MONDIALI DI CALCIO 2002

Di Enzo Bianco.

Cosa sono, alla fine, i Mondiali di calcio ? un grande spettacolo mediatico – tutto tecnologia e colori – o un mega affare ? oppure un entusiasmante confronto fra i tanti modi di giocare un pallone o,

facendo un po’ di retorica, un incontro di culture, di tradizioni, di mentalità spesso sconosciute le une alle altre ?

Probabilmente un po’ di tutto questo e magari altro ancora.

Come sempre aspetti negativi e positivi si intrecciano, ma anche in questo caso non siamo nel migliore dei mondi possibili, come dovra’ ammettere pure chi ama il calcio e le sue emozioni e non per questo va inserito fra i fumatori di oppio.

Lasciando, comunque, da parte le questioni tecniche, non c’e’dubbio che anche attraverso la vetrina pallonara si può leggere come il mondo sia cambiato ed ogni luogo sia diventato multietnico. La Francia campione del mondo e d’Europa non molti anni fa era considerata, nell’ambito calcistico, con una sufficienza che sfiorava lo sfottò.

Ha cominciato a vincere, e poi a stravincere, grazie soprattutto a tanti neri ( naturalizzati o figli di genitori africani o di altre ex colonie ) che se li avesse avuti l’Italia, Bossi avrebbe avuto attacchi di bile permanenti. In realtà la Francia e‘ un esempio positivo che non nasce dal nulla, così come non e’ senza significato che la nazionale tedesca non conti nella propria formazione alcun giocatore africano ( anche se c’e’ un centravanti non tedesco ma polacco ) e che, appunto, gli Azzurri ( il colore dei Savoia … ) sono tutti “ regolarmente “ bianchi.

Quando ( ma quando ) a cantare l’inno di Mameli – ecco la nuova moda, per coprire problemi e ingiustizie sociali clamorose – ci sarà anche un italiano…. Scuro, vorrà dire che il razzismo latente in questo paese, avrà subito una sconfitta significativa : anche se l’ignoranza che germina il razzismo resterà dura a morire. Si diceva della Francia. Ha grandi campioni, ma poi all’esordio inciampa sugli ex colonizzati del Senegal. Il bello del calcio, dove nulla e’ scontato ? certo ma anche il segno di terzo Mondo che, almeno nella societa’ pallonara, non e’ piu’ tale.

Chi qualche anno fa sentendo nominare Camerun, Nigeria,Senegal,Marocco, sorrideva ironico, oggi deve, magari a denti stretti, ammettere che “ quelli “ non sono soltanto forti e veloci ma esprimono una tecnica che fa invidia a molte formazioni europee e sudamericane. E chissà dove arriveranno gli africani quando impareranno le malizie dei vecchi padroni.

E’ vero pure che ad insegnare calcio ci sono “ mister “ europei, ma anche saper imparare e’ un merito. Quest’anno, poi, sono anche i Mondiali dell’Asia. Che non solo ospita l’Evento dando sfogo a tutte le sue potenzialita’ ( e “ commercializzandole “ secondo le piu’ spietate regole del businnes ) ma mostra i suoi progressi anche sul piano del gioco. E se la sterminata Cina sembra ancora lontana dal poter nutrire qualche ambizione, il suo materiale umano e’ cosi’ grande che non puo’ che migliorare. L’Asia sembra, insomma, destinata a diventare la nuova miniera d’oro del calcio, ignorando anche le profonde divisioni socio-politiche del Continente giallo, messe in evidenza persino durante i Mondiali, con la reciproca antipatia fra giapponesi e sud-coreani, e con il quasi sprezzante disinteresse mostrato dai nord-coreani.

Se si considera che l’Australia ha sfiorato la partecipazione ai campionati( battuta nello spareggio dall’Uraguay ) e che il Sud-America, come il Centro-America e’ da tempo nell’èlite del calcio mondiale ( Brasile, argentina, Uruguay, ma anche Messico ) , a non occupare un posto importante paradossalmente e’ proprio la piu’ grande potenza del mondo.

Gli usa sono in campo ma ne’ in questo ne’ nell’organizzazione dei mondiali 1994 sembrano aver conquistato gli yankees. Anche qui e’ questione di cultura e mentalita’. Non essendo scopritori del calcio, ne primeggiandovi ( come e’ possibile ?… ), gli americani snobbano il calcio, preferendo il baseball o il foot-ball ( una sorta di rugby ) o il basket. C’e’ chi fra gli americani sostiene che nel calcio si fanno …. Pochi punti e, certo, nel Paese in cui la forza e’ quantita’, questo e’ un grave difetto.

Tuttavia negli Usa il calcio giovanile e’ in grande sviluppo e dunque prima o poi anche laggiù dovranno rassegnarsi e mettere in discussione i loro vecchi pregiudizi. Insomma andiamo verso il calcio globale. Con i soliti faccendieri in agguato, naturalmente. La mercificazione del pallone e’ oramai una realta’ inarrestabile, fra ingaggi-super,sponsorizzazioni, pubblicita’, televisioni. Indietro non si puo’ tornare perche’ questo meccanismo perverso non e’ modificabile. Si puo’semmai attenuare certe situazioni immorali ed evitare, nello stesso tempo, lo sfruttamento cinico e senza regole del patrimonio umano e tecnico di certe realta’ africane.

Ma anche in questo caso lo sviluppo sociale e la consapevolezza del proprio valore potranno scoraggiare quelle “ tratte “ di giocatori che, acquistati per quattro soldi, procurano grossi affari a gente esperta e smaliziata che con il calcio ha costruito la propria fortuna.

Con i Mondiali il businnes-calcio vivra’ sicuramente un nuovo impulso e non sara’un bel sentire. Ma chi gioca con cifre che sono un autentico schiaffo alla miseria non si fa tanti scrupoli. Come non se li fa chi sfrutta il calcio a fini politici –sociali. La storia e’ vecchia ma si ripete puntualmente ad ogni appuntamento rilevante, quando i potenti di turno tentano di sfruttare la passione pallonara per far dimenticare, almeno per qualche giorno, problemi gravissimi e realta’ di spaventoso sottosviluppo.

In passato sono stati proprio certi regimi sudamericani ad approfittare del calcio per coprire situazioni terribili – basti pensare all’Argentina del 1978,con la sanguinaria dittatura militare – ma oggi anche in altre parti del mondo le vittorie sportive vengono sfruttate in maniera spudoratamente strumentale. L’Italia campione del 1934 e del 1938 venne glorificata a suo vantaggio dal regime fascista.

Oggi l’insistenza, spesso con risvolti patetici, circa l' “ obbligo “ dei giocatori di cantare l’inno nazionale, il proliferare di bandiere tricolori, la faziosità di certe telecronache, il richiamo all’orgoglio patriottico da parte di non pochi commentatori, lascia quanto meno perplessi e inquieti. Anche se in Italia come altrove sono molti coloro i quali non cadono nella trappola sciovinistica, lasciando ben distinto il calcio da problemi ben piu’ seri.

Insomma il Mondiale 2002 offre infiniti spunti di riflessione. Giorni fa Gianni Riotta, sulla “ Gazzetta dello sport “ ha esaltato quello che ha chiamato il “ Global gol “, rilevando che il calcio e’ la grande occasione per stare insieme, per guardarsi, per capirsi.

“ Solo un mondo dove ciascuno sa imparare dagli altri potra’ convivere e scampare dalla guerra “. Lettura romantica ma anche poco realistica. Fosse cosi’ semplice i Mondiali andrebbero organizzati ogni mese.

Purtroppo non sono i popoli a decidere le guerre ma chi, spento il televisore dopo la partita, ha ben altri interessi che quello della Coppa del Mondo.

 

 

 

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