L'acqua è un diritto


Il punto centrale del Manifesto è però il rifiuto della soluzione che la Banca mondiale e le altre istituzioni internazionali propongono come la panacea che dovrebbe eliminare gli sprechi, le inefficienze e i fenomeni di deterioramento e garantire una gestione corretta della risorsa acqua: la sua mercificazione. «Al Forum del 2000, a L'Aia, l'acqua è stata definita un "bisogno": qualcosa che ciascuno deve procurarsi pagando, al prezzo che il mercato fisserà di volta in volta. Il mercato dovrebbe garantire una gestione efficiente (tramite principi come "chi inquina paga") e cancellare gli sprechi, fin qui permessi da una gestione dell'acqua che ne ha trascurato il valore economico» spiega Petrella. «Questo tuttavia non si è verificato nei casi, finora limitati, in cui si è lasciata mano libera ai meccanismi di mercato. Un esempio per tutti è quello del Regno Unito: dopo che la distribuzione è stata privatizzata, il prezzo è cresciuto del 50 per cento, ma le perdite di rete sono cresciute del 30 per cento e i guasti si sono fatti sempre più frequenti. Tra il 1998 e il 1999 il governo ha multato le imprese appaltatrici per quasi tre miliardi di sterline, perché, pur realizzando grossi profitti, non ammodernavano le infrastrutture».

In paesi come quelli sudamericani, dove il controllo democratico è meno forte e la privatizzazione dei servizi essenziali quanto mai spinta, le conseguenze sono state ancora più drastiche, fino all'espropriazione delle fonti d'acqua per le popolazioni che ne avevano sempre disposto; ne è esempio l'esperienza di Cochabamba, terza città della Bolivia, in cui ci è voluta una vera e propria rivolta della popolazione per invertire la rotta (narrata in: http://attac.org/attacinfoit/attacinfo26.pdf). «Secondo noi, invece, l'acqua va considerata un "diritto": qualcosa di cui, al pari di ogni altro diritto umano, l'intera comunità è chiamata a farsi carico. Quello che proponiamo è un meccanismo per cui il fabbisogno essenziale per ciascuno viene garantito a spese della collettività; mentre un ulteriore consumo viene pagato dal singolo in modo progressivo; oltre una certa soglia, quella dello spreco, si arriverebbe infine a vere e proprie penalizzazioni». L'accesso garantito è la prima grande finalità del Contratto. L'altra è quella di una gestione solidale e sostenibile dell'acqua, a cui concorrano tanto le autorità statali quanto eventualmente i privati, ma sempre con il coinvolgimento imprescindibile delle comunità locali, che storicamente hanno dimostrato di essere le migliori custodi delle risorse idriche. Il tutto in un quadro internazionale che preveda un Tribunale mondiale dell'acqua, come sede di soluzione concordata dei conflitti, e un Forum mondiale che elabori le leggi e le convenzioni al riguardo.
Raggiungere questi grandi obiettivi, e le altre finalità più dettagliate esposte nel Manifesto, può sembrare un'utopia. I promotori non si nascondono le difficoltà, ma sottolineano che una soluzione di tal genere è più realistica di quella propugnata da chi crede che il mercato risolverà tutto. E che, in ogni caso, «le utopie non diventano realtà se si sta solo a guardare».

 

 

 

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