ROMA: MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA ALL'IRAQ DEL 15
FEBBRAIO 2003 INTERVENTO
LETTO DA FABIO ALBERTI DI "UN
PONTE PER
" A NOME DEL
COMITATO ORGANIZZATORE ------------------------------------------ Cè
chi pensa che solo ai potenti sia dato di scrivere la
storia. Oggi in
tutto il mondo stiamo dimostrando il contrario. In tutto il mondo, oggi, stiamo
dimostrando che gli uomini e le donne, i popoli, i
cittadini e le cittadine possono riprendere in mano il
proprio destino e decidere insieme il proprio comune
futuro. Fermiamo
la guerra. Milioni di persone, movimenti sociali,
organizzazioni grandi e piccole in tutto il pianeta hanno
risposto allappello promosso dal Forum Sociale
Europeo e rilanciato nel Forum Sociale Mondiale. Dal
Giappone agli Stati Uniti, dalla Russia allIslanda,
da Manila al Cairo abbiamo marciato insieme. Insieme,
palestinesi a Ramallah e israeliani a Tel Aviv. Gli
osservatori di pace di tutto il mondo a Baghdad. Oggi,
siamo parte della più grande manifestazione mondiale
della storia dellumanità. Per dire no alla guerra
allIraq. No, senza se e senza ma. Non
siamo qui a fare testimonianza. Siamo qui perché questa
guerra vogliamo fermarla. E possiamo fermarla. Sappiamo
bene che il governo degli Stati Uniti vuole questa
guerra. Sappiamo che Bush e i suoi alleati sono disposti
a fare la guerra anche contro la volontà della
maggioranza dei popoli del pianeta. Ma sappiamo anche che
lopinione pubblica ha un peso. Che i presidenti
devono essere eletti. Che i governi hanno bisogno di
voti. Lo sanno anche loro. Abbiamo
un potere immenso, nelle nostre mani, se siamo capaci di
presentarci uniti. Se siamo capaci di convincere gli
indecisi. Se non ci rassegniamo. Se non torniamo a casa.
Se non ci diamo per vinti. Se nei prossimi giorni
continueremo ad estendere la resistenza popolare e
permanente alla guerra. Fermiamo la guerra. ----- Siamo
tanti e diversi. Veniamo da storie, culture, pratiche e
percorsi diversi e differenti. Oggi hanno marciato
insieme i movimenti che si battono contro la
globalizzazione neoliberista, i movimenti per la pace, i
movimenti per la democrazia, partiti politici,
lassociazionismo sociale, sindacati confederali e
di base, associazionismo religioso, i social forum, le
strutture dellautorganizzazione, le aree
antagoniste e della disobbedienza, le ONG, intellettuali,
operatori della comunicazione, le organizzazioni degli
studenti, delle donne, dei migranti, e migliaia di
cittadini e di cittadine. Siamo
orgogliosi di tanta diversità. E la nostra forza,
perché la nostra convergenza è costruita sulla
chiarezza. Senza ambiguità, senza opportunismi, siamo
tutti schierati contro questa guerra, in ogni caso,
qualsiasi istituzione la promuova o la autorizzi. ----- Siamo
qui, a dispetto delle scelte della dirigenza della RAI,
il servizio pubblico pagato da tutti i cittadini, che ha
deciso di oscurare questa grande manifestazione
rifiutandosi di dare la diretta televisiva. Siamo
qui per difendere larticolo 11 della nostra
Costituzione LItalia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali. Non erano sognatori, quelli che
scrissero la Costituzione. Avevano visto gli orrori del
nazifascismo, erano stati protagonisti della Resistenza,
avevano visto le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
Non si illudevano di poter vivere in un mondo senza
conflitti. Di fronte ai conflitti, hanno fatto una
scelta: non usare la guerra, usare la politica. A questa
scelta di civiltà, noi ci sentiamo vincolati. Siamo
qui per difendere il diritto internazionale. E il diritto
internazionale dice che nessuno può farsi giustizia da
sé. La giusta risposta al terrorismo non può essere la
vendetta, né tanto meno la guerra preventiva. Non può
essere la risposta di Bush dopo le Twin Towers, e neppure
quella di Sharon. La guerra preventiva è la morte del
diritto internazionale. La guerra preventiva è
laffermazione del dominio del più forte. Il
governo degli Stati Uniti ha mostrato fino in fondo il
suo progetto di egemonia mondiale, senza regole e senza
vincoli, nel documento sulla sicurezza nazionale nel
quale si arroga il potere di muovere guerra a
chiunque costituisca una minaccia per i propri interessi
nazionali. A vivere in un futuro di barbarie, noi
ci rifiutiamo. Siamo
qui perché siamo convinti che la guerra non sconfigge il
terrorismo. Il terrorismo non ha mia ragione, neanche
quando si nasconde dietro le ragioni
dellingiustizia sociale. Il terrorismo uccide la
partecipazione, che è la forza dei movimenti sociali. A
delegare la lotta per il cambiamento, non ci rassegneremo
mai. Siamo
qui per difendere la giustizia. Uno degli obiettivi della
guerra è il controllo del petrolio che alimenta le
economie occidentali. Non è benessere quello che si crea
a costo della vita di milioni di persone in tutto il
mondo. Il mondo è pieno di armi nucleari,
batteriologice, chimiche, di distruzione di massa. Le
spese militari aumentano in tutti i paesi del mondo, e
alimentano il commercio illegale e criminale. Lo stato
più armato del pianeta vuole fare la guerra
allIraq in nome del disarmo. Gli USA hanno speso
questanno 500 miliardi di dollari per le armi. Ne
basterebbero 13 per salvare dalla morte per fame milioni
di persone. A un mondo così tremendamente ingiusto, noi
ci opponiamo. Siamo
qui anche contro la guerra economica, sociale e culturale
che affligge il pianeta, contro la globalizzazione
neoliberista che produce ogni giorno più disoccupazione,
precarietà, miseria e ingiustizia sociale. Siamo
qui per difendere la pace. La guerra sarà vista, nei
tanti sud del mondo, come unaltra prova
dellarroganza e della politica di potenza
delloccidente. Aumenterà la spirale
dellinsicurezza e della repressione, dellodio
etnico e religioso. Produrrà altra violenza, altra
guerra. A questo circolo vizioso, noi ci impegniamo a
resistere. Siamo
qui per difendere la democrazia e i diritti umani. Ci
battiamo perché democrazia e diritti umani siano
affermati in tutto il mondo contro ogni dittatura e
tirannia. Anche in Iraq. Ma la democrazia non si può
affermare con larbitrio. Il popolo iracheno ha
sofferto abbastanza. Il regime di Saddam è stato
sostenuto e armato per anni dagli Stati Uniti. Dodici
anni di embargo hanno fatto il resto. Allorrore di
tremila bombe lanciate su un popolo stremato, noi ci
rivoltiamo. Così come ci rivoltiamo alluso delle
bombe atomiche già minacciato nei piani del Pentagono, e
siamo particolarmente allarmati per la presenza di
ordigni nucleari tattici ad alta penetrazione nelle basi
militari in Italia. Siamo
qui perché la Carta dellONU esclude e condanna la
guerra come flagello dellumanità. Nessun Consiglio
di Sicurezza può legittimare questa guerra. La Carta
delle Nazioni Unite non lo permette. Autorizzare la
guerra vuol dire uccidere definitivamente lONU,
già da anni debole, succube dei poteri forti, tollerante
di troppe ingiustizie in tutto il mondo. Basta con le
complicità, basta con le doppie misure, basta con la
sudditanza agli Stati Uniti. Allipocrisia della
comunità internazionale, noi ci ribelliamo. Siamo
qui, infine e soprattutto, per difendere il diritto alla
vita dei nostri fratelli e sorelle irachene minacciate di
morte dopo dodici anni di stenti. Vogliamo ricordarci
sempre, e vogliamo ricordare a tutti, che saranno loro a
pagare il prezzo più alto. La guerra la decidono i
potenti, ma sono i deboli che la fanno e la subiscono.
Noi la guerra la vediamo dallalto, con le immagini
dei traccianti e la scia dei missili. Loro la vedono dal
basso, ed è tutta unaltra cosa. Un razzismo
strisciante, per il quale le vite non sono tutte uguali,
impedisce di vedere la guerra con i loro occhi, di
pensare ai loro volti e ai loro sorrisi quando parliamo
di guerra. A
loro, e alle vittime mai viste di tutte le guerre
dichiarate e non dichiarate, vi chiediamo di dedicare ora
un minuto di silenzio. ----- Siamo
cittadini e cittadine di Europa. Una Europa che ancora
può fermare questa guerra. Facciamo
appello, insieme a tutti i movimenti europei, ai paesi
che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dellONU
affinché si esprimano contro la guerra e a quelli che
hanno potere di veto facciamo appello affinché
esercitino questo potere, bloccando qualsiasi risoluzione
che autorizzi lattacco allIraq. Facciamo
appello, come stanno facendo i movimenti europei in tutti
i loro paesi, alle forze politiche e ai parlamentari
perché in tutti i parlamenti nazionali si arrivi al voto
prima possibile, prima che la guerra cominci. Facciamo
appello, insieme ai movimenti europei, perché partiti e
parlamentari si impegnino a votare contro la guerra,
anche in caso di autorizzazione delle Nazioni Unite, e
contro lutilizzo delle basi militari, contro il
sorvolo degli spazi aerei nazionali e contro qualsiasi
supporto logistico diretto o indiretto alla guerra. Facciamo
appello perché le porte del negoziato siano tenute
caparbiamente aperte, per arrivare a una soluzione
politica e non militare della crisi. In
molti paesi europei, come in Italia, la grandissima
maggioranza della popolazione è contro la guerra.
Chiediamo che i Parlamenti rispettino questo orientamento
e lo traducano in scelte coerenti. Facciamo
un appello politiche e ai singoli parlamentari: a quelli
che sono qui oggi e a quelli della maggioranza che per
diversi motivi politici, religiosi, di coscienza-
sono contro questa guerra. Ci sentiamo di chiedervi un
atto di coraggio e di coerenza. Chiediamo
un vincolo di coerenza in particolare alle forze
politiche che hanno aderito a questa manifestazione.
Ognuno si assuma le proprie responsabilità, nella
libertà che a ciascuno compete. Ciascuno risponderà
delle proprie azioni di fronte ai cittadini e alle
cittadine di questo paese. Il tempo del politicismo è
finito. E tempo di chiarezza. Votate
contro questa guerra. Fate vincere in Parlamento le
ragioni della pace e della democrazia che nel paese hanno
già vinto. Assumete la responsabilità di rappresentare
la volontà della maggioranza dei cittadini italiani.
Restituite al nostro paese un ruolo positivo e una
dignità. ----- A
noi, movimenti sociali, associazioni, partiti politici,
organizzazioni sindacali, esperienze religiose, strutture
autorganizzate, società civile organizzata e diffusa,
cittadini e cittadine che abbiamo condiviso la
piattaforma di questa manifestazione, da qui rilanciamo
un appello e un impegno comune. Mettiamo in campo tutte
le nostre energie, le nostre forze, le nostre
intelligenze e i nostri corpi, le nostre relazioni, la
nostra fantasia e la nostra determinazione per fermare la
guerra. Costruiamo la più grande esperienza di
resistenza permanente alla guerra e alla macchina della
guerra che sia mai stata messa in campo, nel caso
sciagurato che la guerra inizi. Facciamo
appello perché andiamo avanti insieme, nel rispetto
delle differenze, trovando il massimo possibile di unità
e di convergenza, coordinando laddove possibile le nostre
iniziative, comunicando, riconoscendo le pratiche diverse
in un patto di solidarietà. Ciascuno
con i propri strumenti, ciascuno con le proprie forme,
ciascuno con le proprie pratiche, costruiamo una rete
gigantesca di iniziative e di azioni che provino a
fermare, a intralciare, a boicottare, a mettere ostacoli
alla guerra. Facciamo
appello perché prosegua la mobilitazione di massa in
ogni città, in ogni quartiere, in ogni piazza del paese.
Prepariamoci a rispondere allappello dei pacifisti
americani perché in caso di attacco tutti scendano in
strada. Prepariamoci a rispondere allappello
europeo per manifestazioni di massa in ogni paese il
primo sabato dopo lattacco. Facciamo
appello agli studenti perché le scuole e le università
siano ancora una volta al centro della mobilitazione
contro la guerra. Facciamo appello alle associazioni dei
consumatori e dei cittadini consapevoli perché
promuovano campagne, coinvolgendo il maggior numero di
persone in azioni quotidiane contro la guerra. Facciamo
appello alle organizzazioni sindacali, molte delle quali
sono oggi in piazza qui e in tutto il mondo, affinché
rafforzino ed estendano la mobilitazione dei lavoratori
utilizzando tutti gli strumenti possibili, inclusi gli
scioperi. Facciamo
appello agli operatori dellinformazione affinché
rifiutino di essere arruolati in una guerra fatta innanzi
tutto di menzogne. Disobbedite anche voi agli ordini
ingiusti, impedite che le redazioni si trasformino in
caserme. Facciamo
appello perché aumenti la mobilitazione capillare per
coinvolgere tutti e tutte. Riempiamo le finestre delle
nostre città di bandiere della pace. In ogni casa, in
ogni scuola, nei luoghi di lavoro, nelle sedi
istituzionali, tappezziamo lItalia di bandiere
pacifiste. Facciamo
appello affinché ciascuno trovi il suo modo per non
obbedire allordine ingiusto di sostenere la guerra.
Le pratiche della nonviolenza attiva, della
testimonianza, del digiuno, della preghiera, della
disobbedienza civile e sociale, della resistenza e
dellantagonismo sociale hanno grandi radici e
tradizioni nel nostro paese. Costruiamo una fitta rete di
resistenza popolare che sappia essere efficace, allargare
il consenso e la partecipazione attiva per fermare la
guerra in tutti i suoi aspetti. Facciamo
appello perché aumenti la solidarietà concreta a fianco
delle vittime della guerra. A fianco della popolazione
civile irachena, che si prepara alla guerra in mezzo a
mille sofferenze. A fianco del popolo palestinese, del
popolo kurdo, del popolo afgano, dei popoli che soffrono
le guerre dimenticate. Noi
non siamo quelli che vendono le armi ai dittatori. Noi
siamo quelli che da anni, nel silenzio colpevole dei
governi, siamo a fianco giorno dopo giorno ai popoli del
mondo che patiscono la guerra, la povertà,
loppressione. Rilanciamo tutte le iniziative di
solidarietà concreta e di cooperazione internazionale
che la società civile mette in campo. E avvisiamo sin
doggi il Governo che non parteciperemo ad
iniziative umanitarie promosse da chi butta le bombe. I
nostri soldi, li spenderemo bene. Salutiamo da qui i
cooperanti e i volontari impegnati allestero che
oggi hanno fatto lo sciopero bianco contro la guerra in
tutto il mondo. Facciamo
appello perché si rilanci liniziativa politica in
Medio Oriente, per la fine delloccupazione in
Palestina, per due popoli e due stati, per Gerusalemme
capitale condivisa, per la pace e la democrazia in tutto
il Kurdistan, per la vita e la libertà del presidente
Ocalan e di tutti i leader politici, sociali, sindacali,
di minoranze etniche detenuti e perseguitati. Noi non
usiamo due pesi e due misure. Facciamo
appello perché il sostegno alle forze democratiche che
vivono oppressi da regimi e dittature in tutta la regione
diventi priorità politica per tutti, istituzioni e
movimenti. DallIraq allArabia Saudita, i
diritti umani, civili e politici sono negati per milioni
di persone. Cè bisogno di solidarietà e di
impegno politico quotidiano. Facciamo
appello perché si rafforzino i movimenti europei e
mondiali che con noi sono impegnati contro la guerra,
perché si realizzi la massima solidarietà e sostegno al
movimento pacifista negli Stati Uniti che rappresenta una
grande speranza di cambiamento per il proprio paese e per
tutto il mondo. Facciamo
appello per una politica di disarmo globale sul piano
militare, economico e sociale, per politiche di riduzione
delle spese militari, per una riconversione
delleconomia di guerra verso usi civili. Facciamo
appello perché limpegno assunto da tanti movimenti
sociali nel Forum Sociale Europeo di Firenze affinché
larticolo 1 della Costituzione Europea contenga il
ripudio della guerra come mezzo per la risoluzione delle
controversie internazionali divenga una grande campagna
nazionale ed europea. Possiamo
dare alla storia un altro segno. Un segno di civiltà. Un
mondo senza guerra è possibile. Un mondo di pace, di
giustizia, di diritti è possibile. Un altro mondo è
possibile. E oggi qui lo stiamo costruendo. Fermiamo la
guerra. risposta di sergio coronica. carissimo David, ho letto con molta attenzione questo appello alla solidarietà con i popoli dell'Iraq, di cui sei tra i firmatari. La mia piccola presenza a fianco dei popoli invisibili la conosci, e così ho inoltrato al ponte la vostra lettera aperta. Ti voglio comunque far sapere che se vi sono delle parti nel documento -letto in piazza a Roma come documento centrale- che esprimono solidarietà al bellissimo popolo Kurdo ed agli altri popoli oppressi, parte rilevante è stato il contributo delle associazioni e della società civile che hai sempre trovato al tuo fianco, come popolo. Carissimo, questa lettera aperta, esprime anche la sfiducia verso questo movimento che è comunque ancora in crescita. Non è giusto nei loro confronti. Tu sai che moltissima di questa gente non sa neanche cosa sia il Kurdistan, o quali siano le sofferenze cui il popolo Kurdo é sottoposto ogni giorno in Iraq, Turchia e Iran. E qui chiamo in causa la nostra attività, abbiamo fatto molto insieme...ma ancora molto dobbiamo fare insieme. Ti dico questo perchè quando vado a dare il mio contributo nei seminari, nelle scuole, nelle assemblee, oppure nelle piazze, la non conoscenza del martirio del popolo Kurdo è cosa reale, e leggo lo stupore sulle facce dei presenti quando parlo di Halabja o di Djarbakir. Ma leggo anche la voglia di cambiare, di dare il proprio contributo affinchè un altro mondo sia possibile. E' vero che noi militanti sappiamo quasi a memoria la storia del tuo popolo, ma é altretanto vero che i giovani non ne sanno nulla. Dobbiamo andare nelle scuole, nelle università e nelle società civile a dire che Bush e Saddam sono gli stessi oppressori dei popoli dell'Iraq. A dire che ne il popolo Kurdo ne quello iracheno vogliono la guerra. A dire che i popoli Kurdo e Iracheno vogliono avere il diritto a vivere in pace, e scegliersi un governo, uno stato [quale e come, spetta solo a loro], a scegliersi un futuro di dignità. Questo é quello che ci compete. Un abbraccio caro David Sergio |