Attraverso questa pagina, annunciamo con immenso piacere che Lidia Menapace sarà' presente con i suoi articoli, nei prossimi numeri di Namir, aprendo di fatto una collaborazione con il nostro sito web, della quale siamo orgogliosi ed entusiasti.

Grazie, Lidia , da parte di tutta la redazione.

LA NASCITA DE IL MANIFESTO.

Intervista di - Silvio - Massimo - redazione namir - a LIDIA MENAPACE.

Abbiamo cercato LIDIA MENAPACE, tamite email, e dopo un paio di scambi in posta elettronica, ci ha chiamato al telefono fissando un appuntamento al quale non saremmo mai mancati. Le avevamo richiesto un'intervista sulla nascita del quotidiano ; IL MANIFESTO.

Lidia e' una fantastica donna, piena di energie, e dimostra di avere una memoria ferrea e capacita' incredibili, tanto, che confessiamo, abbiamo fatto fatica a starle dietro. Felici dell'incontro con lei, ci siamo seduti in un bar del centro di Roma e abbiamo cominciato a parlare, sperando di poter rivolgere le stesse domande anche a Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Valentino Parlato ed altri, in modo da ricostruire pagine del passato che per fortuna, anche se con qualche critica costruttiva, sono ancora presenti.

COME NASCE - IL MANIFESTO - IN UN PERIODO STORICO IN CUI FORSE, ERA PIÙ' FACILE COMUNICARE TRA LE PERSONE ... CHE LEGGERE UN GIORNALE ?

LIDIA - Parlare e comunicare tra noi era facile, e' vero, ma comunicare culturalmente no. La comunicazione era, come dire, per fasce. Ti faccio esempio per spiegarmi ; potevo scrivere per IL MANIFESTO, un articolo su Marx e su un'altro giornale, scrivere di SAN FRANCESCO, e non se ne sarebbe accorto nessuno, nessuno mi avrebbe detto che avevo delle contraddizioni, perché' quelli che leggevano Marx, non avrebbero letto San Francesco e viceversa, le letture erano per bande d'ascolto, insomma le culture in quegli anni erano molto separate.

Ad un certo momento, ci sono delle persone che hanno delle curiosità', mi ricordo che quando insegnavo a Milano, nella cattolica, ho scritto un articolo sulla rivista dell'Università, sulle tre culture principali ;

quella Liberale, quella centrista democristiana e quella marxista sui punti in comune e quelli di dissenso.

L'individualismo e' comune ai liberali e ai democristiani, ma una certa attenzione ai problemi sociali e' tipica sia della cultura cattolica che di quella marxista, combinando tutte queste riflessioni, potrebbero venir fuori delle idee interessanti, ma non avveniva perché' le bande culturali erano separate.

E COME PENSAVATE DI UNIRE QUESTE IDEE PER UN'ANALISI COSTRUTTIVA ?

LIDIA - Mi ricordo che un giorno fui invitata alla Casa della cultura di Milano, dove io dovevo rappresentare l'idea cattolica e Rossanda quella comunista, facevamo fatica a litigare, ed era proprio per questi contrasti che eravamo state chiamate al dibattito. Ma eravamo d'accordo su quasi tutto, e allora abbiamo cominciato a pensare che queste costruzioni erano costruzioni ideologiche, nel senso cattivo del termine, erano predisposte, per non far avvenire una comunicazione tra queste aree. Al contrario pero', ricordavo fin da allora che tra queste aree, la comunicazione, nel periodo della Resistenza, c'era stata.

Tra comunisti e Cattolici nel periodo antifascista, si stava dalla stessa parte, i Fratelli di Dio, sono deceduti entrambi combattendo, Zaccagnini e Dossetti, combattevano sull'Appenino modenese, anche allora insomma, c'era la chiesa Ufficiale che faceva altre cose, nascondeva i perseguitati, ma proteggeva anche i nazisti nelle loro fughe all'estero, poi c'era il popolo cattolico che partecipava alla Resistenza.

La solidarietà' tra cattolici e comunisti in quegli anni fu straordinaria, tanto era la paura che questi insieme vincessero che arrivo' la scomunica per i comunisti. Tu non sai quanti si sposavano in chiesa, battezzavano i figli ed erano comunisti. Quelle contraddizioni che puoi trovare anche oggi, ma allora venivamo dal fascismo, cioè' da 20 anni di ignoranza abissale. Pensa che questa comunicazione che c'era tra di noi, i potenti non la vedevano di buon occhio e anche gli americani hanno fatto di tutto per scioglierla, disgregarci. Ho fatto la - staffetta - in Piemonte, ed ho ancora un diploma grande cosi', firmato dal Generale Alexander, con scritto sopra : Lidia Resiste .

Dietro questa storia c'e' che noi il Generale Alexander lo odiavamo, perché' nell'inverno del 1943, 1944, come si accorse che la Resistenza era prevalentemente Repubblicana e di sinistra, ci disse di andare a casa, che come dire, a farvi fucilare ad uno ad uno, non ci invio' piu' nulla, ne armi ne medicinali per continuare.

Insomma, fanno di tutto per separarci, dopo questi fatti del generale, viene la scomunica, e tanto altro ancora per non farci vincere insieme, c'e' questo disegno antico e consolidato di impedire che ci sia una unificazione tra questi due bacini, non dico di teoria ma di atteggiamenti, verso la realtà'.

Quindi in Italia, si forma questa idea, che chi e' cattolico legge queste cose, chi e' comunista ne legge delle altre e i due bacini non comunicano più', ma il 1968 e' di nuovo e repentinamente, una grande confusione sotto il cielo, perché' ci sono molti gruppi cattolici che contestano e il Vaticano non e' d'accordo e neanche il PCI, che si muove come una grande potenza, ma nella base c'e' un fermento incredibile e simile. Su questa base, dove c'e' da una parte la critica della propria area, concilio, teoria della liberazione, ideologia della rivoluzione, ed anche nella parte comunista c'erano forme di critica e tra questi i futuri fondatori del IL MANIFESTO, che facevano parte del partito comunista, e che non erano d'accordo con quello che proponeva politicamente l'allora Unione Sovietica.

COME MI HA DETTO UNA VOLTA ROSSANA ROSSANDA, IL COMUNISMO HA SBAGLIATO, MA NON E' MAI STATO SBAGLIATO.

LIDIA - Esattamente, noi abbiamo sempre considerato Stalin, un'enorme deviazione di estrema destra, il comunismo purtroppo non si e' mai realizzato e neanche il socialismo.

MA IL NAZISMO SI RISPECCHIAVA CON LE SUE IDEE POLITICHE

LIDIA - Ma sai, il nazismo e' una variante del capitalismo, e il capitalismo e' forte da sempre.

E QUINDI VI RIUNITE COME E PERCHÉ ?

LIDIA - Abbiamo questa curiosità', perché' ciascuno di noi critica nella sua area, aspramente, le forme di connessione con il sistema dato. Inutile che la chiesa predica la povertà' e poi e' sfoggia la sua ricchezza economica, predica la libertà' e poi da una mano a tutti quelli che sottomettono i popoli, ma soprattutto il tema più' scandaloso e' quello della ricchezza della chiesa. Non solo nel senso che e' proprietaria di palazzi meravigliosi, ma che e' collegata con le multinazionali, e a Roma, tutta la speculazione edilizia conduce alla chiesa. Non dimentico a proposito infatti, il Sacco di Roma, questo grande convegno che fece Don Franzoni.

SILVIO - PERCHÉ' SECONDO TE ALCUNI ELEMENTI DEL CATTOLICESIMO DI BASE, CHE POTEVANO ESSERE BALDUCCI, FRANZONI, MILANI, NON ADERIRONO A QUESTE IPOTESI DI DIALOGO ?

LIDIA - Bisogna dire che alcuni di loro, in quanto ad individualismo non erano meno di noi, e poi era un salto troppo grande, Balducci poteva arrivare quasi fino ad essere d'accordo con il PCI, Franzoni a rovinarsi la carriera candidandosi per il partito comunista e il PCI fu veramente sciocco a chiederglielo, perché' certe persone vanno tutelate, non esposte per fargli fare il consigliere di circoscrizione.

IL PARTITO COMUNISTA ALLORA COME OGGI NON ANDAVA D'ACCORDO CON I MOVIMENTI, ANZI, NEGANDOLI PUÒ' AVER FATTO SCATURIRE ALCUNE FORME DI CONTESTAZIONE CHE POI SI SONO EVOLUTE TRAGICAMENTE ?

LIDIA - Questo non lo so. nel PCI c'era la sinistra comunista rappresentata da Ingrao, Rossanda, Pintor Magri e Castellina, e la destra stalinista, Cossutta, Longo eccetera, che andavano d'accordo con il movimento di Capanna.

ERI ALL'INTERNO DEL PCI ?

LIDIA - Mai stata all'interno del PCI, eppure ho conosciuto Margri che veniva dal movimento cattolico e quindi partecipava spesso alle barricate culturali cattoliche e Rossanda, perché' appena abbiamo avuto questo famoso dibattito in cui dovevamo essere nemiche, abbiamo cominciato ad avere delle grandi simpatie reciproche che sono rimaste indelebili.

E NASCE - IL MANIFESTO -

LIDIA - Intanto nasce come - rivista - non come giornale, perché' loro pensano che avendo maturato una critica sia sull'Unione Sovietica, anche senza essere mai arrivati alla definizione di socialfascismo, si deve fare qualcosa e viene l'idea del settimanale, chiedendomi immediatamente di farne parte perché' sono interessati alle mie idee a alle mie critiche ai cattolici stessi.

quindi pubblichiamo il primo numero della RIVISTA e per il PCI e' un colpo tremendo.

PUBBLICATA IN CICLOSTILE ?

LIDIA - no no, immediatamente in tipografia, con una carta giallina, molto elegante.

MA ERA FACILE IN QUEL PERIODO FARE UN GIORNALE ?

LIDIA - relativamente più' di ora, perché' il lavoro era gratis, c'era un volontariato fantastico, scrivevamo tutti per niente, ma soprattutto c'era la curiosità' e l'inventare, che ci univa. Per il PCI fu un colpo, perché' nel partito nessuno scriveva fuori dall'ufficiale, e una rivista che non e': " Rinascita !, voi potete capire che il colpo fu grosso e lo accusarono disorientandosi. Ma il successo e' tale che ci si pone immediatamente il problema se chiedere a tutti coloro che sono d'accordo con LA RIVISTA di uscire dal PCI. e qui' c'e' la prima differenza e anche contraddizione, e se gli diciamo che fondiamo un'altro partito andiamo direttamente alla seconda.

ACCADE ANCHE OGGI CON NANNI MORETTI...

LIDIA - Esattamente. Io e Rssanda, siamo per provocare la fuoriuscita dal PCI, Magri no, perché' pensa sempre ad uno strumento esterno con il quale rientrare, una specie di ossessione unitaria del partito, che ancora oggi e' invincibile. ma io e Rossanda non volevamo formare un'altro partito, perché' avevamo l'idea che la forma - partito - era finita.

il partito e' una struttura di comando che provoca necessariamente la conquista del palazzo d'inverno, mentre io sono per la partecipazione di base, per lo sciopero ad oltranza eccetera. Rossanda scrive un bellissimo articolo sul fatto che Marx non ha mai pensato al partito e questo provoca all'interno del PCI un tale scombussolamento, che vengono espulsi, anzi per la verità' - radiati - che e' una specie di espulsione senza infamia la quale non esclude che possano essere anche riammessi.

MENTRE PASOLINI FU ESPULSO...

LIDIA - Si ... e significava infamia. e questa radiazione dal partito, provoca in loro delle reazioni drammatiche, perché' il PCI era davvero come la chiesa, sia se tu sei espulso o che sei scomunicato, immediatamente non hai più' relazioni, vieni isolato.

IL NOME - IL MANIFESTO - FA RIFERIMENTO SICURO AL MANIFESTO DI MARX ?

LIDIA - Sicuramente, un riferimento marxista ma non leninista, e non mi ricordo chi lo invento', credo tutti insieme. Comunque LA RIVISTA va benissimo, al punto tale che dobbiamo farne due edizioni, circa 60 mila copie, delle cose incredibili. e cosi' cominciamo a dire che bisogna farne uno strumento, politico organizzativo penetrante e diffusivo.

MA SOLO A ROMA 60 MILA COPIE ?

LIDIA - No no, in tutta Italia, ma devi pensare ad una Italia di 30, 35 anni fa, dove nessuno leggeva niente, e quello che scrivevamo non era certo facile da seguire, tutt'altro. Quindi con l'aiuto di Luigi Pintor, facciamo questa folle idea e tentativo di un quotidiano che nessuno aveva ancora mai tentato, Lotta Continua, usci' tempo dopo.

COME QUOTIDIANI ALTERNATIVI CHE COSA C'ERA ?

LIDIA Niente di alternativo, o pochissimo, quindi ci proviamo, e cominciamo a fare una campagna pubblicitaria, se vogliamo chiamarla cosi', perché' non abbiamo giornalisti, e studiamo graficamente una struttura non complicata per poterlo realizzare.

Facciamo un giornale di quattro pagine in bianco e nero, senza una fotografia, senza pubblicità', di un'austerità' impressionante, tutti guardandolo pensiamo che non lo comprerà' nessuno, ma giuriamo ad alta voce che e' bellissimo. Per fortuna il successo fu clamoroso.

STIAMO PARLANDO PERO' DI ANNI IN CUI L'INTELLIGENZA ERA VIVACISSIMA E PRESENTE ...

LIDIA - Si e' vero, c'era molta curiosità'

SILVIO - C'era anche un'altra realtà' che ha caratterizzato e ha dato l'impronta soprattutto in quel periodo, nelle scuole, tra gli studenti, nelle università', ed era una minuscola forma da tenere a mente che ripercorreva una certa idea del sapere marxista : " IL SAPERE RIVOLUZIONARIO ". Questo conoscere, questo sapere, può' sembrare una idea ingenua, ma era un SAPERE controinformativo e antiautoritario, che contrapponeva il sapere ufficiale del potere con le capacita' di analisi e di critica che davano nuove e diverse informazioni. E il fatto magnifico che allora accadeva, anche al Il Manifesto, e' che nessuno faceva queste analisi per il potere, non c'era cioè' un'ansia di potere, di volerci comunque finire dentro, c'era questo desiderio di analizzare la società' in maniera critica e di inventarsi nuovi strumenti per comunicarla.

LIDIA - E devo ammettere che il : " Potere " ebbe una paura incredibile per quello che stavamo facendo. Era una novità' assoluta Il Manifesto. Non ci dimentichiamo che oltre noi, cominciano a svilupparsi una serie di azioni, quali le occupazioni ad oltranza in molte università'. La paure del potere e' che la gioventù' borghese, si ribelli alla borghesia e pensare che quelli sono i propri figli, sconvolge totalmente.

QUINDI COMINCIATE AD ESSERE UNA REDAZIONE, DI COSA TI OCCUPAVI ?

LIDIA - Io mi occupavo prevalentemente di scuola, ed ho diretto la Commissione Operaia del Manifesto, mi interessavo anche di alcune questioni cattoliche. Ecco che proprio su questi temi cominciano alcune discussioni all'interno della redazione, perché' io seguivo una scuola teologica e scrissi che bisognava passare per una fase di ateismo di massa, perché' la chiesa e la religione erano e sono cosi' legate a questo sistema economico e sociale,dimostrando che tutti i grandi santi erano passati attraverso questa fase per poter fare delle critiche profonde. Puoi immaginarti che cosa suscito' negli animi questa mia teoria, e questo non andava bene, specialmente a Lucio Magri, che avrebbe voluto una mano tesa verso i cattolici, alla Berlinguer se vuoi. Insomma, io andavo per questa strada, e cominciava anche l'organizzazione politica, perché' nascevano le sedi del - Il Gruppo del Il Manifesto - , ed io andai a Milano a dirigere la sede di quella città', anche se non eravamo un partito.

ERAVATE MOVIMENTISTI ?

LIDIA - Certamente.

ALLORA TI OCCUPAVI DI SCUOLA E GLI ALTRI ?

LIDIA Rossanda scriveva di teoria marxista prevalentemente, Magri faceva delle analisi sociali molto accurate, ricordo alcuni paginoni sulla crisi dell'Unione Sovietica che politicamente poteva piegare inevitabilmente a destra, sono stati scritti solo da lui. Pintor e' sempre stato e resta straordinario e Valentino Parlato si interessava dell'economia.

COME SI SVILUPPAVA QUELLO CHE SCRIVEVATE, COME RIUSCIVATE A FARE ANALISI E CRITICHE DETTAGLIATE DI QUANTO ACCADEVA.

Osservando quanto accadeva, ma soprattutto leggendo molto i scrittori francesi, i tedeschi, la scuola di Francoforte, era un movimento mondiale quello del 1968 non dimentichiamolo.

IL RITORNO DI - LA RIVISTA - ALL'INTERNO DEL - IL MANIFESTO - CHE COSA E'... UN BELLISSIMO RICORDO DA PRESENTARE ANCORA ?

Non lo so, non seguo cosa accade all'interno della redazione, ma ci riscrivono quelli che hanno fondato Il Manifesto, e quindi qualche legame con i ricordi ci sarà'.

Io non ci scrivo pero', perché' all'interno della redazione ci sono state delle discussioni interessanti e politiche e mi sono un tantino allontanata per divergenze.

QUALI SONO LE QUESTIONI CHE VI HANNO COMUNQUE LASCIATO RIFLETTERE DISTANTI ?

Due questioni, la prima e' sul femminismo, e l'altra sulla teoria della rivoluzione del partito. Sulla questione del femminismo naturalmente passano alcuni anni prima che accade il tutto, ma quando comincia ad esserci, negli anni settanta, io mi ci butto dentro, interessandomi delle questioni da denunciare, questo non convince ne Magri ne Rossanda devo dire. Il nodo credo su cui non ci siamo intesi e quello sulla teoria della rivoluzione e sul soggetto rivoluzionario, perché' io sostenevo e sostengo che le donne sono un soggetto rivoluzionario, e invece loro sostenevano e credo sostengano che e' solo la classe operaia.

NON VI SEMBRA DI AVER SBAGLIATO ENTRAMBI ?

Si probabilmente si, ma il problema e' che si stava negando la possibilità', capisci ? mettiamo che la classe operaia può' essere social democratica od altro, ma teoricamente e' il soggetto della rivoluzione, le donne possono fare delle cose stravolgenti ma non sono soggetti rivoluzionari.

NON DIMENTICHIAMO CHE IL SETTANTA PER CENTO DELL'ECONOMIA MONDIALE VIENE SOSTENUTA ATTRAVERSO IL LAVORO DELLE DONNE, NON MANCAVA UN'ANALISI MONDIALE, SOCIALE E STORICA, SULLE DONNE ?

Totalmente. Engels affermava che ogni uomo rappresenta la borghesia, ogni donna e' il proletariato.

SILVIO - COSA PROVAVATE PER LA CINA DI MAO ?

LIDIA - grande simpatia, tutti eravamo, in piccola parte nell'animo anche filocinesi o filomaoisti.

TROVO IN ALCUNE PAGINE DEL IL MANIFESTO SOPRATTUTTO IN QUELLE CULTURALI, CHE IN MOLTI CRITICHIAMO NON POSITIVAMENTE, UNA PUNTA DI ARISTOCRATICISMO, POSSO SBAGLIARMI ?

LIDIA - Ma , quando tu fai parte di un gruppo di persone molte intelligenti e molto colte e perdi le relazioni sociali, questo può' accadere.

NON SI PUÒ' DIRE CHE QUESTO SIA CAPITATO AI DS. ?

LIDIA - Io credo che a loro sia capitato di peggio e non e' una questione di aristocraticismo.

TORNANDO A NOI, C'E' IL 1968, QUESTO GRANDE MOVIMENTO MONDIALE, VOI VI PROPONETE PER UNIRE LE IDEE ATTRAVERSO QUESTO MEZZO DI COMUNICAZIONE, E POI NASCONO I DIVERSI GRUPPI, COSA ACCADE ?

LIDIA - Magri, voleva trovare tutte le forme unitarie e possibili, ci provo' prima con Potere Operaio, con i quali abbiamo fatto alcune cose in comune e poi abbiamo rotto, poi con Lotta continua, ci siamo annusati ma non funziono'.Non funziono' perché' Lotta continua ci sembrava di scarso rigore e un tantino confusionaria e forse c'era anche una contesa di leader, non so. Con Avanguardia Operaia, abbiamo lavorato ogni tanto.

CI SONO TITOLI DEL - IL MANIFESTO - CHE NON SI DIMENTICANO - I COMPAGNI CHE SBAGLIANO - E' UNO DI QUELLI CHE FU RIVOLTO ALLE BRIGATE ROSSE.

LIDIA - Noi siamo stati attraversati da questo momento storico drammatico della lotta armata. Io non posso negarlo, che ho avuto immediatamente un'atteggiamento negativo, non per motivi etici. Ho conosciuto all'Università' di Trento, Renato Curcio, Boato, che già' allora si capiva che avrebbe tentato la carriera politica e Mauro Rostagno che era di un'intelligenza impressionante e di una limpidita' unica. E cominciavano a svilupparsi le prime idee sulla clandestinità' e proprio non riuscivo a comprenderle.

C'era stata nel 1969, la strage di Piazza Fontana, ed eravamo tutti d'accordo che era una strage di stato e comincia da allora un dibattito su come bisogna rispondere, e tutti iniziando da Capanna, dicono che bisogna alzare il livello di scontro e si cominciava a non essere d'accordo, ripeto, non per motivi etici, ma perché' sono convinta che perdi sempre quando fai queste azioni. Pensa ad uno stato militarizzato, lo devi sorprendere facendo altre cose. Anche per il G8 di Genova, avevo proposto di andare in quella città' con le tovaglie a quadretti rosse e blu, di sederci davanti ai muraglioni bevendo e mangiano alla loro faccia, cantando e rotolandoci allegri e felici sui prati. Sono sempre e radicalmente contraria al confronto di tipo militare.

MA QUI IN OCCIDENTE O OVUNQUE NON ACCETTI LA DIFESA CON LE ARMI ?

LIDIA - Io ti posso dire che qui dove sono questa pratica e' perdente, poi ragionando ti posso dire che i vietnamiti sono finiti male, i palestinesi non stanno certo finendo bene. Non dimentichiamoci che i palestinesi cominciarono proprio con degli atti di terrorismo dirottando aerei, poi persero qualsiasi consenso internazionale e inventarono da un'idea meravigliosa di Arafat l'INTIFADA, ma noi non abbiamo fatto nulla di nulla ed ora si ritrovano all'inizio. I kamikaze, ti provocano una tale involuzione mentale che non e' possibile comprendere. Conosco bene le donne palestinesi e sono di una intelligenza sopra le righe e loro tenevano testa ad Arafat, quando questo diceva che prima bisognava liberare la Palestina e poi si poteva pensare al problema della condizione femminile, lo salutarono. Un secondo tempo non viene mai, liberiamo entrambi o ti siamo contro. Adesso quando vedo le madri palestinesi sto male, perché' si sono trasformate in vedove che seguono questa idea del kamikaze andando da un funerale all'altro, sono delle figure dipendenti.

IL LIVELLO DELLA DISPERAZIONE PERO' VA PRESO IN CONSIDERAZIONE.

LIDIA - quando uno e' disperato e viene a casa tua, non gli apri la finestra dicendogli di gettarsi, devi dargli delle ragioni di speranza e quando noi giustifichiamo i kamikaze perché' sono disperati, gli diamo un'incentivo e invece bisogna opporsi, dicendogli che noi abbiamo sbagliato molto più' di loro e non li giudichiamo moralmente, perché' proprio non possiamo permettercelo, pero' cosi' va peggio. La seconda INTIFADA, dopo che SHARON aveva fatto la provocazione della spianata delle moschee, e' stata una cosa stupida quasi da sospettare la dirigenza palestinese.

SILVIO - MA NON E' STATO UN ERRORE DI SHARON E' STATO UN CALCOLO PRECISO E POLITICO

LIDIA - Per questo ti dico che e' stato stupido cascarci dentro.

E COSA ACCADE ALLORA ?

LIDIA - Accade che si decide di fare una manifestazione ogni 12 Dicembre per ricordare la strage di Piazza Fontana e che tutto il potere e' contrario che ciò' avvenga. Io allora ero a Milano e c'era il questore Alvito Bonanno che conoscevo perché' era un uomo della resistenza, quindi un questore di sinistra . Ci disse che quando noi eravamo al potere forse avrebbe deciso di essere un fedele servitore dello stato, ma intanto non era cosi'. Quindi ci riuniamo per capire che cosa potevamo fare e alla seconda riunione Capanna ci dice che non si fida di noi, che possiamo essere degli infiltrati e aggiunge che avrebbe fatto la sua manifestazione a Milano in piazza Santo Stefano con il suo servizio d'ordine e che avrebbe picchiato sia i fascisti che noi se andavamo.

Allora ci riuniamo nella sede di Lotta Continua, dove qualsiasi poliziotto in borghese poteva entrare e sedersi al tavolo delle trattative, perché' non era controllata. Noi del Il Manifesto dicevamo che bisognava fare una manifestazione militante ma non militare, cioè' essere cosi' tanti che nessuno poteva farci nulla, invece Lotta Continua e Potere Operaio erano per aprire le porte e fare disordini. Ci salutiamo, e successivamente ci facciamo ricevere dal questore, che sa già' tutto. Poteva essere anche un uomo intelligente, ma sapeva le parole esatte di quanto avevamo detto o di cosa aveva detto Toni Negri, era chiaro insomma che ci avevano spiato.

E Toni ci disse che noi del Il Manifesto non ascoltavamo l'urlo della piazza proletaria, gli risposi che non conosceva Milano, in questa città' non usciva più' nessuno dalla paura, dopo il 12 dicembre. Gli unici che potevano fare una manifestazione a Milano erano gli operai di Arese perché' dietro di loro c'erano le famiglie, ma nei confronti degli studenti universitari mancava il rispetto.

IL PARTITO COMUNISTA DI ALLORA QUINDI ERA STATALISTA VISTO CHE NON VI APPOGGIAVA ?

Non c'entrava, molte sezioni del PCI ci aiutavano,ad esempio i tranvieri si davano da fare per noi, quando facevamo le manifestazioni ci proteggevano mettendo i tram di traverso, e quando le università' erano occupate ci portavano da mangiare, insomma era molto complessa la situazione.

Comunque ci mandano a parlare con il questore, perché' questi famosi rivoluzionari, lo dico simpaticamente, Sofri, Scalzone, Negri eccetera, mandavano avanti noi del Manifesto, pensavano che con noi avrebbero dialogato e non ci prendevano, visto la fama che avevamo attraverso il giornale ed eravamo anche più' anziani di loro.

E quindi andiamo in via Fate Bene Fratelli, dove c'era stata già' la storia di Pinelli l'anno prima e ricordatevi che anche in quell'occasione drammatica IL MANIFESTO scrisse che era stato buttato giù' dalla finestra, avevamo candidato Valpreda per tirarlo fuori dalla galera. Quindi entravi nella questura di Via Fate bene fratelli e c'era lo scalone e la finestra del quarto piano da cui era stato buttato Pinelli e poi salivi e ti riceveva il questore Alvito Bonanno, uomo ripeto, di grande intelligenza, che aveva Calabresi da una parte e un'altro dall'altra che ci guardavano con un odio che non so descrivervi e in questo clima cominciamo la trattativa. Gli diciamo della nostra manifestazione nazionale e lui ci risponde che non ci può' dare nessuna piazza, poi finalmente ci mettiamo d'accordo per quella del Politecnico che aveva numerose strade intorno, nelle quali scappare se ci avrebbero caricato, ma comunque dovevamo arrivare alla spicciolata in quella piazza, senza cioè' cortei.

Quindi andiamo fuori e lo diciamo al resto dei compagni invitandoli per il prossimo appuntamento cosi' avrebbero sentito anche loro la proposta. Quando ci ripresentiamo Alvito Bonanno che era un uomo notoriamente puntuale, ci fa attendere in anticamera per molto tempo. Poi ad un certo istante si apre la porta ed escono, due maggiori, quattro colonnelli, otto capitani, 12 tenenti, sembrava una scena di un film del periodo nazista e ci dice le stesse cose. Torniamo nella sezione di Lotta Continua e affermiamo che bisognava fare questa grande manifestazione senza uno scontro, perchè altrimenti negli anni successivi non ci sarebbe venuto più' nessuno e questo era l'unico modo per riprenderci la piazza. Fu accettato questo, ma per punizione alla manifestazione non ci fu data parola, e sul palco parlo' solo Lotta Continua, Potere Operaio, eccetera, ma noi no.

Cosi' abbiamo recuperato il diritto di manifestare a Milano e lo abbiamo considerato un grande successo noi della redazione il Manifesto. A dimostrazione del fatto che non tutti erano d'accordo, Potere Operaio ci disse che gli scontri li avrebbero fatti comunque, essendo leninisti non volevano stare alla disciplina di un gruppo informale, naturalmente i tafferugli li avrebbero fatti distanti da dove noi manifestavamo, per non farci coinvolgere. E a dimostrazione del fatto che c'era qualche infiltrato, la notte li arrestarono tutti, con le bocce in casa eccetera. Ti dico questo per farti capire quanto eravamo ingenui, non pensavamo affatto di fare vigilanza, al telefono ci raccontavamo le idee rivoluzionarie che ci passavano per la testa e magari chiamando proprio dalla caserma.

A MILANO IN QUEL PERIODO ACCADEVA DI TUTTO, DALLE STRAGI A PINELLI, MA CI FU ANCHE L'UCCISIONE DI CALABRESI, COME L'AVETE PRESA QUESTA AZIONE MILITARE RIVOLUZIONARIA PER QUEGLI ANNI, VOI DEL MANIFESTO ?

LIDIA - Io malissimo e anche la sinistra istituzionale non ci credeva. Tutti pensavamo che un compagno non poteva fare quell'azione, perché' effettivamente queste forme di delitto politico individuale non appartengono alla tradizione della sinistra, non c'e' nulla da fare. Queste erano azioni storicamente anarchiche, ma l'anarchia sparava ai Re' ed era cosa diversa.

Non ho mai conosciuto il fratello di mio nonno, che era un anarchico sindacalista, ma quando Gaetano Bresci, sparo al Re' Umberto I, nel 900, gli mando' un telegramma di felicitazioni con scritto sopra : " Bravo Bresci firmato Luigi ", questo me lo sentivo dire sempre da mia madre.

Cosi' quando andavo a scuola e mi raccontavano che Umberto I era il Re' buono io rimanevo colpita, perchè pensavo a mio zio Luigi che aveva scritto quel telegramma e quindi che la verità' poteva essere un'altra.

Comunque se si va a spulciare nella letteratura di sinistra, c'e' solo una parte sull'anarchia che e' favorevole al delitto politico, ma intende questo, solo se uccidi un Re' non un poliziotto.

Io di Calabresi avevo un'impressione negativa, era terribile, picchiava duro, Pagnozzi ancora di più'.Calabresi comprendeva meglio quello che facevamo era colto e sapeva come provare a bloccarci.

TANTI NOMI E TANTE DIFFERENZE, NON ERAVATE RIUSCITI CON IL MANIFESTO A CUCIRLE INSIEME ?

LIDIA - Abbiamo fatto un dibattito sulle prime Brigate Rosse, se erano compagni che sbagliavano o no, poi su Aldo Moro, se bisognava trattare o no, anche se queste non erano più' le prime Brigate Rosse. Io ero per trattare, ma altri del il Manifesto non erano d'accordo, insomma all'interno eravamo divisi su quella drammatica vicenda.

OGGI COME OGGI POSSIAMO DIRE CHE ERA MEGLIO TRATTARE ?

LIDIA - Secondo me si, perché' in questa mia risposta c'e' anche la mia storia da partigiana. Insomma trattavamo con i nazi per farci ridare i prigionieri, bisognava trattare per Aldo Moro, anche se le BR non erano i nazi. E il resto della redazione mi diceva che in questo modo gli davamo una valenza politica, e io non riuscivo a comprendere, non e' che quando si salvava qualcuno dalle mani dei nazisti poi gli davamo qualche considerazione politica.

MA DIETRO QUELLA VICENDA C'E' TANTO ALTRO, INIZIANDO DAL POTERE E DALLE LOTTE INTESTINE PER QUESTO, NEI VERTICI DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA, SIETE RIUSCITI A COMPRENDERE QUELLO CHE ACCADEVA ?

LIDIA - Non ci siamo riusciti, non ci siamo riusciti immediatamente, lo abbiamo capito molti anni dopo, ma non la capirono neanche i brigatisti.

SILVIO - MI PIACEREBBE SENTIRE LA TUA STORIA NEL PRIMO MANIFESTO, VISTO CHE ERI UNA MILITANTE DEL : "CATTOLICESIMO DI BASE " SE MI PERMETTI LA FRASE CHE CERTO NON ESPLICA IL TUTTO IN MODO CHIARO

LIDIA - E' un pochino più' complicato ma bisogna conoscere la mia storia per comprendere. Sono nata in una famiglia laica e i mio padre era un mazziniano, al momento d'inscrivermi all'università' gli ho detto che sceglievo la Cattolica, perché' non essendo questa una università' di Stato, era sicuramente antifascista, siamo negli anni quaranta. Mio padre acconsenti', anche se non condivideva l'impostazione dell'università' che sceglievo,ma anche lui preferiva quella antifascista che quella fascista. In questa Università' c'erano Franceschini, Lazzati e soprattutto la FUCI, federazione universitaria cattolica italiana che istituzionalmente era antifascista e proprio li che ho maturato le mie idee, proprio passando nel circolo della FUCI sono entrata nella RESISTENZA.

Nella RESISTENZA , facci la staffetta , rifiutandomi di portare armi. Nella RESISTENZA si poteva essere obiettori di coscienza, senza sapere che si chiamasse cosi, eravamo ignoranti come capre, ma belli e pieni di curiosita'e idee per cambiare il mondo. Spesso mi domando come abbiamo potuto formarci delle coscienze politiche, noi non eravamo della generazione dei Pertini, De Gaspari, Amendola, che la democrazia l'avevano conosciuta prima, noi nel fascismo ci eravamo nati. In tutto questa storia faccio la Staffetta, cioè' mi rifiuto di portare le armi perché' ero sicura di non essere mai capace di sparare dalla parte di nessuno, pero' porto del plastico per far saltare in aria le cose, i ponti.

Anzi ci si metteva d'accordo con gli alleati, perché' magari loro mandavano trenta bombardieri ma non facevano saltare in aria una ferrovia pericolosa e del nemico, mentre noi potevamo farlo senza commettere delle stragi nelle quali venivano coinvolte anche persone innocenti. E tutti quelli che noi salvavamo e che portavamo alla frontiera svizzera per farli scappare, non ci si domandava se erano comunisti o cattolici, questa differenza veramente non c'era.

SCALFARO ad esempio ci inviava dei nomi e cognomi da far scappare, perché' qualcuno sotto tortura aveva purtroppo parlato, e via, ci si attivava senza pensarci un momento, per salvarlo.

Noi discutevamo all'infinito, perché' a differenza di quello che accadeva in Francia, la Resistenza italiana era molto più' politica, soprattutto politica, molto più' politica che militare.

E mi ricordo che anche quando mio padre si trovava in campo di concentramento, prece' fu preso dai nazi ( torno' per fortuna ) , a casa nostra mia madre ospitava dei ragazzi prima che questi andavano in montagna e si facevano delle discussioni incredibili.

Ecco secondo me da dove viene quello che poi accade nel 1968, noi credevamo che in quei momenti della resistenza, una volta vinta la guerra, ci sarebbe stata la chiusura della storia passata e successivamente si cambiava tutto e che sarebbe stata l'ultima guerra, altre non ci sarebbero state.

Pensavamo che si poteva cambiare tutto, finita e vinta la guerra, tipo ; lo stesso salario per tutti, perché' tutti hanno gli stessi bisogni. si ma quello ha studiato di più, e allora gli si dava qualcosa di meno economicamente perché' aveva avuto il privilegio di studiare. Pensavamo questo, e in questo una marea di discussioni. Cosi' qualcosa del genere rimane nella testa, e quando viene fuori il 1968, torna su il tutto.

CON PIER PAOLO PASOLINI IL MANIFESTO COME SI COMPORTO', VISTO CHE LUI FECE QUELLA CRITICA FEROCE AI MOVIMENTO DEL 1968 ?

LIDIA - Non bene, lo consideravamo un populista, e lui di noi diceva che eravamo rivoluzionari da salotto. Ci considerava degli aristocratici intellettualmente e noi consideravamo i suoi - ragazzi di vita - un libro splendido letteralmente ma non erano dei soggetti rivoluzionari, erano dei sottoproletari, dal punto di vista dell'analisi marxista.

EPPURE UNA DIFFERENZA NETTA TRA SOTTOPROLETARIATO E PROLETARIATO FU PROPRIO PASOLINI A SCRIVERLA IN QUEGLI ANNI AFFERMANDO CHE IL PRIMO POTEVA ESSERE SOGGETTO ALLE REGOLE DEL MERCATO MENTRE IL SECONDO AVEVA UNA COSCIENZA PER COMBATTERLO...

LIDIA - Ma sai, questi grandi personaggi sono molto più complessi e ambigui nel senso buono della parola, c'e' un senso forte di Pietas in lui, questa antipatia per i studentelli che spaccano il capello in quattro.

E QUANDO LO CACCIARONO DAL PCI PERCHÉ' OMOSESSUALE COME VI SCHIERASTE ?

LIDIA - Figurati se non lo difendevamo, non abbiamo mai pensato che una differenza politica nei suoi confronti ci avrebbe fatto cambiare il giudizio morale, quello per lui era altissimo.

SILVIO - VOLEVO FARTI TRE DOMANDE, UNA SULLE DONNE DI SALO', COSA NE PENSI DI QUESTE VOLONTARIE. E L'ALTRA E' SU IVAN ILIC CHE SECONDO ME E' STATO UN PROPULSORE DELLE IDEE E DEI MOVIMENTI E FORSE ANCHE DE IL MANIFESTO. E L'ULTIMA RIGUARDA L'EBRAISMO, TU SAI CHE IL 26 GENNAIO C'E' STATA LA GIORNATA DELLA MEMORIA ALLA QUALE BARENGHI IL DIRETTORE DEL IL MANIFESTO HA DEDICATO UNA PRIMA PAGINA, QUALE DOMANDA GLI AVRESTI VOLUTO FARE AL DIRETTORE DEL NUOVO MANIFESTO SU QUESTO TEMA ?

LIDIA - Comincio dall'ultima. su questa questione ho una specie di blocco profondo. Perché' il vero e proprio episodio antifascista nella mia vita cosciente, fu quando due sorelle che avevano la stessa età' mia e di mia sorella e con le quali eravamo compagne di classe, un giorno non vennero a scuola. Allora io e mia sorella andiamo da loro a portargli i compiti, come si usava fare. Suoniamo e viene ad aprirci la porta la domestica che ci dice che i compiti non servono perché' a scuola non verranno più', noi gli chiediamo perché', e lei ci risponde che sono ebree.

Ed io e mia sorella non capiamo cosa dice la domestica, - ebreo - e' una parola, ma cosa vuol dire ? Insomma, io che ero la maggiore, tornando a casa e cercando di dare una spiegazione alla mia sorellina, gli dico che la domestica era una cretina che l'ebrea non e' una malattia infettiva. Questa era l'unica ragione che potevo capire per stare via da scuola, il morbillo, la tosse canina eccetera. Torniamo a casa e lo chiediamo a mio padre che ci conferma il tutto, perché' era passata una legge che vietava agli ebrei di andare a scuola con gli ariani. Ed io gli chiedo chi sono gli ariani ? e lui mi risponde che provando una profonda vergogna, gli ariani eravamo noi.

Allora avevo 14 anni, e questo per me e' l'inizio del mio antifascismo.

Quindi sono molto coinvolta in questa storia, perché' dopo ho visto gettare nel lago molti ebrei con le mani legate, compreso una signora incinta, ne hanno fatte di tutti i colori che e' difficile descrivervele.

Passata la guerra, dopo tanti anni vado in Israele e trovo il Ministro dell'Agricoltura che era già' uno dei partiti religiosi, che mi dice : " Noi possiamo far piovere ma non conosciamo tanto bene i venti e quindi può' piovere anche in Giordania ". Può' piovere anche in Giordania ? a parte il fatto che stiamo parlando di un ministro che incontra una delegazione italiana, e non di un mago o chissà' quale altre sciocca diavoleria, ma comunque voleva far piovere solo in Israele.

Cosi' conoscendo qualche versetto della scrittura, gli dico : " Ma il signore fa piovere sia sul buono che sul cattivo ", e lui mi risponde : " Ma io non sono il Signore " . Agghiacciante.

E ALLORA A BARENGHI COSA CHIEDERESTI ?

LIDIA - Ripeto, sono bloccatissima, perché' come tutti gli europei antifascisti della mia generazione, sappiamo che gli Ebrei sono il popolo che ha pagato per tutti, diventando Stato perseguitano i palestinesi.

SILVIO - NON SONO GLI EBREI SONO GLI ISRAELIANI, CHE E' COSA DIFFERENTE, COME ESISTONO I NAZISTI E I TEDESCHI..

LIDIA - Si lo so, anzi dirò' di più', il loro problema e' proprio nel diventare STATO, perché' nello Stato c'e' un tale tasso di violenza, che non può' esistere senza propinarla. Insomma, in questa giornata dedicata alla MEMORIA, bisogna ricordare anche e soprattutto gli stermini degli zingari, omosessuali, comunisti e tanti altri che sono stati trattati con gli stessi termini drammatici.

SILVIO - E DELLE DONNE DI SALO' ?

Le donne di Salo', lo scrivo anche nella mia prima versione di un libretto, sono delle donne confuse, ad indossare la divisa fascista. Io conoscevo quelle di Novara e la loro condizione sociale non era allegra, anche se alcune erano aristocratiche. Pero' non ammetto neanche lontanamente un qualsiasi paragone, tra le donne di salo' e chi fece la RESISTENZA. Lo dico perché' , quando nel 1995 ci fu il cinquantenario della liberazione, fui invitata con altre donne a Rai Due. Quel giorno, ci portano in giro, e ci fanno mangiare principescamente, poi quando gli chiedo cosa volevano domandarci, loro mi rispondono di aver invitato anche i comandanti Repubblichini. Dichiariamo immediatamente di andarcene, vi rendete conto, ad Alba ?

E cominciamo a capire che, pensavano alle elezioni, cioè' credevano che a vincerle fosse stato Berlusconi e volevano fare una trasmissione che andava bene per tutti.

Poi arriva la conduttrice della trasmissione che mi chiede se noi eravamo anche guidate dallo spirito d'avventura, e come potevamo dargli torto, eravamo delle donne della resistenza, ma anche giovani e piene di ideali. Cosi' di seguito mi chiede se questo nostro spirito d'avventura ci unisse alle giovani donne di Salo', cosa volete che gli potevo rispondere ? ; " Tu fammi questa domanda in trasmissione e ti caccio tutte e due le dita negli occhi "

E l'altra domanda idiota che voleva farci era se avevamo fatto le partigiane perché' avevamo i nostri ragazzi in montagna. Non ammettono cioè' che una donna possa prendere una decisione politica per se. Ci fu una di noi che rispose provocatoriamente, affermando che aveva un ragazzo in montagna, uno in pianura, uno vicino al lago, per questo si era fatta partigiana, smontandola. siamo nel 1995 ragazzi mica nell'800.

SILVIO - IVAN ILIC ?

LIDIA - Su Ivan Ilic, ci sono state delle divergenze tra me e alcuni del IL MANIFESTO, perché' lo appoggiarono incondizionatamente sulla descolarizzazione. Io non posso mai ammettere di lasciare descolarizzate le masse, si può' dire e si deve dire di cambiare la scuola, insomma mi sembrava un'operazione confusa la sua deduzione, con il tutto che lui era una persona coraggiosa e di meccanica intelligenza, sono rimasta su questa mia convinzione, non si può' descolarizzare il popolo per lasciarlo al suo straordinario e bellissimo abbrutimento.

MI FAI SCATURIRE UNA DOMANDA SULLA CULTURA. ABBIAMO TUTTI SEGUITO LA CONDIZIONE DELLA DONNA AFGHANA, TURCA, ECCETERA.ABBIAMO TUTTI SENTITO PARLARE DI INFIBULAZIONE, LAPIDAZIONE ED ALTRO, COME INTERVENIRE SULLA CULTURA ALTRUI IN QUESTI CASI ?

LIDIA - sono contenta di questa domanda, perché' se tu prendi la cultura islamica dominante e quella occidentale dominante e la paragoni sulla questione delle donne, ci sono tre differenze fondamentali. Il vestire, la poligamia e le mutilazione sessuali. Allora io, sul vestire non muoverei neanche un dito, se non gli viene imposto. Secondo me i francesi che vietano alle ragazze di mettere lo Chador, sbagliano, perché' al massimo gli farei delle domande, ma se non e' una scelta obbligata, non muoverei un dito. Sulla poligamia, se un uomo già' sposato vuole venire nel nostro paese, deve poterle portare tutte e due, perché' altrimenti lui sceglie quella che più' gli va a genio e l'altra la ripudia, e una condizione di una donna ripudiata in quel paese e' terribile. Cosi' come sul fatto che i figli vengono inscritti solo sul passaporto del padre e sulle mutilazioni sessuali, non sono d'accordo.

SILVIO - LA MUTILAZIONE SESSUALE NON E' UNA CARATTERISTICA DELL'ISLAM.

LIDIA - Hai perfettamente ragione. Questa questione fu posta alla terza conferenza mondiale delle donne, nel 1985 a Nairobi, e allora le femministe non erano ammesse ufficialmente a questa riunione. Rimasero aperte due questioni, la prima e' che le donne del sud del mondo ci dissero che noi eravamo complici dei nostri governi nel rapinarle e abbiamo deciso allora di mettere insieme dei gruppi di economiste e a Pechino abbiamo votato contro la Globalizzazione. La seconda questione rimasta aperta e' che alcune donne islamiche dicevano che la loro identità' religiosa ed etnica era più' importante della loro integrità' fisica e noi non riusciamo a capirle. Facciamo anche in questo caso un gruppo di studio di teologhe, cristiane, sociologhe, coraniche eccetera che hanno dimostrato che soltanto in alcune aree africane si faceva questa pratica dell'infibulazione, gli islamici arrivando non hanno cambiato queste usanze permettendogli cosi' la conversione alla loro religione e da quel momento e' diventata anche una pratica islamica ma non lo e' nella loro religione.

Ero consigliera regionale del Lazio, quando si seppe che ad alcune donne islamiche che avevano partorito, in ospedali romani, ricucivano la vagina, vi rendete conto ? anche se poi c'era qualcuno che si difendeva dicendo che in questo modo si evitava di farglielo fare da altre donne in ambienti poco asettici. Quando sono andata per chiedere quello che accadeva, tutti mi risposero che era la loro cultura, ma ragazzi, la cultura non e' un dogma, bisogna criticare e modificare altrimenti stavamo ancora nell'età' della pietra.

QUALI DIFFERENZE NOTI TRA IL VOSTRO MANIFESTO E QUELLO CHE E' OGGI OLTRE CHE NELLE PAGINE CULTURALI , VOGLIO DIRE, NELLA POLITICA ?

LIDIA - E' oscillante, noi siamo stati sempre unitari, abbiamo sempre cercato di comprendere quello che accadeva nel PCI, ora ad esempio se vedi la discussione che imposta sull'articolo 18 contro il referendum, la trovo pesante. Io faccio parte del Comitato Promotore per il referendum e l'allargamento dell'articolo 18. Se non si capisce che la grande industria seguita a perdere pezzi, perché' esternalizza tutti i servizi, le mense, la manutenzione le pulizie, vengono tutte privatizzate a piccole società', non ci sarà' più' nessun gruppo forte che v'erra' tutelato, e l'enorme maggioranza degli operai sarà' senza tutela.

Ecco, IL MANIFESTO, sull'articolo 18 e il suo allargamento ha avuto una oscillazione, un giorno cosi', l'altro non si capiva bene e questo mi rende un confuso fastidio che non fa parte della mia storia.

Grazie Lidia, non riesco ad aggiungere altro per descrivere la tua sensibilità' e quanto riesci a darci.

Massimo - Silvio da redazione Namir.