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Il 22 marzo di ogni anno si celebra il World water day, la Giornata mondiale dell'acqua, un' occasione per ricordare a tutti che l' acqua dolce non è una risorsa eternamente disponibile e va perciò preservata. Oggi diamo per scontato che la scorta di acqua sia illimitata. In realtà nel giro di mezzo secolo, dal 1950 al 2000, la disponibilità annua pro capite si è già ridotta di tre quarti in Africa e in Sud America, di due terzi in Asia, di oltre metà in Australia, Oceania, Nord e Centro America, e di quasi un terzo in Europa. Un'emergenza silenziosa a cui i dati forniti da OMS e UNESCO danno voce: in tutto il mondo più di un miliardo di persone non ha accesso a risorse idriche sicure, e cira 2 miliardi e mezzo vivono senza servizi sanitari di base. L'assenza di approvvigionamento di acqua pulita è la causa di circa l'ottanta per cento delle malattie, 250 milioni di casi, che determinano dai 5 ai 10 milioni di morti ogni anno. Seimila morti al giorno nella sola Africa a causa di siccità e scarsa igiene, quattro volte il numero di vittime del virus HIV, che riceve molta più attenzione. Nei paesi del Terzo mondo la disponibilità di risorse idriche sicure sta diminuendo più rapidamente che sul resto del pianeta. Due le ragioni: da un lato la crescita demografica che tocca soprattutto Asia e Africa, dall'altro il fatto che le risorse d'acqua potabile siano, per motivi climatici, prevalentemente nell'emisfero nord del pianeta. Un ostacolo non indifferente per il progresso di questi due continenti, tanto che l' acqua come vero motore dello sviluppo sostenibile è proprio il tema del World water day di quest'anno. La possibilità di accedere ad una fonte di acqua dolce sicura, pulita e sufficiente è infatti un requisito fondamentale per lo sviluppo economico di qualsiasi paese, perchè necessaria non solo in agricoltura ma in molti processi industriali. D'altro canto è proprio il massiccio sfruttamento da parte dell'uomo la causa principale della carenza e dell' inquinamento delle fonti idriche. L'utilizzo indiscriminato di pestici e diserbanti, gli scarichi urbani e quelli industriali, e persino errate misure di potabilizzazione dell'acqua hanno compromesso la maggior parte delle falde. "Bisogna inseguire due obiettivi apparentemente contrastanti " ha spiegato Klaus Kopfer, numero uno dell'UNEP, lo scorso dicembre alla conferenza internazionale di Bonn sulla crisi idrica, "preservare le risorse idriche sotto sforzo e aprire l'accesso di acqua potabile al maggior numero di persone." Ed è proprio con questi stessi obiettivi che è stata siglata la nuova Carta dell'acqua, un pacchetto di raccomandazioni approvato quasi all'unamità dai 180 governi presenti a Bonn e che sarà ufficializzato al prossimo Earth Summit di settembre, a dieci anni esatti dall'appuntamento di Rio de Janeiro. Venticinque paragrafi per tentare di risolvere i temi più scottanti legati a quello che molti ormai cominciano a chiamare "oro blu". Per dire sì alle nuove tecnologie, e ai capitali privati se servono ad allargare la disponibilità di acqua potabile. E no alla privatizzazione. E' infatti in atto un acuto processo di commercializzazione dell'acqua che avviene sia attraverso la privatizzazione delle imprese pubbliche, sia attraverso la vendita di acqua minerale, sempre più controllata dalle multinazionali. E la responsabilità è principalmente sulle spalle dei governi. Un avvertimento lanciato anche al Forum sociale mondiale di Porto Alegre da Riccardo Petrella, economista italiano e fra i promotori del Manifesto dell'acqua. " Perfino la Banca mondiale -ha sottolineato Petrella- quando negozia i prestiti ai paesi del Terzo Mondo, li condiziona alla privatizzazione delle risorse idriche". "Assicurare entro il 2020 l'accesso all'acqua a tutti gli abitanti della Terra - ha aggiunto- é un' utopia realizzabile. A condizione, beninteso, di avere la volontà di farlo". Come dire: c'è acqua sufficiente per tutti, a patto di cambiare il modo in cui è gestita.

 

 

 

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