Povera Gaia pianeta
assetato Le acque che
ricoprono il 70 per cento della superficie terrestre sono
per la stragrande maggioranza salate. Appena il 2,5 per
cento è acqua dolce. E solo un terzo è in forma
liquida; il resto è intrappolato nelle calotte polari e
nei ghiacciai. Gran parte dell'acqua liquida, poi, è
inaccessibile perché nascosta nelle viscere della Terra.
Quel che resta disponibile per gli usi umani, nei laghi e
nei fiumi, è appena lo 0,3 per cento del totale, ed è
distribuita, per di più, in modo molto ineguale. Così,
gran parte dei sempre più numerosi e assetati abitanti
del pianeta azzurro corre il rischio concreto di restare
a secco. Già oggi due miliardi di persone vivono in
territori in cui la quantità d'acqua prelevabile senza
depauperare le riserve non basta a soddisfare le esigenze
minime, o si trova su quel filo del rasoio definito
«stress idrico», in cui basta un evento come un periodo
di siccità a scatenare una crisi; e, a meno di
interventi decisi, nulla lascia pensare che le cose siano
destinate a migliorare, come emerge dalla previsioni per
il 2025. «Parlare di vere e proprie guerre dell'acqua non è preciso. L'acqua concorre piuttosto a creare tensioni che, se non sono risolte per altre vie e si sommano ad altre ragioni di conflitto, possono portare a sollevazioni e scontri armati». Chi lo afferma è l'economista Riccardo Petrella, docente presso l'Università cattolica di Lovanio in Belgio. Petrella coordina il comitato internazionale che dal 1998, sotto la presidenza dell'ex presidente della repubblica portoghese Mario Soares, ha lanciato il Manifesto dell'acqua: un documento che, tracciato il quadro della situazione odierna e delle prospettive per i decenni a venire, propone un quadro di soluzioni ispirate a princìpi ben diversi da quelli a cui oggi si fa riferimento. La versione italiana del manifesto è stata da poco proposta in un libro (Il manifesto dell'acqua. Il diritto alla vita per tutti, Edizioni gruppo Abele, 2001).
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