La situazione politica in Francia allindomani delle elezioni presidenzialidi luca agnusdei I risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali in Francia non cancellano il terremoto politico provocato dal primo. Lafflusso alle urne del 5 maggio è stato senzaltro uno dei più elevati della Quinta Repubblica: Chirac è stato eletto con oltre l80% dei voti a scapito del candidato del Front National Le Pen. Non bisogna però commettere errori: questo sussulto democratico, se da una parte dimostra la forza dei riflessi repubblicani in Francia, indica anche la minaccia di unesplosione del sistema assolutamente non superata. Nessuno può sollevare dubbi sulla legittimità dellelezione di Jacques Chirac, ma è anche vero che la sua elezione è figlia della scelta popolare di tagliare la strada alla barbarie di Le Pen. Il risultato del primo turno ha svelato una crisi dellidentità repubblicana francese: il cosidetto voto di protesta andato al partito di estrema destra Font National non è che una conseguente manifestazione della perdita di influenza della destra e della sinistra istituzionali. Sia la destra classica che la sinistra social-liberale concretamente praticano la stessa politica, seppur con modalità più o meno moderate, che confluisce nel liberismo economico: la sinistra è in chiara difficoltà nel proporre alle classi popolari una prospettiva futura che prenda almeno in parte le distanze dal sistema vigente. A farne le spese è il patto sociale repubblicano e soprattutto la nazione dei cittadini che ne è il fondamento: lo scenario francese emerso dalle elezioni presidenziali è quello di un nutrito corpo di elettori che con la loro scelta elettorale incarnano lidea di una reazione integralista alla decomposizione delle strutture di solidarietà dello Stato. Il contesto economico entro il quale si accende questo fenomeno politico è quello della globalizzazione, di ventanni di politica neoliberista in cui il ruolo dello Stato si è sempre più sfumato verso un primato delleconomia liberale, senza che nessuna forza politica si sia realmente battuta a fianco delle fasce più deboli della popolazione per adattare leconomia francese a quella europea. Il mercato del lavoro negli anni 80 ha risentito di fenomeni quali flessibilità, precarietà, disoccupazione fino a sfociare in alcuni casi limite di esclusione sociale: lelemento centrale della crisi francese è dunque la rottura tra una Francia social-liberale e una Francia emarginata. E proprio collocandosi nel cuore di questa frattura che Le Pen e il suo partito hanno fatto breccia nellelettorato: la sua politica ha ottenuto insospettabili risultati sfruttando la secolare tensione tra due componenti fondamentali della democrazia: il populismo, fenomeno politico-sociale legato ad una democrazia più diretta che permetta laccesso delle masse alla politica e il costituzionalismo, lo stato di diritto che protegge la sfera di diritti specifici dal potere arbitrario dello Stato (Leca). Le Pen lancia il suo messaggio coinvolgendo gruppi sociali rimasti ai margini delle social-burocrazie e trova il suo punto di forza in un movimento dopinione aperto a diverse categorie di persone tra cui i giovanissimi, i lavoratori in nero, i disoccupati: i suoi temi ricorrenti sono la battaglia contro limmigrazione che egli definisce una fonte di disoccupazione e criminalità e la difesa dellidentità nazionale. Da sempre immagine di una destra forte, in questa campagna elettorale Le Pen si è presentato con un volto più pacato e tollerante. Si è descritto come "socialmente a sinistra, economicamente a destra e nazionalmente per la Francia" ma il programma politico verte sempre sugli stessi punti: freno all'immigrazione, abolizione dell'imposta di successione e rinegoziazione dei trattati europei."L'immigrazione di massa - ha affermato il capo del Fronte nazionale in una recente intervista - è appena cominciata. E' il più grande problema che la Francia, l'Europa e probabilmente il mondo dovranno affrontare. Rischiamo di essere sommersi". Il suo successo nasce, come abbiamo visto, da una crisi politica francese ma non solo: la sua affermazione si accompagna alle paure di una parte della popolazione scioccata dai fatti dell 11 settembre che torna a inquadrare nellextra-comunitario una fonte di pericolo per la propria incolumità e quella del paese dorigine. La società civile che si ritrova ad osservare da lontano nuovi fenomeni quali information technology e finanziarizzazione del capitale avverte la sua distanza dalle decisioni politiche prese ai vertici, che a volte nascono addirittura da istituzioni di esperti che sfuggono al controllo della maggioranza politica: è qui che nasce lesigenza dei cittadini di godere di una reale rappresentazione politica che rischia (come nel caso francese) di sconfinare nell adesione a partiti xenofobi e populisti di estrema destra che cozzano contro qualsiasi ideale di integrazione e progresso civile. Oggi il nuovo presidente Chirac è il rappresentante di 8 francesi su 10 e incarna una scelta comune a tutti coloro che continuano a credere nellideale repubblicano: il suo successo apparentemente schiacciante è più da attribuirsi a dei principi che non al suo programma: la sua elezione in un clima così inedito porterà ad uno scenario altrettanto inedito. Il suo ruolo di presidente, infatti, non sarà quello di rappresentante esclusivamente della destra e dei suoi valori, né quello di un semplice punto di riferimento repubblicano: egli dovrà farsi il più possibile porta-voce di entrambi le classi politiche che lo hanno votato, ripartendo dal chiaro messaggio emerso dalle urne. Bisogna ripartire dalla consapevolezza che la vera crisi francese è di natura politica, una crisi dei rapporti politici che emerge da una situazione di logorati rapporti sociali e nazionali che generano insicurezza e razzismo. I 5 milioni elettori di Le Pen sono la costante testimonianza di una tendenza politica che non vede protagonista solo la Francia, bensì ormai la quasi totalità delle nazioni europee: i nuovi populisti che si affacciano sulla scena europea sfruttando la loro immagine personale costruita e nutrita di slogan ed esternazioni filonaziste avanzano in Austria (Jorg Haider contro immigrazione, Euro e allargamento dell U.E. a est), Danimarca (Pia Kjaersgaard a capo del suo partito presente attualmente nella maggioranza di governo), Belgio (Filip Dewinter : il nostro popolo prima di tutto) e soprattutto in Olanda , sconvolta nelle ultime settimane dallattentato terroristico al leader dellestrema destra Pim Fortuyn, sociologo dandy dichiaratosi gay, che proponendo di abolire le tutele costituzionali anti-discriminazione aveva ottenuto una grossa percentuale di preferenze, affermandosi come il principale perturbatore dellordine costituito (I Paesi Bassi sono pieni). La vera questione è capire come affrontare questa crisi didentità: quel che dice chiaramente il voto popolare di protesta è che ogni tentativo di compromesso politico è destinato al fallimento. Per affrontare le sfide attuali si deve aprire un vero e proprio dibattito politico sia nella sinistra che nella destra istituzionali: ripristinare il patto sociale repubblicano, riformulare una concezione della cittadinanza fondata sul carattere multietnico e multiconfessionale della Francia in un quadro laico e soprattutto reintegrare nella nazione le classi popolari che se ne allontanano con lastensionismo o con ladesione a schieramenti integralisti ed estremisti (non solo a destra verso il Front National ma, come emerge dal primo turno presidenziale, anche verso il partito trotzkijsta di estrema sinistra ). Ogni rifondazione della sinistra nel dopo-Jospin comporterà un passaggio obbligato attraverso la ridefinizione del modello repubblicano. La lunga coabitazione Chirac-Jospin ha danneggiato entrambi, ha finito per annullare le differenze e sterilizzare il fisiologico confronto maggioranza/opposizione, ha moltiplicato l'astensionismo e favorito le forze politiche più estremiste e di protesta. La cosiddetta indifferenza del popolo verso la politica è una tendenza che può ancora essere bloccata: un chiarissimo esempio è fornito dal nostro paese. In Italia ,infatti, il risultato delle ultime elezioni politiche non hai mai visto una così alta influenza della componente mediatica che ha finito con linfluenzare la fascia di elettorato degli indecisi: molti degli indecisi ha fornito la propria preferenza allo schieramento col programma politico più chiaro e per certi versi più populisteggiante(dato lalto numero di slogan). Tale tendenza ha iniziato a invertirsi nel momento in cui la politica del governo ha operato non più su temi generali e distanti dalla popolazione, ma su questioni assai vicine alla vita degli elettori. Un chiaro esempio del coinvolgimento politico è avvenuto pochi mesi fa con lo sciopero generale in merito allabolizione dellart. 18, dove sono scese in piazza milioni di persone, compresi i sindacati più vicini alla maggioranza governativa: è da segnali e significati di certi tipi di manifestazione che dovrebbe rifondarsi la politica. |
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