
siamo usciti ci siamo diretti a corsa verso il campo. C.
era già arrivato. Ci siamo abbracciati. Silenzio nelle
tende. Facce distrutte dalla paura e dal dolore. Non ho
altro da aggiungere. C. <<<>>> GENOVA , 20 luglio 2001 Vi
racconto ciò che ho visto (e sentito) di persona.
Partiamo da Milano alle 7 con un treno speciale;
arriviamo a Genova attorno alle 12.30, saliamo
tranquillamente sugli autobus che ci attendono per
portarci a Piazza Kennedy ; allo Stadio Carlini, gli
autobus ci fanno scendere: dallo stadio sta uscendo il
corteo dei centri sociali, con migliaia di ragazzi
imbottiti con giubbotti salvagente, bottiglie di
plastica, gommapiuma; il corteo è molto tranquillo e
festoso, non si vedono strumenti di offesa .Superiamo il
corteo che si sta formando per dirigerci rapidamente a
piedi verso piazzale Kennedy, ma corso Gastaldi è
sbarrato da un servizio d'ordine (credo di militanti
genovesi di Rifondazione) che blocca il corteo in quanto
appena più giù stanno avvenendo atti di vandalismo; ci
dicono che anche a piazzale Kennedy ci sono altri
disordini e ci consigliano di cambiare direzione a questo
punto il gruppo milanese è già sparpagliato; con alcuni
amici, seguendo un gruppetto della rete Lilliput,
pensiamo di dirigerci direttamente verso la nostra
'piazza tematica', piazza Manin, in quanto ci sembra la
più pacifica e lontana dalla zona rossa ; seguiamo le
strade parallele a Corso Gastaldi e ad ogni incrocio
possiamo vedere ciò che accade: qualche decina di tute
nere stanno devastando vetrine e bruciando cassonetti;
nelle strade laterali che stiamo percorrendo, vediamo
arrivare parecchie auto (italiane): arrivano veloci,
parcheggiano nelle vicinanze del corso, ne scendono
gruppi di ragazzi apparentemente 'normali' che si avviano
rapidamente e con decisione verso il luogo dei
vandalismi; eppure tra i vandali vediamo solo tute nere,
per cui tute e armi sono evidentemente già in loco;
ricordo (ma sono ricordi confusi), di aver visto alcuni
tipi che decisamente 'stonavano' tra i manifestanti:
teste rasate, tipo naziskin osserviamo a lungo questi
fatti, mentre camminiamo verso il 'fiume' chiedendoci
dove diavolo siano i 20.000 poliziotti: infatti non se ne
vede uno; gruppetti di manifestanti appena arrivati come
noi vagano sperduti e spaventati; dovunque i pochi
genovesi rimasti ci indicano le strade più sicure, non
troppo stupiti di quanto sta accadendo. Preoccupati e
stanchi (abbiamo gli zaini con le tende), ci
arrampichiamo fino a piazza Manin; qui ci sembra di
rivivere: giovani, famiglie, banchetti del commercio
equo, un complessino che suona; ci rilassiamo, seduti
sulle aiuole a poco a poco - saranno state le 14 -
gruppetti di anarchici arrivano nella piazza con le
bandiere; molti dei presenti non ci fanno caso (non hanno
visto quello che sta succedendo sotto), altri li
osservano preoccupati, altri cercano di convincerli ad
andarsene; qualche decina di black arriva alla
spicciolata e si addensa sul lato di via Assarotti; ci
chiediamo che fare, ma non sappiamo da che parte andare;
i banchetti vengono rapidamente smontati, la gente si
alza spaventata. Improvvisamente la piazza si riempie di
fumo, tutti corrono sul lato più lontano dai black ma la
polizia è improvvisamente comparsa e sta sbarrando la
via di fuga: è il panico, ci troviamo tra due fuochi, la
polizia schierata da un lato della piazza e i black
sull'altro lato della piazza; quello che tutti cercano di
fare è togliersi dalla traiettoria polizia-tute nere,
nell'ingenua convinzione che queste ultime siano
l'obiettivo dei poliziotti; io mi butto verso una
scaletta che scende sull'altro lato della strada, ma
appena sto per scendere la polizia lancia un lacrimogeno
proprio lì; arretro tornando sulla strada, mi trovo tra
un gruppo di persone terrorizzate che si appiattiscono
contro il muro con le mani bianche alzate; polizia e
black si fronteggiano, noi siamo spiaccicati su un lato
proprio vicino alla polizia; agitiamo le mani, che sia
chiaro chi siamo; i miei amici sono rimasti sull'altro
lato e mi urlano 'non stare lì' ma è troppo tardi.
Parte la carica; i poliziotti invece di avanzare verso le
tute nere puntano dritti su di noi, bastonando le mani
alzate; cado, mi riparo la testa con le braccia, conto
più di 10 colpi, poi non li conto più; vedo gli
scarponi dei poliziotti passare accanto a me e ognuno dà
un colpo, forse di più; quando i piedi finiscono di
passarmi davanti agli occhi, mi alzo barcollando; vicino
a me alcune persone sanguinano dalla testa; i lacrimogeni
ci soffocano; i poliziotti sono ancora lì, si sono
fermati dopo averci picchiati, ci osservano con
indifferenza; i black sono scomparsi, nessuno sembra
averli inseguiti ho una mano rotta, non sento più le
dita, vago per la piazza, temo un'altra carica, non so
dove andare; dopo mezz'ora arriva un'ambulanza che carica
solo i più gravi, a me dicono che ne arriverà un'altra;
arrivano dei medici volontari a piedi, mi fanno una
steccatura d'emergenza, mi dicono di non andare
all'ospedale altrimenti mi arrestano; ma dove posso
andare così conciata, senza mezzi di trasporto, con lo
zaino? Arriva un fotoreporter che era presente e si è
preso anche lui una randellata in testa; si offre di
portarmi in moto all'ospedale; decido di correre il
rischio della denuncia, non ho scelta; ovviamente tutti
gli altri presenti, tranne quelli feriti in testa,
scelgono di non andare all'ospedale percorriamo in moto
corso Gastaldi devastato e fumante, arriviamo al San
Martino, lui mostra il pass ed entriamo, evitando i
poliziotti il pronto soccorso è pieno di medici e
infermieri, tutti allertati e in attesa dei primi feriti:
mi portano subito ai raggi; il corridoio pullula di
poliziotti in barella, pochissimi i manifestanti; dopo
quello che ho appena visto, non ci posso credere e
interrogo i medici; si mettono tutti a ridere:
quelli appena li toccano vengono a fare i raggi,
così hanno i giorni di permesso! a voi invece vi
arrestano!; vedono la mia faccia e mi rassicurano:
non preoccuparti, fidati; vicino a me c'è un
infermiere volontario con la faccia coperta di sangue,
racconta di essere stato estratto dall'ambulanza e
picchiato dalla polizia devono operarmi subito, la
frattura è scomposta; in sala operatoria mi aspettano in
7-8; siamo in stato d'allerta, ma finora non ci è
arrivato nessuno; l'operazione dura oltre mezz'ora
e nel frattempo la polizia blocca l'entrata
dell'ospedale; mi fanno fare uno strano giro e mi ritrovo
nel reparto, completamente vuoto; ben tre medici vengono
a trovarmi; il responsabile mi rassicura: ha ricevuto
l'ordine di segnalare tutti i ricoverati ma non ha
nessuna intenzione di farlo; non ci crede ancora neanche
lui: ma siamo diventati matti? Racconto a
tutti ciò che è accaduto, tutti vogliono sapere, mi
dicono che anche gli altri ricoverati che man mano
arrivano raccontano storie analoghe; medici e infermieri
scherzano: ma sei matta ad andare coi pacifisti? Se
ti vestivi di nero non ti succedeva...; i feriti
aumentano, arriva la notizia della morte di Carlo,
nessuno ha più voglia di scherzare il giorno successivo,
i medici si accorgono che anche la mia spalla destra è
malconcia, sembra rotta, mi fanno altre lastre, sempre
accompagnata personalmente da un medico che non mi
abbandona mai; la spalla non è rotta, è solo una forte
contusione: hanno picchiato sul serio, dice
il medico; vengono fuori altre contusioni ed
escoriazioni, dovute al fatto che mi picchiavano mentre
ero inginocchiata a terra. Sabato, dalla mia tranquilla
camera di ospedale, guardo dalla vetrata la città
fumante, tra il rumore degli elicotteri e delle sirene;
con i medici vedo in tv la manifestazione enorme e
pacifica; dura poco, vediamo in diretta ciò che tutti
temevamo: l'irruzione delle tute nere ed il ripetersi del
tragico copione del giorno prima; il mio compagno, i miei
amici, mia madre settantenne sono lì, in quell'inferno
l'ospedale è blindato, gira la notizia che i black
vogliano assaltarlo; non farti vedere in
giro, mi dicono i medici; alla sera, il reparto è
pieno. E il peggio deve ancora venire. Domenica mattina,
il mio compagno riesce finalmente a raggiungermi, andiamo
in taxi fino a Bolzaneto (ma perché quest'ultima
vessazione?) e di lì, cambiando due treni, torniamo a
casa ne ho per 35 giorni; non posso lavorare né andare
al mare, ma ovviamente questo è il meno: l'incubo che
abbiamo iniziato tutti a vivere temo durerà molto di
più di 35 giorni <<<<>>>> Cari amici, amiche invio a
tutti questo messaggio per comunicarvi l'esperienza
vissuta a Genova in occasione delle manifestazioni contro
il G8. Io e S. siamo arrivati a Genova venerdì 19
mattina e dopo esserci trasferiti nella parte est della
città per dirigerci nel piazzale Kennedy, abbiamo
trovato una città immersa in una calma inquietante, gli
sbarramenti erano ovunque non solo a delimitare la zona
rossa ma a tappare varie strade anche con l'uso di
container; gli unici automezzi che si vedevano in
movimento erano delle forze dell'ordine in assetto di
guerra (mezzi blindati, carri armati cingolati, mezzi
anfibi, elicotteri che sorvolavano continuamente la
città, e naturalmente una marea di auto di pronto
intervento). Si incominciavano ad incontrare persone,
italiani e stranieri accorsi per manifestare
pacificamente, questi incontri rendevano meno
preoccupante l'atmosfera, una persona di Genova ci ha
guidato per le strade. Nei pressi della stazione Brignole
i primi scontri con le forze dell'ordine, la strada
bloccata. Il piazzale Kennedy,luogo di manifestazioni di
protesta pacifica e festosa nei giorni precedenti (motivo
per il quale noi ci siamo recati li), ci si presenta con
poche centinaia di manifestanti e con tanta, tanta
polizia in assetto antisommossa. Il caso ha voluto che ci
siamo imbattuti all'interno della via Rimassa che diventa
poi corso Torino, nel bel mezzo di una azione dei gruppi
cosidetti black-block o tute nere, che nel giro di circa
15 minuti hanno devastato la via distruggendo banche,
incendiando cassonetti, aggredendo un fotoreporter
obbligandolo con la forza a consegnare il rullino; alla
fine il gruppo che contava non più di un centinaio di
persone, si nasconde e si disperde all'interno del
piazzale occupato in quel momento dai manifestanti
pacifici. La polizia e i carabinieri hanno assistito a
tutto questo senza muovere un dito, hanno permesso la
distruzione della via, poichè erano a poca distanza e
sicuramente al corrente di quello che stava succedendo
giusto dietro l'angolo. Per contro dopo molto tempo la
reazione delle forze dell'ordine è stata quella di
caricare i manifestanti pacifici con lacrimogeni e
addirittura con un carro armato sfondando i cancelli del
piazzale. Ora noi ci chiediamo perchè hanno aspettato
tutto questo tempo per intervenire? Quanto fa comodo alla
polizia che ci siano questi gruppi violenti che
screditano il movimento? E ai mass-media? Per quanto
riguarda le azioni dei black-block c'è da dire che è
impressionante la loro rapidità ed efficacia dovute ad
una evidente organizzazione gerarchica di tipo militare
(partendo dagli 'sbandieratori' per arrivare ai
'generali' che organizzano le azioni distruttive). Nel
frattempo la tensione si respira con il gusto acre dei
lacrimogeni che la polizia non esita ad utilizzare,
arrivano notizie da manifestanti che la situazione sta
degenerando anche in altre zone della città, vengono
attaccati i gruppi più pacifici, Lilliput, esponenti del
mercato equo e solidale, cattolici, è chiaro ormai che
le forze dell'ordine tendano a frammentare la
manifestazione. Lasciamo il piazzale Kennedy per
dirigerci verso piazza Dante dove si dice che la
manifestazione sia festosa e allegra. La stada che
percorriamo per raggiungere la piazza si presenta o
invasa dalle forze dell'ordine o con il già noto
scenario di quiete irreale. Attraversiamo il piazzale
della questura dove notiamo la presenza di giovani
all'interno delle auto, evidentemente fermati. La piazza
è in effetti piena di gente che manifesta in modo
assolutamente pacifico e festoso. Molte persone si
presentavano colorate sul viso e sul corpo, altre
suonavano la chitarra e moltissimi 'suonavano' le reti
degli sbarramenti. Il portavoce del Genoa Social Forum
Agnoletto accompagna i manifestanti verso la piazza
Carignano, si crea quindi un corteo la cui coda viene
improvvisamente e senza motivo apparente attaccata dalla
polizia con i soliti lacrimogeni quando la piazza era
ormai sgombra di manifestanti. Incomincia intanto a
correre la voce che la polizia attacca violentemente
piccoli gruppi di persone picchiando con i manganelli
giovani, giovanissimi, donne, gli avvocati del forum e i
sanitari a disposizione dei manifestanti. Ci viene
consigliato quindi di non abbandonare il corteo e di
rimanere compatti. Il corteo raggiunge senza problemi il
piazzale Kennedy dove si discute degli avvenimenti della
giornata, il clima è positivo si comunica bene in tutte
le lingue, si mangia si beve insomma ci si rilassa ma
inizia a correre la voce ormai ufficiale dell'assasinio a
colpi di pistola di un manifestante da parte di un
carabiniere. Si vedranno più tardi le foto e i filmati
dell'avvenimento. Si dice che il carabiniere abbia agito
per legittima difesa, ovviamente questa versione non ha
molto fondamento, intanto perchè il ragazzo non era
armato e poi perchè il carabiniere ha sparato a
bruciapelo dalla distanza di circa un metro e ha sparato
per uccidere mirando alla testa e infatti gli è bastato
solo un colpo. La giornata di venerdì è finita per noi
in casa di alcuni amici che ci hanno ospitato. La
giornata di sabato inizia con la partenza del corteo da
piazza Sturla, est della città. Fa molto caldo il cielo
è limpido e soffia una leggera piacevole brezza. Si
raggiunge il lungomare di viale Italia per raggiungere il
consueto piazzale Kennedy, ma non ci si arriva, i
disordini sono già iniziati da lontano si possono vedere
i proiettili dei lacrimogeni, non si contano, il fumo
nero delle auto date alle fiamme. Il corteo nonostante
tutto continua e raggiunge il quartiere di Marassi in un
clima abbastanza festoso, la gente distribuisce
spontaneamente dai balconi delle loro case acqua,
focaccia, panini, è molto bello quello che si vede. Si
dice che nel corteo ci siano 200.000 persone, una cosa
davvero grande. Ma alla coda del corteo c'è l'inferno.
Guerriglia in varie vie limitrofe, feriti, ambulanze che
vanno e vengono il cielo è invaso dal fumo, i segni dei
disordini sono ormai ovunque, la polizia è impazzita
attacca tutti. Incontriamo una donna di Bergamo sola e
impaurita il suo gruppo è stato attaccato dalla polizia
ha perso i suoi compagni non conosce la città, avrà 60
anni, verrà con noi a casa e verrà accompagnata da uno
di noi al suo pullman per fortuna senza problemi. Le voci
che si sentono in giro sono terribili, violenza
dappertutto la situazione è ormai degenerata. Per noi il
G8 finisce qui, verso le 22 raggiungiamo la nostra
automobile a ovest della città e torniamo a casa. Le
impressioni sono di avere vissuto due giorni che sembrano
20, due giorni da regime militare, due giorni in un paese
governato da una dittatura, pensieri terribili. Arriviamo
a casa verso l'una, stanchi e provati. Ma prima di andare
a letto abbiamo istintivamente acceso la televisione e ci
accorgiamo immediatamente che non è tutto finito anzi
gli abusi di potere da parte delle forze dell'ordine sono
culminati in una perquisizione non autorizzata e violenta
degli spazi a disposizione del Global Social Forum. Ci
siamo messi subito in contatto con i nostri amici a
Genova. La polizia ha fatto irruzione all'interno dei
locali distruggendo tutto, computer, documenti ecc. ma
sopratutto picchiando le persone all'interno causando
circa una ottantina di feriti e arrestando la maggio
parte degli occupanti. Inoltre i feriti venivano scortati
in ospedale dalla polizia e una volta dimessi portati in
questura. La cosa gravissima è che durante questa azione
agli avvocati, ai giornalisti, alle troupe televisive, a
un parlamentare non è stato permesso di entrare per
verificare la correttezza dell'azione, inoltre nessun
responsabile della questura o del governo era
rintracciabile. Alla fine l'interno dell'edificio appare
ai cronisti in condizioni terribili, disordine,
distruzione ma sopratutto sangue fresco dappertutto,
conseguenza delle violenze. Poco dopo parla il capo
ufficio stampa della questura di Genova, le sue
dichiarazioni rasentano il ridicolo, parla di 10 feriti,
del ritrovamento di armi (il famoso coltello svizzero
normalmente acquistabile da tutti, bastoni di legno, di
ferro, secondo lui bisogna prendersi le manganellate
senza difendersi, e le famigerate divise dei black-block,
alcune magliette nere e alcuni pantaloni neri, perchè a
Genova chi disgraziatamente veste di nero nei giorni del
G8 è automaticamente un black-block). E' evidente che si
vuole criminalizzare il movimento, e tutto questo è
fatto in perfetto stile dittatura. Inoltre l'unica rete
televisiva che trasmetteva in diretta queste notizie era
RAI3 nelle trasmissioni di RAISAT. Ora noi pensiamo, cosa
ci si deve aspettare dal futuro nel nostro paese alla
luce di questi fatti? In questi giorni a Genova la
libertà della gente è finita quando è iniziata la
libertà di otto persone, garantita da un esercito in
stato di guerra. Io prego tutti voi di mandare questa
testimonianza a più persone possibile e in più posti
possibile, è molto importante che si sappiano queste
cose perchè le versioni dei media sono contrastanti. Vi
salutiamo e ci auguriamo di non vivere altre situazioni
del genere, G. e S. <<<<>>>> Non potete immaginare, io
stesso se non fossi stato li non avrei potuto credere a
quello che è successo. Sono un fotografo amatoriale è
venerdi mattina per caso a mezzogiorno mi sono trovato in
via Torino tra le tute nere e la polizia, non c'era
nessun altro manifestante, la polizia che ha sempre
affermato di non riuscire a riconoscerli perchè si
mischiano nella folla aveva la possibilità di prenderli
tutti, c'erano solo le tute nere più una decina di
persone come me che facevano foto e riprese televisive
(facilmente riconoscibili perchè non eravamo vestiti di
nero, a volto scoperto, con macchine fotografiche e
telecamere). Ero convinto di rischiare tantissimo, di
trovarmi in mezzo alla battaglia, pensavo di fare chissà
quali foto ed invece le tute nere hanno distrutto tutta
via Torino fino ad arrivare sul lungo mare per più di
un'ora sotto agl'occhi della polizia che non ha mosso un
dito. Fermi a guardare. Non capivo, poi quando i 'neri'
sono scappati la polizia ha attaccato la gente dentro
alla fiera che mangiava nell'unico punto di ristoro
sparando lacrimogeni a grappolo dagli eliccoteri sui
tendoni. Questo è stato solo l'inizio. Per due giorni le
tute nere si sono mosse indisturbate eludendo chissà
come ogni posto di blocco, impenetrabili per i
manifestanti, per i giornalisti, per alcuni parlamentari
ma non per loro. Per i manifestanti pacifici il
trattamento era diverso: - lacrimogeni sparati
altezza uomo - lacrimogeni a 'grappolo'
sparati dagli elicotteri sulla folla - manganellate a tutti - chi si presentava in
ospedale veniva portato via senza essere curato,
poliziotti che giravano per gli ospedali gridando,
insultando, tirando manganellate contro il muro, contro i
letti, se non li fermavano i medici avrebbero picchiato
la gente anche nei letti! - chi girava di notte veniva
portato via, ci si nascondeva sotto le macchine, tra i
cassonetti dell'immondizia mentre sfrecciavano i furgoni
che caricavano su tutti quelli che vedevano - getti di acqua irritante
sparata con gli idranti - gente è arrivata in
ospedale ancora nei sacchi a pelo, picchiata mentre
dormiva - donne in ginocchio a mani
alzate che venivano pestate a sangue - madri che scappavano con i
bambini in braccio inseguite dai poliziotti - dei pullman che tornavano
a casa sabato sera sono stati bloccati, hanno fatto
scendere tutti, hanno diviso ragazzi e ragazze, tutti in
ginocchio e hanno ammazzato di botte i ragazzi - non so quanta gente è in
coma, alcuni forse resteranno paralizzati - ci sparavano da tutte le
parti, dal basso, dall'alto,da destra, da sinistra,
nessuno faceva niente di male eppure siamo stati tutti
massacrati. Meno male che i genovesi ci
hanno aiutato, ci tiravano da mangiare da bere (li era
tutto blindato, non si trovava niente di aperto e girare
da soli era come andare incontro alla morte, non so come
ho fatto a salvarmi, solo per puro culo) e soprattutto ci
aprivano i portoni quando scappavamo dalle cariche. Ogni
volta che rivedo nella mia testa quello che ho visto mi
viene la pelle d'oca. E non avete idea di cosa voglia
dire tornare a Milano accendere la televisione e sentire
i commenti dei telegiornali, di Berlusconi, di Scajola...
ect ect... su come difendono la polizia. E'
agghiacciante, quelli hanno fatto un massacro e loro li
difendono, sulla nostra pelle. E' scandaloso come nessuna
televisione faccia vedere come sono andate le cose a
Genova. Per due giorno interi in ogni angolo della città
poteva morire qualcuno, è un caso che non ci siano state
decine di vittime. Io non sono un 'compagno' come
qualcuno potrebbe credere, sono solo uno che vuole
giustizia, libertà, democrazia, pace... A. <<<<>>>> Questo non è un sogno.
E un racconto, vissuto dai e con, i miei occhi.
E la storia di una festa, gioiosa, colorata, ma
anche determinata e ferma, finita in tragedia. E
tristezza. E la storia di una giovane vita
spezzata, assassinata dalla protervia e
dallarroganza, dalla certezza dellimpunità.
E la cronaca di un giorno di follia, cui ne
seguiranno altri, che sarebbe giusto definire di follia
se non fosse per la sua scientifica programmazione.
Eravamo partiti di notte, mercoledì 19, intorno alle
ventitré, alla volta di Genova, per essere puntuali il
giorno dopo, alle otto, orario di appuntamento con gli
altri di Un Ponte per
per preparare la
nostra partecipazione alla manifestazione del 20 Luglio,
indetta dai sindacati di base ma, soprattutto, per
portare il nostro contributo nelle piazze tematiche, vero
e proprio clou dell anti G8, dove saremo presenti
con le nostre iniziative allinterno del
variegatissimo mondo del movimento anti globalizzazione.
Il vento ci sposta il pulmino, decisamente anche lui No
Global, con la sua targa napoletana, la scarsa tenuta di
strada, le ammaccature varie che ci fanno temere fermi e
sequestri molto prima di Genova. Non si va più di
ottanta allora. Quando sembra finire tutto, una
sventagliata di acqua e vento ci investe e ci fa perdere
un attimo il controllo. Ma che siano tutti tentativi per
scoraggiarci? Restiamo calmi e andiamo avanti, Genova
arriverà. E arriva, Genova, senza fermi, senza controlli
tutto apparentemente normale. Ci spostiamo con gli altri
che troviamo al centro sportivo Sciorba, per andare a
Piazza Rossetti, davanti la Fiera. Li iniziamo il nostro
lavoro. Distribuiremo datteri iracheni importati
illegalmente per via dellembargo che, in dieci
anni, ha causato, anche se in tempi di globalizzazione
sarebbe più corretto dire prodotto
quasi due
milioni di morti. Laggiù, davvero il G8 se lo ritrovano
tutti i giorni, a tavola quando manca il cibo, nelle
farmacie quando mancano le medicine, fra le braccia di
una madre e lo sguardo impotente di un padre, quando
muore un loro figlio. Ed è proprio quello che dico
distribuendo i nostri volantini Fermiamo il
massacro in Iraq. Sembra fantascienza, oppure una
presa in giro
Fermare un massacro mangiando
datteri? Ebbene è proprio così ed è per questo,
cominciamo a pensare, che cè tanta polizia,
tassativamente in assetto guerresco, che la città è
deserta, che le serrande dei negozi ma pure delle
finestre sono abbassate. Perché attraverso gesti
semplici e quotidiani, ma dettati da scelte di fondo, che
si mettono in crisi i grossi poteri economici delle
multinazionali contro le quali, a parole, tutti sono
contro, salvo legittimarle ogni volta che si sceglie
anche solo un semplice prodotto alimentare. Arriviamo in una zona dove
la situazione è irreale, per comprare un giornale si
fanno chilometri, per un bar manco a parlarne, tranne
qualche temerario. Ma temerario, perché? Stanno per
calare i barbari, o sono già arrivati da un pezzo? Il
nostro pulmino è visibile, coi suoi datteri, i ventagli,
le magliette con la scritta Contrabbandiere
Etico, i manifesti che annunciano le prossime
iniziative contro lembargo. Siamo pronti. Partiamo,
in prima, piano piano, alla volta della prima delle
piazzette tematiche che intendiamo raggiungere.
Cominciamo da Piazza Carignano, vicino a Piazza Dante.
Cè già molta gente, iniziamo la distribuzione,
qualcuno lascia sottoscrizioni, non ci avevamo pensato e
così un cesto lo attrezziamo per i soldi e si riempie
subito. Chi mille, chi diecimila, ognuno per quello che
può, se può, altrimenti è lo stesso. La solidarietà
la si coglie negli sguardi curiosi di chi chiede, di chi
si informa, nella telecamera di uno dei registi impegnati
nel girare il film sul movimento anti G8. Inizia il
corteo verso la famigerata zona rossa, e ci accodiamo per
fermarci un poco prima, anche perché un attivista di
Attac, movimento non violento francese ma con tante sedi
anche in Italia, ci consiglia di fermarci e girare il
furgoncino per essere pronti a una eventuale fuga, sempre
da mettere in conto. Gli diamo retta, anche se tutto
sembra tranquillo, ognuno calato nel suo ruolo, nella sua
parte. Passano gli ottoni, intonano Bella Ciao, e poi
musiche di Bregovic, lInternazionale, la
Tammurriata Nera. E tutto molto colorato e davanti
a quelle ridicole inferriate, e oscene, va in onda uno
spettacolo di fantasia e leggerezza che è un piacere, si
canta e si balla. Poi, arriva il tempo di andare via.
Cè stato lo sfondamento, adesso le uniformi sono
schierate e si teme un attacco più pesante delle
scariche di acqua che provocano bruciore sulla pelle. Ce
ne andiamo. La strada è in salita e a metà, due persone
ci chiedono di accompagnare una anziana signora. Lo
facciamo volentieri, il suo volto mi è noto, la sua
lingua
è argentina, è nel movimento, poi quelle
parole
sono la presidente
Madri de Plaza de
Majo
Stiamo dando un passaggio a Hebe de Bonafini!
Siamo commossi, io la tocco, come fosse unicona e
lo è, ma è vivente! Quando scende labbraccio
forte, spero di non aver esagerato. Lei ringrazia e se ne
va. Ma madre Hede due parole le ha dette, pure.
Cè molta polizia in borghese, bisogna stare
attenti. E lei se ne intende
Cominciano ad
arrivare notizie di scontri. La nostra prossima tappa è
Piazza Manin, ma per arrivarci ci rendiamo subito conto
che sarà un bel problema. Non abbiamo radio, le uniche
notizie che circolano sono i tam tam nel movimento.
Cominciamo a scendere da Piazza Carignano per ripassare a
piazza Rossetti, ma ci sono vie bloccate. Via via che
avanziamo, il paesaggio lunare della mattina ci appare in
tutta la sua devastazione. Eppure da quelle parti non
doveva passarci nessun corteo, come mai tutta quella
distruzione? Vetrine spaccate, auto coi vetri rotti,
cassonetti dati alle fiamme. Sembra un assaggio, perché
latmosfera è quella del passaggio di un uragano
che deve essere andato oltre. E oltre, è dove ci
dirigiamo noi. Per piazza Manin è impossibile passare.
Ci dirigiamo, allora, verso viale Gastoldi, dovremmo
incrociare uno spezzone del corteo dei Cobas e delle tute
bianche che, in realtà, per loccasione hanno
dichiarato che avrebbero dismesso le tute, quasi a voler
rimarcare la loro completa adesione a un movimento che
diventa sempre più importante e composito. Ma anche li
non si passa. Si vede tanto fumo, laggiù in fondo al
vialone, la strada è sbarrata, cè un andirivieni
di ambulanze. Qualcuno di noi telefona a casa, anche per
sapere cosa succede. Arrivano le prime notizie, si parla
di due ragazzi morti, uno travolto da un mezzo della
polizia, un altro ammazzato da un colpo di pistola. Col
tempo, sapremo che erano la stessa persona. Un ragazzo
poco più che ventenne, Carlo Giuliani, romano residente
a Genova, è stato ammazzato. Cominciamo a girare
cercando strade per continuare la nostra opera, coscienti
che siamo qui per dare voce agli invisibili, emarginati
dal mondo che li schiaccia con scelte infami ma
infinitamente redditizie per il grande potere economico.
No, non ci sentiamo ridicoli a distribuire datteri in
mezzo a gente che è appena stata massacrata di botte da
altra gente pagata, non so quanto e non mi interessa, per
farlo. Anzi! A ridosso di piazza Manin ci infiliamo in
mezzo a tanti ragazzi con gli occhi gonfi, la pelle
irritata, qualcuno pestato. Stanno scendendo verso
piazzale Kennedy, il ritrovo del GSF. Sono impauriti,
molti di loro fanno parte di quellassociazionismo
cattolico che ha deciso di starci concretamente, dalla
parte degli oppressi e contro gli oppressori. Ci viene
spontaneo, ci fanno tenerezza, sono giovani, noi siamo
tutti intorno ai quaranta, chi più chi meno. Scendiamo,
li chiamiamo, vengono intorno, hanno bisogno di
sicurezza, diamo loro datteri, addolciscono la bocca,
abbiamo anche acqua che questa città, tranne un bar, con
lo stemma di Rifondazione e un quadro di Fabrizio De
André, che ha resistito alla chiusura. Continuiamo con
loro. Alcuni ragazzi con degli strumenti musicali, le
loro uniche armi, ci regalano delle belle suonate in
cambio dei datteri. Proseguiamo fino a quando, al momento
di svoltare per via Torino, ci si accorge che le schiere
di uniformi sono già pronte alla guerra. Davanti
cè fumo, a destra ci sono i marziani, a sinistra
cè fumo, dietro, ancora marziani. Che fare? Fabio,
il nostro presidente, vuole parlamentare coi marziani, ma
non lo fanno avvicinare. Ci spostiamo col furgoncino per
non intasare il traffico di auto che cercano un varco per
guadagnare la strada di casa, verso sinistra.
Allimprovviso, sirene di ambulanza gettano tutti in
apprensione. Poi, altre sirene, stavolta dei blindati in
uniforme, si lanciano a folle velocità verso tutti noi.
Ci spostiamo ancora per non farci travolgere, arrivano da
laggiù, facciamo appena in tempo. Dal tetto dei
blindati, qualche uniforme ostenta il suo fucile di
precisione, altri i manganelli, agitandoli quasi a dire
Adesso veniamo!. Il corteo si disperde e
arretra. E iniziata la carica. Hanno perso la
testa, forse. O, invece, ce lhanno ben salda.
Ragazzi si fanno avanti a mani alzate, ma non trovano la
forza per andare avanti. Hanno paura, abbiamo paura. La
paura è sentimento nobile ed è nobile ammetterla. Non
siamo eroi, nessuno qui è un eroe. Ma stare qui a
frapporre i propri corpi, i propri volti davanti a tanta
protervia, in nome di ideali nobili e così tanto
concreti, come
azzeramento del debito per i paesi
in via di sviluppo
destinazione di una cospicua
parte del prodotto interno lordo per sviluppo e
cooperazione, quella vera
lotta alle multinazionali
che producono OGM, pesticidi, mucche pazze sempre e solo
in nome del profitto, il loro
lotta al commercio di
armi
lotta ai guadagni selvaggi in borsa
restituzione della dignità ai paesi più poveri
abolizione dei paradisi fiscali.. lavoro per tutti, senza
sfruttamento
stare li per questo, beh
ti fa
sentire forte. Solo che quando parte la carica, o sei
veramente armato ma non come ci hanno raccontato,
inebetendoci, i mezzi di informazione, chiamiamoli così,
cioè con sassi, bastoni o altre stupidaggini del genere.
O sei armato di bazooka e bombe a mano, oppure è meglio
che te ne vai. Noi ce ne siamo andati, anche perché
qualcuno cominciava ad avere davvero paura di finire in
mezzo a quelle uniformi, che nulla di umano lasciavano
presagire. La sera, a piazzale Kennedy, cè un
atmosfera di rabbia e tristezza. E tanta tensione. Per
arrivarci, abbiamo dovuto fare un giro lunghissimo,
arrivando fino a Nervi dopo essere usciti
dallautostrada, percorrendo tutto il lungomare.
Chissà perché, stasera il mare non mostra il suo solito
aspetto seducente. Non mancano le provocazioni, come
quellelicottero che continua a volteggiare sul
piazzale pieno di gente del Genoa Social Forum. Illumina
chiunque, col suo fascio (fascio
) di luce,
arrogante, provocatorio, insolente. Ai cancelli, si viene
quasi alle mani. Passa una volante (ma proprio di la,
deve passare?). Parte una bottigliata contro il fianco
dellauto in uniforme, parte un ragazzo
allinseguimento, forse è ubriaco, dove crede di
andare da solo? Ma non è solo, la volante lo sa, perciò
sgomma e schizza via, impaurita. Dal palco si invita a
non uscire in gruppetti, potrebbe essere pericoloso, si
rischia di essere caricati o portati via. Si decide di
confermare la manifestazione per domani, come si potrebbe
altrimenti? Cè Gad Lerner, il giornalista, che
cerca di iniziare una trasmissione straordinaria sugli
accadimenti del giorno. Trova, con quel clima, il
coraggio di sorridere mentre dice
Se però
continuate a mandare affanculo lelicottero, non si
sente più niente! Dice che si collegherà con Ferrara,
altro giornalista, perché si deve sentire anche chi la
pensa in modo diverso. Ci sono boati di fischi. Diverso
da chi? Diverso da cosa? Cè stato un ragazzo
ammazzato, come si fa a pensare qualcosa di diverso da
questo? Un ragazzo che stava li come tutti noi, che non
ha accettato di stare a subire cariche e botte, che ha
provato a difenderci, a difendere la sua, la nostra, la
libertà di tutti e per questo è morto. E chi sostiene
che era un violento, è in malafede, perché sempre, la
nostra società, vuole spiegazioni accettabili alle
efferatezze che accadono. No, non cè
giustificazione, un ragazzo è morto mentre manifestava,
costretto ad attaccare per difendersi, costretto a
prendere in mano la prima cosa che ha trovato a terra per
gettarla su chi non faceva distinzione di sorta nello
sparare ad altezza duomo, nel tirare lacrimogeni ad
altezza duomo, nel picchiare selvaggiamente
chiunque gli si parasse davanti. Su chi da cielo, terra e
mare, ha mostrato muscoli e li ha usati su gente inerme,
forte solo della propria volontà e dei propri ideali. Ce
ne torniamo a casa alla spicciolata, nonostante gli
inviti del palco, nonostante dallospedale tanta
gente sia stata portata via dalle uniformi ferita e
sanguinante, senza neppure aspettare le cure mediche, coi
medici impotenti a fermare lingiustizia. Perché
non corriamo tutti la, per proteggerli? Sono nostri
compagni e qui, cè gente che mangia e beve birra.
Perché, perché non corro la? Non dormiamo da due
giorni, forse è arrivato il momento di farlo. In questa
atmosfera che qualcuno definiva cilena ,
arriva qualche bottigliata sul palco allestito per
loccasione. Alla fine, la trasmissione non si
farà. Troppa tensione, troppa rabbia. Lerner se ne va
senza le sue domande da fare e le sue risposte da dare.
Forse, stasera, cè ben poco da capire. Forse,
stasera, cè solo da restare tutti, in silenzio. Ho
dormito nel furgoncino, alla fine. Non ho voglia di
lavarmi, non ho voglia di mangiare, solo di tornare in
quelle piazze. Ho bisogno, abbiamo tutti bisogno di
ritrovarci, di contarci. Saranno partiti in tanti per la
manifestazione conclusiva di oggi? Mi telefonano degli
amici, stanno già li, è una gioia sentirli. Sono venuti
in tanti, sono qui per Carlo, gli canteranno Bella Ciao,
a questo partigiano che, come si cerca di fare con tutti
i partigiani, si cercherà di sporcare nella memoria. Ma
non ci riusciranno, perché non lo sanno che essere
partigiani significa il rispetto degli uomini e delle
donne che hanno sempre combattuto per la libertà. Non lo
sanno, perché per loro la libertà è avere una bella
auto, una bella casa, spendere per cene e pranzi e feste,
e fregarsene del prossimo. Perché per loro, un
partigiano è un semplice idealista, nulla a che fare coi
divertenti furbi che ci ha regalato il nostro bene amato
paese. Sono questi, oggi, i nostri degni rappresentanti.
Andiamo verso il centro col nostro furgoncino, vorremmo
passare in piazza Alimonda e portare un sacchetto di
datteri a Carlo, solo per dirgli che non molleremo. Ma è
difficile, c'è già tanta gente, notizie di scontri,
schiere di uniformi dappertutto. Passiamo davanti a una
questura, due uniformi ci indicano col dito. Avviso i mie
compagni che ci stanno venendo dietro. Arrivano. Sono in
tre, a sirene spiegate, ci fermano e urlano di scendere,
come in preda a raptus di follia, per calmarsi un istante
dopo, quando capiscono che non siamo noi ciò che stanno
cercando. Perché questi non cercano persone, cercano
cose. Per questi, tutto è impersonale, da trattare senza
rispetto. Fanno per rientrare in macchina, ma altri due
furgoni arrivano sgommando e inchiodando. Ne scendono
altre uniformi, altre divise, altra follia, la stessa.
Urlano, sfoderano pistole che puntano alla tempia di
Alessandro e Massimo che stanno davanti. Calmi,
bravissimi, straordinari, i miei compagni si lasciano
schiacciare a terra da ginocchia, pugni, braccia,
stivali, pistole. Cervelli in uniforme
Davanti ad
Adriana, si para in ginocchio un uniforme con pistola
puntata contro. Altre divise gridano che 'Non sono loro',
ma queste nuove uniformi non sentono, cercano di aprire
il portellone laterale, dove sono io e un altro compagno,
ma non ci riescono. Grido che aprirò io, ma, ancora,
d'incanto
'Non sono loro, non sono loro! Andiamo
via e voi, andatevene!' Ripartono, fra sgommate e
sterzate, in preda alla loro lucida, fredda, calcolata
follia, davanti agli occhi di gente che assiste,
incredula, allo spettacolo, riportandosi via ginocchia,
pugni, braccia, stivali, pistole. E i loro cervelli in
uniforme... Arriviamo a piazzale Kennedy, dove abbiamo
appuntamento con Marinella. Risaliamo il corteo che è
già partito, non avendo retto alla spinta, sempre
maggiore, della folla che, come un fiume in piena, ha
bisogno di trovare il suo sbocco al mare. Ed eccolo qua,
il mare, quello di Genova, quello cantato da Fabrizio De
Andrè. Chissà cosa ne penserebbe di tutto questo e
dellinfame uso strumentale che si continua a fare
del termine anarchico. Ma cosa pensava ce lo ha
raccontato. Lui, dalla parte delle minoranze cè
sempre stato e per davvero. Ci sistemiamo col furgone e
cominciamo il nostro lavoro. Otto scatole di datteri se
ne vanno in oltre mille e cinquecento bustine di carta e
bicchieri. Distribuiamo almeno cinquemila volantini,
ottomila adesivi con la scritta IO ROMPO,
riferita allembargo allIraq. Incontriamo
tanta gente, anche amici di altre città
Anche tu?
Si, anche io! Mi commuovo incontrando un mio amico
torinese, Roberto, partito nonostante tutto, come tanti,
soprattutto dopo quello che è successo. Sono abbracci
forti, veri, non cè spazio per tentennamenti.
Stiamo dalla stessa parte, è quella giusta, lo sentiamo
dentro, è così. Mi compare davanti Michele, sorride,
poi scoprirò che era il sorriso di chi ha vissuto
momenti drammatici e per questo è felice di vederti.
Anche io lo sono, è davvero bello starci. Si rimane
così, quando la passione ti fa fare delle scelte. Puri e
semplici, come dovrebbe essere la vita di tutti, di
ognuno e chi non è daccordo, che se ne vada. Sulla
luna o su Marte. E proprio da Marte sembrano provenire
quegli elicotteri, minacciosi, quegli scafi e quei
gommoni, che controllano, quegli scudi laggiù. Chiudiamo
il furgone, laria si fa pesante, il corteo si
blocca, comincia a indietreggiare. Continuo a
volantinare, gridando di stare calmi, dicendo che in
Iraq, questi hanno saputo fare di molto peggio, non
facciamoci prendere dal panico che siamo qui per
difendere anche chi non può nemmeno farlo. Mi ritrovo a
cinquanta metri da quelle uniformi, partono i
lacrimogeni, il corteo, già spezzato in due
precedentemente, ora indietreggia, poi si arresta, prova
a riorganizzarsi ma non ce la fa. Cè gente
anziana, ragazzi coi fazzoletti sulla bocca, i limoni
servono a poco. Si tenta di restare calmi, ma mentre mi
volto, unondata di fumogeno mi investe ed è
terribile. Sono nuovi, ti soffocano, ti fanno sentire un
topo alla ricerca di aria, proprio non puoi resistere.
Sto per svenire, lo sento, ora mi travolgono, penso, ora
cado e resto per terra, preda delle uniformi. Con
lultima energia possibile, metto un fazzoletto alla
bocca, me lo ha regalato un turco, protestava per le
decine e decine di prigionieri turchi che si sono
lasciati morire in carcere di fame, quando non massacrati
direttamente dalla polizia di un governo che se ne frega
dei diritti umani, che ancora non fa parte del grande
circo ma sta per entrarci con pieno diritto. Comincio a
correre anche io, cosa che non ha fatto Carlo, ieri. Ma
qui si rischia di restare travolti. Allimprovviso
compaiono persone vestite di nero, gridano parole
incomprensibili, corrono verso le strade laterali,
portandosi dietro gente, mentre i megafoni urlano di non
lasciare il lungomare, di arretrare ma di non ficcarsi
nelle stradine laterali. Trovo unoasi senza
fumogeno, ho gli occhi che mi stanno uscendo, mi brucia
tutto. Le lacrime non sono lacrime vere e si sente. Mi
vengono in mente i miei due bambini e corro via. Più in
la, sono state spaccate delle condutture dalle quali esce
acqua in abbondanza. Ci si sciacqua, di corsa e si beve.
Sarà buona? Non è che ci salviamo dalle uniformi e ci
infettiamo con lacqua? Genova, hai chiuso tutti i
tuoi rubinetti, ma lacqua te labbiamo presa
ugualmente. Scusaci, ma ne avremmo davvero fatto a meno.
Ci siamo persi, il furgone è caduto in mani nemiche e i
telefoni non funzionano. Si prova finché non incontro un
amico di Milano, ma anche lui non ha più visto nessuno.
Finalmente, ci ritroviamo. Tentiamo di riprendere il
furgone e torniamo indietro. Ce la facciamo. Aspettiamo
che si calmi anche la zona della stazione e poi proviamo
a passare. Direzione Nervi, per il lungomare. Da li,
autostrada e poi, Roma Giungiamo nella zona di Recco.
Abbiamo lasciato Genova da poco, attraversando il
lungomare, riaperto dopo i blocchi. Elicotteri e gommoni,
camionette e furgoni, schiere di uniformi in assetto di
guerra, sono lontani da noi. Non negli occhi, però, ne
nelle orecchie e, soprattutto, nell'animo. Ci fermiamo in
un ristorante per rilassarci prima del viaggio. E' un po'
caro e ci arrangiamo. Due tavoli più in la, una bella ed
elegante signora parla con altri commensali, di un altro
tavolo. Aria snob, auto lussuosa al parcheggio, sbraita
contro comunismo e dimostranti, tutti vandali e violenti,
insozzatori della sua bella città, quasi se la fosse
comprata o scelta, prima di nascere. E alla fine, il
classico
'Han fatto bene a sparare!'. Cerco aria,
proprio come qualche ora prima in mezzo ai lacrimogeni.
Ma non riesco a trovarla e, alla fine, proprio uno non ce
la fa più. Vado la davanti e dico
'Scusate, volevo
solo tranquillizzare la signora. Ce ne stiamo andando,
stia tranquilla, signora e scusi, davvero, ci scusi tanto
se le abbiamo sporcato la città col rosso del nostro
sangue. La prossima volta andremo a sporcare altrove e
lei, non avrà più da preoccuparsi'. In silenzio, si
volta e riesce solo a prendere una boccata cancerogena
dalla sua sigaretta, fumata con tanta eleganza. Arriviamo
di notte. Non sapevamo ancora che altro sangue avrebbe
sporcato quella città. <<<<>>>> Verso le 15,30, sono
arrivati all'inizio della piazza un gruppo di Black
Block, seguiti dalla polizia. Alcuni di noi erano al
banchetto in piazza altri tornavano su dalla via centrale
dove si erano tenute le manifestazioni pacifiste verso la
barricata della zona rossa (Via Assarotti verso piazza
Corvetto,se non sbaglio).Molti si sono posti con le mani
alzate di fronte ai Black Block per evitargli di andare a
disturbare chi manifestava pacificamente quando è
partita improvvisamente la carica. In quel momento mi
trovavo lì per dire ai miei compagni di scappare. Il
fumo dei lacrimogeni insopportabile mi ha portato a
nascondermi in un cantuccio dall'altro lato della via, ma
mentre vomitavo, i lacrimogeni aumentavano mi sono
portato quindi verso la piazza all'entrata di una via
laterale.Ormai dei Black Block non ce n'erano. Erano
presenti pochi di noi con la maglietta bianca e i
poliziotti. Un poliziotto ci ha spinto a rimanere
attaccati al muro manganellando una ragazza con la
maglietta bianca, insultandola, un'altro poliziotto gli
fece segno di smettere e questi smettendo ha puntato il
manganello al mio petto minacciando qualcosa (aveva la
maschera e non ho capito cosa dicesse) io urlavo che
eravamo pacifisti. Intanto dietro di loro in mezzo la via
tranquillo c'era un ragazzo tutto bardato da guerriglia
che sorridendo faceva segno di smettere alla polizia, mi
ha incuriosito e intontito tale atteggiamento,
considerando il fatto che noi non potevamo muoverci di un
millimetro per non prenderle. Quando la situazione
sembrava calmarsi mi sono portato un po più verso
la piazza (un metro al massimo), un ragazzo tutto
sanguinante dalla testa era appoggiato accanto a noi alla
cancellata del muro ,poi si è buttato per terra sul
marciapiede. Noi terrorizzati non riuscivamo a
soccorrerlo, la polizia lo guardava senza alcun
intervento, solo ad un certo punto un giornalista (aveva
la pettorina gialla) ha chiamato i soccorsi. Visto che la
situazione andava per calmarsi sono scappato verso la
Piazza per poi dileguarmi con tutti gli altri. G.M. <<<<>>>> Vi prego di leggere e
diffondere. Ciao a tutti, sono Paolo di Parma (qualcuno
non mi conoscerà, scusatemi se mi sono permesso di
prendere i vostri nomi da qualche mailing list) Sono
tornato poche ore fa da Genova, anzi da Pavia dove sono
stato rinchiuso per tre giorni per aver partecipato alle
manifestazioni in modo assolutamente tranquillo e
pacifico. Stavo aiutando una DOTTORESSA medico con croce
rossa su pettorina bianca ad aver cura di un ferito
quando sono arrivati i carabinieri. A nulla è servito
alzare le mani in alto. Mi hanno portato via e menato per
una notte. Le offese gli insulti i pugni e le
manganellate che ho preso hanno fatto qualcosa dentro di
me che non dimenticherò.... Ed ora sono accusato di
resistenza aggravata ed altre cose tipo che avrei tirato
un sasso al militare, quando l'unica cosa che avevo in
mano era la mia macchina fotografica e legata alla
cintura una borraccia rossa scambiata per una molotov.
Ora sono a casa e non so quando avrò il processo ma
rischio tanto..... Non mi dilungo in particolari sulle
botte perchè ora la mia priorità è trovare testimoni.
VI CHIEDO se qualcuno può testimoniare o è in possesso
di video fatti attorno alle 14 di Venerdì 20 in
ViaTolemaide (continuazione di C.so Gastaldi) durante il
corteo partito dallo Stadio Carlini. In questa zona un
piccolo cortile interno sulla sx rispetto al procedere
del corteo è servito come via di fuga a tante persone
tra cui il sottoscritto. Io ero vestito come nella foto
allegata [ Nota: la foto e' disponibile all'indirizzo
http://www.peacelink.it/altrinformazione/foto/foto1.jpg ]
, con in più un paliacate al collo, una macchina
fotografica al collo ed una borraccia rossa legata sul
fianco dx. Se avete materiale video o foto anche dubbie
vi prego di inviarmele, ve ne sarò grato. paolo <<<<>>>> Ore 21.00 del giorno
24/07/01. va in onda lo speciale di
canale 5 sul G8. tra le varie immaggini c'e' né una
molto strana fanno vedere la perquisizione alla scuola
Diaz, e dicono che e' iniziata alle ore 24,00 circa e
anche il capo della polizia lha confermato ieri
nell'intervista con Mentana, dicendo di aver trovato
resistenza all'interno della scuola quindi suppongo siano
entrati dopo le 24,00. Subito dopo lo speciale di canale
5 fa vedere cosa le forze dell'ordine ( le chiamo ancora
cosi ) trovano all'interno, e qui che, chi ha la
possibilità di riguardarlo potrà notare che il filmato
girato dalla polizia con videocamera dove riprende in un
angolo buio, con solo la luce della stessa, vari oggetti
tra cui maschere antigas bastoni ecc. dopo la
perquisizione. Il particolare strano è che come tutte le
videocamere sul display viene riportato giorno e ora;
ebbene notate il giorno è il 21/07/01 e l'ora 22,45.
Allora come è possibile che abbiano trovato tutta quella
roba due ore prima di entrarci? Se qualcuno mi sa dare
una risposta lo faccia per favore se no lo faccia
presente a quelli di canale 5 che hanno montato come al
solito un bel servizio. grazie <<<<>>>> Sono stato a Genova?
Davvero? Mi sembra un secolo fa, sembra un brutto sogno,
un b-movie. Prendiamo la navetta da Sestri la mattina di
sabato. L'emozione per l'uccisione di un manifestante si
è un po' attutita nella notte. Non ho più la tensione e
la paura che mi attanagliavano quando siamo partiti da
Torino. La rabbia, quella sì, è rimasta... Credo che
andrà tutto bene. E la gente che ho intorno mi fa ben
sperare. Ci sono un sacco di giornali che girano. Si
parla, si scherza. Una volta a Nervi cerchiamo di capire
come muoverci. Telefono a un amico della Rete di
Lilliput; mi dà appuntamento in via Pisa. Dopo mezz'ora
riusciamo a salire su un autobus. Qualcuno parla al
telefonino e riferisce che ci sono già scontri. Dove?
Non si sa. Dalle parti di Piazza Sturla c'è un cordone
di polizia. Ma nessuno gli rompe le palle e loro
ricambiano l'indifferenza. Vediamo uno di quelli del
Black Block. Volano un paio di 'testa di cazzo' che non
sembrano impressionare più che tanto il responsabile
guerrigliero. Iniziamo a risalire il corteo. Volano
insulti verso chi sta facendo come noi. Hanno ragione, ma
vorremmo provare a cercare alcuni amici. Dai balconi
piove acqua. Bacinelle e pompe dei genovesi danno una
bella prova di solidarietà. Riscalda il cuore. Grazie
genova. Sfiliamo fino alla chiesa di Sant'Antonio. C'è
gente con cartelli in tutte le lingue che invitano al
silenzio e all'annullamento del debito. Proseguiamo lungo
Corso Italia. Fischi, urla di 'Assassini-Assassini'
davanti alla caserma dei carabinieri. Ma il servizio
d'ordine tiene a distanza dal cancello. Qualcuno
improvvisa un concerto di percussioni su un cartello che
riserva un parcheggio agli eroici tutori della legge. Ci
picchia sopra quasi con delicatezza. Gente che balla
divertita. Un paio di volontarie ci dicono che avanti ci
sono i lacrimogeni. 'Non abbiate paura e continuate ad
avanzare'. Ma non si può. Da lontano vediamo la
battaglia. Ci avviciniamo un po'. Sembra che chi sta
attaccando la polizia sia un piccolo gruppo. Lacrimogeni
sparati anche dai terrazzini. Illusione ottica? Eppure
sembra proprio così. Scendiamo alla spiaggia. Ci sono
delle docce e fa davvero caldo. Quando torniamo in
strada, un quarto d'ora dopo, la situazione sembra essere
peggiorata. Il lancio di lacrimogeni si fa più lungo.
C'è una scalinata gremita di gente che porta a un'altra
strada. Un lacrimogeno finisce lassù fra le urla di
paura e indignazione. Un altro proprio dentro un balcone.
Applausi per l'ottimo lancio. Le tute nere non avrebbero
saputo fare di meglio. Di colpo da spettatori dello
scontro ci trasformiamo, nostro malgrado, in attori.
Iniziano a cadere lacrimogeni fra di noi. Quelli coi
guanti corrono a prenderli per gettarli in mare. Ancora
applausi, ma non siamo più tanto tranquilli. C'è un
momento di panico. Arretriamo. Camminando all'indietro.
Non dev'essere piacevole beccarsi uno di quei cosi in
testa. Non ci posso credere! Non stavamo facendo
assolutamente niente! Eppure corriamo. C'è uno slargo,
un cancello aperto che porta al mare... Viaviavia! Urlo
un paio di volte. 'Piano, non correte!' Inutile.
Scavalchiamo una staccionata per arrivare al cancello.
Una ragazza urla disperata che sta male, che qualcuno la
aiuti. Si tiene un braccio. E' il panico totale. Mi giro
un secondo. I celerini sono già lì. Scena apocalittica.
E' un uomo quell'armadio con la maschera antigas che
emerge fra il fumo? Sono le lacrime che non mi fanno
vedere bene? Solo allora sento le urla del motore di un
blindato. Via. Di corsa. Arriviamo al cancello. Un
ragazzo urla istericamente di chiuderlo. Non si può, la
gente continua ad arrivare. Testa a posto. Scenderanno
anche qui? Ci siamo persi un paio di amici. Una è
rimasta più in su per cercare il suo ragazzo. La
recuperiamo. Ancora il fumo dei lacrimogeni...Occhi e
faccia che bruciano. Un ragazzo non dice niente e ci
passa un limone. Forse è straniero. C'è gente che
scende portata a braccia, facce insanguinate. Un altro in
preda all'isteria 'Di qui non si esce, non c'è uscita,
siamo fottuti'. Bestemmie. Poi ci si calma. Non sono
scesi. Decidiamo di salire noi. Non siamo dell'umore di
farci un bagno e ad ogni modo il mare è pieno di gommoni
della polizia. Ma quanti sono? Sopra, come sempre, le
pale degli elicotteri. Fermo un ragazzo. 'Ci sono gli
sbirri su?': 'Do you speak english?'. 'Sì, ma fanno
passare'. Andiamo allora... Sfiliamo braccia alzate
davanti a loro. Due o tre ci filmano. Uno ci guarda
sarcastico dicendo 'Pace e amore'. Se non fossi sotto
shock riuscirei almeno a pensare che quel manganello
glielo ficcherei volentieri nel culo. Ci sono auto
rovesciate e un poliziotto che, senza la giacca e il
casco sembra Robocop per via delle protezioni, che sta
aiutando a medicare una signora ferita dai suoi colleghi.
Sangue. Fermano un paio di persone. Non ci sono
manganellate arbitrarie. Solo l'arroganza di alcuni e la
stanchezza di altri. Ma i giornalisti sono a due passi.
Cosa accadrebbe se non ci fossero? Arriva un furgone che
scarica acqua e panini. Mangiamo controvoglia. Lo stomaco
è chiuso. Cerchiamo di raggiungere il resto del corteo.
C'è una banca con i vetri sfasciati e un paio di
macchine bruciate. Il rumore improvviso che sentiamo è
quello di un blindato che centra una macchina
parcheggiata. Non passiamo per Piazza Alimonda. Non c'è
niente da vedere. Incontriamo un signore, 65 anni. E' col
gruppo di Pinerolo (credo) di Rifondazione. E'
arrabbiato. 'Bisognava venire organizzati! Io ho alzato
le mani davanti ai tedeschi, non ho più voglia di farlo
con 'sti stronzi!' Costeggiamo la ferrovia. Non ho idea
di dove siamo. Un gruppo di cinque tute nere scavalca un
cancello e si dà alla fuga fra gli applausi ironici di
quelli che stanno lì attorno. Urla di sirene. Paura. Ci
lanciamo dall'altra parte del corso. Se ne vanno. No! Una
jeep si ferma davanti a una casa dello studente. Alziamo
le mani. Ma non vogliono noi. C'è gente che corre giù
per le scale. Le mani alzate. Uno si becca una
manganellata. Perchè? Cos'ha fatto? Non abbiamo visto
niente. La jeep riparte. Elicotteri nel cielo e fumo da
più parti. Non sappiamo dove andare. Siamo stanchi e non
abbiamo più voglia di vedere giacche blu. Il sentimento
è diffuso. Il corteo non si sa bene dove sia finito.
Sono le sei. Decidiamo di tornare a casa. Come sarà
andata? Quanti eravamo? Le voci ci inseguono
sull'autobus. 300mila persone, scontri ovunque,
infiltrati, polizia brutale. Un romano in stazione ci
dice che ci sono state manifestazioni parallele in varie
città. Parla anche di scontri. Più tardi un tipo in
televisione parla dell'attacco di migliaia di anarchici
con spranghe e pietre al fondo di Corso Italia. Che
queste cazzate le vada a raccontare agli inviati de 'Il
giornale' e di 'Libero'. Ci credono soltanto loro. Sono
successe davvero queste cose? Ero io? E' realistico, è
credibile, che io mi senta fra quelli che non hanno visto
quasi niente di quanto è successo? Se fosse un romanzo
qualcuno lo considererebbe realistico? Era Genova quella
città desolata? Erano tutori dell'ordine democratico
quelli che tiravano i lacrimogeni fra gente che si
riposava all'ombra, anziani sorridenti, ragazzini di 13
anni? <<<<>>>> Una festa di compleanno.
Sabato 21 luglio. Ore 8: partiamo da Torino, io mia
moglie ed alcuni amici aderenti al Torino Social Forum;
come noi partono quelli della Rete di Lilliput, di Mani
Tese, di Rifondazione del WWF. In largo Brescia ci
saranno almeno una quarantina di pullman. Siamo ancora
sgomenti per gli eventi del giorno precedente.Ore 11
circa: Al casello di Genova Nervi: coda. Ci si aspetta
una perquisizione che invece non avviene. Nuova coda in
corso Europa. In senso opposto scorre una colonna di
almeno dieci cellulari della polizia, stipati di militi,
ognuno sormontato da un poliziotto con relativo fucile
lancia-lacrimogeni. Rimango raggelato o forse mi sono
soltanto perso gli ultimi mesi di questa realtà
genovese.Ore12 circa: decidiamo come gli altri
manifestanti di scendere dal pullman e proseguire a piedi
verso il punto del concentramento. I Genovesi non ci
sembrano ostili malgrado lennesima invasione.
Passiamo accanto al centro di accoglienza dellex
ospedale psichiatrico; mi sorprende lordine attorno
alle tende, non un sacchetto né un materassino o sacco a
pelo. Dai balconi qualcuno ci applaude, il corteo
risponde festoso. Luna circa: raggiungiamo Sturla:
folla enorme e variegata. Ammiro con invidia certe
acconciature coloratissime. Daccordo con gli altri
del gruppo decidiamo di risalire il corteo alla ricerca
dello striscione del Torino Social Forum. Dopo circa
mezzora li perdiamo e rimaniamo in quattro, io P.
C. e F.. Risaliamo ancora il corteo lungo corso
Cavallotti alla ricerca di qualche gruppo conosciuto cui
poterci aggregare. Troviamo unamica delle Donne In
Nero e veniamo accolti nel loro gruppo. In una traversa
intravedo a molta distanza da noi un gruppo con i caschi
azzurri, ma saranno a circa 500 metri! Lungo il percorso
non ne abbiamo trovati e non ne troveremo altri. Ci
accompagna linquietante volo di due o più
elicotteri che forse ci stanno riprendendo; saluto di
rito. Ore 14.00 circa: davanti alla chiesa di Boccadasse
un pullman a due piani di tipo londinese di quelli di
DROP THE DEBT: ballano sul tetto. Incontriamo
fortunosamente A. che per quelli di UN PONTE PER
sta distribuendo datteri iracheni. Ci abbracciamo, siamo
emozionati, mi racconta di una brutta disavventura
capitatagli al mattino, ma questa è unaltra storia
o forse fa sempre parte della stessa ? Ci salutiamo con
la promessa di reincontrarci
non accadrà. Ore
15.00: il corteo staziona sul lungomare, siamo a fianco
di un muro con cartello di LIMITE NVALICABILE, vetri
rotti a terra. In alto sul terrazzo delledificio
interno scorgo alcune persone: uno mi sembra in borghese
con in testa un casco azzurro, gli altri vestiti di nero
con un copricapo nero. Unanziana signora esce da
una finestra di una casa vicina, ci applaude. Alcuni
hanno messo a disposizione un tubo per lacqua dal
giardino, molti cercano refrigerio. Fa un caldo
terribile! Ma tutto va bene; il gruppo che ci precede
balla a ritmo di samba. Ore15.20: Ripartiamo.
Qualcuno ha sentito tramite telefonino che in piazza
Kennedy sono in corso violenti scontri. Sappiamo di dover
passare lì vicino. Primi segnali di nervosismo. Tutti i
gruppi, compreso il nostro, dispongono un doppio cordone
sui lati per evitare infiltrazioni di qualsiasi tipo.
Ore 15.30: il corteo si arresta; sulla sinistra , oltre
gli alberi, cè il mare, sulla destra cè un
muro di pietre al disopra del quale mi sembra di
percepire la presenza di un giardino. Oltre la testa ,
non molto distante, si vede il fumo dei lacrimogeni;
davanti scorgo le bandiere dei Verdi. Dietro cè
uno spezzone di Rifondazione (di Napoli?). Scorgo diverse
persone con le magliette della Rete di Lilliput. Momenti
di tensione: alcuni urlano di sedersi a terra per poter
evitare pericolose fughe indietro, altri consigliano di
indietreggiare di un passo, altri ancora di avanzare.
Siamo costretti a stare seduti sul marciapiede di destra
, contro il muro, alzando le mani in segno di PACE. Ci
rialziamo sempre con le mani alzate. Alterniamo momenti
in piedi ad altri seduti. Ore 16.00 circa: SI
SCATENA LA FOLLIA! Il fumo dei lacrimogeni si fa più
vicino. Vedo qualcosa con una scia che arriva dal
giardino sopra di noi spremo il limone sul fazzoletto,
così a mia moglie P.. Arrivano altri lacrimogeni più in
basso la gente scappa allindietro veniamo
schiacciati e bloccati contro il muro ho paura di essere
schiacciato come negli stadi ho paura per C. che è più
piccola di noi e scompare. Il fumo mi prende gli occhi e
la gola; limone limone limone sul fazzoletto su quello di
P. sugli occhiali di F. Funziona non soffoco più la
folla in fuga mi schiaccia un po di meno. SENTO
QUALCOSA BATTERE RITMICAMENTE CHE SI AVVICINA! Ci
troviamo di fronte della gente con scudi e manganelli
urlano cose che non capisco dietro le loro maschere.
Abbiamo tutti le braccia alzate gridando continuamente
PACE PACE. Mi arriva il primo colpo su un fianco cado per
terra cerco di ripararmi la testa con le braccia alzate
sento dolore intenso al polso destro mi butto verso P.
cerco di ripararle la testa prendo un altro colpo sulla
mano mi sembra meno forte meno male! Quelluomo è
mancino, impugna il manganello con la mano sinistra e
tiene lo scudo con la destra, mi colpisce soprattutto sul
lato destro. Da qualche parte sento che stanno pestando
F. PACE AAHIA
MA PACE , CAZZO! Quelluomoverde
continua mi prende a calci a terra sento un dolore
fortissimo dietro al ginocchio destro mi brucia, fino
alle palle. Ha la tuta grigioverde, sul petto porta due
strisce dorate, su una sta scritto GUARDIA DI FINANZA; su
quella sulla sua sinistra c'è qualcosa in inglese come
ANTITERRORISM NUCLEUS o GROUP o altro di simile. Sul
casco verde cè unaquila gialla, mi sembra.
Continua ad urlare come un orco non so se parla in
italiano
fa cenno di picchiarmi ancora. Si
intromette qualcuno senza casco, pelato, in camicia
chiara con le stelle una due tante stelle, dice
BASTA
.. E linterruttore: ha due
posizioni VAI PICCHIA/STOP FERMATI. Minacciosamente
qualcuno mi fa cenno di alzarmi, urlano. P. vicino a me
piange e grida BASTA BASTA PERCHE CONTINUI, COSA TI
HO FATTO IO? In piedi con le braccia alzate iniziamo a
camminare, continuiamo a dire PACE a chiunque, PACE,
PACE
pace un cazzo, mentre cammina P. prende una
manganellata sulla coscia destra da un altro orco verde
senza maschera. Mentre camminiamo dispensando pace, alla
nostra destra arrivano velocissimi due blindati azzurri
che si fermano affiancati al centro della strada.
Passiamo vicini ad un altro con manganello, con casco e
interamente ricoperto da unarmatura di plastica
nera; è altissimo. Non ha alcun segno di riconoscimento,
né sullarmatura né sul casco. Non mi sembra abbia
la maschera antigas eppure non vedo il chiaro del viso,
non ne percepisco gli occhi. Si vedono soltanto spuntare
strisce di tessuto nero sotto larmatura che ricopre
le cosce, forse una tuta sportiva con una scritta BIANCA
ripetuta in sequenza in campo nero. Svoltiamo in corso
Piave (?) e cerco di zittire una ragazza che urla
BASTARDI, ho paura che ricomincino a picchiare. Ci
seguono braccia alzate pace camminare pace pace;
unanziana signora vicina a me continua a ripetere
AIUTO HO PAURA MI SENTO MALE! Qualcuno la porta via. C.
incazzata si avvicina ad un signore in borghese con la
pettorina blu polizia e incomincia a chiedergli ERAVAMO
SEDUTI CON LE BRACCIA ALZATE, CI AVETE ATTACCATO,
PERCHE ? Lo sentiamo rispondere TANTO SIETE TUTTI
DEI BOMBAROLI. Porto via C. che insiste, il tipo si sta
innervosendo. Riconosciamo degli amici che ci accolgono;
ho male al polso destro, dietro il ginocchio destro ho
una vasta ecchimosi, il pantalone è strappato in più
punti. P. alza la gonna e scopre unecchimosi di
circa dieci cm. sulla coscia destra. F. ha due staffilate
sullavambraccio destro e una vasta ecchimosi sul
cavo popliteo destro (amici anche in questo). Un
anziano signore ci spiega la strada più breve per
raggiungere lappuntamento con il pullman, vorrebbe
ospitarci ma non vogliamo disturbarlo. Siamo distrutti
fuori e dentro, ci sediamo sullo scalino del portone, ci
abbracciamo E TUTTO FINITO, DAI! Ore 16.45
circa: siamo in via Trento. Mezzora di apparente
tranquillità. Avvertiamo via telefono il capo pullman
dellaccaduto e lo preghiamo di aspettarci. Lì
vicino cè un cespuglio; mi vergogno un po ma
piscio, finalmente! E non smetto più, ma non
basta. Ore 17.00 circa: vediamo alcuni avvocati del
GSF e qualche giornalista di CARTA, vorremmo denunciare
laccaduto ma hanno la nostra stessa faccia e non
gli rompiamo le palle. Ore17.30 circa: continuano a
passare lividi, teste rotte, nasi sfasciati di tutte le
età e tutti i colori. Salutiamo i compagni e proseguiamo
lungo via Trento, al fondo troveremo via Tolemaide con
lappuntamento. In rapida successione passano cinque
cellulari blu polizia con rispettivo omino lanciagas
incastonato sul tetto. Curva sgommate colpi sordi
lacrimogeni. Ci risiamo, fermi. Svolta langolo,
vedi ragazzini proni a terra con mani alzate, poliziotti,
sotto lo sguardo delluomo dalla pettorina blu
responsabile del sillogismo MANIFESTANTI = BOMBAROLI,
mollano a casaccio calci sui fianchi o manganellate.
Scendi la scaletta, dai! Due macchine bruciate
Ma
è via Tolemaide
e laggiù i nostri compagni di
viaggio: ci medicano , ci abbracciano e io inizio a
parlare e parlo parlo parlo e non smetto più, non riesco
a smettere , non ci riesco. Vorrei piangere,invece, ma il
grilletto non riesce a scattare porca troia! E parlo
parlo, anche con un giornalista del Tg3 Piemonte, ma sono
stanco e poco incisivo e poi tagliano anche un pezzo
dintervista. Ma siamo già a Torino, non te
neri accorto? E poi domani rivedremo A., dai nonni;
A. che di lacrimogeno conosce solo la cipolla e che con i
manganelli ha visto solo Arlecchino e Pulcinella e che
quando le dici NON PASSARE DI LA , NON SI PUO ti
chiede severa PERCHE ? A proposito il 21 era il
giorno del mio 40° compleanno, non è stata una bella
festa e come regalo mi rimangono dei segni difficili da
cancellare, dei grossi lividi sul corpo e nellanimo
di P. e il braccio ingessato del mio amico F.. Ho voluto
inviarvi questo sfogo perché non riesco a sfogarmi per
niente e voi mi capite. Potete farne ciò che riterrete
più opportuno: come testimonianza, come lettera , come
riempitivo, potete anche tagliuzzarla in tanti pezzi e
inserirli qua a la quando meno te laspetti, ma VI
PREGO, CREDETEMI E FATE IN MODO CHE MI CREDANO,
PERCHE IO ANCORA FACCIO FATICA. GRAZIE. R.N. |