Genova, sabato 21, verso le 16. Eravamo in
sei, partiti presto per partecipare alla manifestazione.
Siamo arrivati fino a Nervi per le strade dell'Appennino,
evitando l'autostrada. Eravamo, credo, a metà del
corteo. Fermi sotto il sole, dai palazzi i genovesi ci
buttavano acqua per rinfrescarci, a un certo punto, lungo
il cammino, una chiesa ha suonato le campane a festa, era
ricoperta di cartelli anti-global. Si avanza, piano ma si
avanza. Da amici, via telefono, abbiamo notizia di
scontri, non so se alla fine o all'inizio del corteo.
Siamo in corso Italia, il corteo è pacifico. A sinistra
il mare, a destra muri e strade laterali che danno sul
corso; ogni due o tre, a cinquanta metri dall'innesto su
corso Italia, maree di poliziotti in assetto antisommossa
che attendono. Finché a un certo punto il corteo si
ferma, a destra, da una strada laterale, un po' indietro
rispetto a noi, i poliziotti stanno arrivando di corsa
verso il viale, davanti sta succedendo qualcosa, voci
dicono che il corteo è stato spezzato, c'è una
battaglia in corso, adesso vediamo benissimo le parabole
dei lacrimogeni, poi guardiamo a destra, e su in alto a
trenta metri, a monte, su uno spiazzo a terrazza che dà
su corso Italia , un gruppo di poliziotti che aspetta.
Guardiamo dietro di noi, anche indietro il corteo è
spezzato, i manifestanti hanno visto la polizia e si sono
fermati. Siamo tesi, nervosi. Perché è chiaro che siamo
in trappola, davanti la polizia, dietro la polizia, a
destra le case, a sinistra, più in alto rispetto alla
strada di una decina di metri, qualche villetta, protetta
da muri a secco, che dall'altra parte guarda giù verso
il mare. Qualcuno va a parlamentare con i poliziotti:
inutile, non parlano, stanno muti dentro il loro
equipaggiamento da robcop, o da zombi. Parte qualche
provocazione, qualche sasso, 'fermi, fermi!' grida
qualcuno, poi il finimondo. Un attacco bestiale da
davanti e da dietro, sulla folla piovono lacrimogeni, da
quel piazzale di destra alto sulla strada, dagli
elicotteri che si abbassano a 50 metri, dalla polizia che
carica sparando candelotti ad altezza d'uomo. Lì non
c'è scelta, o scappi o te ne esci con la testa rotta, ma
il corteo è immenso, e il rischio di schiacciarsi a
vicenda, presi dal panico, maledettamente reale. Chi
indugia, chi accenna a una qualche difesa viene preso a
manganellate sulla testa, sulla schiena, in faccia, sulle
braccia, con una violenza che io, a 52 anni, con un
passato di decine e decine di manifestazioni, non ho mai
visto prima. S. chissà dovè, R., M. e io
schiacciati da una massa di persone che cerca di fuggire
dalle cariche e dal fumo dei lacrimogeni, irritanti come
non ne ho mai sentiti nel passato, ti lasciano intontito,
con i polmoni a pezzi, gli occhi bruciati che non ci vedi
più, la pelle irritata, non c'è limone che tenga, ti fa
male, non ce la fai a respirare. Storditi dal fumo,
alcuni di noi si arrampicano frenetici sul muretto a
secco, ce la fanno ad aprire un varco tra i fili della
recinzione della villetta, in un centinaio o forse più
corriamo verso il cortile della casa, il proprietario
apre le porte e ci fa entrare tutti. Che sia benedetto,
ci ha soccorsi, ci ha dato da bere, ci ha salvati. R., M.
e io ci sediamo, siamo tutti e tre più o meno interi.
Un'ora dopo un avvocato del Genoa Social Forum ci dice
che possiamo scendere, a mani alzate, non ci faranno
niente. Andate verso destra, dice, verso Nervi, tornate
indietro, il corteo, ormai spezzato in tronconi, è stato
disperso. Invece non è finita per niente. Mentre
camminiamo, sentiamo dietro di noi le camionette della
polizia e un battaglione di poliziotti che battono i
bastoni sullo scudo. Ci giriamo, improvvisamente li
vediamo correre, dove cazzo corrono, ci vogliono
massacrare? corrono verso un gruppo in fondo, davanti a
noi, sparano altri lacrimogeni, tra poco ci verranno
addosso, un elicottero si abbassa in modo da spingere,
con il moto delle pale, i fumogeni lontani dai poliziotti
e contro di noi. E' micidiale il rumore sempre più forte
del rotore delle pale, dietro le spalle sento venirmi
addosso un vento acre e caldo, fumo, carte, bottiglie di
plastica vuote, oggetti che si sollevano. Mi metto a
correre. A destra potrei scendere al mare, ma c'è lo
sbarco degli incursori con i gommoni, fanno prima
sbarcare l'ufficiale medico della croce rossa, poi col
megafono intimano lo sgombero dei bagni sul lungomare.
Non c'è niente da fare, sento il passo picchiato con
forza sull'asfalto dei poliziotti dietro di me, sento
colpi secchi, una coppia isolata che stava correndo viene
aggredita a manganellate e a calci, anch'io sono isolato,
terrorizzato, mi fermo, alzo le mani, 'sono disarmato'
urlo, un poliziotto mi passa di fianco urlando anche lui
qualcosa, batte violentemente il manganello su un palo di
ferro, poi, forse vedendo i miei capelli bianchi, passa
via. S.B. <<<<>>>> Venerdì 20 - Arriviamo a
Genova con una velocità cui non eravamo preparati: dopo
che A. S. ci aveva messo in guardia dai disservizi delle
ferrovie - '...ci arriverete in 10 ore...' - trovarsi in
città dopo tre ore di viaggio sembra un miracolo. Una
volta lì la macchina organizzativa sembra funzionare:
raggiungiamo il centro sportivo di Sciorba con i bus,
molliamo armi (si fa per dire...) e bagagli nell'enorme
tendopoli e rapidamente scendiamo in centro. Sui bus la
confusione è palpabile: manifestanti, cittadini
lavoratori e autisti vedono le proprie esigenze cozzare
le une con le altre...noi siamo sballottati in giro senza
poter decidere bene dove voler arrivare, i lavoratori, ai
quali era stato intimato dal Comune di lasciare le
macchine a casa e di servirsi dei mezzi pubblici, sono
inviperiti dalla scoperta di percorsi obbligati che li
portano in direzioni inutili; gli autisti, poveracci,
ricevono direttive sul momento e si adeguano. Comunque si
fa immediatamente notare la grandissima gentilezza e
cortesia dei genovesi: indicazioni e richieste di aiuto
vengono accolte con simpatia ed esaustività, sia da
parte dei cittadini che dei poveri autisti. Ci mollano
vicino al Marassi, noi vorremmo raggiungere il corteo di
Rete Lilliput che abbiamo incrociato due ore prima mentre
stavamo portando gli zaini a Sciorba, ma non sappiamo
dove cercarlo. Camminiamo fino a che per strada
incomincia il passaparola di informazioni: di lì hanno
sbarrato, di quì non ti fanno passare, proviamo ad
andare di là, ecc...., insomma, non capiamo bene dove
andare, non sappiamo dove intercettare il corteo,
avanziamo alla cieca. Ci ritroviamo davanti a due tunnel
enormi che sfociano alla stazione Brignole, dove si
intravede uno schieramento di forze dell'ordine che
definire imponente sarebbe ancora poco. Che si fa?
Tentiamo di parlare con gli altri per decidere qualcosa,
ma in pochi minuti si scatena l'inferno. Dopo nemmeno 3
ore di permanenza a Genova, facciamo subito la conoscenza
del Black Block...l'inizio della violenza è devastante.
Mi giro e vedo una moto con a bordo due persone con un
pettorale fosforescente: non faccio in tempo a capire se
sono giornalisti , poliziotti o cos'altro che la moto
viene inseguita e il passeggero viene scaraventato a
terra da un gruppo di blacks che lo accerchiano...la
tensione sale immediatamente, mentre cerchiamo un posto
dove ripararci vedo il pilota della moto che si avvicina
di corsa al suo compagno a terra...i blacks lo puntano,
lui estrae una pistola e spara due colpi in aria: a 5
metri dal tipo, io mi cago sotto e trovo rifugio in un
angolo...solo quando mi giro dall'altra parte mi si
rivela il panorama...una Volvo sta andando a fuoco, il
benzinaio a fianco è preso d'assalto, sampietrini
vengono estratti dalla pavimentazione e scagliati contro
le vetrine....ci sono due cassonetti ribaltati e
fumanti...intanto anche la macchina vicino alla Volvo ha
preso fuoco...ci spostiamo per non respirare il fumo e ci
troviamo in mezzo al devasto...un negozio di articoli da
moto viene assaltato e svuotato, si creano barricate
infuocate con altri cassonetti e campane per la raccolta
di rifiuto differenziati...dopo 10 minuti arrivano
finalmente i pompieri, dei poliziotti invece neanche
l'ombra...ma di questo parliamo dopo. Insomma, dopo 20
minuti di follia i 'neri' si spostano lungo un vialone -
si possono vedere le colonne di fumo e le barricate a
fuoco - lasciando dietro di loro terra bruciata. Il tempo
di riprendersi e percorriamo il tunnel che collega il
luogo degli incidenti con Brignole: il colpo d'occhio è
micidiale...2-3mila poliziotti in tenuta antisommossa,
camionette con idranti, addirittura una decina di
cingolati!!!...arriviamo a pochi metri: le facce non sono
angeliche, cerco lo sguardo di qualcuno di loro...ma gli
occhi sono freddi. Gelidi. Penso che alla fine della
fiera anche questi non se la passano poi tanto bene, e si
vede. Forse sono solo pedine, loro come noi, da muovere
secondo gli interessi di chi se ne sta barricato da
qualche parte. Sicuramente le sfere alte hanno messo in
conto il morto, e che sia da una parte o dall'altra non
gliene fregherà di meno. Comunque, il fatto è che tutto
questo imponente schieramento non si è mosso di un metro
per fermare la furia distruttrice del Black Block. Erano
lì a poche decine di metri, sapevano cosa stava
succedendo, anche perchè diversi elicotteri monitoravano
la situazione della città dall'alto individuando subito
i disordini, eppure non si sono mossi, pur essendo in una
schiacciante superiorità sia numerica che di mezzi. Poi
ognuno tira le proprie conclusioni, anche tenendo conto
delle recenti campane...io sono dalla parte di chi pensa
che governo e polizia abbiano dato via libera ai blacks e
alla loro violenza per distogliere l'attenzione dal
corteo pacifico e dalle sue richieste, e per fare di
tutta l'erba un fascio, rappresentando 200.000 teppisti
che avrebbero giustificato ampiamente un tipo di
repressione violenta come quella esercitata dalla polizia
sui manifestanti pacifici. Ricapitolando: la frangia
estremista dei manifestanti - che abbiamo visto agire in
diverse occasioni in poche unità, due-tre decine al
massimo - non è stata MAI toccata dalla polizia, che al
contrario ha represso con le botte il pacifismo degli
altri. Stiamo a Brignole 20-30 minuti, cercando di capire
dove andare senza imbatterci nei casini...la polizia
intanto si prepara: si mettono le maschere anti gas e
cominciano a picchiare i manganelli sugli
scudi....probabilmente è in arrivo il corteo, si
intravede in lontananza. Chiamo M. A. per sapere come
raggiungere Lilliput, ma il suo cellulare è spento. Ci
incamminiamo alla cieca e finalmente troviamo un grosso
corteo...è molto lungo e alla testa ci sono quelli che
la polizia si stava preparando ad 'accogliere': un carro
con sopra alcune casse ci tiene aggiornati sulla
situazione in testa al corteo...ci fermiamo per
permettere a chi è davanti impegnato negli scontri di
potersi ritirare di qualche metro senza rimanere
schiacciati...ci guardiamo intorno e mi accorgo che è
forse il corteo più eterogeneo...davanti ci sono gli
sfondatori, che immagino non lesinino botte se ne
ricevono...poi in mezzo c'è di tutto: dalla ragazzina ai
quarantenni, dal pacifista all'ubriacone violento al
vandalo gratuito...proprio grazie a questi ultimi nel
giro di pochi minuti la tensione sale in mezzo al
corteo...qualcuno incomincia a rompere vetrine e insegne
( tra l'altro: un ragazzo si accanisce contro un sex-shop
rompendo l'insegna con un sasso, poi si gira verso gli
altri e con una faccia sinceramente appassionata urla
'they're exploiting women!'...ora, io lo so che la
violenza non porta a nulla, però quel ragazzo continua a
starmi simpatico...perchè se io sono costretto a vivere
una vita bombardato dagli asfissianti messaggi di un
sessismo esasperato e fuori controllo, forse posso
arrogarmi il diritto di distruggerne, simbolicamente, i
simulacri...) e si levano urla e grida, non si capisce
bene quante di approvazione e quante di accusa...un
ragazzo - da solo - prova a dissuadere qualcuno a rompere
la vetrina di una banca...si becca un po' di fischi, e un
po' di applausi... Comunque, ormai è tempo di tornare al
Convergence Point di P.le Kennedy, un grande spazio
adiacente al mare dove si trovano i banchetti delle
associazioni nazionali e internazionali, l'info point del
GSF e i punti di ristoro....Agnoletto improvvisa
un'assemblea con un microfono e due casse mezze
rotte...ci sediamo tutti per terra, vogliamo sentire cosa
hanno fatto gli altri, sopratutto quelli del Carlini: le
tute bianche e tutti gli altri... Ma passano i minuti e
le notizie che arrivano non sono quelle che tutti noi
volevamo sentire...un ragazzo senza identità è morto.
Cala il gelo, è come se tutto ora prendesse un'altra
piega, iperreale. L'atmosfera adesso è di grande
partecipazione e di grande intimità...tutti seduti per
terra, ognuno urla la propria indignazione e si passa le
informazioni...elicotteri delle forze dell'ordine
continuano a passarci sopra disturbando
l'assemblea...dopo i primi passaggi si capisce che che è
una provocazione, una presa per il culo bella e buona, e
l'indignazione monta sempre di più...altre notizie:
alcuni ragazzi dei cortei sono stati intrappolati dalla
polizia che non li lascia passare provocando
scontri...gli addetti al servizio legale portano
testimonianze agghiaccianti: i feriti vengono prelevati
dall'ospedale senza alcun tipo di garanzia
medico-giuridica e trascinati nelle caserme, dove altri
testimoni riferiscono di maltrattamenti e pestaggi
incontrollati ...la folla inizia a scaldarsi...qualcuno
urla di andare a liberare chi è ancora sotto con la
polizia, qualcuno propone di andare all'ospedale, chi
alla prefettura...i portavoce della associazioni fanno un
lavoraccio, invitando tutti alla calma...la situazione è
espolsiva, se si formasse un corteo adesso la polizia
farebbe una carneficina, non saremo in più di tremila al
campo...troppo pochi...Casarini, Agnoletto, Bertinotti, i
portavoce delle organizzazioni estere, tutti invitano
alla calma e al sangue freddo...una mossa sbagliata
adesso che la polizia non aspetta altro sarebbe un
suicidio, questo viene detto chiaramente...mi chiama Gigi
(Tufano), mi chiede come procede, 'che in tv stanno
mostrando cose orribili, non ultima la morte del
ragazzo...la gente a casa sembra preoccupata,
evidentemente le cose stanno prendendo una brutta
piega...poi chiama Simona, e dice che c'è l'eventualità
che domattina non facciano passare il loro bus...la
situazione sta degenerando, penso, e ho voglia di vedere
un telegiornale per capire come stanno presentando la
città, le manifestazioni e gli scontri. L'assemblea si
scioglie, mangiamo e ci scarichiamo un po' dalla tensione
psicologica delle ultime ore...viene consigliato a chi
dorme nei centri di accoglienza di non andarci a piedi e
tanto meno da soli: la polizia è ancora in giro e ferma
indiscriminatamente...aspettiamo le navette, sperando che
ci siano. Nel frattempo all'interno dello spazio prende
vita un mini studio televisivo de La 7, Gad Lerner
incomincia la trasmissione con Agnoletto, il Sindaco di
Genova e altri ospiti...ma la tensione causata dagli
eventi della giornata è troppa, e alle prime parole
sbagliate scattano le contestazioni - anche intestine -
del pubblico...Lerner interrompe tutto, la trasmissione
è sospesa dopo nemmeno 10 minuti....i più anziani
invitano alla calma, i portavoce tentano di far capire ai
contestatori che il mezzo televisivo è adesso necessario
per far conoscere la grave situazione di
ingiustizia...torna la calma, ma Lerner torna sul
palchetto a telecamere spente solo per dire che problemi
tecnici rendono impossibile il ripristino del
collegamento... Per fortuna i servizi funzionano,
arrivano le navette e siamo subito a Sciorba, un campo
sportivo trasformato in tendopoli...ci accolgono con
acqua e cibo: non c'è che dire, ottima
organizzazione...si forma un capannello davanti alla
piccola tv...alle 12.45 il TG5 fa vedere le immagini
della giornata, comprese le foto della morte del ragazzo,
che finalmente ha un nome, Carlo Giuliani. Raggiungiamo i
sacchi a pelo. Sabato 21 - Mi sveglio e subito vedo il
giornale: la foto di Giuliani con in mano l'estintore e
nell'angolo una pistola puntata, poi la foto del ragazzo
a terra, morto, col cranio insanguinato. Buon giorno
Genova. Scendiamo rapidamente in centro e mettiamo
gli zaini a P.le Kennedy, sperando di trovare un mezzo
per tornare a Bergamo in serata. Prese le informazioni
necessarie sulla manifestazione di oggi, ci avviamo verso
l'inizio del corteo, in P.zza Sturla. La manifestazione
parte, e per un po' sembra veramente fantastico: un colpo
d'occhio impressionante, tanti gruppi e parti sociali e
politiche diverse, visi sereni e determinati. Ci sono i
greci, che avranno urlato gli stessi slogan
ininterrottamente per 5 ore, c'è qualcuno con tamburi e
strumenti, altri improvvisano teatrini simbolici contro
le multinazionali...l'atmosfera è distesa, almeno fino a
quando non veniamo a sapere che in testa al corteo i
blacks hanno ingaggiato violenti scontri con la
polizia...dalle testimonianze che raccolgo
successivamente sembra che siano stati proprio i neri a
provocare la reazione della polizia, che naturalmente non
si è fatta aspettare...il GSF e le associazioni aderenti
avevano tentato di scongiurare l'ingresso del Black Block
nel mega corteo attraverso un servizio d'ordine
autogestito e volontario...evidentemente non ha
funzionato, ma non certo per l'imperizia o la negligenza
del GSF...fermare i violenti non è certo compito
esclusivo dei manifestanti...ma su questo magari torniamo
dopo. A P.le Kennedy il corteo viene spezzato in due: noi
siamo nel tronco che è passato, e raggiungiamo Piazza
Ferraris tra canti, balli, una mucca che scagazza per la
strada, coppie di vecchietti che riempiono le bottiglie
d'acqua ai giovani manifestanti, gente che dai balconi
saluta, lancia segnali di approvazione e incoraggiamento,
altri che riempiono tinozze d'acqua e le riversano sul
fiume di persone per alleviare la calura...insomma, una
bella, grande e determinata manifestazione pacifica...in
Piazza troviamo un palco dal quale Agnoletto e altri
portavoce e rappresentanti fanno il punto della
situazione...dopo 40 minuti il corteo inizia a
sciogliersi e a tornare verso il lungomare...naturalmente
non riusciamo ad arrivare a P.le Kennedy molto
facilmente...tre episodi molto tristi accadono durante
l'attraversamento della città. Arriviamo a un grosso
incrocio, siamo un gruppetto abbastanza
sparuto...l'incrocio è presidiato dalle camionette della
polizia, che non si capisce cosa vogliano fare...ci
faranno passare? ci devieranno? macchè...un coglione
lancia un sasso e via con i lacrimogeni...saremo stati in
30-40, e questi ci sparano addosso i
lacrimogeni...mah...allora cambiamo strada e arriviamo su
un vialone dove ci sono i Pink, dei pazzi con parrucche,
giocolieri e quant'altro...forse i pacifisti per
eccellenza, totalmente innocui....vediamo uno
schieramento esagerato di poliziotti che avanza verso di
noi...stavolta però nessuno sta facendo assolutamente
nulla di male: non ci sono sassi, ne spranghe, ne molotov
in giro...ci chiediamo perchè dovremmo indietreggiare, e
non lo facciamo...i poliziotti avanzano sempre di più
fino ad arrivare davanti al nostro piccolo
gruppetto...qualcuno si fa avanti per fare delle foto e
viene accecato da uno spray...questo poveraccio resta a
terra bestemmiando, mentre qualcuno fa arrivare
dell'acqua per lavargli gli occhi...si forma un
capannello, la tensione sale ma la sensazione è che
nessuno cerchi lo scontro...un ragazzo dei pink parla con
i poliziotti: vogliono che deviamo, di là non ci fanno
passare. Dopo qualche contrattazione l'atmosfera si
scioglie...si decide per la deviazione, scatta anche
qualche pacca sincera tra dimostranti e poliziotti,
addirittura il poliziotto che aveva sparato lo spray
negli occhi chiede scusa al ragazzo, con un piccolo
abbraccio. Continuiamo a camminare e arriviamo a due
passi dal punto d'incontro, quando c'è la ciliegina
sulla torta. La situazione è questa: saremo in 8-9, noi
4 più altri ragazzi...siamo praticamente da soli, dietro
di noi c'è il contadino con la mucca...insomma, non c'è
alcun segno di pericolo o tensione, stiamo solo tornando
alla base. Passiamo di fianco a due camionette dei
carabinieri e due energumeni bardati di tutto punto
puntano contro il nostro gruppetto: si dirigono verso una
ragazza e un ragazzo colpevoli di indossare occhiali di
plastica anti-lacrimogeno e una bandana...con una sberla
il primo carabiniere fa volare vi agli occhiali dal viso
della ragazza, l'altro comincia a spingere e strattonare
il ragazzo, provocandolo...resto di ghiaccio, questa è
un'aggressione belle e buona, totalmente ingiustificata e
illegittima...dopo un minuti li lasciano andare, ma
rimane l'amaro in bocca. Quindi imparo che ci sono
poliziotti e poliziotti: macho senza cervello e
professionisti esperti, esagitati dal manganello facile e
poliziotti che cercano invece di non creare casini quando
non è strettamente necessario. Purtroppo a Genova quelli
esagitati e violenti erano in schiacciante maggioranza.
Il resto va da sè...torniamo a casa con un bus in
partenza da Marassi verso le nove...a casa intorno alle
due. Il giorno dopo, al telegiornale e sui quotidiani, la
triste vicenda di sabato notte. Non mi dilungo su
commenti ed opinioni, ci tenevo invece a fornire una
testimonianza. L.D. <<<<>>>> Odissea 2001 a Genova Da
oggi la Turchia e più vicina alla comunità europea
nell'applicazione dei diritti umani .Io pacifico
manifestane che per sfuggire agli scontri, con altre
decine di persone ragazze e ragazzi appena diplomati,
signore e signori di 1/2 età tutti pacifisti ci eravamo
rifugiati in un portone. Una signora di Genova
gentilmente ci aveva aperto. mentre la guardia di finanza
ci puntava i fucili a dosso. Eravamo tutti
tranquillamente seduti sulle scale in questo portone
aspettando solo la fine degli scontri per poter uscire e
tornare alle rispettive case , quando siamo stati
assaltati brutalmente da polizia e finanza. Noi sempre
con le mani in alto in segno di resa, siamo stati fatti
uscire ed ammucchiati su un marciapiedi in ginocchio. La
consegna di documenti è avvenuta sotto continue minacce
e insulti. Per i meno svelti ad obbedire manganellate
gratuite. Caricati sui cellulari e portati
all'identificazione nella zona del porto mentre ragazze
19enni in lacrime, minacciate da poliziotti in attesa che
le persone uscissero dai cellulari per pestarli, rapida
perquisizione sequestro di portafogli telefonini marsupi
zaini bandiere. Le mani sono state legate con fascette,
noi siamo stati sbattuti per terra . Il tutto sempre
condito da insulti e minacce. Trasferiti in un Lager alla
periferia di Genova dove è iniziata la vera odissea. Ad
aspettare che noi uscissimo dal pullman, cordoni di
polizia per scaraventarli giù dal pullman a calci,
picchiarli, insultarli sputargli. Dopo questa gentile
accoglienza venivamo portati in enormi e spoglie celle.
Venivamo sbattuti faccia al muro, spogliati e perquisiti,
tolto tutto lacci cinte braccialetti, fazzoletti occhiali
da vista (tanto per vedere il muro non servivano).Siamo
stati costretti a stare attaccati al muto a braccia alte
e gambe divaricate per decine di ore. Per chi faceva
domande tipo volere vedere un avvocato o un giudice o
chiedeva acqua, botte per chi era nero botte, chi, invece
voleva andare in bagno vi veniva portato e poi riempito
di botte. Ogni tanto arrivavano torme di poliziotti in
divisa od in borghese che sceglievano persone a caso da
insultare o picchiare, o le costringevano a cantare
giovinezza , ad urlare viva il duce viva la polizia. Nel
mio caso, avevo un distintivo della Roma ho dovuto urlare
forza Lazio!! I poliziotti dichiaravano che era
finalmente finito il governo comunista e che con il loro
governo di destra potevano fare tutto ciò che volevano
senza limiti, senza applicare i diritti costituzionali o
di base del uomo, negando a chi stava male l'acqua o le
medicine per poi portali in infermeria solo quando questi
stremati crollavano a terra per mancanza di forze. Per
fortuna ad un certo punto sono arrivati i Carabiniere e
in particolare un tenente che forse capiva la situazione
dei disperati, (Un ragazzo di Genova preso a 100 metri da
casa solo perché negro o un fotografo accreditato di un
giornale locale (di destra) in lacrime preso solo perché
faceva il suo lavoro e tanti altri grandi e piccoli presi
solo perché si trovavano li a Genova). Il tenente ha
ordinato di non aprire più le celle se non su suo
ordine, e permettere che ci si potesse riposare e perdere
le medicine. Dopo ore di questo trattamento senza cibo ne
acqua finalmente i giovani carabinieri di leva ci hanno,
anche dato un bottiglia da 1/2 litro per 15-20 persone
che ogni tanto ci riempivano e ci permettevano per 2-3
minuti di sederci e riposare. Quindi dopo 16-14 ore
finemente identificati foto impronte ecc. siamo tornati
ad esistere siamo usciti dallo status di 'desaparecitos'
Durante la notte visita al lager di Bolzaneto da parte di
un alto esponente del governo forse un ministro che
veniva a congratularsi con gli aguzzini. Impossibile
pensare solo di poterlo guardare. Dopo la visita del
ministro sono tornati i poliziotti che ci hanno tutti
ammassati in un cella per pestarci gratuitamente ed
insultarci se solo si provava ad fare una domanda,
costringendoci a cantare canzoni fasciste, ci dicevano e
allinfinito popolo di Seattle ordine e disciplina.
Un ragazzo francese tenuto per tutto il tempo in mutande
al muro al freddo o sdraiato sul pavimento picchiato di
tanto in tanto perché non capiva l'italiano portato via
scalzo ammanettato pestato. Io avevo visto una scena
simili in Tunisia mai avrei pensato di rivederla in un
paese della Comunità Europea (il mio paese) dove sono i
diritti del uomo? Alla fine ci hanno preparato per il
carcere. Non vedovo l'ora di arrivarci ma prima le ultime
umiliazioni. Ci dicevano oramai siete dei carcerati non
avete diritti mi hanno fatto spogliare nudo infreddolito
faccia muro. Mi hanno detto che avevo troppi effetti
personali. Una sciarpa di seta e cotone è un straccio
che è stato buttato nella spazzatura insieme alla
bandiera dei verdi ,un ciondolo d'argento, penne carte
personali e altre cose che non gli andava di riportare
nel verbale. Riportato in cella buttato mi hanno fatto
inginocchiare, mi hanno preso a calci ,ad un certo punto
arriva un poliziotto con le forbici che mi sbatte la
testa al muro. I sui colleghi gli chiedono :'che fai gli
tagli i capelli' lui risponde che no mi stava tagliando
solo il cappuccio della felpa che tanto fa caldo .Finita
l'identificazione di tutti, ammanettati e trascinati sul
pullman come cani Io stavo vicino ad uno studente
svizzero e due ragazzi francesi terrorizzati. Ho provato
a chiedere che fine avesse fatto il mio zaino la risposta
e stata che non si sapeva. Ci hanno portato al carcere di
Alessandria prima di entrare uscendo dal pullman il
solito pestaggio. Siamo stati mesi in una cella poi di
nuovo identificati ,finalmente le guardie carcerari dopo
i primi minuti di durezza si sono rese conto con chi
veramente avevano a che fare: non i terribili anarchici
violenti annunciati ma poveri disperati. Ci hanno chiesto
che cosa ci avessero fatto i poliziotti e cercavano di
calmare e rassicurare i più terrorizzati. Finalmente ho
potuto riavere i mie occhiali da vista ed i fazzoletti
per il naso. Ci hanno portato in una cella per due, con i
letti mi sono potuto finalmente sdraiare e riposare. Un
pasto, che mi e sembrato buonissimo, penso per la fame.
Sono andato in bagno, finalmente senza paura, mi sono
potuto lavare i denti e la faccia. Chi aveva problemi è
stato portato in infermeria e curato .A me per un momento
e sembrato un albergo e non un carcere ,rispetto al lager
da dove venivo: si potevano fare domande e avere
risposte, ci anno detto che sarebbero venuti gli avvocati
chi era nudo è stato vestito dal cappellano del carcere
,persona squisita. Si era tornati un uno stato di
diritto. Ho finalmente visto un avvocato che mi ha
rassicurato . Mi ha detto che si trattava di una
questione di qualche giorno e che ci avrebbero liberato.
Oramai mi ero rassegnato a passare la note in gabbia . Mi
avevano portato un libro, quando sono arrivati
rappresentati dei verdi e rifondazione che finalmente
avevano saputo dove eravamo e nel giro di poche ore ci
hanno scarcerato. I secondini che si erano preoccupati di
avvertire la famigli di alcune persone di zona per farli
venire a perdere. Ci hanno restituito i pochi effetti
personali sopravvissuti alla perquisizioni precedente. Io
sono rimasto con il solo portafoglio e una borraccia.
Cosi siamo finalmente usciti da carcere Con i cellulari
sopravvissuti abbiamo telefonato a casa per avvisare che
eravamo finalmente liberi. Fuori ad attenderci c'erano
dei volontari di Alessandria che avevano saputo che
uscivano . Tra noi 'Galeotti'ci siamo scambiato i numeri
abbiamo chiesto ai carabinieri di guardia quale reati
fossero quelli a noi imputati: il 337 e 339. Ci hanno
risposto: resistenza all'arresto aggravate da
associazione. Finalmente sapevamo di cosa ci accusavano.
Ad alcune persone le imputazioni erano diverse e
fantasiose, si erano divertiti a scrivere. Poi i
volontari hanno accompagnato alla stazione chi voleva io
ho rimediato un passaggio in auto dal mio compagno di
cella genovese al quale era venuta la madre a prenderlo.
Mi hanno lasciato alla stazione alle 2.30. Li c'erano dei
milanesi che mi hanno raccontato di altri massacri , in
particolar modo di quello della notte prima nella scuola
.ho rincontrato il francese finalmente in carcere lo
avevano rivestito cercava di tornare a Nizza .Alle 6.09
ho preso un treno Roma ho fatto il biglietto a bordo (per
fortuna avevo con me abbastanza soldi) senza prenotazione
dovevo trovarmi un posto dove dormire e un paio di volte
mi sono dovuto spostare perché arrivava l'assegnatario a
svegliarmi poi 11.30 di lunedì finemente a Roma a casa. M.S. <<<<>>>> Subject: Genova 21/7/2001. R.S.
e C.M. 0,h 6.30 Cinque pullman partono da Pinerolo
:destinazione Genova.300 persone, intere famiglie, gente
di tutte le età.Insomma, gente comune, tranquilla,
intenzionata soltanto a manifestare pacificamente. h
10.30 Arrivo a Genova. Nessun controllo da parte delle
'Forze dell'Ordine'. Migliaia di persone come noi si
dirigono verso il corteo. Piccoli gruppi circoscritti
armati di oggetti contundenti e protetti da caschi e
corazze entrano indisturbati nel corteo. Il nostro gruppo
li evita immettendosi nel corteo in un altro punto e
mantiene una distanza di sicurezza, non comprendendo le
loro intenzioni. h 12.30 ca. il corteo procede
pacificamente e festosamente. Non si percepiscono
tensioni nei nostri pressi. h 14.30 ca. Il corteo si
blocca in Corso Italia.In lontananza si vedono i fumi dei
primi lacrimogeni lanciati dalle 'Forze dell'Ordine'. Ci
fermiamo in attesa di capire se arretrare o proseguire
per la via autorizzata del corteo. Alcuni di noi si
avvicinano alla zona degli scontri (piazzale Kennedy) e
riferiscono di aver visto un gruppo di facinorosi
assaltare e incendiare una banca di fronte ad un blocco
più consistente di esponenti delle 'Forze dell'Ordine' .
Decidiamo allora di restare lontani e fermi in attesa che
il gruppo dei facinorosi venga arginato e che quindi il
corteo possa procedere. Alcuni intorno decidono di fare
sit-in, noi restiamo in piedi pronti eventualmente ad
arretrare; tutti cerchiamo di mantenere la calma e non
scatenare il panico. h 15.30 ca. All'improvviso la
situazione degenera e i primi lacrimogeni arrivano sulla
folla. Si scatena il panico generale, la gente urla e
cerca di fuggire spaventatissima. Continuano a piovere i
lacrimogeni lanciati anche dall'elicottero che sin
dall'inizio sorvolava sul corteo. La folla sconvolta
senza poter più respirare nè vedere si accalca, quasi
ci stritoliamo a vicenda. Alcuni riescono ad
arrampicarsi, altri trovano via di fuga verso la
spiaggia. Ma questo noi non lo abbiamo visto.... R: mi
volto indietro e faccio appena in tempo a vedere una
moltitudine di poliziotti venirmi addosso che uno di loro
mi colpisce violentemente alla testa, ferendomi e
facendomi cadere. Nonostante fossi sanguinante ed inerme
a terra, ognuno di loro cui venissi a tiro infieriva su
di me con calci e manganellate in tutto il corpo. Erano
tanti, almeno dieci, quindici, tutti su di me.Quando ho
capito che cosa stava succedendo mi sono riparata la
faccia con le mani e questo ha impedito che un ulteriore
calcio mi deturpasse il viso, fratturandomi 'solo' la
mandibola. Cercando di rialzarmi con le ultime forze
rimastemi intravedo C. affianco a me in terra che mi
aiuta a mattermi in salvo.Ma come se non bastasse un
poliziotto passando mi spruzza uno spray urticante dentro
un occhio.Poi verso la spiaggia la salvezza, un ragazzo
mi getta dell'acqua sul volto ed altri immediatamente
giungono in mio soccorso. Pensavo di morire. C: stretta
nella folla impazzita cado in terra, spinta. Terrorizzata
penso che sarei morta calpestata dai miei stessi compagni
in fuga.Improvvisamente mi ritrovo sola a terra , di
fronte a me solo poliziotti con scudi caschi e
manganelli. Uno di loro mi colpisce. Solo allora ho
capito che erano fuori di se e che avrebbero potuto
massacrarmi. Dopo di che non ricordo più distintamente,
forse mi sono coperta gli occhi o li ho chiusi.Ricordo
soltanto le grida vicine di una donna che urlava: -
Perchè?Perchè?Non vi abbiamo fatto nulla..Perchè?..-.Poi
mi sento chiamare, mi volto e vedo R. . Era lei ad urlare
ed ha il volto pieno di sangue. Sconvolte cerchiamo di
metterci in salvo. Sulla spiaggia ritroviamo un piccolo
gruppo di Pinerolesi, gli altri dispersi e
irrintracciabili.Abbiamo tutti paura e siamo bloccati,
fuori ancora le 'Forze dell'Ordine'.Quando, dopo ore,
riusciamo ad uscire sulla strada i medici ci caricano
sull'ambulanza. ...ecco i danni subiti: R: - trauma cranico facciale
- frattura mandibola sinistra (prognosi: 30 giorni senza
poter masticare nè parlare) - ferita alla fronte: un
punto di sutura - ematoma su tutta una coscia e vari sul
corpo C: - due ematomi, uno sotto
il braccio, uno sulla gamba (...con me sono stati
'gentili'...). E questi sono soltanto i
danni fisici. Ma quelli morali? La paura e l'umiliazione
non si dimenticano... R: quando chiudo gli occhi
rivedo la scena ogni volta, come se fosse un film.
Surreale. Alleghiamo il referto medico
dell'ospedale.Solo per chi si ostina a non credere e a
chi vorrebbe raccontare, proprio a noi, BUGIE. <<<<>>>> 2001, Genova, Italia Lettera
aperta agli amici e ai compagni di strada Alcuni amici mi
hanno chiesto di raccontare. E' colpa loro se tutti
voialtri ora avete la sfiga di beccarvi questa lettera
aperta. Non fa niente se non avrete voglia o tempo di
leggerla fino in fondo, ci sono casi in cui scrivere
serve anche come valvola di sfogo e come modo per
riordinare le idee: sono due esigenze che in questi
giorni mi pulsano dentro all'impazzata, e che stiate
leggendo o meno mi siete comunque preziosi come
immaginari interlocutori. Impossibile in realtà dar
forma scritta alla rabbia, al dolore e all'incredulità
per quanto vissuto a Genova. E quando devo esprimere
qualcosa per cui mancano le parole, da prolisso divento
interminabile. Ve lo dico alla quinta riga così ho la
scusa per andare avanti per altre due o tremila. Siamo
andati, e abbiamo visto. Abbiamo visto e ora dovremo
esserne testimoni, mettere insieme tutto ciò che abbiamo
vissuto, raccontarlo agli altri, farlo diventare un mezzo
di pressione politica e di ricerca della verità. Abbiamo
questo dovere. Ma dobbiamo essere lucidi. Cerco allora un
distacco dallo stato emotivo che mi porto dietro da
Genova, e lo cerco nella storia. Conoscete il nome di
Giorgiana Masi, una ragazza di 22 anni che il 12 maggio
del 1977, durante una manifestazione pacifica, venne
uccisa da un colpo di pistola sparato da poliziotti
travestiti da autonomi, uomini dei reparti speciali
sguinzagliati dal ministro Cossiga per le strade di Roma.
L'intento era quello di sempre: seminare panico e
violenza facendone ricadere la responsabilità su
presunte frange estreme di manifestanti e creando il
clima giusto per una repressione generalizzata del corteo
da parte delle forze dell'ordine, per annegare nel sangue
e nello scontro di piazza un grande movimento nonviolento
che aveva delle cose da dire ai potenti e ci stava
riuscendo. E allora via con i finti autonomi a far casino
da una parte, e con la polizia a caricare dall'altra. E i
manifestanti nel mezzo a rimetterci le penne. E'
esattamente quello che abbiamo visto accadere a Genova.
Tanti hanno visto le bande dei Black Block far scoppiare
gli scontri e poi riparare dietro le linee di polizia a
riprendere fiato, protette dai blindati delle forze
dell'ordine, ricevere armi e bastoni da misteriosi camion
che solo con la complicità delle forze di polizia
potevano entrare e circolare in una città blindata, li
abbiamo visti spaccare vetrine e subito dopo parlare con
funzionari delle forze dell'ordine per ricevere nuove
direttive. Ci sono testimonianze di chi li ha visti nei
giorni precedenti dentro le questure, confabulare con gli
agenti parlando in tedesco e in inglese. Erano loro,
erano i loro uomini. Viene da urlare. La polizia ignorava
loro e caricava e massacrava noi manifestanti che
marciavamo a decine di migliaia con le braccia in alto,
come a dire 'non abbiamo neanche un sasso in mano' e
scandivamo senza sosta 'nonviolenza-nonviolenza'. Abbiamo
vissuto ore in cui vedevamo i Black Block spuntare come
funghi, distruggere tutto davanti e dietro di noi, i
poliziotti ignorarli o proteggerli e caricare noi,
sparando lacrimogeni ad altezza d'uomo. Se i momenti di
panico, durante le cariche e i lanci di lacrimogeni, non
sono sfociati in fughe generali ed incontrollate dei
manifestanti, che calpestandosi gli uni con gli altri
avrebbero portato a contare alla fine decine di morti, è
stato solo grazie alla maturità e alla preparazione di
un movimento che per mesi e mesi si è autoimposto un
percorso di formazione a questo appuntamento, imparando
le tecniche di reazione nonviolenta che sono state
decisive per mantenere quanto più possibile calmo e
serrato il corteo nei momenti peggiori. Era
impressionante vedere migliaia di persone reagire alle
cariche non voltandosi e fuggendo come sarebbe istintivo
ma alzando le braccia e rimanendo fermi, faccia a faccia
con il fumo dei lacrimogeni e con i manganelli della
polizia. Avete presente la celebre foto dello studente di
Piazza Tienanmenn immobile davanti a una fila di
carroarmati? Quella. Immaginatela e trasportatela a
Genova, applicata a trecentomila persone. C'è gente che
si è beccata ore di lacrimogeni, pur di non spostare di
un metro la propria postazione di puntello come servizio
d'ordine, dando così tranquillità e punti di
riferimento a chi sfilando doveva passare dove era
automatico aver paura, ci sono compagni che hanno
rischiato di trovarsi in prima linea sotto la carica pur
di non mollare la presa del braccio del vicino a
costituire il cordone di sicurezza, indispensabile per
tenere insieme il corteo e salvaguardare la sicurezza dei
partecipanti, evitandone una dispersione che sarebbe
stata pericolosissima se non mortale. In una
manifestazione che fosse stata priva di una preparazione
così accurata ad affrontare certi momenti, il
comportamento delle forze dell'ordine avrebbe causato
scene di fuga e panico tali da portare alla morte per
calpestio e schiacciamento di non so quanta gente. Chi ha
diretto polizia e carabinieri cercava la strage. Per
questo è giusto parlare di trecentomila superstiti.
Infine, lo avrete letto: i compagni che sono rimasti in
città anche sabato notte sono stati assaliti da
centinaia di poliziotti che hanno fatto irruzione nella
scuola dove dormivano, li hanno massacrati a colpi di
manganello e calci in faccia mentre erano nei loro sacchi
a pelo, hanno distrutto tutto, avevano l'intento di far
sparire tutte i filmati e le fotografie che i
manifestanti avevano realizzato durante la giornata per
testimoniare la collusione tra le bande nere e le forze
dell'ordine. Dopo aver spaccato nasi ed ossa si sono
accaniti contro i computer, spaccando tutto e asportando
i dischi fissi con le informazioni riguardanti denunce,
elenchi di persone ferite o di cui non si hanno più
notizie, arresti ritenuti illegittimi. Prove scomode. Una
retata in puro stile-Pinochet, selvaggiamente compiuta
nel 2001 a Genova, Italia. Un massacro contro gente
disarmata che crede nella pace e non sa tirare neanche un
sasso. I più fortunati, i pochi che non sono usciti da
quella scuola in barella, sono stati ammanettati e
arrestati. Io non so bene cosa possiamo fare di fronte a
tutto ciò, ma ci dobbiamo provare. Dobbiamo contrastare
le menzogne di chi ha voluto tutto questo e ora tenta di
ritorcerlo contro un movimento fatto di donne e di uomini
che hanno marciato a braccia alzate. Tutti voi avete
letto quello che ha detto il ministro dell'Interno, non
ve lo sto a ripetere. Riprendendo un articolo del
manifesto, vi ricordo invece un analogo discorso fatto da
un altro personaggio, oltre trent'anni fa. Sì, cerco
ancora lucidità nella storia. Era il pomeriggio del 7
luglio 1960, quando 350 uomini della Celere armati di
pistola e mitra caricarono 300 operai delle officine di
Reggio Emilia in sciopero, armati di maniche di camicia e
nient'altro. E' un massacro, Afro Tondelli muore
schiacchiato da una jeep, Ovidio Franchi, Emilio
Reverberi, Lauro Ferioli e Marino Serri cadono a terra
sotto colpi d'arma da fuoco. E' di loro che parla la più
struggente canzone del repertorio operaio italiano,
'Morti di Reggio Emilia', che tanti compagni ancora oggi
si emozionano a cantare e a tramandare di generazione in
generazione. Il presidente del consiglio era Ferdinando
Tambroni, al governo grazie all'appoggio del Movimento
Sociale Italiano e dichiarato oppositore della
Costituzione fondata sulla Resistenza del'Italia
antifascista. Così riferì al Parlamento dopo i fatti di
Reggio: 'circondati dai dimostranti che tiravano sassi,
gli agenti furono costretti a sparare per legittima
difesa'. Carlo Giuliani aveva la stessa età dei ragazzi
di Reggio Emilia e di Giorgiana Masi. La sua imprudenza
di ventenne lo ha consegnato a un elenco di vittime che
affonda le sue radici in un passato maledetto. L'uomo che
lo ha ucciso era appena maggiorenne. Entrambi tragiche
comparse di un gioco al massacro tra poveri, in cui il
potere trae buon gioco dal creare scontri e disordini per
serrare le fila e reprimere nel sangue qualunque energia
alternativa e antagonista, soprattutto quando queste
energie iniziano a conquistare una posizione culturale e
politica tale da renderle agli occhi dell'opinione
pubblica un interlocutore importante, maturo e degno di
essere ascoltato: una voce troppo pericolosa per otto
mercanti di armi e di droga barricati in una nave
blindata a spartirsi il pianeta. E allora contro ai
manifestanti si mandano le forze dell'ordine, uomini in
divisa che in buona parte altro non sono che ragazzi
assoldati negli strati sociali più disagiati pescando
nella disperazione della disoccupazione, addestrati alla
guerra selvaggia con uno scientifico lavaggio del
cervello, armati senza magari aver mai visto una pistola
fino a una settimana prima, drogati chissà con che cazzo
di sostanze e mandati allo sbaraglio contro l'inferno
scatenato ad hoc da uomini misteriosi vestiti di nero,
quei Black Block assoldati, armati, organizzati e diretti
come un corpo speciale, come le teste di cuoio. Non sono
fantasie, li abbiamo visti. Loro a spaccare tutto da una
parte, la polizia dall'altra, i manifestanti in mezzo.
C'è un pezzo di Stato che ha voluto ed organizzato tutto
questo. E' tutto troppo evidente e pazzesco. Ne siamo
stati testimoni, dicevo all'inizio. E allora
testimoniamo. Noi che eravamo a Genova non ci stanchiamo
di incontrarci, di raccontarci a vicenda quello che
abbiamo visto, di mettere insieme i pezzi, di ricostruire
i fatti e di parlare. Raccogliamo la documentazione che
la polizia non ha distrutto, rendiamola visibile a tutti,
affinché tutti abbiano gli elementi per capire la
gravità e le proporzioni di quello che è accaduto in
questi giorni. Chi invece a Genova non c'era ci stia
vicino, vi prego, ve lo chiedo con voce straziata,
abbiamo tremendamente bisogno di voi. Aiutateci a
raccogliere le idee e a tentare di trovare calma e
lucidità in una situazione che ci ha sconvolto e che
rischia di farci impazzire dalla rabbia. E insieme a noi
leggete, informatevi, documentatevi, state a sentire le
voci e fatele rimbalzare ovunque. Collegatevi alla pagina
http://www.peacelink.it/altrinformazione in cui si stanno
raccogliendo e si continueranno a raccogliere tutte le
testimonianze. Alcune sono accompagnate dalle foto di un
gruppo di carabinieri che si travestono da Black Block
fuori da una caserma. Ormai ne circolano parecchie di
foto come questa, per lo più scattate da manifestanti o
fotografi amatoriali, alcune immagini sono già nelle
mani di grandi agenzie. Cliccate anche su
http://www.mir.it e sul sito del manifesto
www.ilmanifesto.it, leggetevi gli articoli usciti su
questo quotidiano negli ultimi giorni. In particolare
l'edizione straordinaria del 23 luglio merita una lettura
approfondita. Rispetto ad altri movimenti del passato
abbiamo in più questo mezzo straordinario di
comunicazione e di divulgazione del materiale, e allora
non vi stancate di girare per la rete, di seguire i
racconti andando avanti di link in link, di conoscere e
di capire quello che è accaduto. Se non avete tempo di
leggere a video, stampate tutto, e utilizzate i momenti
morti della settimana - le attese nel traffico dei giorni
feriali o le ore in spiaggia del sabato e della domenica
- per riprendere in mano quei fogli. Per favore fatelo.
E' un dovere civile e morale prima ancora che politico.
Il Genoa Social Forum continuerà il suo lavoro, verranno
indetti nuovi appuntamenti, preparandosi ad una grande
manifestazione nazionale a Roma il 10 novembre, in
concomitanza della riunione del WTO che si svolgerà in
Quatar. Le iniziative, sia di formazione e di studio su
queste tematiche che di presenza in piazza, si
moltiplicheranno. Di fronte a tutto questo, e soprattutto
di fronte a quanto avvenuto a Genova, è il momento di
prendere posizione. Per questo è importante leggere e
conoscere: per poter scegliere da che parte stare. Chi
sta dalla parte di questo movimento, se ancora non l'ha
fatto lo dica. Oppure dica che non ci sta. Ma decida.
Decida! Perché è il momento di schierarsi. O da una
parte o dall'altra. La strategia della sinistra di
governo o aspirante tale (chiamatela strategia dalemiana
o veltroniana o rutelliana, alla resa dei conti per me
pari son...) di 'un colpo al cerchio e uno alla botte'
pur di aspirare a prendere i voti di tutti è una
strategia indegna, fa vomitare, e se qualcuno non se ne
fosse accorto è pure perdente. La preparazione di una
manifestazione di rilievo mondiale su tematiche di scala
planetaria per mesi viene ignorata, non ci si schiera in
nessun modo, quando si tratta di prendere uno straccio di
posizione non si sa bene che rispondere, per un po'
l'adesione viene esclusa, poi viene data in extremis ma
con mille distinguo e polemiche interne, poi viene
revocata quando muore un ragazzo (cioè proprio nel
momento in cui era ancora più opportuno esserci e
schierarsi!) Questo è quello che hanno fatto gli immondi
vertici dei diesse. Se la base di questo partito, o una
parte della base, non si riconosce in questo
comportamento è ora che lo urli forte. Alcuni compagni
diessini lo hanno fatto: alla festa dell'Unità di
Firenze il segretario regionale toscano è stato
contestato mentre tentava di difendere la vergognosa
posizione assunta dal partito sulla questione G8, ed è
stato costretto ad interrompere il suo immondo intervento
dalla reazione di una platea composta da oltre mille
persone tra militanti ed iscritti diessini, esponenti di
associazioni, giovani, anziani. Tra le persone che sono
intervenute al dibattito anche un anziano iscritto che si
è detto 'vergognato dalla posizione di questo nostro
partito'. Bene compagni, cosa si aspetta a far avvenire
ciò in tutte le feste dell'unità, in tutte le sezioni,
in tutte le federazioni? Le dichiarazioni di D'Alema e
Fassino non sono migliori di quelle del segretario
toscano. Sono rivoltanti. La base del partito ha l'ultima
occasione, ma davvero l'ultima, di riprendersi la propria
storia (quella per cui ancora si cantano i 'morti di
Reggio Emilia'), la propria dignità, la propria
identità di sinistra, mettendo quest'ultima davanti alla
propria fedeltà ai vertici e facendo scomparire dalla
scena politica chi ha guidato il partito negli ultimi
anni, dai dirigenti nazionali a quelli di federazione
cittadina e di unità circoscrizionali. Fuori tutti
coloro che sono stati responsabili o conniventi rispetto
a certe scelte sciagurate oltreché suicide (numeri
elettorali alla mano). E' ora di ricominciare. Ma in
fretta, che non c'è tempo. Perché è ora di fare
l'appello, chi ci sta bene, e chi non ci sta è
dall'altra parte. Dall'altra parte! Questo deve essere
chiaro. Non è più tempo di mezze scelte, di
compromessi, di sfumature che vogliono salvare capra e
cavoli. C'è da scegliere. Bianco o nero? Testa o croce?
Destra o sinistra? Ripeto e sottolineo: destra o
sinistra? I cittadini di Genova questa scelta l'hanno
fatta. Per dieci chilometri di percorso abbiamo visto
cestini calar giù dalle finestre, raccogliere bottiglie
di plastica ormai vuote e ricalarle giù dopo un minuto,
riempite d'acqua. Neanche ai box della Ferrari sono così
efficienti. Chi ha vissuto momenti di panico
particolarmente brutti e si è ritrovato nei vicoli senza
via d'uscita, accerchiato da bande nere e forze di
polizia, si è visto aprire le porte di casa da gente che
li ha così tratti in salvo. Sul viale che finalmente
conduceva all'arrivo, un signore dal primo piano ha
offerto una quanto mai desiderata doccia ai manifestanti
accaldati da tante ore sotto il sole e stremati da tanta
tensione e paura, spruzzando acqua con la pompa del
balcone. Subito dopo si è aperta un'altra finestra al
piano di sopra, poi un'altra, poi un'altra ancora, e nel
giro di pochi istanti l'intera facciata del palazzo si è
animata di persone che spuntavano d'incanto chi con una
tinozza, chi con un secchio o una bottiglia, tutti a
buttar giù acqua, e non era solo un modo per dare
refrigerio a chi lì sotto si inzuppava contento, no, era
un atto politico, un simbolo, era come sventolare una
bandiera o soffiare in tanti fischietti, era come dire
'ci vedete? ci siamo anche noi'. Il popolo dei rubinetti,
o se preferite il popolo delle mutande, quelle sventolate
da arzille nonne ottantenni che si affacciavano a
salutare chi sfilava, in risposta all'ordinanza che ha
vietato l'esposizione del bucato alle finestre per non
disturbare la vista degli otto grandi. Ecco, il popolo
della sinistra è chiamato - ultima chiamata - a fare
qualcosa di altrettanto facile ed insieme dirompente. Ad
uscire una buona volta dai congressi di sezione, dalle
riunioni di direttivo, dagli attivi di federazione, dalle
assemblee con se stessi e con i propri modestissimi
dirigenti. A lasciare quelle benedette sedie per aprire
le finestre e tornare a guardare la gente, le masse, i
compagni, le realtà territoriali, i movimenti, le
persone, e ad aprire quei rubinetti diventati un simbolo
nelle case di Genova. Di fronte alla gravità di quanto
accaduto nei giorni scorsi, io credo che si abbia il
diritto di sapere chi sta da una parte e chi dall'altra.
E lo vogliamo sapere subito. Ancora una cosa. Carlo, lo
apprendo dai giornali, esattamente un mese fa era con noi
al Circo Massimo, in una giornata di festa per un evento
sportivo, un concerto animato da un milione di persone e
da altrettante bandiere, quelle di una squadra di calcio.
Questo futile particolare, la cui citazione può sembrare
fuori luogo, è però elemento per capire che la vita di
ogni singola persona è fatta di tante cose, grandi e
piccole, di elevati ideali e di passioni frivole, di
razionalità e di istinto, di lucidità e di follia, di
pensieri adulti e di pulsioni infantili, di atteggiamenti
responsabili e di comportamenti sprovveduti, i cui
confini sono talvolta così labili che un solo attimo,
uno solo, può bastare a rendere tutto bello o tutto
tragico. Non so cosa sia passato per la testa di quel
ragazzo, in quell'attimo, per esporsi così
imprudentemente alla reazione folle di un coetaneo con la
divisa e la pistola. So però che la vita di Carlo era
uguale alla nostra vita, non era diversa, e che quella
pallottola ha dilaniato pure me, noi, voi. Nessuno ha il
diritto di ritenersi estraneo a quel corpo sull'asfalto.
Nessuno. F T |